N. 56 ORDINANZA 27 febbraio - 15 marzo 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Pensioni  -  Impiego  pubblico  - Pensionamento anticipato, per fatti
  indipendenti   dalla  volonta'  dell'interessato  -  Riduzione  del
  trattamento   pensionistico  (in  proporzione  al  numero  di  anni
  mancanti  al  raggiungimento del requisito contributivo) - Asserita
  lesione  del  principio di eguaglianza, per identico trattamento di
  situazioni   diverse  -  Difetto  di  motivazione  in  ordine  alla
  rilevanza   della  questione  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione.
- Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, commi 16 e 18.
- Costituzione, artt. 3 e 38.
(GU n.12 del 20-3-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Valerio  ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 16 e
18,  della  legge  24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di
finanza  pubblica), promosso con ordinanza emessa il 16 febbraio 2000
dalla  Corte  dei  conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
Trentino-Alto  Adige, sede di Trento, sul ricorso proposto da Scatena
Paolo  contro Azienda provinciale per i Servizi Sanitari di Trento ed
altro,  iscritta  al  n. 745 del registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 49, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Visti  l'atto  di costituzione di Scatena Paolo nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  29 gennaio  2002  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi  l'avvocato  Mario  Fedrizzi per Scatena Paolo e l'Avvocato
dello  Stato  Giorgio  D'Amato  per  il  Presidente del Consiglio dei
ministri.
    Ritenuto  che nel corso di un giudizio promosso da un ex primario
ospedaliero  avverso il provvedimento di liquidazione provvisoria del
trattamento  di  pensione la Corte dei conti, sezione giurisdizionale
per  il  Trentino-Alto  Adige,  sede  di  Trento,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt.  3  e  38  della  Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 11, commi 16 e 18, della legge
24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica);
        che  il  ricorrente  nel  giudizio  principale,  collocato in
pensione  (di  anzianita)  a  seguito dell'annullamento, disposto con
sentenza  definitiva  del  Consiglio  di  Stato,  della  delibera  di
assunzione  in  qualita'  di  primario,  si  e'  visto  liquidare  il
trattamento  provvisorio di pensione con la riduzione dell'undici per
cento  prevista  -  per  il  caso  di conseguimento della pensione di
anzianita'  prima  del  raggiungimento  della soglia dei trentacinque
anni di cui alle leggi vigenti - dalla norma impugnata e dall'art. 1,
commi 26 e 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
        che   la   norma   impugnata,   infatti,   nell'ottica  della
progressiva  eliminazione dell'istituto della pensione di anzianita',
stabilisce,  con  effetto  dal  1  gennaio  1994,  che coloro i quali
conseguono detta pensione con un'anzianita' contributiva inferiore ai
trentacinque  anni,  a  meno  che  non  si  tratti  di cessazione dal
servizio  per  invalidita',  subiscano  una riduzione del trattamento
economico in proporzione al numero di anni mancanti al raggiungimento
del  predetto  requisito,  secondo  quanto  indicato  dalla tabella A
allegata alla legge n. 537 del 1993;
        che  l'impugnato art. 11 va collegato con le successive norme
intervenute  sul punto, ossia i commi 27 e 32 dell'art. 1 della legge
n. 335  del  1995, i quali dispongono che, nella fase transitoria, la
pensione  di  anzianita'  puo'  ancora  essere conseguita, purche' in
presenza  di  determinati  requisiti  contributivi,  con applicazione
delle  riduzioni  percentuali  di  cui  alla  tabella  D  allegata  a
quest'ultima legge;
        che il menzionato art. 1, comma 32, dispone che le precedenti
disposizioni  in  materia  di  pensione  di anzianita' (scilicet piu'
favorevoli)  continuano  a  trovare  applicazione  in  una  serie ben
identificata di casi;
        che  il  complesso normativo richiamato non risolve - a detta
della  Corte  dei  conti  -  il  problema  dell'applicabilita'  delle
riduzioni  in  questione  nei  casi  in  cui  non  ne venga stabilita
espressamente   l'esclusione;  nel  giudizio  pendente,  infatti,  il
ricorrente  si  e'  collocato  in  pensione  non di propria spontanea
volonta',  bensi'  a  seguito  dell'annullamento  del proprio atto di
assunzione;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, stante la formulazione
tassativa  contenuta  nell'art. 1,  comma  32, della legge n. 335 del
1995,  la  riduzione di cui alla norma impugnata dev'essere applicata
anche  nel caso del ricorrente, benche' il pensionamento sia avvenuto
per  fatti indipendenti dalla volonta' del medesimo; e cio' in quanto
non   possono   essere  aggiunte  in  via  di  interpretazione  altre
fattispecie di esclusione non previste dalla norma;
        che   tale   lettura   del   sistema,   pur  essendo  l'unica
tecnicamente  possibile,  appare  al  rimettente in contrasto con gli
invocati parametri costituzionali;
        che da un lato, infatti, ricondurre al medesimo trattamento i
lavoratori che optano per il pensionamento anticipato di anzianita' e
quelli  che,  viceversa,  si  trovano  in  pensione contro la propria
volonta',  appare lesivo del principio di eguaglianza, trattandosi di
situazioni  difformi; dall'altro, la penalizzazione rappresentata dal
decurtamento  della  pensione  puo' determinare la compressione delle
esigenze  vitali  dell'interessato, con violazione anche dell'art. 38
della Carta fondamentale;
        che  la Corte dei conti, quindi, sollecita l'emissione di una
pronuncia  che  dichiari  l'illegittimita' costituzionale della norma
impugnata  nella  parte  in  cui  dispone la riduzione, "anche per il
personale involontariamente collocato a riposo ante tempus per motivi
diversi  da  quelli  indicati  nel  comma  32 dell'art. 1 della legge
n. 335/1995,  del  trattamento pensionistico in proporzione agli anni
mancanti    al   raggiungimento   dell'anzianita'   contributiva   di
trentacinque anni";
        che  si  e'  costituito  in  giudizio  il  medico ricorrente,
sollecitando l'accoglimento della prospettata questione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  prospettata  questione  venga  dichiarata
inammissibile o infondata.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
proposta  dal  giudice  remittente  si  centra  essenzialmente  sulla
mancata   estensione   delle  norme  che  consentono  di  fruire  del
pensionamento   anticipato   di   anzianita',   senza   incorrere  in
decurtazioni  del trattamento pensionistico, a tutti i casi nei quali
il  collocamento  a  riposo non e' riconducibile ad una libera scelta
dell'interessato;
        che  alla  predetta  ipotesi  sarebbe  da  ricondurre,  nella
ricostruzione operata dal giudice a quo, anche la fattispecie oggetto
del giudizio principale, nella quale il medico ricorrente si e' visto
annullare  il  proprio  atto  di  nomina  con sentenza definitiva del
giudice  amministrativo,  optando  per  il  pensionamento soltanto in
virtu' di detta situazione sopravvenuta;
        che  la  Corte  remittente, peraltro, omette completamente di
considerare che, proprio in conseguenza dell'intervenuto annullamento
dell'atto   di   nomina   a  primario  ospedaliero,  la  controversia
attualmente  pendente  non  ha  ad oggetto un pensionamento derivante
dalla  cessazione  di  un  rapporto di lavoro validamente instaurato,
bensi'  il  diverso caso di un pensionamento derivante dal venir meno
di  un  rapporto  contrattuale  di  fatto  ricadente  nell'ambito  di
applicazione  dell'art. 2126  cod. civ., norma pacificamente valevole
anche per il pubblico impiego (ordinanza n. 12 del 1994);
        che  il  giudice  remittente,  percio',  non ha in alcun modo
ottemperato  all'obbligo  di motivazione circa il profilo preliminare
della  riconducibilita' della cessazione di un rapporto di fatto alla
diversa fattispecie del pensionamento susseguente alla conclusione di
un   rapporto   di   lavoro   validamente   instaurato,   presupposto
indispensabile  per  l'eventuale  pronuncia  additiva sollecitata nei
confronti di questa Corte;
        che  tale  carenza  di  motivazione sul requisito preliminare
della  rilevanza  si  traduce  in  manifesta  inammissibilita'  della
sollevata questione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 11, commi 16 e 18, della legge
24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica),
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dalla
Corte  dei conti, sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige,
sede di Trento, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 marzo 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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