N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 2002
Ordinanza emessa il 15 marzo 2002 dal tribunale di Pordenone nel procedimento penale a carico di Manente Gianfranco Edilizia e urbanistica - Regione Friuli-Venezia Giulia - Previsione con norma regionale dell'autorizzazione edilizia in precario - Conseguente depenalizzazione degli interventi edilizi soggetti a concessione edilizia in base alla normativa statale - Violazione del principio di uguaglianza, per il diverso trattamento di situazioni identiche in base alla localizzazione territoriale degli edifici abusivi - Violazione del principio della riserva di legge statale in materia penale - Esorbitanza dai limiti della competenza regionale - Incidenza sul principio di obbligatorieta' dell'azione penale. - Legge Regione Friuli-Venezia Giulia, 19 novembre 1991, n. 52, art. 81, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, commi primo e secondo, 25, 112 e 117.(GU n.20 del 22-5-2002 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 978/01 rg Trib. a carico di Manente Gianfranco, imputato del reato di cui all'art. 20 lett. b) legge n. 47/1985 perche', nella qualita' sua di amministratore e legale rappresentante della ditta "Corman S.r.l." con sede in Maron di Brugnera, in forza di autorizzazione edilizia in precario rilasciata in data 22 giugno 1995, ai sensi dell'art. 81 l.r. n. 52/1991, realizzava un manufatto, ancorato al piazzale tramite viti bullonate, delle dimensioni di mt. 20,00x10,00x5,80 (struttura costituita da 4 pilastri in ferro zincato sovrastati da una capriata con tetto a falda in ferro, il tutto tamponato e coperto con materiale in p.v.c.), destinato ed utilizzato a deposito/ricovero materiale in legno semilavorato, manufatto che non veniva tempestivamente demolito alla scadenza del termine di eccezionale validita' dell'autorizzazione in precario, come per ben due volte prorogato, termine che veniva a fissarsi al 26 giugno 1998 ( in Brugnera-fraz. "Maron", in area censita al fg. 26 mapp.li 214-218-223, sino al 3 agosto 1998), Sulla eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 81 della l.r. Friuli-Venezia Giulia n. 52/91 formulata dal p.m. in esito all'istruttoria dibattimentale espletata nel citato giudizio avanti al Tribunale di Pordenone in composizione monocratica, eccezione con la quale il p.m. chiedeva di sollevare in via incidentale questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81 l.r. cit. Rilevato che il p.m. a sostegno ed argomentazione della propria eccezione produceva una prima memoria del seguente tenore: "Oggetto del presente giudizio penale e' il reato di cui all'art. 20 lett. b) legge n. 47/1985 (oggi p. e p. ex art. 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001) che punisce l'esecuzione di lavori (urbanisticamente rilevanti) in assenza della concessione edilizia (oggi, ex d.P.R. n. 308/01, permesso di costruire); effettivamente e' questa (e non potrebbe essere altrimenti) la fattispecie di reato contestata all'imputato Manente Gianfranco, risultando l'opera dallo stesso realizzata soltanto in forza di (mera) "autorizzazione edilizia in precario , atto/istituto previsto esclusivamente dal legislatore regionale e certamente non equipollente ne' sostitutivo della concessione edilizia (oggi, permesso di costruire) prevista con tutela penale dal legislatore statale. Nella concreta vicenda oggetto del presente giudizio, i lavori furono eseguiti a seguito del rilascio di "autorizzazione ed in precario datata 22 giugno 1995; ad opera (manufatto, delle dimensioni di mt 20x10x5.80 adibito a deposito del materiale in legno semilavorato, costituente ampliamento dell'insediamento produttivo gia' utilizzato dalla ditta "Corman S.r.l. ) gia' realizzata, la stessa fu formalmente legittimato, dapprima con il rilascio del provvedimento di "prima proroga dell'autorizzazione suindicata (provvedimento rilasciato dall'Autorita' comunale in data 26 giugno 1996, con espressa indicazione di "validita' sino al 22 giugno 1997), successivamente con il rilascio del provvedimento di "seconda proroga (provvedimento rilasciato in data 29 maggio 1997, con espressa indicazione di "validita' sino al 26 giugno 1998). Trattasi, all'evidenza, di un caso di concreta applicazione del disposto normativo di cui all'art. 81, commi 1 e 2, della legge regionale F.V.G. n. 52/1991 e successive mod. ed integr. (recante norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), che testualmente recita: "1. Possono essere autorizzati a titolo precario gli interventi soggetti a concessione od autorizzazione edilizia, benche' difformi dalle previsioni degli strumenti urbanistici approvati od adottati, qualora siano destinati al soddisfacimento di esigenze di carattere improrogabile e transitorio, non altrimenti realizzabili. "2. All'autorizzazione deve essere apposta una specifica clausola che determini il periodo di validita' dell'atto nel massimo di un anno, prorogabile, per comprovati motivi, per non piu' di due volte. . Dei profili di illegittimita' costituzionale delle citate norme di legge, che certamente tanti dubbi sollevano sotto molteplici aspetti, puo' parlarsi con rilevanza nell'ambito del giudizio penale soltanto, ovviamente, con riferimento agli interventi "soggetti a concessione edilizia che vengano ad essere in concreto assentiti con autorizzazione in precario, trattandosi soltanto in tal caso di fattispecie penalmente rilevante (diversamente nel caso degli interventi "soggetti ad autorizzazione edilizia , trattandosi in questo caso difattispecie che non assurgono a penale rilevanza). In termini generali, per quanto attiene all'indirizzo della giurisprudenza penale di legittimita' relativamente alle ipotesi di autorizzazione provvisoria "in precario con la quale l'amministrazione comunale consenta una situazione di contrasto con le prescrizioni urbanistiche sulla base dell'obbligo/impegno del costruttore di rimuovere in futuro i manufatti abusivi merita di essere segnalata, da ultimo, la sent. n. 111 della Cassazione pen., Sez. III, 27 marzo 2000, che sottolinea come un simile provvedimento sia, "non soltanto extra legem in quanto non previsto da alcuna disposizione legislativa, ma anche contra legem in quanto destinato a consentire una situazione di palese abuso edilizio . Trattasi, peraltro, di indirizzo conforme e corrispondente a quello espresso dal Consiglio di Stato con la sent. Sz.V n. 363 dell'11 marzo 1995 ("E' illegittima la concessione edilizia c.d. "in precario , caratterizzata dalla durata e revocabilita' dell'atto concessivo in una situazione di contrasto con le prescrizioni urbanistiche di zona e dall'impegno del costruttore di rimuovere in futuro i manufatti su richiesta del comune, in quanto tale provvedimento atipico - oltre a snaturare la tipicita' della concessione/permesso di costruire - non potrebbe avere altra funzione che quella di tollerare una situazione di evidente abuso edilizio )... Con riferimento alle norme regionali in discussione si configura, certamente, una specifica previsione legislativa (valida, ovviamente, nel solo ambito territoriale della Regione F.V.G.) dell'istituto dell'autorizzazione edilizia "in precario restando pero' fondata la questione se la censura di evidente illegittimita' affermata dalla citata sentenza della Corte di cass. non possa riproporsi, sotto il profilo dell'illegittimita' costituzionale, proprio con riguardo alle stesse norme di legge in discussione. Piu' in particolare, in sede di giudizio penale, dovra' porsi la questione se le citate norme legislative regionali non costituiscano concreto contrasto e violazione ai principi costituzionali della riserva di legge statale in materia penale (artt. 25 e 117, comma 2 lett. l), Cost.) e del connesso obbligo/potere di esercizio dell'azione penale riservato all'Autorita' giudiziaria statale (art. 112 Cost.). Premesso che i principi costituzionali appena ricordati costituiscono indubbio limite alla potesta' legislativa regionale (anche quando tale potesta' venga ad essere esercitata da regione a statuto speciale quale potesta' legislativa esclusiva in una determinata materia), giova subito precisare che tale limitazione si esprime (anche) nell'impossibilita' per la legge regionale di considerare leciti fatti penalmente sanzionati dalla legge dello Stato, ovvero, e comunque, di modificare i presupposti per l'applicazione della legge penale statale. In tal senso, piu' volte la Corte costituzionale ha affermato: che la fonte del potere punitivo risiede solo nella legislazione statale e che le regioni non dispongono della possibilita' di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in una data materia (sentenza n. 79 del 1977); che entro il sistema di scelte sanzionatorie previsto dalla normativa statale non si possono introdurre arbitrarie distinzioni in quanto risulterebbe sconvolta la complessiva logica della legge (statale) diretta ad assicurare un'uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale; che la potesta' legislativa regionale e' destinata a cedere all'intervento legislativo statale ispirato a criteri di omogeneita' ed univocita' di indirizzo e generalita' di applicazione in tutto il territorio nazionale con specifiche norme che riguardano (anche) i risvolti penali del problema (sentenza n. 179 del 1986). Ebbene, quanto sopra premesso e considerato e' convinzione di questo pubblico ministero che l'applicazione delle censurate norme di cui all'art. 81, commi 1 e 2 l.r. F.V.G. n. 152/1991 conduca inevitabilmente a radicalmente modificare i presupposti per l'applicazione della legge penale statale, nonche' della strumentalmente connessa legislazione processuale, in relazione al reato urbanistico di esecuzione dei lavori in assenza della prescritta concessione edilizia, con conseguente sostanziale violazione dei canoni costituzionali di cui agli artt. 25, 112 e 117, comma 2 lett. l), Costituzione. Tanto si ritiene dovendosi anzitutto precisare che non appare assolutamente compatibile all'affermata ed indiscutibile potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia penale la tesi per cui, per effetto delle disposizioni di legge regionale censurate, la struttura tipica del reato urbanistico di esecuzione lavori in assenza della concessione dovrebbe ritenersi mutata (ovviamente soltanto con riferimento alle fattispecie concrete consumatesi nel territorio della Regione F.V.G.!) da reato "commissivo in reato "omissivo che verrebbe a consistere nell'omessa rimozione del manufatto abusivo entro il termine di validita' indicato nel provvedimento di autorizzazione in precario. Non occorre spendere ulteriori parole per sottolineare l'assoluta inammissibilita' di una siffatta tesi che pretenderebbe di ricreare, modificandola radicalmente, una fattispecie incriminatrice traendola dal "combinato disposto della legittima fonte normativa statale (art. 20 lett. b) legge n. 47/1985, oggi art. 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001) e della norma di legge regionale censurata (art. 81 l.r. F.V.G. n. 52/1991 che, al comma 5, prevede l'ipotesi in cui, ove alla scadenza dell'atto - ovvero nel caso di revoca dello stesso - il titolare dell'autorizzazione non provveda alla demolizione dell'opera ed al ripristino dello stato dei luoghi, si applicano le sanzioni previste dall'art. 101). Avallare la tesi ora ipotizzata significherebbe interpretare le norme regionali in discussione attribuendo alle stesse il valore di modificare (meglio, deformare!) il precetto penale disegnato dalla norma di legge statale, con conseguente macroscopica violazione del principio costituzionale di riserva di legge statale in materia penale: non e' certo questa la censura di illegittimita' costituzionale che questo pubblico ministero intende denunciare. La realta' che emerge dalla concreta prassi applicativa delle norme regionali in oggetto, come e' a conoscenza di chi scrive (ma anche del giudice di questo processo e degli operatori di polizia giudiziaria in materia edilizia-urbanistica in servizio nel territorio della Regione F.V.G.), conduce invece ad affermare che ad essere modificati/alterati, con inevitabile pregiudizio per la concreta applicabilita' delle sanzioni previste dalla legge penale statale, sono i presupposti stessi dell'applicazione delle regole processuali e penali (di esclusiva competenza statale) che dovrebbero condurre alla tempestiva ed utile persecuzione penale del reato di esecuzione lavori in assenza della concessione edilizia. In sintesi la situazione che emerge nelle concrete fattispecie, ben rappresentata a titolo di esempio dalla vicenda oggetto del presente giudizio, e' la seguente: a fronte di opere (certamente assoggettate al regime della concessione edilizia) realizzate in epoca pregressa previo rilascio della "autorizzazione edilizia in precario ex art. 81 l.r. F.V.G. (nel caso oggi in esame tale epoca deve collocarsi nel corso danno 1995), nonche' successivamente formalmente legittimate per altri due anni per effetto delle proroghe decorrenti dalla data di scadenza della validita' dell'originaria "autorizzazione in precario (nel caso oggi in esame le proroghe concesse dall'autorita' comunale condussero alla legittimazione formale dell'opera realizzata sino alla data del 26 giugno 1998), la comunicazione della notizia di reato venne effettuata dal competente ufficio di polizia giudiziaria (Servizio Polizia comunale di Brugnera) soltanto nel luglio 1998, ovvero subito (!) dopo la scadenza del due volte prorogato periodo di validita' dell'autorizzazione in precario. A comprova della assoluta "buona fede (meglio, della convinzione della piena legittimita' della propria condotta) dell'operatore di p.g. autore della comunicazione di n. di r. merita sottolinearsi come detta comunicazione alla Procura della Repubblica sia stata inoltrata ai sensi dell'art. 98, sesto comma, l.r. n. 52/1991 norma di legge che impone agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, in tutti i casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, l'obbligo di immediata comunicazione all'autorita' giudiziaria. Tanto e' avvenuto nonostante emerga dalla documentazione agli atti (v. documentazione sequestrata nel settembre 1998 presso il comune di Brugnera) che il sindaco di Brugnera ha sempre tempestivamente notiziato l'Ufficio di Polizia comunale in ordine all'emissione, tanto dell'originaria "autorizzazione edilizia in precario , quanto dei successivi provvedimenti di proroga. Cio' e' avvenuto, pero', non certo al fine di consentire alla p.g. la tempestiva trasmissione all'autorita' giudiziaria di n. di r. in materia urbanistica, bensi' e soltanto (tanto risulta espressamente dalle comunicazioni dell'autorita' sindacale all'ufficio di polizia comunale) per dare mandato alla polizia comunale di vigilare in ordine all'osservanza del termine di validita' dell'autorizzazione in precario (termine via via dilatato con i due provvedimenti di proroga). E' quindi evidente che la prassi applicativa delle norme di legge regionale in discussione ha portato i vari uffici comunali interessati al procedimento (dal sindaco, quale organo di vertice del procedimento di rilascio dell'autorizzazione edilizia in precario, sino agli operatori di polizia municipale incaricati di vigilare in ordine al rispetto delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio stesso) ad escludere qualsiasi ipotesi di violazione urbanistico-edilizia, e quindi qualsiasi ipotesi di reato urbanistico, sino a quando l'opera urbanisticamente rilevante, pur realizzata in assenza di concessione edilizia (non rilasciabile, trattandosi di intervento difforme dalle previsioni degli strumenti urbanistici approvati od adottati), sia formalmente legittimata da un provvedimento di "autorizzazione edilizia in precario , ovvero da un successivo provvedimento di proroga della stessa, ancora in "corso di validita' in base al relativo termine temporale indicato nel provvedimento stesso. Con l'evidente ulteriore conseguenza che, sino a tale momento, alcun pubblico ufficiale/operatore di p.g. riterra' doveroso trasmettere denuncia/notizia di reato all'autorita' giudiziaria, atteso che sino a quel momento, in forza del disposto normativo regionale a art. 81 l.r. n. 52/1991, non sara' ritenuta sussistente alcuna ipotesi di violazione urbanistico-edilizia (dovendosi quindi concludere che, nelle concrete fattispecie in cui l'interessato provveda alla demolizione dell'opera assentita con aut. in "precario entro il termine di validita' indicato nel provvedimento comunale originario ovvero, e piu' frequentemente, nel provvedimento di prima o seconda proroga, alcuna denuncia/notizia di reato giungera' mai all'autorita' giudiziaria dagli uffici comunali nella ritenuta insussistenza di ipotesi di illecito urbanistico)!!! La situazione sinteticamente appena descritta, concretamente verificatasi anche nella vicenda oggetto del presente giudizio, conduce a pregiudicare radicalmente sin dall'inizio del procedimento penale (iscrizione della n. di r. trasmessa all'A.G.) la possibilita' di un utile esercizio dell'azione penale, sovente maturando il termine di prescrizione del reato (tre anni decorrenti dal giorno di ultimazione dei lavori) gia' prima dell'iscrizione del relativo procedimento penale, ovvero e comunque (come deve ritenersi nella fattispecie oggetto del presente giudizio) ben prima del decorso del termine semestrale di indagini preliminari Pregiudizio ancor piu' evidente, poi, nelle accennate ipotesi in cui denuncia/notizia di reato non giunga affatto all'A.G. nonostante sia stata evidentemente realizzata un'opera urbanisticamente rilevante in assenza della prescritta concessione edilizia (ma previo rilascio di "autorizzazione in precario , nonche' successivi provvedimenti di proroga della stessa, con avvenuta demolizione dell'opera entro i termini di validita' indicati negli stessi provvedimenti). Certo, prima di affermare l'illegittimita' costituzionale delle norme di legge in discussione, deve essere verificata la possibilita' di un'interpretazione delle stesse che sia conforme ai principi costituzionali in gioco, ovvero, lo si ribadisce, il divieto per la legge regionale di modificare/alterare i presupposti per l'applicazione della legge penale statale e, in particolare, l'illegittimita' di qualsiasi intervento del legislatore regionale idoneo a pregiudicare in concreto l'obbligatorio esercizio dell'azione penale volta a sanzionare ogni fatto-reato. E' innegabile che un'interpretazione delle norme legislative in discussione astrattamente conforme a detti principi sia teoricamente ricostruibile, laddove si ritenga il fatto-reato previsto dalla legge statale (lavori eseguiti in assenza della concessione) sussistente sin dall'inizio dei lavori e permanente sino all'ultimazione degli stessi, facendosi cosi' applicazione delle regole legislative e giurisprudenziali vigenti in tutto il territorio nazionale con riferimento alla fattispecie criminosa in oggetto, affermando quindi l'assoluta estraneita' delle norme di legge regionale in discussione rispetto alla disciplina penale, sostanziale e processuale, dettata dalle norme di legge statale. Rispetto ad una simile ricostruzione, gia' in astratto emerge l'anomalia di un istituto (l'autorizzazione edilizia in precario) che determinerebbe un'inspiegabile distinzione, rispetto ad una medesima opera urbanistica, tra gli elementi oggettivi costitutivi dell'illecito penale (realizzazione dei lavori in assenza di concessione edilizia) e gli elementi oggettivi costitutivi dell'illecito amministrativo (omessa demolizione dell'opera, realizzata senza concessione ma in forza di autorizzazione in precario, entro i termini di validita' fissati dal provvedimento in precario). Ma quel che appare dirimente nel senso dell'affermata illegittimita' costituzionale delle censurate norme regionali e' la concreta, costante ed indiscussa applicazione che delle stesse e' stata fatta nel territorio della Regione F.V.G. relativamente alla configurazione del reato ex art. 20 lett. b) legge n. 47/1985 nelle fattispecie concrete caratterizzate dall'avvenuto rilascio dell'autorizzazione edilizia in precario quale titolo formalmente legittimante le opere realizzate: trattasi di un ormai consolidato "diritto vivente che ha prodotto l'inammissibile deformazione/alterazione della fattispecie criminosa in oggetto (conducendo ad identificare l'illecito penale nell'omessa demolizione dell'opera alla scadenza di validita' dell'aut. in precario, in luogo dell'esecuzione dell'opera in assenza della concessione edilizia) con la conseguenza, gravemente pregiudizievole ai fini dell'utile esercizio dell'obbligatoria azione penale, che il reato urbanistico venga ad essere accertato e comunicato all'autorita' giudiziaria in epoca (assolutamente successiva alla consumazione dell'illecito) assai prossima, quando non gia' successiva, alla maturazione del termine triennale di prescrizione. Cosi' e' accaduto anche per il reato oggetto del presente procedimento, rendendo sostanzialmente inutili le attivita' d'indagine ed il successivo esercizio dell'azione penale. In definitiva, l'applicazione dell'istituto dell'autorizzazione edilizia in precario ex art. 81 l.r. F.V.G. n. 52/1991 ha condotto, nelle fattispecie relative ad opere assentibili con concessione edilizia, alla violazione della tipicita' e determinatezza della fattispecie criminosa quale disegnata dalla normativa di legge statale (art. 25 Cost.) ed al gravissimo pregiudizio all'utile assolvimento, in tali fattispecie, dell'obbligatorio esercizio dell'azione penale (art. 112 Cost.), con connessa e conseguente sostanziale violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia penale sostanziale e processuale (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.). Per tali motivi si insta affinche' il giudice voglia sollevare incidente di illegittimita' costituzionale delle censurate norme di legge regionale, ritenendo la questione non manifestamente infondata, nonche' rilevante ai fini del presente Giudizio . Rilevato che lo stesso p.m. integrava ed aggiungeva ulteriori argomentazioni con una seconda memoria del seguente tenore: "... si vuole qui sottolineare e ribadire l'aspetto principale, nel senso di logicamente e giuridicamente prioritario, delle censure di legittimita' costituzionale che debbono essere rivolte alle norme di legge regionale denunciate (art. 81, commi 1 e 2, l.r. F.V.G. n. 52/1991) con riferimento al parametro di cui all'art. 25 Cost. (riserva di legge statale in materia penale) e, di conseguenza, di cui all'art. 3 Cost. (relativamente alla differenza di trattamento riservata, sul piano della sanzione penale, a situazioni/fattispecie identiche nelle diverse regioni d'Italia). Appare infatti evidente che la concreta applicazione delle norme di legge censurate nell'espresso caso di interventi soggetti a concessione edilizia, prevedendo che gli stessi possano essere autorizzati a titolo precario con "`Autorizzazione edilizia in precario , viene sostanzialmente ed espressamente (per le ragioni gia' diffusamente esposte nella memoria 17 gennaio 2002) a disapplicare, ovviamente limitatamente alle fattispecie verificabili nel territorio della Regione F.V.G., il generale principio dell'assoggettabilita' a concessione dell'intervento urbanisticamente rilevante, con conseguente esenzione dalla tutela penale obbligatoriamente ed inderogabilmente prevista dalla legge statale. Tale regime, puo' inoltre sottolinearsi al fine di ulteriormente evidenziare l'illegittimita' "logico-giuridica della normativa censurata, viene inoltre ad essere concretamente applicato con l'esercizio di un potere/attivita' amministrativa, lasciato alla competenza dell'autorita' comunale, altamente discrezionale (basta leggere l'intero testo dell'art. 81, l.r. cit. per rendersene conto). Al fine di ulteriormente evidenziare i profili di insanabile contrasto della normativa regionale denunciata rispetto ai principi fondamentali che governano, in Italia, il regime normativo degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia soggetti a concessione edilizia/permesso di costruire, e' utile ed opportuno richiamare alcuni dei principi che emergono dal nuovo "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.P.R. n. 380/2001), testo normativo che, rappresentando il recentissimo sforzo del legislatore nazionale di raccogliere ed armonizzare "i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attivita' edilizia (art. 1), costituisce l'attuale fonte cui attingere per conoscere la disciplina vigente in materia (certamente con carattere di esclusivita' - pur nelle riconosciute e sottolineate competenze delle regioni e degli enti locali - per quanto attiene alla tutela penale dell'interesse urbanistico al buon governo del territorio). Ebbene, proprio con riferimento alla citata recentissima legislazione statale di riforma organica del settore, un primo riferimento pertinente alla questione qui in esame si rinviene nella norma di cui all'art. 14 del cit. d.P.R. n. 380/2001 ove (dopo che l'art. 12 ha fissato l'ovvio principio fondamentale per cui "il permesso di costruire - ex concessione edilizia - e' rilasciato in conformita' alle previsioni degli strumenti urbanistici ... ) la possibilita' di assenso ad interventi in deroga agli strumenti urbanistici generali e' prevista esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico (art. 14), dovendosi sottolineare altresi' che tale possibilita' di deroga puo' riguardare esclusivamente i limiti di densita' edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati, restando in ogni caso inderogabile il rispetto degli "standards urbanistici di cui agli artt. 7-8-9 del d.m. n. 1444/1968 (nonche' prevedendosi la necessita' della previa deliberazione del consiglio comunale). Ma ancor prima (ed ancor di piu!); tra gli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio definiti "interventi di nuova costruzione (trattasi della principale categoria di intervento soggetto a permesso di costruire, ex concessione edilizia) la lett. ee..5) dell'art. 3, comma 1, del cit. d.P.R. n. 380/2001, elenca a titolo "significatamente esemplificativo: "l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee . Ecco, quindi che la recentissima riforma organica della normativa statale in materia edilizia-urbanistica, riprendendo peraltro sostanzialmente il costante indirizzo giurisprudenziale (tanto penale, quanto amministrativo) gia' richiamato con la memoria 17 gennaio 2002, viene a sottolineare espressamente a livello legislativo che tra le "nuove opere certamente soggette a permesso di costruire (e, quindi, certamente penalmente rilevanti) rientrano anche tutte quelle costruzioni/opere/interventi che pur strutturalmente appaiano potenzialmente "precari ed idonei ad essere prontamente rimossi, salvo che tali costruzioni/opere/interventi (e, si sottolinea, solo questi) non risultino (anche) diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (cioe': esigenze obiettivamente e chiaramente circoscrivibili ad un breve e pre-determinato periodo, non gia' genericamente "transitorie - tutto in natura e' transitorio!!! - e potenzialmente di durata addirittura sino a tre anni come prevede il censurato art. 81 della l.r. F.V.G.!!!). Appare a questo punto evidente come le sole disposizioni dell'art. 81 l.r. F.V.G. n. 52/1991 che si legittimano (e che, per quanto qui piu' direttamente interessa, non confliggono con la riserva di legge statale in materia penale) a fronte della citata normativa statale siano quelle di cui al comma 5-ter (che corrisponde sostanzialmente alla medesima ratio di cui al sopra citato art. 14 d.P.R. n. 380/2001) ed al comma 5-quater ("L'installazione di strutture temporanee per lo svolgimento di manifestazioni culturali, sportive e ricreative, e' soggetta unicamente alle autorizzazioni previste dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ). Infatti, il principio fondamentale in materia urbanistico-edilizia (gia' da vari decenni desumibile dalla legislazione statale e dalla giurisprudenza amministrativa e penale) e' quello dell'inderogabile assoggenamento al regime del permesso di costruire (sino ad oggi, al regime alternativo della concessione, ovvero dell'autorizzazione, edilizia, mai derogabile con inammissibili ed illegittime concessioni/autorizzazioni edilizie"in precario ) per tutti gli interventi che comportino la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, salva l'ipotesi che si tratti di intervento che appaia strutturalmente e funzionalmente diretto a soddisfare esigenze meramente temporanee, trattandosi in tal caso (solo in tal caso!) di opera c. d. "precaria e quindi irrilevante sotto il profilo urbanistico ed edilizio, tanto da poter essere realizzata senza titolo abilitativo (non essendovi, in tal caso, alcun motivo logico-giuridico per ricorrere ad "artificiali e pericolosi istituti quali la "concessione/autorizzazione in precario !!!). Logico corollario di quanto sin qui argomentato in ordine alla sostanziale "depenalizzazione introdotta dall'art 81, commi 1 e 2, l.r. F.V.G. n. 52/1991 per gli interventi soggetti a concessione edilizia (attraverso l'artificiosa ed illegittima creazione dell'atipico regime dell'autorizzazione edilizia in precario), e' costituito dalla violazione dell'ulteriore parametro costituzionale ex art. 3 Cost. (che si aggiunge alla violazione dell'art 25 Cost.); e' infatti evidente che per identiche fattispecie concrete (interventi soggetti a concessione edilizia/permesso di costruire realizzati senza il prescritto titolo abilitativo) il trattamento sanzionatorio penale viene ad essere assolutamente diverso per la sola "localizzazione geografica dell'intervento stesso (applicandosi la sanzione penale se l'intervento si realizza in localita' non ricompresa nel territorio della Regione F.V.G.; disapplicandosi, sostanzialmente, il procedimento sanzionatorio penale se lo stesso intervento sia realizzato nel territorio della Regione F.V.G.). Ma non solo: anche restando nell'ambito territoriale della Regione F.V.G. e' evidente l'arbitraria disparita' di trattamento, quanto alla persecuzione penale del medesimo fatto-reato, che viene a determinarsi per il possibile (ed altamente discrezionale, come gia' sopra evidenziato) esercizio del potere/facolta' (arbitrio?!) di sottoporre, o meno, una medesima fattispecie (intervento soggetto a concessione edilizia) all'atipico ed illegittimo regime normativo dell'autorizzazione edilizia in precario ex art. 81 l.r. n. 51/1992 (in tale caso, infatti e come gia' ampiamente spiegato piu' sopra, il procedimento penale viene sostanzialmente eluso con conseguente "depenalizzazione del fatto-reato; mentre, ove l'autorizzazione in precario non venga rilasciata, ecco che torna "magicamente (meglio: con sostanziale arbitraria discrezionalita) ad applicarsi l'ordinario procedimento sanzionatorio penale!!!). E' appena il caso di sottolineare che tale diversita' di trattamento non trova giustificazione alcuna in particolari, ulteriori, diversi situazioni/esigenze/interessi/diritti in gioco (anzi, derivando dall'illegittima disapplicazione del regime normativo cui la legge statale attribuisce tutela penale!!!). Pertanto, questo pubblico ministero insiste affinche' codesto giudice voglia sollevare incidente di legittimita' costituzionale delle censurate norme di legge regionale (art. 81, commi 1 e 2, l.r. F.V.G. n. 52/1991) per la ritenuta violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 25 e 3 Costituzione, nonche' di cui agli artt. 112 e 117 comma 2 lett. l) Costituzione". Rilevato che la stessa difesa dell'imputato con memoria scritta ha riconosciuto che "i profili di illegittimita' costituzionale ben illustrati dal p.m., nell'ottica di un piu' generale rispetto dei principi costituzionali ivi rilevati, appaiono condivisibili quando si tratta di manufatti soggetti a concessione edilizia, quantomeno allo stato della legislazione nazionale che non contempla (e che del resto non dovrebbe poter contemplare, secondo il ricordato orientamento giurisprudenziale) ipotesi di autorizzazione edilizia "in precario , quantomeno al di fuori di una effettiva precarieta'"; Ritenuto che le censure, gli argomenti e le osservazioni esposte dal p.m. nelle memorie sopra riportate siano effettivamente fondate, intendendosi da questo giudice recepite e condivise integralmente negli stessi ampi ed esaustivi termini indicati dall'accusa (e riconosciuti tali anche dalla difesa); Ritenuto che ulteriormente puo' individuarsi conflitto fra la norma in questione ed il parametro costituzionale di cui all'art. 3 comma 2 Cost., trattandosi di una norma che irrazionalmente introduce un concetto di "precario" ontologicamente incompatibile con il suo stesso senso naturale, logico e giuridico quale enucleato dalla citata giurisprudenza di legittimita'; cio' in quanto alla stregua del diritto vivente consacrato anche nella circolare della competente direzione regionale interpretativa dell'art. 81 (alla quale pacificamente si adeguano tutti gli enti locali della regione nel rilasciare provvedimenti in questione) si afferma il profilo esclusivamente funzionale del precario, includendoci la realizzazione di opere che per loro natura sarebbero idonee ad essere fruite a tempo indefinitivo, e si cita ad esempio di possibile autorizzazione in precario la realizzazione di strutture produttive atte ad ospitare attivita' gia' avviate e che per eccezionali motivi dovrebbero essere altrimenti sospese. A prescindere dalla consolidata giurisprudenza penale ed amministrativa formatasi sul concetto di "precario" (tale da escludere con certezza nel regime comune simili opere), occorre rilevare che e' ontologicamente insita nel concetto stesso di precario la natura strutturalmente provvisoria dell'opera, tale cioe' da poter essere agevolmente e rapidamente rimossa e da non costituire anche per profili materiali duratura alterazione del tessuto urbanistico-edilizio. In altri termini l'autorizzazione a titolo precario, proprio per la intrinseca natura che ontologicamente e necessariamente caratterizza il "precario" in ambito edilizio, non puo' essere intesa con riferimento esclusivo al profilo funzionale dell'opera ma necessariamente presuppone anche una precarieta' strutturale della stessa. Invero l'evoluzione giurisprudenziale che ha portato a definire in chiave funzionale il precario in ambito edilizio (espressamente menzionata nella circolare esplicativa della competente direzione regionale all'art. 81 della l.r. n. 52/1991 come ispiratrice della norma regionale e criterio al quale questa si sarebbe adeguata) ha in realta' inteso aggiungere un ulteriore profilo limitativo alle opere realizzabili in precario, che si aggiunge e non si sostituisce a quello ontologico strutturale, proprio per evitare agevoli aggiramenti dei vincoli urbanistici con la realizzazione di strutture che pur se tecnicamente dismettibili in effetti erano destinate ad un utilizzo duraturo e permanente, si' da aggravare in via definitiva il carico urbanistico in contrasto con gli strumenti regolatori approvati. La norma regionale sul precario - ancorche' di natura primaria e potenzialmente derogatoria alla normativa generale nazionale - alla stregua della formulazione testuale, della interpretazione datane dall'autorita' regionale competente in materia e della sua comune applicazione concreta si pone in contrasto con questa ricostruzione, ontologica prima ancora che logica, unica che consenta di ritenerla razionale e compatibile con i principi generalissimi del sistema. Diversamente opinando, e' evidente che qualsiasi opera edilizia anche di dimensioni ciclopiche e di impossibile demolizione postuma potrebbe essere autorizzata in precario in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, solo che risponda ad una esigenza transitoria (essendo la precarieta' cosa in se' ben diversa dalla temporaneita); Ritenuto che la questione di legittimita' costituzionale della citata norma regionale sia rilevante per la decisione del presente giudizio, atteso che la condotta contestata concerne la realizzazione del manufatto in regime di autorizzazione in precario (la cui illegittimita' conseguente alla censura costituzionale della norma regolatrice renderebbe ab origine illecita la realizzazione in difetto di valido titolo) oltre che la sua mancata demolizione alla scadenza del termine; Ritenuto che pur applicando il principio della non punibilita' dell'imputato per condotte che assumono carattere penalmente illecito solo a seguito di declaratorie di illegittimita' costituzionale, l'invocata declaratoria rivestirebbe comunque rilevanza sia in ragione della diversa formula di proscioglimento da adottare (con relativi diversi effetti, anche extrapenali), sia ai fini di individuazione della istantaneita' ovvero permanenza della violazione e del conseguente termine iniziale di prescrizione (che puo' risultare in concreto gia' maturata a seconda di questo), talche' in ogni caso il giudizio non risulta definibile indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
Per questi motivi Visto l'art. 23 della legge 87/53, Solleva questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 81 commi 1 e 2 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991 n. 52 (e successive modifiche ed integrazioni) per contrasto con le disposizioni degli artt. 3 comma 1 e 2, 25, 112 e 117 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il giudizio in corso. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al presidente della giunta regionale e comunicata al presidente del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Pordenone, addi' 15 marzo 2002 Il giudice: Rossi 02C0398