N. 50 SENTENZA 27 febbraio - 15 marzo 2002

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Atto  introduttivo  del  conflitto  -  Eccepita carenza dei requisiti
  richiesti   ai  fini  dell'esame  nel  merito  -  Congruita'  della
  motivazione - Reiezione dell'eccezione di inammissibilita'.
Parlamento   -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento  penale  nei
  confronti di un parlamentare per il reato di diffamazione aggravata
  a  mezzo  della  stampa  -  Deliberazione di insindacabilita' della
  Camera  di  appartenenza del parlamentare - Ricorso del Giudice per
  le  indagini  preliminari  del  Tribunale di Roma, per conflitto di
  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  -  Sussistenza di un nesso
  funzionale  tra  la  dichiarazione  del  parlamentare  e un atto di
  sindacato  ispettivo  a  lui  riferibile  -  Rigetto  del ricorso -
  Spettanza  alla Camera del potere di affermare, nel caso di specie,
  l'insindacabilita' ai sensi dell'art. 68 della Costituzione.
- Deliberazione della Camera dei deputati 17 giugno 1999.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.12 del 20-3-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio
ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero
Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente:

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della delibera del 17 giugno 1999 della Camera dei
deputati  relativa  alla  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse
dall'on. Maurizio  Gasparri nei confronti del dott. Guido Lo Forte ed
altri,  promosso  con ricorso del giudice per le indagini preliminari
del  Tribunale di Roma, notificato il 24 novembre 2000, depositato in
cancelleria  il  6 dicembre  2000  ed  iscritto al n. 59 del registro
conflitti 2000.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  4 dicembre  2001  il  giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Udito l'avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel corso di un procedimento penale promosso nei confronti
dell'on. Maurizio  Gasparri  per  il  reato di diffamazione aggravata
commesso ai danni di alcuni magistrati della Procura della Repubblica
di  Palermo,  in  relazione a dichiarazioni rilasciate da esso ad una
agenzia  giornalistica  il 31 luglio 1998, il giudice per le indagini
preliminari   del   Tribunale   di  Roma  ha  promosso  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  della Camera dei deputati, in relazione
alla  delibera adottata dalla stessa Camera il 17 giugno 1999, con la
quale  l'Assemblea  aveva  dichiarato  che i fatti per i quali era in
corso  il  procedimento  penale  concernevano opinioni espresse da un
membro  del  Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e come tali
insindacabili a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Dopo   aver  affermato  la  propria  legittimazione  a  sollevare
conflitto,  il  ricorrente  sottolinea come debba ritenersi principio
pacifico,  alla  luce  della  giurisprudenza  costituzionale,  quello
secondo il quale il parlamentare, al di fuori delle proprie funzioni,
incontra gli stessi limiti espressivi degli altri cittadini, giacche'
la prerogativa di cui all'art. 68, primo comma, Cost., non coprirebbe
tutta  l'attivita'  politica,  ma  soltanto  quella  legata  da nesso
funzionale  all'esercizio  delle  attribuzioni proprie della funzione
parlamentare.  In  particolare,  il  ricorrente  richiama le sentenze
n. 10  e  n. 11  del  2000, nelle quali questa Corte ha avuto modo di
affermare  che,  nel normale svolgimento della vita democratica e del
dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprime fuori dai
compiti  e  dalle  attivita'  tipiche  delle assemblee, rappresentano
esercizio  della  liberta'  di  manifestazione  del pensiero comune a
tutti  i  consociati.  Ad  esse,  dunque,  non puo' estendersi, senza
snaturarla,  una  immunita'  che  la Costituzione ha voluto riservare
alle  opinioni  espresse  nell'esercizio delle funzioni, in deroga al
principio  generale  di legalita' e giustiziabilita' dei diritti. Nel
caso   di   specie  -  conclude  il  ricorrente  -  le  dichiarazioni
dell'on. Gasparri,  rese  esclusivamente  ad  organi  di  stampa, non
sarebbero  in  alcun  modo  ricollegabili  alla funzione parlamentare
svolta  da  esso,  anche  se  rilasciate  nell'ambito  di  un  vivace
dibattito  politico.  Da  qui  la  lamentata arbitrarieta' del potere
esercitato dalla Camera in modo lesivo delle attribuzioni del giudice
ricorrente.
    2.  -  La  Corte,  con  ordinanza  n. 480 del 2000, ha dichiarato
ammissibile  il  conflitto,  fissando  il  termine  per i conseguenti
adempimenti in rito, tutti puntualmente soddisfatti.
    3.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituita  la  Camera dei deputati
chiedendo    dichiararsi    che    spetta    ad    essa    "affermare
l'insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68,  comma  1, Cost., delle
opinioni  espresse dall'on. Maurizio Gasparri nei confronti del dott.
Guido  Lo Forte, in occasione di dichiarazioni rilasciate alla stampa
e  diffuse  dall'agenzia  giornalistica  A.N.S.A.  in  data 31 luglio
1998".
    La  Camera  resistente  rileva  che le opinioni censurate in sede
penale sono legate da un inscindibile nesso funzionale ad atti tipici
del   mandato   parlamentare.   Si   riscontrerebbe,  infatti,  piena
rispondenza  di sostanza tra le contestate dichiarazioni extra moenia
e   l'interrogazione   3/01907   del  28 gennaio  1998,  nella  quale
l'on. Gasparri era intervenuto con ampia esposizione sui rapporti tra
la procura di Palermo ed i R.O.S. dei Carabinieri. Erano coincidenti,
in  particolare,  le  affermazioni  sulla ingerenza della procura nei
confronti  dei  R.O.S.,  motivate dalle indagini da questi svolte nei
confronti  di alcuni magistrati di quell'ufficio; quelle sulla voluta
fuga  di  notizie allo scopo di favorire pericolosi latitanti; quelle
sugli  indebiti  contatti  tra  quell'ufficio di procura e personaggi
della  politica. Il nesso funzionale sarebbe, dunque, innegabile: non
solo  il  complesso  delle  affermazioni,  ma  addirittura le singole
doglianze   espresse   dal   parlamentare  circa  l'opinato  indebito
comportamento   della   procura   di   Palermo   sarebbero,  infatti,
interamente  presenti nell'atto tipico. D'altra parte - sottolinea la
Camera  -  l'interrogazione  del  28 gennaio  1998  era  stata  nella
sostanza   gia'   anticipata   nella   interrogazione  3RI/01758  del
2 dicembre  1997,  mentre  l'interessamento  allo  specifico  tema e'
ulteriormente  avvalorato  da altri atti tipici compiuti dallo stesso
parlamentare, rammentandosi, al riguardo, l'interrogazione 3/RI/03212
del  12 gennaio  1999,  nonche'  l'illustrazione  della stessa svolta
dall'on. Gasparri nella seduta del 13 gennaio 1999.
    Nel  passare in rassegna la giurisprudenza costituzionale in tema
di  immunita' ex art. 68, primo comma, Cost., la Camera, distinguendo
la  semplice  attivita'  politica  da quella "politica parlamentare",
ritiene  che  si  possano  avere tre tipi di opinioni di parlamentari
manifestate  extra  moenia, che debbono ricevere trattamenti diversi:
a)  opinioni  del  tutto  estranee  alla  sfera politica; b) opinioni
connesse  alla  sfera  della  politica,  ma  estranee  alla  politica
parlamentare;   c)  opinioni  connesse  alla  politica  parlamentare.
Soltanto  queste  ultime  devono  godere  della  copertura assicurata
dall'art. 68,  primo  comma, Cost., giacche' e' circostanza del tutto
accidentale  -  e  dunque inidonea a fondare un regime deteriore - il
fatto  che  esse siano state manifestate extra anziche' intra moenia.
L'area  coperta dalla insindacabilita' non sarebbe quindi determinata
arbitrariamente,  ma verrebbe ad essere definita oggettivamente sulla
scorta  della  ricostruzione dei contenuti (obiettivi, appunto) della
politica   parlamentare,   pur  sottolineandosi  come  una  soluzione
siffatta  appaia  evolutiva  rispetto ai piu' rigorosi approdi cui e'
pervenuta la giurisprudenza di questa Corte. Tuttavia, segnala ancora
la  Camera,  le piu' recenti pronunce (si citano le sentenze n. 320 e
n. 321  del  2000)  avrebbero  operato  alcuni  "preziosi  e meditati
aggiustamenti   interpretativi":   in  particolare,  si  rileva  come
l'essenza  stessa  della  moderna  democrazia  parlamentare  verrebbe
fraintesa,   se   il  controllo  di  "corrispondenza  sostanziale"  -
postulato  da  questa Corte - si limitasse ad un mero riscontro delle
parole  o  dei  concetti;  il  confine  del  potere rappresentativo -
sostiene,  infatti,  la  Camera  -  e' segnato "non gia' dal generico
contesto  politico,  ma  dal  contesto parlamentare per come definito
dalla   rappresentanza   stessa".   Considerato,   dunque,   che   le
dichiarazioni  contestate all'on. Gasparri avrebbero trovato conferma
e  corrispondenza  in  uno specifico atto di sindacato ispettivo e in
altri  corrispondenti atti ed interventi dello stesso parlamentare; e
rilevata  la  formale correttezza della deliberazione della Camera ed
il  rispetto delle relative regole procedimentali: ne deriverebbe che
la  stessa  "Camera  ha  scrupolosamente e precisamente apprezzato la
consistenza  politico-parlamentare  delle opinioni dell'on. Gasparri,
valutando   le   ragioni   del  "nesso  funzionale  che  le  legavano
all'esercizio del mandato parlamentare".
    4. - Con successive memorie, la Camera ha riaffermato l'esistenza
del  nesso funzionale fra le dichiarazioni oggetto di contestazione e
gli  atti  parlamentari  tipici  gia' oggetto di disamina, deducendo,
nell'ultima  memoria,  anche  la  inammissibilita'  del conflitto, in
quanto  le  ragioni di fatto e di diritto sarebbero state evidenziate
nel   ricorso   in   modo  lacunoso,  attraverso  mere  citazioni  di
giurisprudenza e senza riferimenti al caso di specie.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  conflitto  di attribuzioni promosso dal giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Roma nei confronti della Camera
dei  deputati  -  dichiarato  ammissibile  in sede di delibazione con
ordinanza  n. 480  del  2000  -  investe  la  deliberazione  adottata
dall'Assemblea, nella seduta del 17 giugno 1999, su conforme proposta
formulata  dalla  giunta per le autorizzazioni a procedere. Con essa,
la  Camera  ha  ritenuto  che  i  fatti  per  i  quali  e'  in  corso
procedimento  penale  nei  confronti del deputato Maurizio Gasparri -
per  il reato di diffamazione aggravata a mezzo della stampa in danno
del  dott.  Guido  Lo  Forte,  procuratore  aggiunto della Repubblica
presso  il  Tribunale  di  Palermo - concernono opinioni espresse dal
medesimo  parlamentare  nell'esercizio  delle  sue funzioni, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Nel  corso  di una dichiarazione resa ad una agenzia di stampa il
31 luglio  1998,  il deputato Gasparri avrebbe, secondo l'imputazione
elevata  a  suo  carico, offeso l'onore e la reputazione del predetto
magistrato,  affermando - con riferimento ad una polemica relativa ad
asserite  indagini  della  procura  di  Palermo,  nei  confronti  del
comandante  dei  reparti  operativi speciali dei Carabinieri - che la
risposta  all'interrogativo perche' quella procura volesse "devastare
i  R.O.S.  dei  Carabinieri",  doveva essere richiesta "al numero due
della  procura,  dott.  Lo Forte"; aggiungendo che l'archiviazione di
tale  vicenda, da parte della Procura di Caltanissetta, "pare che non
abbia  dissolto  i  dubbi  e addirittura lo stesso magistrato avrebbe
ammesso   alcuni   suoi   comportamenti   illeciti".  Nella  medesima
dichiarazione  alla  agenzia  di  stampa, l'on. Gasparri si domandava
anche  "come  mai  nessuno si sia meravigliato che l'on. Folena abbia
annunciato  l'arresto  di  Provenzano  e  successivamente ... Vendola
abbia  confermato  ... chi da' queste notizie a Folena e a Vendola?";
ipotizzando  che cosi' si volesse lanciare "un avvertimento affinche'
Provenzano  possa sottrarsi ancora una volta all'arresto". Concludeva
affermando:  "basta  con  le  buffonate  della sinistra, con i summit
Caselli  -  P.D.S.,  con  l'attacco  a  Mori  e  al R.O.S.: si faccia
finalmente la lotta alla mafia".
    La  giunta  per  le  autorizzazioni  a procedere della Camera dei
deputati,  nella  relazione che accompagnava la proposta, poi accolta
dall'Assemblea,  ha  sottolineato  come l'opinione unanime emersa nel
corso  del  dibattito  fosse  stata  nel  senso  che  le  espressioni
pronunciate   dal  parlamentare  rappresentassero,  all'evidenza,  un
giudizio ed una critica di natura sostanzialmente politica su fatti e
circostanze  che,  all'epoca,  erano  al centro dell'attenzione della
opinione   pubblica   nonche'  del  dibattito  politico-parlamentare.
Sicche'  veniva  reputata  sussistente  nella  specie  la clausola di
immunita'   sancita   dall'art. 68,   primo  comma,  Cost.,  malgrado
l'"assenza   di  un  collegamento  specifico  con  atti  o  documenti
parlamentari",  che  comunque  doveva  reputarsi  implicito,  "attesa
l'ampiezza  e la diffusione che ebbe a suo tempo la discussione tanto
sugli organi di stampa quanto, in generale, nel dibattito politico".
    Tali  conclusioni  sono  contestate  dalla  autorita' giudiziaria
confliggente,  in particolare facendo leva sui rigorosi confini entro
i  quali - secondo la giurisprudenza di questa Corte - puo' ritenersi
operante  l'immunita'  rivendicata  dalla  Camera,  qualora - come si
pretende  essere avvenuto nel caso in esame - venga in considerazione
l'attivita'   politica  svolta  dal  parlamentare  al  di  fuori  del
compimento   di   atti   tipici  di  esercizio  della  funzione,  cui
l'immunita' stessa si raccorda. Dal canto suo, la Camera resistente -
oltre ad aver eccepito, nella memoria depositata in prossimita' della
udienza,  l'inammissibilita'  del conflitto, in quanto il ricorso che
lo  ha  promosso  non  conterrebbe una "sufficiente indicazione delle
"ragioni  del  conflitto"  medesimo - ha rilevato, ex adverso, che le
dichiarazioni   dell'on. Gasparri,  contestate  in  sede  giudiziale,
sarebbero  legate  "da  un  inscindibile nesso funzionale" a numerose
affermazioni  del  medesimo  parlamentare, rinvenibili in atti tipici
del  suo mandato; al punto che la corrispondenza tra quanto affermato
intra  moenia  e  quanto affermato extra moenia, sarebbe nella specie
"addirittura  puntuale  e  formale":  con  la  conseguenza di rendere
palesemente inconsistenti le "pretese" avanzate dal ricorrente.
    2.  -  L'eccezione  di  inammissibilita' del conflitto, sollevata
dalla  difesa  della Camera dei deputati, non puo' essere accolta. La
Camera  resistente  ritiene,  infatti, che nell'atto introduttivo del
conflitto  non sarebbero state adeguatamente puntualizzate le ragioni
di   fatto  e  di  diritto  poste  a  base  della  denuncia:  sicche'
risulterebbero   nella  specie  carenti  i  requisiti  necessari  per
consentire  l'esame  del  merito, alla luce dei principi affermati al
riguardo   da  questa  Corte  nella  sentenza  n. 363  del  2001.  In
particolare - sottolinea la Camera - le argomentazioni del ricorrente
si   ridurrebbero   alla  elencazione  di  una  serie  di  precedenti
giurisprudenziali,  utili  -  secondo  la prospettiva coltivata dallo
stesso  ricorrente  -  a  consentire una "astratta determinazione del
concetto   di   attivita'  parlamentare  e  della  nozione  di  nesso
funzionale".  Nessun  argomento, pero', verrebbe speso per dimostrare
la  "mancanza, nella specie, e cioe' nel caso concreto, di tale nesso
funzionale,  anche  attraverso il necessario esame dell'attivita' (in
particolare, di sindacato ispettivo) svolta dall'on. Gasparri".
    Tali  rilievi  non  sono  fondati.  Da  un  lato, infatti, appare
incontestabile  la  congruita'  della  motivazione  che  accompagna e
sostiene  il  provvedimento giurisdizionale con il quale il conflitto
e'  stato  proposto,  considerato  che  l'enucleazione  del  "fatto",
dell'oggetto  e  del  tema della vindicatio, in uno con gli argomenti
giuridici  posti  a fondamento della lamentata menomazione, risultano
del  tutto  congrui  e  percio' stesso idonei a suscitare l'esame del
merito.  Sotto  altro  profilo, poi, si rivela del tutto impropria la
censura  relativa  all'omesso esame - da parte del ricorrente - della
attivita'  di sindacato ispettivo svolta dall'on. Gasparri, posto che
nella  relazione  della  giunta per le autorizzazioni a procedere (la
cui  proposta  e'  stata  pedissequamente recepita dall'Assemblea) si
dava  atto  della  "assenza  di  un collegamento specifico con atti o
documenti  parlamentari",  proprio  in riferimento alle dichiarazioni
rese  dal  parlamentare alla agenzia di stampa e per le quali pendeva
procedimento penale.
    3. - Nel merito, il ricorso non e' fondato.
    Trattandosi   di   valutare   la   contestata  sussistenza  della
prerogativa  della  immunita'  in rapporto a dichiarazioni rese da un
deputato  ad  una agenzia di stampa, e percio' rilasciate al di fuori
dell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari tipiche, il problema si
risolve  nello stabilire se - cio' non di meno - quelle dichiarazioni
siano identificabili come espressione della attivita' parlamentare, e
quindi  possano  ritenersi iscritte nel panorama delle "opinioni" per
le   quali   opera   la   richiamata  garanzia  costituzionale  della
irresponsabilita'.
    In  proposito,  questa Corte - come gli stessi confliggenti hanno
rammentato,  sia pure secondo prospettive evidentemente diversificate
-   ha   piu'   volte   affermato   che,   ai  fini  della  accennata
identificazione,  non  basta  la  semplice  comunanza  di  argomenti,
oggetto di attivita' parlamentari tipiche e di dichiarazioni fatte al
di  fuori  di  esse;  ne'  basta la riconducibilita' di queste ultime
dichiarazioni  ad  un medesimo "contesto politico" (v., fra le molte,
le  sentenze  n. 56  e  n. 58  del  2000).  Occorre,  invece,  che la
dichiarazione  possa essere qualificata come espressione di attivita'
parlamentare;  il che normalmente accade se ed in quanto sussista una
sostanziale  corrispondenza di contenuti tra le dichiarazioni rese al
di  fuori  dell'esercizio delle attivita' parlamentari tipiche svolte
in  Parlamento,  e  le  opinioni  gia' espresse nell'ambito di queste
ultime.  La  sostanziale corrispondenza di contenuti finisce, quindi,
per   costituire   "il  criterio  che  consente  di  identificare  le
dichiarazioni  rese  al  di fuori di quelle attivita' e ciononostante
riconducibili  o  inerenti alla funzione parlamentare, distinguendole
cosi' da quelle che ricadono nel diritto comune a tutti i cittadini e
proteggendole tramite la speciale garanzia dell'art. 68, primo comma,
della   Costituzione,   senza   con   cio'   determinare   situazioni
ingiustificate  di privilegio personale" (v. sentenze n. 320 e n. 321
del 2000 ed altre ivi richiamate).
    Tale  condizione  appare  soddisfatta  nel  caso  di specie. Come
infatti  emerge  dalla  documentazione  prodotta  dalla  difesa della
Camera  dei  deputati,  l'on. Gasparri presento', il 28 gennaio 1998,
una  diffusa  interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri
ed  ai  Ministri dell'interno, della difesa e della giustizia, avente
ad  oggetto  indiscrezioni,  polemiche  ed  accuse  riguardanti  "...
rappresentanti   istituzionali  della  Procura  della  Repubblica  di
Palermo  ed  ...  esponenti istituzionali dell'Arma dei carabinieri e
del  reparto  R.O.S.".  In  tale  atto  di  sindacato  ispettivo,  il
parlamentare   formulava,   sia  pure  con  le  forme  tipiche  della
interrogazione  parlamentare, una serie di quesiti "dubitativi" circa
varie  irregolarita' che avrebbero caratterizzato talune indagini, in
particolare  "sul  caso  De  Donno  -  Lo  Forte  -  Siino",  e sulle
indiscrezioni su atti giudiziari propalate dalla stampa; tanto che, a
dire  dell'interrogante,  attraverso  quelle  indiscrezioni pareva si
lasciassero  "trapelare  spezzoni  di  verita'  per agevolare, da una
parte,  indagati  eccellenti e per colpire, dall'altra, investigatori
ed   esponenti   istituzionali,   alcuni   dei   quali,  addirittura,
assassinati  dalla  mafia  e  colpevoli,  a volte, unicamente di aver
svolto  indagini  a 360 gradi". L'interrogante sottolineava, inoltre,
la  singolarita'  del  fatto che quelle indagini fossero svolte dalla
Procura  di  Palermo, malgrado le stesse prefigurassero "l'assunzione
da  parte di un magistrato di quella procura della posizione di parte
offesa  o  di  indagato";  e  segnalava  al riguardo la necessita' di
iniziative  volte  a  regolarizzare  la situazione, al fine di fugare
"ogni  dubbio  su  possibili tentativi di insabbiamento o, peggio, di
accanimento  nei  confronti di quegli investigatori che fanno solo il
loro  dovere  con autonomia". Esso domandava infine: sia di conoscere
quali  fossero stati i temi trattati dal Procuratore della Repubblica
di  Palermo negli incontri avuti con il Presidente del Consiglio, con
il  Ministro  dell'interno  ed  il  comandante generale dell'Arma dei
carabinieri;  sia  quali  iniziative si intendesse assumere "a favore
dell'Arma  dei  carabinieri,  che, nelle ultime settimane, a causa di
una  campagna  di  stampa  alimentata  da  indiscrezioni  su  verbali
giudiziari, e' stata fatta oggetto di pesanti valutazioni e sospetti,
tali  da  metterne  in dubbio la fedelta' allo Stato e la lealta' nei
confronti delle altre istituzioni, soprattutto la magistratura".
    Il  contenuto del diffuso atto parlamentare presenta, dunque, non
soltanto  aspetti  di  sostanziale corrispondenza, ma addirittura - e
sui  profili maggiormente  qualificanti  -  espressioni di pressoche'
totale  identita',  rispetto  alle dichiarazioni rese alla agenzia di
stampa  nel luglio  di quello stesso anno, allorche' la polemica e le
iniziative  parlamentari  - come e' confermato anche dalla successiva
interrogazione del 19 gennaio 1999, ove si torna a parlare del R.O.S.
e  del  suo  comandante  e con un espresso riferimento al "numero due
della  Procura  di  Palermo,  il  dottor  Lo Forte" - erano ben lungi
dall'essere sopite.
    Tanto   basta,   quindi,   a   rendere  pienamente  legittima  la
deliberazione  assunta  dalla  Camera  dei  deputati  in  ordine alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art. 68,   primo  comma,  della
Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Gasparri a una agenzia
di stampa il 31 luglio 1998; e conseguentemente a risolvere in favore
della stessa Camera il conflitto di attribuzione proposto dal giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Roma.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   che   spetta   alla   Camera  dei  deputati  affermare
l'insindacabilita',   ai   sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,  delle  dichiarazioni  espresse  dal  deputato Maurizio
Gasparri,  secondo  quanto  deliberato dall'Assemblea della Camera in
data 17 giugno 1999.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 marzo 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
02C0195