N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 2001

Ordinanza  emessa  il  30  novembre 2001 dal tribunale amministrativo
regionale  del  Veneto  sul ricorso proposto da Ecograf S.p.a. contro
provincia di Treviso ed altri

Tutela dell'ambiente e della salute - Regione Veneto - Smaltimento di
  rifiuti   speciali  -  Divieto  di  smaltimento  presso  discariche
  regionali di rifiuti speciali provenienti da altre regioni (eccetto
  una  riserva pari al 15 per cento della capacita' ricettiva residua
  alla  data di entrata in vigore della legge regionale n. 33/2000) -
  Violazione  dei  principi fondamentali della legislazione statale -
  Esorbitanza  dai limiti della competenza regionale - Violazione dei
  principi  di liberta' o di iniziativa economica privata e di libera
  circolazione  di  beni  tra le regioni - Contrasto con la normativa
  comunitaria  in  materia  - Violazione del principio di uguaglianza
  con  riferimento  alle  sentenze  della  Corte  costituzionale  nn.
  28/2000 e 335/2001 concernenti norme analoghe di altre regioni.
- Legge  regione  Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, art. 33, commi 3 e 4;
  d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 22.
- Costituzione, artt. 3, 11, 41, 117 e 120.
(GU n.12 del 20-3-2002 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunziato  la  seguente ordinanza, sul ricorso n. 3354/2000
proposto  da Ecograf S.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.  Massimo  Malvestio e
Vincenzo  Pellegrini,  con  elezione  di  domicilio  presso lo studio
dell'avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Dorsoduro, 3440;
    Contro  la  provincia di Treviso, in persona del Presidente della
giunta  provinciale  rappresentata e difesa dagli avv. Franco Botteon
ed  Antonio  Sartori  con  elezione di domicilio presso lo studio del
secondo  in  Venezia  S. Croce, n. 205; la Regione Veneto, in persona
del   presidente   della  giunta  regionale  rappresentata  e  difesa
dall'avv.  Giorgio  Orsoni,  con  elezione di domicilio presso il suo
studio in Venezia, S. Croce, n. 205; e con l'intervento ad adiuvandum
della  Societa'  Vidori  Servizi  Ambientali  S.r.l.,  in persona del
rappresentante  legale  pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Vincenzo  Pellegrini  con  elezione  di  domicilio  presso  lo studio
dell'avv.   Emanuela   Rizzi   in   Venezia,   Dorsoduro   3440;  per
l'annullamento  del  provvedimento  della Provincia di Treviso con il
quale  e' stato disposto, con riferimento allo smaltimento di rifiuti
provenienti da fuori regione nell'impianto di tipo II B di proprieta'
della  ricorrente,  un  limite  pari  al 15% della capacita' residua;
della  circolare  della  Regione Veneto n. 5656/311.111 del 30 maggio
2000  avente  ad  oggetto  primi  indirizzi operativi di applicazione
della  legge regionale 21 gennaio 2000 n. 3 e atti connessi; e per la
condanna  della  Provincia  di  Treviso  e  della  Regione  Veneto al
risarcimento  dei  danni subiti e subendi ai sensi dell'an. 35 d.lgs.
n. 80/1998 come modificato dalla legge n. 205/2000.
    Visto  il ricorso, regolarmente notificato e depositato presso la
segreteria del tribunale, con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio della Regione Veneto e
della Provincia di Treviso;
    Visto l'atto di intervento ad adiuvandum;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  all'udienza  pubblica  del  4  luglio  2001  (relatore  il
consigliere Riccardo Savoia) i procuratori delle parti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    La   societa'   ricorrente   e'   proprietaria  dell'impianto  di
smaltimento  rifiuti di seconda categoria, tipo B (per lo smaltimento
di  rifiuti  speciali), sito in Preganziol (Treviso), localita' Borgo
Verde,  approvato  con  decreto del presidente della giunta regionale
del Veneto n. 1340 del 26 luglio 1990 e autorizzato all'esercizio con
decreti  provinciali n. 2014/S del 17 novembre 1997, n. 2179/S del 10
ottobre 1998 e n. 752 del 9 novembre 1999.
    L'impianto  e'  stato realizzato e avviato sulla base di un piano
economico di gestione che prevedeva lo smaltimento di una determinata
quantita'  minima  giornaliera  di  rifiuti speciali, nel rispetto di
quanto autorizzato.
    L'attivita'  dell'impianto, a causa dell'insufficiente offerta di
smaltimento  di  rifiuti  speciali  provenienti  dalla Regione Veneto
(liberi  di  circolare  e  di essere smaltiti anche al di fuori della
regione), si e' ben presto basata, per una percentuale preponderante,
sullo  smaltimento di rifiuti provenienti da fuori regione, nel pieno
rispetto  della  legge e dell'autorizzazione. Oggi, lo smaltimento di
rifiuti   provenienti   da  fuori  regione  rappresenta  circa  l'80%
dell'attivita'  complessiva  dell'impianto ed e' dunque vitale per la
societa' ricorrente.
    Improvvisamente, dopo diversi anni dall'avvio dell'attivita', con
decreto  n. 819 del 21 agosto 2000, a firma del dirigente del settore
ecologia,  ambiente  e  gestione  del  territorio,  la  provincia, in
dichiarata  applicazione dell'art. 33, commi 2, 3 e 4 legge regionale
n. 3/2000,  ha  introdotto  il  divieto per la societa' ricorrente di
smaltire nel proprio impianto rifiuti provenienti da fuori regione in
misura  superiore  al  15%  della  capacita'  ricettiva residua della
discarica.
    Tale  provvedimento  priva improvvisamente la societa' ricorrente
di  una  parte essenziale e vitale della propria attivita', dopo anni
dall'avvio,  mettendone in serio pericolo la stessa sopravvivenza nel
mercato.  Esso  costituisce applicazione di una disposizione di legge
regionale   che  la  societa'  ricorrente  reputa  costituzionalmente
illegittima, secondo principi gia' esposti in recenti decisioni della
Corte  costituzionale  e  piu'  volte  ribaditi  -  sia  pure in sede
amministrativa  e  dunque  avverso  atti  amministrativi  generali  -
dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato.
    Si  sono  costituite  le  amministrazioni  resistenti contestando
l'assunto e concludendo per la reiezione del ricorso.
    Ha  proposto intervento ad adiuvandum altra societa' esercente la
medesima  attivita'  della  ricorrente,  aderendo  alla  questione di
costituzionalita' della norma veneta.
    La  domanda  di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato e'
stata respinta con ordinanza del 30 novembre 2000, n. 1762.
    All'odierna  udienza,  dopo  produzione  di  ulteriori  memorie e
discussione, la causa e' passata in decisione.

                            D i r i t t o

    La  ricorrente impugna l'atto con cui la Provincia di Treviso, in
applicazione  della  legge regionale del Veneto n. 3/2000 ha disposto
il  limite  del  15%  della  capacita' residua della discarica per lo
smaltimento dei rifiuti speciali provenienti da fuori regione.
    Premesso  che  la  norma  potrebbe  avere  riferimento  alle sole
discariche nuove, e non a quelle esistenti all'atto della sua entrata
in   vigore,   come  quella  della  ricorrente,  e  in  tal  caso  il
provvedimento   impugnato  sarebbe  per  cio'  solo  illegittimo,  la
ricorrente   censura   in  via  gradata  la  norma  regionale  citata
ritenendola in contrasto con gli artt. 3, 11, 32, 41 e 117 Cost.
    Ritiene  il  collegio  che la disposizione in parola debba essere
applicata  anche  alle discariche gia' esistenti, posto che l'art. 33
comma  4  fissa  al  9  agosto 2000 il divieto di conferimento di una
quota  superiore  al 15% della capacita' residua della discarica, non
distinguendo  tra  nuove  discariche  e discariche gia' esistenti - e
infatti  richiedendo  anche  per  queste  ultime  la presentazione di
apposita  istanza  con  allegato  il planivolumetrico aggiornato onde
accertare   tale   capacita'  residua,  -  sicche'  l'atto  impugnato
risulterebbe,  per  questo  profilo,  legittimo e conforme alla norma
regionale.
    Diviene  a  questo  punto  rilevante,  allora,  lo  scrutinio  di
legittimita' costituzionale della disposizione stessa, che', nel caso
di  acclarata  incostituzionalita',  sarebbe  viziata  la  previsione
ostativa impugnata dalla ricorrente.
    In   via   preliminare,  le  parti  resistenti  chiedono  che  in
applicazione   dell'art. 234  del  Trattato  (gia'  art. 177),  venga
rinviata  la  questione  alla  Corte  di giustizia, per verificare la
congruenza della normativa regionale in esame rispetto agli obiettivi
e indirizzi desumibili dalla normativa comunitaria.
    Secondo  costante  giurisprudenza,  spetta  unicamente al giudice
nazionale  valutare  sia  la  necessita'  di  una  pronuncia  in  via
pregiudiziale  per  essere posto in grado di statuire nel merito, sia
la  pertinenza  delle  questioni  sottoposte  alla  Corte.  (Corte di
giustizia, sez. VI, 25 giugno 1997, ric. Tombesi e altri).
    Ora,  come  esattamente  osserva la ricorrente, e' il legislatore
nazionale   che,   per   raggiungere  lo  scopo  dell'autosufficienza
nazionale  allo smaltimento, ha introdotto distinzioni sconosciute al
diritto  comunitario,  come  quella tra rifiuti urbani e speciali, da
cui  discendono i diversi principi in materia di circolazione interna
che  costituiscono  il parametro di legittimita' costituzionale della
disposizione  regionale,  come  del  resto risulta dalle pronunce del
giudice  costituzionale  richiamate infra, con la conseguenza che non
sussiste nella specie alcuna necessita' di un rinvio pregiudiziale.
    Dispone  dunque  l'art.  33  della  legge regionale del Veneto 21
gennaio 2000, n. 3:
    1.  -  Ferme restando le disposizioni di cui all'art. n. 5, comma
6,  del  d.lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni, le
nuove  discariche per rifiuti speciali, diverse da quelle per rifiuti
inerti  di  seconda  categoria  tipo  A  ai sensi della deliberazione
Comitato   Interministeriale  del  27  luglio  1984,  possono  essere
realizzate da:
        a)  soggetti  singoli  o  associati  per  lo  smaltimento dei
rifiuti  derivanti dalle loro attivita' di produzione di beni ubicate
nel territorio regionale;
        b)  soggetti  titolari di attivita' di trattamento o recupero
di  rifiuti, ubicati nel territorio regionale, come individuati negli
allegati  B e C del d.lgs. n. 22/1997, per lo smaltimento dei rifiuti
derivanti   dalle   loro  attivita',  ad  esclusione  di  coloro  che
esercitano  soltanto  le  operazioni  di cui ai punti DI 5 e R 13 dei
citati allegati.
    2.  -  Nelle discariche di cui al comma 1 e' riservata una quota,
non superiore al venticinque per cento della capacita' ricettiva, per
lo  smaltimento  di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da
quelli indicati al medesimo comma.
    3.  -  Nelle discariche di cui al comma 1, a seguito di esplicita
richiesta  formulata dal soggetto proponente, puo' essere autorizzato
il  conferimento  di  rifiuti  speciali  prodotti  al  di  fuori  del
territorio  regionale,  per  una  ulteriore  quota  non  superiore al
quindici per cento della capacita' ricettiva, considerando tali anche
i  rifiuti  che  nel  Veneto  siano  solamente  transitati attraverso
stoccaggi   provvisori,   ovvero   siano   sottoposti  a  trattamento
preliminare  allo  smaltimento  in  discarica,  quali  ad esempio, la
riduzione   volumetrica,   la  miscelazione,  la  inertizzazione,  la
stabilizzazione e la solidificazione.
    4.  -  Le  disposizioni  di  cui ai commi 2 e 3 si applicano alle
discariche  in servizio alla data di entrata in vigore della presente
legge  a  decorrere  da  sei  mesi  dalla  medesima data. La quota di
rifiuti  riservata si calcola sulla capacita' residua della discarica
alla medesima data.
    La  ricorrente  ritiene illegittimo il limite del 15% fissato dal
comma 3, perche' in contrasto:
        con l'art. 11 e 117 Cost., perche' violativo dei limiti degli
interessi  nazionali e dei principi della materia, fissati con d.lgs.
n. 22/1997  che  costituisce il recepimento normativo delle direttive
comunitarie,  nonche'  delle competenze attinenti alla programmazione
nazionale spettanti allo Stato;
        con  l'art. 3, per disparita' di trattamento tra operatori di
diverse regioni;
        con  l'art. 41,  per  lesione  alla  liberta'  di  iniziativa
economica,  con l'art. 120, per imposizione di ostacoli e limitazioni
alla libera circolazione di cose.
    Il  collegio concorda con la prospettazione della ricorrente alla
luce delle considerazioni che seguono, suffragate da quanto precisato
dalla   pronuncia   n. 335   del   19   ottobre   2001   dalla  Corte
costituzionale,  pubblicata nelle more della redazione della presente
ordinanza, relativa all'esame di costituzionalita' di norme regionali
comportanti   il   divieto   assoluto   di   smaltimento  di  rifiuti
extraregionali.
    Orbene  afferma  la Corte: "La questione e' fondata nei limiti di
seguito prospettati.
    Le  censurate  norme  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, che
sostanzialmente dispongono il divieto di smaltimento nelle discariche
regionali  dei  rifiuti di provenienza extraregionale anche rispetto,
secondo  il  giudice  a  quo, ai "rifiuti speciali, non tossici e non
nocivi , vanno scrutinate tenendo conto, in particolare, del d.lgs. 5
febbraio  1997,  n. 22,  che  ha sostituito, confermandone peraltro i
principi,  il  previgente  d.P.R. n. 915 del 1982 e che disciplina la
"gestione  dei  rifiuti  mediante disposizioni che si autoqualificano
principi   fondamentali   della   legislazione   statale,   ai  sensi
dell'art. 117   della   Costituzione,   nonche'   "norme  di  riforma
economico-sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale.
    La  giurisprudenza  costituzionale  si e' occupata piu' volte del
problema,  posto dalla legislazione regionale, relativo al divieto di
smaltimento   in   ambito   regionale   di   rifiuti  di  provenienza
extraregionale,  pervenendo  sostanzialmente ad una duplice soluzione
in  relazione  alla  tipologia  dei rifiuti in questione. Da un lato,
infatti,  si  e'  statuito,  proprio in riferimento alle stesse norme
regionali  in esame, che alla luce del principio dell'autosufficienza
-  stabilito  espressamente  dall'art. 5,  comma  3,  lettera a), del
decreto  n. 22  del  1997  - il divieto di smaltimento dei rifiuti di
produzione extraregionale e' pienamente applicabile ai rifiuti urbani
non  pericolosi  nonche'  ai  rifiuti speciali assimilabili (sentenza
n. 196  del  1998);  dall'altro  lato,  si  e' invece statuito che il
principio  dell'autosufficienza  locale  ed  il  connesso  divieto di
smaltimento  dei  rifiuti  di  provenienza extraregionale non possono
valere  per quelli "pericolosi - comprensivi quindi anche, secondo la
disciplina  introdotta  dal  decreto n. 22 del 1997, di quelli che la
previgente  normativa  del d.P.R. n. 915 del 1982 definiva "tossici e
nocivi - i quali necessitano di processi di smaltimento appropriati e
specializzati (sentenza n. 281 del 2000).
    E'    pertanto    nell'ambito   di   questa   duplice   soluzione
giurisprudenziale  che  va  inquadrata  la  questione  in  esame  che
riguarda i rifiuti "speciali non pericolosi, antecedentemente defmiti
"non  tossici e non nocivi , per i quali occorre dunque verificare se
valga  o  meno  il  criterio  prioritario della autosufficienza nello
smaltimento,   tenendo   conto  che  la  disciplina  legislativa  dei
conferimenti  nelle  discariche prende in considerazione sia il luogo
di produzione sia le caratteristiche di pericolosita' dei rifiuti.
    Ed  invero  il criterio del luogo d'origine, valutato insieme con
l'assenza   di  elementi  di  pericolosita',  e'  stato  seguito  nei
confronti  dei  rifiuti  urbani  non  pericolosi,  rispetto  ai quali
l'ambito  territoriale  ottimale  per  lo smaltimento "e' considerato
logicamente  limitato  e  predeterminabile  in relazione ai luoghi di
produzione  , stabilendo infatti l'art. 23 del decreto n. 22 che esso
coincida  di  regola  con  il  territorio  provinciale,  in  modo  da
garantire   al   suo   interno  l'autosufficienza  dello  smaltimento
(sentenza n. 281 del 2000). Invece il criterio della pericolosita' e'
stato  ritenuto  prevalente rispetto a quello del luogo di produzione
in  riferimento  ai  rifiuti  che  si definiscono appunto pericolosi,
giacche'  per  il  loro  smaltimento,  date  le loro caratteristiche,
appare  prioritaria,  alla luce del principio desumibile dall'art. 5,
comma  3,  lettere b) e c), del decreto n. 22, l'esigenza di impianti
appropriati  e  specializzati  e  di  tecnologie idonee; esigenza che
contrasta  con  una  rigida  predeterminazione di ambiti territoriali
ottimali e con la connessa previsione di autosufficienza locale nello
smaltimento.
    Cio'  premesso, va ricordato che i rifiuti "speciali , secondo la
classificazione  dell'art. 7  del citato decreto n. 22, costituiscono
una    variegata    tipologia    comprensiva,    prescindendo   dalle
caratteristiche di eventuale pericolosita', di ben dieci categorie di
rifiuti  di  diversa  origine.  La  loro  produzione  e' generalmente
connessa   ad  attivita'  lavorative:  di  tipo  agricolo,  edilizio,
industriale, artigianale, commerciale, sanitario e cosi' via, sicche'
la  loro  localizzazione  normalmente  non  e'  distribuita  in  modo
omogeneo    sul    territorio    e   comunque   non   e'   facilmente
predeterminabile,   cosi'  come  non  e'  facilmente  prevedibile  la
dimensione  quantitativa  e qualitativa del materiale da smaltire. Va
inoltre  considerata,  in relazione a questa tipologia di rifiuti che
presentano  caratteristiche  cosi' diverse tra di loro, la necessita'
che   siano   utilizzati   impianti   di  smaltimento  appropriati  o
addirittura, per qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i
rifiuti  sanitari  o  i  veicoli  a motore, impianti "specializzati ,
secondo  quanto  appunto  prevede  l'art. 5,  comma 3, lettera b) del
decreto  n. 22  del  1997,  che,  sul  punto,  oltre  tutto, conferma
l'impianto del previgente d.P.R. n. 915 del 1982.
    Risulta  dunque  evidente  la ragione per cui anche per i rifiuti
"speciali  , al pari di quelli pericolosi, il legislatore statale non
predetermina  un  ambito territoriale ottimale, che valga a garantire
l'obiettivo specifico dell'autosufficienza nello smaltimento, fissato
in  modo espresso dall'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22
per  i  soli  rifiuti  urbani non pericolosi. In questa ottica appare
quindi   incongruo   il  divieto  di  conferimento  nelle  discariche
regionali,   imposto  dalle  norme  censurate,  di  rifiuti  speciali
provenienti  da  altre  regioni, in quanto tale divieto non solo puo'
pregiudicare  il  conseguimento  della  finalita'  di  consentire  lo
smaltimento  di  tali rifiuti "in uno degli impianti appropriati piu'
vicini  (art. 5,  comma 3, lettera b) del decreto n. 22 del 1997), ma
introduce    addirittura,   in   contrasto   con   l'art. 120   della
Costituzione,  un  ostacolo  alla  libera circolazione di cose tra le
regioni,  senza  che  sussistano  ragioni giustificatrici, neppure di
ordine  sanitario o ambientale (cfr. sentenze n. 207 del 2001, n. 362
del 1998 e n. 264 del 1996).
    Del resto, anche alla luce della normativa comunitaria il rifiuto
e'  pur  sempre considerato un "prodotto", in quanto tale fruente, in
via  di  principio  e  salvo  specifiche  eccezioni,  della  generale
liberta'   di  circolazione  delle  merci.  In  questo  senso  va  in
particolare  segnalato  che  la  Corte  di  giustizia delle Comunita'
europee ancora recentemente ha statuito, a proposito di certi rifiuti
speciali  non  pericolosi, che l'art. 34 del Trattato CE (ora art. 29
CE)  si  oppone  ad  un  sistema di raccolta e di presa in carico che
costituisca,  di  fatto  o  di diritto, un ostacolo all'esportazione;
"tale  ostacolo  non  puo' essere giustificato alla luce dell'art. 36
del  Trattato  CE  [divenuto,  in  seguito a modifica, art. 30 CE], o
mediante  il  richiamo  a finalita' di tutela dell'ambiente (...), in
mancanza  di  qualsiasi  indizio  di pericolo per la salute o la vita
delle  persone  o  degli animali, o per la preservazione delle specie
vegetali,  ovvero  di  pericolo  per  l'ambiente (Corte di giustizia,
sentenza 23 maggio 2000, causa C209/98).
    Va  quindi  esclusa  la  possibilita'  di  estensione  ai rifiuti
diversi  da  quelli  urbani  non  pericolosi  del principio specifico
dell'autosufficienza locale nello smaltimento e va invece applicato -
come  questa  Corte  ebbe modo di affermare nella ricordata decisione
n. 281  del  2000  a  proposito  dei  rifiuti  "pericolosi - anche ai
rifiuti  "speciali  non pericolosi il diverso criterio, pure previsto
dal  legislatore, della specializzazione dell'impianto di smaltimento
integrato  dal  criterio  della  prossimita', considerato il contesto
geografico,  al  luogo  di  produzione  in  modo  da  ridurre il piu'
possibile  la  movimentazione  dei  rifiuti,  secondo  la  previsione
dell'art. 22, comma 3, lettera c) del citato decreto n. 22 del 1997.
    In  definitiva, le argomentazioni che precedono dimostrano che il
divieto  di  smaltimento  nelle  discariche  regionali  di rifiuti di
provenienza   extraregionale  contenuto  nelle  norme  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  denunciate  contrasta,  nella  parte  in  cui
riguarda  i  rifiuti  diversi  da  quelli  urbani non pericolosi, con
l'art. 120  della  Costituzione  ed inoltre non si adegua alle citate
norme  di riforma economico-sociale introdotte in materia dal decreto
n. 22  del  1997.  Restano  cosi'  assorbiti gli ulteriori profili di
censura."
    Dunque riassumendo lo stato delle pronunce a oggi e' il seguente:
      per   i   rifiuti  urbani  non  pericolosi  e  quelli  speciali
assimilabili,  la  decisione  n. 196/1998  ha  stabilito il principio
della "proximity", con divieto di smaltimento extraregionale;
      per  i  rifiuti  pericolosi e quelli tossico nocivi la sentenza
n. 281/2000  ha  stabilito  il  principio  dello  smaltimento  presso
impianti  specializzati, principio che supera quello dalla vicinanza,
con impossibilita' di imporre veti allo smaitimento extraregionale;
      per  i  rifiuti speciali non pericolosi la sentenza n. 335/2001
ha  stabilito  parimenti  che  il  principio  della vicinanza cede di
fronte alla necessita' di smaltimento in impianti specializzati.
    Pertanto, riguardando il caso in esame rifiuti speciali, la norma
regionale  si  porrebbe  nell'ambito  delle  stesse  fattispecie gia'
scrutinate dalla Corte costituzionale.
    Assumono  invece  la  legittimita'  della disposizione regionale,
anche  in  tale,  riconosciuto quadro, le resistenti amministrazioni,
sostenendo  sia  che  la  norma  regionale  non  contiene  un divieto
assoluto  allo  smaltimento extraregionale, sicche' la fattispecie si
presenterebbe diversa e non sarebbe ipotizzabile l'assimilazione alla
situazione  esaminata  dalla  pronuncia  n. 281/00,  sia che, in ogni
caso,  al  giudice  remittente  sarebbe interdetta la possibilita' di
censurare  la  misura  della quantita' smaltibile, attenendo questa a
profili di discrezionalita' legislativa.
    Ora,  a prescindere dalla considerazione assorbente che la norma,
limitando  la  libera  circolazione  dei  beni,  va  a incidere sulla
complessiva  disciplina  del trattamento dei rifiuti speciali, la cui
competenza  deve essere, anche nell'assetto recato dal titolo V della
Costituzione  nel  nuovo  art. 117,  lettera  s) riservata allo Stato
(tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema),  sicche'  sarebbe invece
interdetta  alla  regione  comunque l'adozione di una norma siffatta,
ritiene  il  collegio  che  anche la misura prescelta sia illegittima
nella   parte  in  cui  comprime  sensibilmente  la  possibilita'  di
smaltimento extraregionale.
    Dispone  infatti  la  norma la riserva di una percentuale del 15%
non  in  relazione  alla  capacita'  complessiva della discarica (es:
ipotizzando questa pari a 100, il dato assoluto sarebbe 15), bensi' a
quella   residua   alla   data  di  entrata  in  vigore  della  legge
(ipotizzando  questa  pari a 60, il dato assoluto sarebbe 9), con una
ulteriore   riduzione,  dunque,  della  possibilita'  di  smaltimento
medesima.
    In  altri  termini  la  disposizione  apparentemente  consente il
conferimento di una quota che e' tuttavia talmente irrisoria - o puo'
potenzialmente  esserlo - da vanificare, in sostanza, la possibilita'
di  smaltimento  di rifiuti extraregionali, sicche' diviene difficile
individuare  differenze  concrete  tra  il  divieto assoluto previsto
nelle  leggi  del  Piemonte  e  del  Friuli  Venezia Giulia e quello,
temperato nella forma ma non, per quanto detto, nella sostanza, della
legge veneta.
    Come  osserva  la  ricorrente,  del  resto,  il  principio  della
prossimita'  puo'  ben  essere coniugato con quello della specialita'
anche  indifferentemente  dalla  riserva  infraregionale,  laddove si
pensi  a  impianto bensi' ubicato in regione confinante, ma viciniore
rispetto a quello analogo situato nel territorio regionale.
    Conclusivamente,  per  tutte  le  considerazioni  finora  svolte,
atteso che la dedotta questione di costituzionalita' appare rilevante
per  la  decisione  del  ricorso,  e non manifestamente infondata, si
rende necessario sospendere il presente giudizio di merito, in attesa
che   la   Corte   costituzionale  si  pronunci  sulla  eccezione  di
incostituzionalita' dell'art. 33, commi 3 e 4, della legge 21 gennaio
2000,  n. 3  per  violazione  degli  artt. 3,  11, 41, 117, 120 della
Costituzione,  e  per  contrasto  con  le  norme  recate dal d.lgs. 5
febbraio  1997, n. 22, art. 22, nella parte in cui prevede il divieto
di  conferimento  di  rifiuti  speciali provenienti da fuori regione,
consentendo  una  deroga  per  una  quota  non superiore al 15% della
capacita'  ricettiva  residua  alla  data  di entrata in vigore della
legge.
    Con riserva di ogni altra pronuncia.
                              P. Q. M.
    Il  Tribunale amministrativo regionale del Veneto, terza sezione,
pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza
ed eccezione;
    Visti  gli  artt. 134  della  Costituzione e 23 legge n. 87/1953,
cosi' statuisce:
      a)    solleva    d'ufficio,   ritenendola   rilevante   e   non
manifestamente   infondata,   la   questione  di  incostituzionalita'
dell'art. 33,  commi  3  e  4,  della  legge  regionale del Veneto 21
gennaio  2000,  n. 3, per violazione degli artt. 3, 11, 41, 117 e 120
della  Costituzione, nonche' dell'art. 22 del d.lgs. 5 febbraio 1997,
n. 22,  nella  parte  in  cui  vieta il conferimento nelle discariche
ubicate  del Veneto di rifiuti speciali provenienti da fuori regione,
consentendo  una riserva per tali rifiuti pari al 15% della capacita'
ricettiva residua alla data di entrata in vigore della legge;
      b) sospende il giudizio di merito;
      c)  dispone  la  immediata  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale.
    La    presente    ordinanza    sara'    eseguita   dall'autorita'
amministrativa; essa viene depositata in segreteria che provvedera' a
notificarne  copia  alle  parti  ed  al  Presidente del Consiglio dei
ministri,   ai   Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento,  al
presidente  della  giunta  regionale  del  Veneto e al presidente del
consiglio regionale del Veneto.
    Cosi'  deciso in Venezia, in camera di consiglio il 4 luglio e 30
ottobre 2001.
                       Il Presidente: Zuballi
                        L'estensore: Savoia
02C0153