N. 133 SENTENZA 11 - 24 aprile 2002

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Finanza  regionale  -  Entrate  finanziarie della Regione Siciliana -
  Clausole legislative di riserva all'erario di incrementi di entrate
  derivanti  da  provvedimenti  emanati  dal  1992  al 1996 - Decreto
  ministeriale  per l'attuazione della riserva - Procedimento diretto
  alla sua emanazione - Esclusione della partecipazione della Regione
  Siciliana   -  Ricorso  della  stessa  Regione,  per  conflitto  di
  attribuzione  - Accoglimento - Annullamento conseguente del decreto
  impugnato.
- Decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del
  tesoro, 23 dicembre 1997.
- Statuto Regione Siciliana, art. 36; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074,
  art. 2.
(GU n.1000 del 2-5-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
decreto  23 dicembre  1997  emanato  dal  Ministro  delle finanze, di
concerto con il Ministro del tesoro, recante "Modalita' di attuazione
delle  riserve  all'erario  dal  1 gennaio 1997 del gettito derivante
dagli  interventi  in  materia  di  entrate finanziarie della Regione
Sicilia,  emanati  dal  1992",  promosso  con  ricorso  della Regione
Siciliana, notificato il 15 maggio 1998, depositato in cancelleria il
23 successivo, ed iscritto al n. 13 del registro conflitti 1998.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12 febbraio  2002  il giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi   l'avvocato  Giovanni  Carapezza  Figlia  per  la  Regione
Siciliana e l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. -   Con  ricorso  notificato il 15 maggio 1998 e depositato il
23 maggio   1998  la  Regione  Siciliana  ha  promosso  conflitto  di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri,
in riferimento al decreto del Ministro delle finanze, di concerto con
il Ministro del tesoro, del 23 dicembre 1997 (Modalita' di attuazione
delle  riserve  all'erario  dal  1 gennaio 1997 del gettito derivante
dagli  interventi  in  materia  di  entrate finanziarie della Regione
Sicilia,  emanati  dal  1992),  ritenendolo lesivo delle attribuzioni
regionali  in  materia  finanziaria  di cui all'art. 36 dello statuto
speciale  e  all'art. 2  delle relative norme di attuazione approvate
con  d.P.R.  26 luglio 1965, n. 1074, e ne ha chiesto l'annullamento,
previa  sospensione  ai sensi dell'art. 40 della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  "nella  parte  in  cui  sottrae  alla  Regione Siciliana, con
effetto   dal   1   gennaio   1997,   quote   di  gettito  tributario
arbitrariamente  incluse  tra  le  nuove entrate riservate all'erario
statale,  in  forza  dei  provvedimenti  normativi  di cui il decreto
censurato costituisce attuazione".
    Secondo  la  Regione  Siciliana, l'impugnato decreto estenderebbe
indebitamente  le  previsioni  normative  alla cui attuazione esso e'
inteso,  e  relative  alla riserva a favore dell'erario statale delle
nuove   entrate   derivanti  da  numerosi  provvedimenti  legislativi
succedutisi  dal  1992 al 1997, e interpreterebbe dette previsioni in
modo contrastante con lo statuto e le norme di attuazione, sottraendo
cosi'  alla  Regione  medesima  quote  di  gettito tributario ad essa
spettanti.  In  particolare,  le  previsioni  in  esso  contenute  si
fonderebbero esclusivamente sulle risultanze delle relazioni tecniche
di   accompagnamento   dei   provvedimenti   legislativi,   applicate
automaticamente,  senza  considerare "se in effetti dai provvedimenti
legislativi  considerati  derivi  un  maggior  gettito  per  le casse
regionali,  se  esso  possa  configurare una nuova entrata tributaria
riservabile   allo  Stato,  e  se  infine  le  norme  sostanziali  di
riferimento siano tuttora vigenti e pertanto produttive di effetti".
    In   riferimento   alla   riserva   disposta   dall'art. 13   del
decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di
previdenza,  di  sanita'  e di pubblico impiego, nonche' disposizioni
fiscali),   convertito  in  legge,  con  modificazioni,  dalla  legge
14 novembre  1992,  n. 438,  la  Regione  nota  che  tale articolo ha
riservato all'erario statale le entrate derivanti dagli articoli da 8
a  14  del  decreto  n. 384  stesso,  ma  che  l'art. 3, comma 6, del
successivo  decreto  legge 31 maggio 1994, n. 330 (Semplificazione di
talune   disposizioni   in   materia   tributaria),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 473, ridisciplinando la
materia  delle  detrazioni  d'imposta,  ha  abrogato  i  commi  1 e 2
dell'art. 10  del  primo  decreto,  senza piu' riaffermare la riserva
allo  Stato: ne deriverebbe che il decreto ministeriale impugnato non
avrebbe  dovuto  calcolare la maggiore entrata derivante dal disposto
dell'art. 10, comma 1, del decreto-legge n. 384 del 1992 per gli anni
d'imposta successivi all'abrogazione dello stesso articolo.
    Sempre  in  riferimento al maggior gettito derivante dall'art. 13
del  decreto-legge n. 384 del 1992, la Regione ritiene che il decreto
impugnato  non  avrebbe  dovuto  tenere  in considerazione il maggior
gettito    conseguente    all'indeducibilita'   dell'ILOR,   disposta
dall'art. 10,  comma  3,  dello stesso decreto, quanto meno a partire
dal  periodo  d'imposta in corso al 1 gennaio 1998, in considerazione
dell'avvenuta    integrale    soppressione   dell'ILOR   (a   seguito
dell'istituzione  dell'IRAP  ad  opera  del  d.lgs  15 dicembre 1997,
n. 446);  e  cio' a prescindere dalla considerazione che, comunque, a
seguito  dell'istituzione  dell'ICI,  e in base all'art. 17, comma 4,
del  d.lgs.  30 dicembre  1992,  n. 504 (Riordino della finanza degli
enti  territoriali,  a  norma  dell'articolo 4 della legge 23 ottobre
1992,  n. 421),  che aveva gia' escluso dall'ILOR alcune categorie di
redditi,  le  quantificazioni  operate  in  sede di relazione tecnica
allegata  al  decreto-legge  n. 384,  su  cui  l'impugnato decreto si
fonderebbe  integralmente,  avrebbero  dovuto  essere  opportunamente
corrette.
    In  riferimento  alle  disposizioni  contenute  nei decreti-legge
22 maggio  1993,  n. 155  (Misure  urgenti  per la finanza pubblica),
30 dicembre  1993, n. 557 (Ulteriori interventi correttivi di finanza
pubblica  per  l'anno  1994), 23 febbraio 1995, n. 41 (Misure urgenti
per  il  risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione nelle
aree  depresse),  30 dicembre  1995,  n. 565 (Misure di completamento
della  manovra  di finanza pubblica), e nella legge 28 dicembre 1995,
n. 549  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza  pubblica), la
Regione  afferma  che il maggior gettito derivante dall'aumento delle
entrate  a  titolo  di  IVA  in conseguenza della modificazione delle
accise  su  determinati  prodotti,  in  particolare  petroliferi, non
costituirebbe  "nuova  entrata"  riservabile allo Stato. Ne' in senso
contrario  potrebbero  deporre,  in  mancanza di una espressa riserva
allo Stato e di una apposita clausola di destinazione delle entrate a
particolari    finalita'    statali,   le   relazioni   tecniche   di
accompagnamento  dei vari provvedimenti normativi. Anche in relazione
a  quanto  affermato  dalla  giurisprudenza  costituzionale, inoltre,
dovrebbe  ritenersi  escluso  da  ogni  possibile  riserva allo Stato
il maggior  gettito  derivante dall'ampliamento della base imponibile
di un tributo spettante alla Regione.
    In  riferimento  alle maggiori  entrate  derivanti  dalla riserva
disposta  dall'art. 47  del  decreto-legge  n. 41 del 1995, nel testo
risultante  dalla  legge  di  conversione  22 marzo  1995,  n. 85, la
Regione   nota   che   l'art. 12   di  tale  decreto  riguarda  l'IVA
all'importazione  (cap. 1203,  art. 2),  che  e'  gia'  di  integrale
spettanza  dello Stato, e dunque sarebbe erroneo tenere conto di tale
disposizione  nel  cap. 1203,  art. 1, che riguarda l'IVA interna, di
spettanza    regionale.   L'art. 16-bis,   invece,   prevede   misure
antielusive,  al  fine  di  assicurare  il corretto adempimento degli
obblighi  tributari dei contribuenti, e il considerare riservato allo
Stato il conseguente gettito equivarrebbe ad operare una sostituzione
di  una  imposta  spettante  alla  Regione  con una nuova fattispecie
assegnata  allo  Stato,  in  contrasto  con  quanto  affermato  dalla
giurisprudenza costituzionale, che avrebbe affermato l'impossibilita'
per  lo  Stato  di  riservare  a  se' l'intero gettito di una imposta
chiaramente  sostitutiva,  quando  il  relativo tributo non e' di sua
esclusiva spettanza.
    In   riferimento   alla  circostanza  che  il  decreto  impugnato
prescrive i prelievi a fini di riserva attraverso percentuali (indici
di  incidenza)  applicate  alla  riscossione, ignorando il necessario
momento  della  preventiva  liquidazione  delle spettanze erariali in
valori   assoluti   e  lasciando  tale  compito  esclusivamente  agli
incaricati  della  riscossione, la Regione osserva che tali soggetti,
considerato  che  si  deve  procedere  al recupero delle quote dovute
dalla  Regione  per  il  1997,  non potrebbero avere singolarmente la
consapevolezza  del  raggiunto  limite  globale di devoluzione, anche
perche',  dovendosi  provvedere  a  detrarre  le  somme gia' affluite
all'erario  secondo  quote  di  spettanza, le relative determinazioni
dovrebbero   essere   effettuate   dall'amministrazione   finanziaria
statale.
    Infine,  la  Regione precisa che non potrebbe applicarsi, al fine
di  correggere gli eventuali errori di quantificazione, il conguaglio
-   da   effettuarsi  peraltro  sulla  base  di  modalita'  stabilite
unilateralmente dallo Stato - previsto dal decreto impugnato (art. 4,
comma 3): tale strumento, infatti, non potrebbe essere utilizzato per
modificare  percentuali  di  incidenza errate ab origine, e calcolate
aprioristicamente e in taluni casi illegittimamente, sulla base delle
originarie previsioni di incremento di imposta.
    2. - Si  e'  costituito  nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, chiedendo che siano rigettati il ricorso e l'istanza di
sospensione.
    In  relazione  alla  prima  censura,  l'Avvocatura afferma di non
comprendere  il  nesso  tra  il  decreto-legge  n. 384  del 1992, che
riguarda  un'imposta straordinaria, e l'art. 10 del testo unico delle
imposte  sui  redditi;  ma osserva comunque che la riserva originaria
riferita   all'art. 10   del   testo   unico   sopravviverebbe   alle
modificazioni del medesimo.
    Quanto  alla seconda censura, l'Avvocatura afferma che il decreto
impugnato  riguarda  gettiti  realizzati  e non gettiti futuri, e che
dunque  la  Regione  non  avrebbe nulla da temere se, a seguito della
soppressione dell'ILOR, l'entrata e' inesistente.
    Quanto  alla  terza  censura,  la  difesa  erariale  sostiene che
l'aumento  delle  entrate  a  titolo  di  IVA  in  conseguenza  della
modificazione   delle  accise  su  alcuni  prodotti  e'  un  "effetto
indiretto ricomprensibile sulla previsione normativa preesistente".
    Quanto alla quarta censura, afferma che l'IVA all'importazione e'
di  spettanza  erariale,  e che le norme antielusive fanno realizzare
un maggior gettito che potrebbe essere riservato allo Stato.
    Quanto   alla  quinta  censura,  secondo  la  difesa  statale  la
determinazione  in  concreto  della  misura  della  riserva  dovrebbe
necessariamente farsi mediante indici di incidenza sulle riscossioni;
quanto  infine  alla circostanza che il previsto conguaglio non possa
essere  utilizzato  per correggere la determinazione originaria delle
percentuali  di  incidenza,  questo rilievo non potrebbe dare luogo a
conflitto di attribuzione.
    3. - In  prossimita' dell'udienza pubblica del 7 marzo 2000 hanno
depositato  memorie  sia  la Regione ricorrente sia il Presidente del
Consiglio dei ministri.
    La   Regione,   innanzitutto,   dichiara   di   voler  dimostrare
l'iniquita' del sistema di calcolo, e mettere in evidenza gli effetti
distorsivi  prodotti  a  carico  della  finanza  regionale  dall'atto
impugnato,  nonche'  il venir meno dei fondamenti giuridico-economici
sui  quali  il  medesimo  decreto  appare  basarsi  alla  luce  delle
successive  evoluzioni  della  finanza  statale:  circostanze, queste
ultime,  che assumerebbero particolare rilevanza con riferimento alle
disposizioni  del  decreto  in  cui  si  statuisce  la costanza degli
effetti  per  un  ambito temporale illimitato, in quanto l'automatica
applicazione,  alla  quota di gettito tributario riscosso in Sicilia,
delle percentuali di incremento del gettito nazionale derivanti dalle
manovre finanziarie considerate nelle premesse del decreto censurato,
e  nelle  tabelle  allegate  allo stesso, apparirebbe posta in essere
sulla  base  di  una  presunta  oggettivita'  ed attendibilita' delle
previsioni  di  incremento, senza peraltro alcuna dimostrazione della
congruita' delle previsioni stesse.
    A  tal  fine,  la  Regione illustra alcune delle tabelle allegate
alla  memoria.  In  particolare,  le  tabelle  A  e  B (contenenti il
confronto  della  crescita  del  prodotto  interno  lordo nazionale e
siciliano,  attraverso percentuali globali e pro capite) e le tabelle
C   e   D  (contenenti  il  raffronto  dell'andamento  delle  entrate
tributarie della Regione siciliana e dello Stato) dimostrerebbero che
sarebbe erroneo lo stesso presupposto - l'uniforme composizione della
base  imponibile  -  su  cui  si  basa il calcolo del maggior gettito
d'imposta  da riservarsi all'erario statale, effettuato attraverso la
proiezione   su  base  regionale  dell'incremento  percentuale  delle
entrate  previsto  su  base  nazionale.  Infatti,  le  variazioni del
gettito  dello  Stato e della Regione risulterebbero non soltanto non
omogenee nell'entita', ma addirittura discordanti nel segno, con cio'
dimostrando  che le composizioni reddituali, e le connesse variabili,
determinanti   l'andamento   delle   entrate   regionali,   sarebbero
assolutamente  diverse  da quelle nazionali. Inoltre, dalla tabella E
emergerebbe   che   l'obbligo   del  versamento  allo  Stato  di  una
percentuale  dei  tributi riscossi sul territorio regionale non viene
meno  neppure  qualora  nel  bilancio  regionale si sia verificato un
decremento del gettito.
    Ancora, le disposizioni del decreto impugnato si fonderebbero sul
presupposto,  erroneo e indimostrato, che a fronte delle disposizioni
legislative  cui  si  intende  dare  attuazione  si  sia  prodotto un
incremento  di gettito, qualificabile come nuova entrata, e come tale
riservabile all'erario: mentre, al contrario, si sarebbero verificati
casi  di  riserva  allo  Stato anche in presenza di una riduzione del
gettito  a  livello  nazionale  (ad esempio, nell'anno 1998 in ordine
all'IRPEG  -  cap.  1024 - si era previsto un maggior gettito di lire
7.345  miliardi, poi smentito dal rendiconto generale dello Stato per
lo  stesso  1998, che registrerebbe, al contrario, una minore entrata
per lire 2.415 miliardi).
    La  tabella  C bis inoltre, dimostrerebbe la progressiva erosione
delle  risorse  regionali,  che  nel  periodo  1992/1997 si sarebbero
ridotte  in  -  termini  reali  - del 4,6%, a fronte di un incremento
delle  entrate  statali  dell'8%:  la crescita nominale delle entrate
regionali, dunque, non sarebbe stata neppure sufficiente a coprire la
perdita di valore legata all'inflazione.
    La  Regione  ricorda  infine  che  ogni  clausola  legislativa di
riserva di nuove entrate allo Stato era originariamente supportata da
una particolare finalita', solitamente individuata dalle leggi stesse
nell'emergenza  finanziaria connessa alla esigenza di copertura degli
oneri  del debito pubblico e agli impegni comunitari. Ora, invece, le
esigenze  connesse  all'emergenza  finanziaria sarebbero venute meno,
tanto  da  consentire  una diminuzione della pressione fiscale, e una
cessazione   -  o  almeno  un  rilevantissimo  abbattimento  -  degli
incrementi  di  gettito  presupposti dal decreto impugnato almeno per
gli anni finanziari 2000 e seguenti in forza degli effetti finanziari
della  legge  n. 488  del  1999;  non sarebbe quindi legittimo tenere
conto delle maggiori entrate derivanti da provvedimenti nazionali per
riservare  il gettito all'erario statale, e non considerare viceversa
gli  effetti  di  altri  provvedimenti  che determinino di contro una
riduzione  del gettito derivante dai medesimi tributi considerati. In
tal  modo, invero, la Regione verrebbe penalizzata due volte, poiche'
da un lato continuerebbe ad essere soggetta alle considerate clausole
di  riserva  -  per un tempo indefinito a meno che non intervenga una
disposizione  legislativa  che  abroghi  le  relative previsioni -, e
dall'altro  sopporterebbe una erosione del proprio gettito tributario
a causa del decremento della pressione tributaria.
    Le   relazioni   tecniche  di  accompagnamento  delle  leggi  che
contengono  la  clausola  di  riserva  allo  Stato,  a cui il decreto
impugnato  farebbe  esclusivo  riferimento,  sarebbero  dunque, nella
migliore  delle  ipotesi,  da  ritenere esaustive solo in relazione a
limitati   ambiti   temporali,   essendo  le  innumerevoli  variabili
destinate ad incidere nella formazione della base imponibile dei vari
tributi  imponderabili  e  non  identificabili  nella  loro  essenza,
oltreche'  negli  effetti  e  nella  consistenza,  se  non  per lassi
temporali  estremamente  ristretti.  Il  conguaglio,  previsto in via
eventuale   dall'art. 4,  comma  3,  del  decreto  impugnato  sarebbe
utilizzabile,  al  fine di correggere le percentuali fissate, solo in
dipendenza  dei  dati  globali e definitivi risultanti dal rendiconto
generale  dello  Stato  per  gli  anni  di  riferimento:  ma  i  dati
consuntivi non sarebbero in grado di evidenziare le variazioni che si
assume  si  siano verificate in forza dell'incremento o decremento di
gettito dipendente da singoli ed individuati provvedimenti normativi.
    4. - L'Avvocatura  dello  Stato, nella memoria, prima di prendere
nuovamente  posizione  su  ognuno  dei  motivi del ricorso regionale,
svolge  una  considerazione  preliminare,  secondo  cui, in base alla
ratio  e  alla  lettera  dell'art. 2  delle  norme di attuazione, che
sarebbe  quella  di  assicurare alla Regione siciliana la devoluzione
delle  entrate  tributarie "esistenti", la riserva allo Stato sarebbe
certamente  consentita  non solo per le imposte di nuova istituzione,
ma anche per "tutte le ulteriori e maggiori entrate fiscali derivanti
da  modificazione  legislativa  del  sistema  di  applicazione  di un
tributo   preesistente  (base  imponibile,  aliquota,  determinazione
dell'imposta, esclusioni o esenzioni ecc.)".
    In  relazione  alla  prima  censura,  l'Avvocatura afferma che la
"conversione" operata dall'art. 10, comma 1, del decreto-legge n. 384
del  1992  - da deduzione dal reddito ai fini IRPEF a detrazione solo
parziale di imposta in relazione agli oneri di cui all'art. 10, comma
1, lett. b)-bis, c), d), e), f), g), m), o), p), e r) del testo unico
delle  imposte sui redditi n. 917 del 1986 - avrebbe corrisposto alla
ritenuta  necessita'  di  assicurare  maggiori entrate all'erario. Il
successivo  art. 3  del  decreto-legge  n. 330  del  1994, apportando
modifiche  ed  integrazioni al testo unico delle imposte sui redditi,
avrebbe  si'  abrogato  i  commi 1 e 2 dell'art. 10 del decreto-legge
n. 384   del   1992,   ma   avrebbe  anche  contestualmente  inserito
l'art. 13-bis,  intitolato  "detrazioni  per  oneri",  che  ripropone
sostanzialmente  la  disciplina  dei due commi dell'art. 10 abrogati,
sempre  al  fine  di  assicurare maggiori  entrate.  E non vi sarebbe
ragione  di  ritenere  che  l'originaria (e non abolita) destinazione
allo  Stato  del maggior  gettito  derivante  dall'applicazione della
prima  norma  sia  venuta  meno  per  il  maggior  gettito dipendente
dall'applicazione della seconda.
    Quanto  alla  seconda  censura,  l'Avvocatura  afferma  che dalle
tabelle  allegate  al  decreto  impugnato  si  rileva  chiaramente il
decremento   previsionale   del  gettito  relativo  alla  riscossione
dell'ILOR  a  partire  dal  1  gennaio  1998; e che lo stesso decreto
determina  la  percentuale  di  incidenza  del tributo riservata allo
Stato  sulle  somme  riscosse negli anni anche successivi al 1997, ma
dovute  sino a tutto il 1997. La soppressione dell'ILOR a partire dal
1998  "non  sarebbe  tale  comunque  da  poter sorreggere, neppure in
astratto,  la  lamentata  interferenza nella competenza regionale"; e
dunque la censura sarebbe inammissibile, prima ancora che infondata.
    Quanto  alla  terza  censura,  l'Avvocatura  ricorda  che tutti i
provvedimenti  normativi  richiamati  contengono  la espressa riserva
allo  Stato  delle entrate da essi derivanti, con l'indicazione della
specifica  finalita';  e  che  anche  le accise gravanti sui prodotti
oggetto  della  operazione imponibile ad IVA concorrono a comporre la
base  imponibile  di  quest'ultimo tributo (art. 13, primo comma, del
d.P.R.  n. 633  del  1972): con il conseguente automatico effetto che
l'aumento  della  accisa si concreta necessariamente, ad aliquota IVA
invariata,  in  un maggior gettito di tale imposta. Secondo la difesa
statale,  dunque,  non  sarebbe  pertinente il rilievo della Regione,
secondo  cui  la  riserva  allo  Stato  non  potrebbe  dedursi  dalle
relazioni   tecniche  di  accompagnamento,  poiche'  i  provvedimenti
legislativi  contengono  tutti  l'espressa  clausola  di  riserva; e,
d'altro   canto,  si  tratterebbe  nella  specie  di  nuove  entrate,
legittimamente  riservabili  allo Stato, in quanto il maggior gettito
conseguirebbe  a  modificazioni  legislative  che  aumentano  la base
imponibile di un tributo gia' esistente.
    Quanto  alla  quarta  censura,  l'Avvocatura richiama quanto gia'
detto  in premessa e in relazione alla terza censura. In particolare,
l'art. 16-bis  del d.l. n. 41 del 1995 prevede una serie di modifiche
alla  disciplina  del  d.P.R.  n. 633  del  1972,  ampliando l'ambito
oggettivo  delle operazioni imponibili (comma 1, lett. a, e comma 2);
limitando  l'area  di  quelle  non imponibili (comma 1, lett. b e c),
oppure  determinando  la  base imponibile di alcune operazioni (comma
3):  si  tratterebbe  dunque di una rimodellazione della preesistente
disciplina  dell'IVA,  che  ne amplia l'area impositiva, riservandone
legittimamente il maggior gettito allo Stato.
    Infine, l'Avvocatura afferma che la determinazione delle quote di
incidenza   riservate   allo  Stato  sarebbe  stata  operata  con  un
meccanismo  "indubbiamente  corretto ed indiscutibile sul piano della
logicita'  e  della obbiettivita'". Da una parte, infatti, sono stati
calcolati  i maggiori  introiti  che, per ciascun anno, si prevede di
riscuotere  relativamente a ciascun cespite tributario, e raffrontati
al  complesso  delle  entrate  per  lo  stesso  cespite,  al  fine di
individuare  la percentuale prevista di incremento; dall'altra parte,
tale  percentuale  e'  stata applicata agli omologhi importi riscossi
nello  stesso  anno nella Regione, al fine di determinare la quota da
riservare  allo  Stato. A conferma della correttezza del criterio, la
difesa  statale  ricorda  che il carattere necessariamente presuntivo
del  procedimento  e' affiancato dal meccanismo del conguaglio di cui
all'art. 4 del decreto, che opera sulla base dell'aggiornamento delle
percentuali  ottenute  utilizzando  i  dati definitivi risultanti dal
rendiconto generale dello Stato per ognuno degli anni di riferimento.
    5. - Con sentenza n. 98 del 2000, successiva alla discussione del
conflitto,   la   Corte,   pronunciandosi  su  distinti  ricorsi  per
illegittimita'  costituzionale  promossi  dalla Regione siciliana, ha
dichiarato la illegittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 154,
e  3,  comma  216,  della  legge  23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica), e dell'art. 7, comma 1,
del  decreto-legge  31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in
materia  tributaria,  finanziaria  e  contabile a completamento della
manovra  di  finanza  pubblica  per  l'anno  1997),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 - disposizioni che
stabiliscono  la  riserva  a  favore  dell'erario statale delle nuove
entrate  derivanti  dai  provvedimenti  legislativi  in cui esse sono
inserite,  e alla cui attuazione, in uno con quella di altre analoghe
clausole  di  riserva  all'erario,  provvede il decreto impugnato nel
presente  giudizio  -,  "nella parte in cui dette disposizioni, nello
stabilire  che  le modalita' della loro attuazione siano definite con
decreto  ministeriale,  non prevedono la partecipazione della Regione
Siciliana al relativo procedimento".
    6. - Con  ordinanza 13-18 aprile 2000, la Corte, considerato che,
a  seguito  delle  predetta  sentenza  n. 98  del  2000,  il  decreto
impugnato,  ancorche'  non  censurato  dalla  ricorrente sotto questo
profilo,  risulta,  pro  parte, in contrasto con le norme legislative
che  ne  disciplinano  il  procedimento di formazione, ha disposto il
rinvio  del  giudizio  ad  una  nuova  udienza,  nella quale le parti
potessero  esprimersi  in  ordine  alla permanenza del loro interesse
alla definizione nel merito del giudizio medesimo.
    7. - Il  26 giugno  2000  la  Regione  ha  depositato un atto "di
proposizione,  in  via  incidentale,  di  questione  di  legittimita'
costituzionale",  con  il  quale,  dopo avere richiamato il contenuto
della   sentenza   n. 98  del  2000,  ha  ritenuto  "imprescindibile"
sollevare,  appunto, analoga questione di legittimita' costituzionale
delle  ulteriori  disposizioni  legislative di riserva all'erario, di
cui l'impugnato decreto costituisce attuazione.
    8. - Nell'imminenza  della  nuova  udienza del 23 gennaio 2001 ha
depositato  memoria  il  Presidente  del  Consiglio, allegando alcuni
documenti  dai  quali  emergerebbe che lo Stato ha gia' da tempo dato
avvio  al  procedimento  per  l'emanazione  di  un  nuovo  decreto di
attuazione  delle  clausole di riserva delle nuove entrate all'erario
statale,   coinvolgendo   la   Regione   Siciliana,  con  conseguente
prevedibile  venir  meno  dell'interesse  alla definizione nel merito
dell'attuale giudizio per conflitto di attribuzioni.
    9. - All'esito dell'udienza, la Corte ha pronunciato due distinte
ordinanze.
    Con  l'ordinanza  n. 41  del  2001 la Corte ha sospeso il decreto
impugnato,  giudicando  sussistenti le gravi ragioni che giustificano
la  sospensione,  ai  sensi  dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953,
dell'esecuzione   dell'atto   che  ha  dato  luogo  al  conflitto  di
attribuzione  fra Stato e Regione, in pendenza del relativo giudizio,
e  cio'  anche in considerazione del fatto che tale decreto estende i
suoi  effetti  alle  riscossioni  dei  tributi  per  gli  anni 2000 e
seguenti,   e   tenendo   conto   sia  dell'entita'  del  pregiudizio
finanziario  lamentato dalla ricorrente, sia delle ulteriori more del
giudizio  derivanti  dalla  sospensione  del medesimo a seguito della
coeva ordinanza n. 42 del 2001 della stessa Corte.
    Con   l'ordinanza  n. 42  la  Corte,  considerato  che  tutte  le
disposizioni  legislative  cui  si  e'  inteso dare attuazione con il
decreto   impugnato   erano,  o  gia'  dichiarate  costituzionalmente
illegittime,  ovvero  sospette  di  esserlo  per  il medesimo motivo,
concernente   la   mancanza   di   partecipazione  della  Regione  al
procedimento   volto   alla   loro  attuazione;  e  che  tale  vizio,
riguardando  le stesse basi legali del procedimento di formazione del
decreto  ministeriale,  incide  radicalmente  sulla  legittimita' del
decreto   medesimo,   e  in  specie  sulla  sua  idoneita'  a  ledere
attribuzioni costituzionalmente garantite della Regione siciliana, ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
all'art. 36   dello   statuto  speciale  per  la  Regione  Siciliana,
all'art. 2  delle norme di attuazione dello stesso statuto, di cui al
d.P.R.  26 luglio  1965,  n. 1074,  nonche'  al  principio  di  leale
cooperazione  fra  Stato e Regioni, di tutte le disposizioni di legge
contenenti riserve all'erario di cui il decreto impugnato costituisce
attuazione,   e  non  dichiarate  gia'  incostituzionali,  e  dunque:
dell'art. 13,  comma  2,  del decreto legge 19 settembre 1992, n. 384
(Misure  urgenti  in  materia di previdenza, di sanita' e di pubblico
impiego,    nonche'    disposizioni    fiscali),    convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  14 novembre 1992, n. 438; dell'art. 16,
comma  17,  secondo  periodo,  della  legge  24 dicembre 1993, n. 537
(Interventi  correttivi  di finanza pubblica); dell'art. 16, comma 2,
del  decreto-legge  30 dicembre  1993,  n. 557  (Ulteriori interventi
correttivi  di  finanza  pubblica  per  l'anno 1994), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  26 febbraio 1994, n. 133; dell'art. 47,
secondo  periodo,  del  decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41 (Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione
nelle  aree  depresse),  convertito,  con  modificazioni, dalla legge
22 marzo  1995, n. 85; dell'art. 3, comma 241, secondo periodo, della
legge  28 dicembre  1995,  n. 549  (Misure di razionalizzazione della
finanza  pubblica);  dell'art. 12, secondo periodo, del decreto-legge
20 giugno 1996, n. 323 (Disposizioni urgenti per il risanamento della
finanza   pubblica),   convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge
8 agosto  1996,  n. 425, nella parte in cui dette disposizioni, nello
stabilire  che  le modalita' della loro attuazione siano definite con
decreto ministeriale, non prevedevano la partecipazione della Regione
Siciliana  al  relativo  procedimento;  e  dell'art. 18, comma 7, del
decreto  legge  22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza
pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 243,  nella  parte  in  cui non prevedeva che all'attuazione della
riserva  di entrate all'erario statale, ivi disposta, si provveda con
la partecipazione della Regione Siciliana.
    10. - Con  la  sentenza  n. 288  del  2001 la Corte ha dichiarato
incostituzionali  in  parte qua le disposizioni censurate, osservando
che,  poiche'  le  clausole  di riserva in questione costituiscono un
meccanismo  di  deroga  alla  regola della spettanza alla Regione del
gettito  dei  tributi  erariali (salve alcune eccezioni) riscosso nel
territorio della medesima, e poiche' dunque la loro attuazione incide
direttamente   sulla   effettivita'   della  garanzia  dell'autonomia
finanziaria  regionale,  il principio di leale cooperazione esige che
tale  meccanismo  si attui mediante procedimenti non unilaterali, che
contemplino la partecipazione della Regione interessata.
    11. - Per  la  discussione  del  conflitto  e'  stata  nuovamente
fissata  l'udienza  pubblica  del  12 febbraio  2002,  nella quale la
Regione  ricorrente  ha  insistito  per  l'accoglimento  del ricorso,
mentre l'Avvocatura dello Stato ha fatto presente che, attraverso una
commissione  di rappresentanti dello Stato e della Regione Siciliana,
e' in corso di elaborazione una determinazione bilaterale dei criteri
di attuazione, che dovrebbe portare al rinnovo del procedimento e del
provvedimento impugnato.

                       Considerato in diritto

    1. -  La Regione siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione
nei  confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro delle
finanze,  di  concerto  con  il Ministro del tesoro, 23 dicembre 1997
(Modalita'  di attuazione delle riserve all'erario dal 1 gennaio 1997
del   gettito  derivante  dagli  interventi  in  materia  di  entrate
finanziarie  della  Regione Sicilia, emanati dal 1992), lamentando la
violazione   della  propria  autonomia  finanziaria  come  risultante
dall'art. 36  dello  statuto  speciale e dalle norme di attuazione di
cui all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.
    Il   decreto   impugnato   riporta   anzitutto,   nelle   tabelle
dell'allegato A, le previsioni degli incrementi di gettito di imposte
derivanti  per  gli anni 1997, 1998 e 1999 dall'applicazione di dieci
provvedimenti  legislativi, emanati dal 1992 al 1996, che contenevano
clausole di riserva all'erario statale delle maggiori entrate da essi
derivanti, e, nell'allegato B, espone l'incidenza percentuale di tali
incrementi  sulle  previsioni  dei corrispondenti capitoli di entrata
del  bilancio  dello  Stato (art. 1). Sulla predetta base di calcolo,
dispone  che  gli  incaricati  della  riscossione  versino alla Cassa
regionale  siciliana  le  entrate  derivanti dai tributi di spettanza
della  Regione  al  netto  delle  percentuali  indicate,  da  versare
all'erario  statale  (art. 2). Stabilisce poi che per gli anni 2000 e
seguenti  sia  versata  allo Stato, per i tributi indicati, la stessa
percentuale  prevista  per il 1999 (art. 3); che gli incaricati della
riscossione operino, sui primi versamenti da effettuare alla Regione,
il recupero delle quote dovute dalla Regione stessa a decorrere dal 1
gennaio  1997,  detratte  le  somme  gia' affluite all'erario statale
(art. 4,  commi  1  e 2: su questo punto la previsione del decreto e'
stata  successivamente  modificata da quella del decreto ministeriale
6 maggio  1998,  che  ha  disposto che il recupero fosse effettuato a
decorrere  dal  1  gennaio  1999);  che  i  versamenti possano essere
oggetto  di  conguaglio sulla base dei dati risultanti dal rendiconto
generale dello Stato (art. 4, comma 3).
    Secondo  la  Regione  ricorrente, tale provvedimento estenderebbe
indebitamente  le  previsioni normative di riserva all'erario statale
di   nuove   entrate,   alla   cui   attuazione  esso  e'  inteso,  e
interpreterebbe dette previsioni in modo contrastante con i parametri
statutari  e  di attuazione invocati (da cui discende la possibilita'
di  riservare  allo  Stato  solo  "nuove"  entrate tributarie), cosi'
sottraendo   alla   Regione  quote  di  gettito  tributario  ad  essa
spettanti.  La  Regione  chiede  pertanto  l'annullamento del decreto
impugnato  "nella  parte  in  cui sottrae alla Regione Siciliana, con
effetto   dal   1   gennaio   1997,   quote   di  gettito  tributario
arbitrariamente  incluse  tra  le  nuove entrate riservate all'erario
statale,  in  forza  dei  provvedimenti  normativi  di cui il decreto
censurato costituisce attuazione".
    In  particolare  la  Regione  lamenta: a) che nel dare attuazione
alla  riserva di entrate a favore dello Stato recata dall'art. 13 del
d.l.  19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla
legge  14 novembre  1992,  n. 438,  non  si  sia  tenuto  conto della
successiva abrogazione dei commi 1 e 2 dell'art. 10 del decreto-legge
medesimo,  che  avrebbe  prodotto  la cessazione dell'efficacia della
riserva  medesima; b) che, sempre con riferimento allo stesso art. 13
del  d.l.  n. 384  del  1992,  si  sia  erroneamente  considerato  il
permanere di un maggior gettito conseguente alle disposizioni in tema
di indeducibilita' dell'ILOR dal reddito complessivo soggetto a IRPEF
e  a  IRPEG,  pur  dopo che l'ILOR e' stata in un primo tempo ridotta
nella  sua  portata,  e  quindi soppressa; c) che si sia erroneamente
computato  un maggior gettito dell'IVA derivante dalla modifica delle
accise   su  determinati  prodotti,  derivando  tale  gettito  da  un
ampliamento  della base imponibile dell'IVA, il che non consentirebbe
di considerarlo riservato all'erario statale; d) che, con riferimento
alla  riserva  di cui all'art. 47 del decreto-legge 23 febbraio 1995,
n. 41,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 22 marzo 1995,
n. 85,   si   siano   erroneamente  considerate  come  nuove  entrate
tributarie   suscettibili  di  essere  riservate  allo  Stato  quelle
derivanti  dall'applicazione  dell'IVA sulle importazioni di supporti
informatici  e  dalle misure antielusive di cui all'art. 16-bis dello
stesso   decreto-legge   n. 41   del   1995;   e)  che  si  prescriva
l'applicazione   delle   percentuali  di  riserva  all'importo  delle
riscossioni   previste,  indipendentemente  dai  valori  assoluti  di
queste, con il recupero delle quote dovute dalla Regione per il 1997,
in  modo  tale  che  gli  incaricati della riscossione non potrebbero
"avere  singolarmente  la consapevolezza del raggiunto limite globale
di devoluzione".
    2. - Nel  corso  del  giudizio  questa  Corte (oltre a sospendere
l'esecuzione  del  decreto impugnato, con ordinanza n. 41 del 2001) -
constatato  che  il  provvedimento censurato si fonda su disposizioni
legislative  in  parte gia' dichiarate costituzionalmente illegittime
per non aver previsto la partecipazione della Regione al procedimento
per la loro attuazione, onde ne era venuta a mancare in parte la base
legale,  e  che  le  altre disposizioni legislative parimenti attuate
apparivano  identiche nella loro portata alle prime, e dunque affette
dallo  stesso  vizio - ha sollevato in via incidentale di fronte a se
stessa,  con  ordinanza  n. 42  del  2001,  questione di legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  all'art. 36  dello statuto speciale
siciliano e all'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonche' al
principio  di leale cooperazione fra Stato e Regioni, delle rimanenti
clausole legislative di riserva di entrate all'erario statale, cui il
decreto  impugnato da' attuazione, nella parte in cui non prevedevano
la   partecipazione   della  Regione  al  procedimento  per  la  loro
attuazione:  illegittimita' poi dichiarata con la sentenza n. 288 del
2001.
    3. - Il  decreto  impugnato,  in quanto emanato - in applicazione
delle   menzionate  disposizioni  legislative,  dichiarate  in  parte
costituzionalmente  illegittime  -  con un procedimento in cui non e'
stata  assicurata  la  partecipazione  della Regione, risulta percio'
stesso lesivo delle attribuzioni di questa. Poiche' esso, pur sospeso
nella sua efficacia, non e' stato formalmente annullato, revocato ne'
sostituito,  e  pur dovendosi prendere atto che la sua applicabilita'
sarebbe  comunque venuta meno a far tempo dal 1 gennaio 2002 in forza
di  quanto  disposto  dall'art. 52,  comma 6, della legge 28 dicembre
2001,  n. 448  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato-Legge finanziaria 2002), ai cui sensi da tale
data  "cessano  di  avere  applicazione le riserve all'erario statale
gia'  disposte  ai  sensi del primo comma dell'articolo 2 del decreto
del  Presidente  della  Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, con leggi
entrate  in  vigore  anteriormente",  non resta oggi che annullare il
medesimo decreto, con assorbimento di ogni altro motivo del ricorso.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  non  spetta  allo  Stato  dare  attuazione, con un
procedimento  nel  quale  non  e'  stata assicurata la partecipazione
della  Regione  Siciliana,  alle riserve a favore dell'erario statale
del  gettito derivante dagli interventi in materia di entrate emanati
dal 1992 al 1996; e conseguentemente.
    Annulla il decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il
Ministro  del tesoro, 23 dicembre 1997 (Modalita' di attuazione delle
riserve  all'erario  dal  1  gennaio 1997 del gettito derivante dagli
interventi  in  materia di entrate finanziarie della Regione Sicilia,
emanati dal 1992).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Onida
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 aprile 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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