N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 2002

Ordinanza  emessa  l'11  febbraio  2002  dal tribunale amministrativo
regionale  della  Lombardia sul ricorso proposto da Gabri & C. S.a.s.
contro Comune di Besnate

Edilizia  e  urbanistica  - Regione Lombardia - Previsione, con norma
  regionale  di  interpretazione  autentica,  della  possibilita'  di
  recupero,  ai fini abitativi e in corso d'opera, dei sottotetti dei
  quali  sia  stato  eseguito  il rustico e completata la copertura -
  Dedotta ingiustificata deroga agli indici di fabbricabilita' e alle
  prescrizioni dirette ad assicurare l'equilibrio tra la dotazione di
  aree   per   attrezzature   pubbliche   e  l'edificazione  a  scopo
  residenziale  -  Irragionevolezza  - Incidenza sui principi di buon
  andamento   ed   efficienza   della   pubblica   amministrazione  -
  Interferenza  sul  potere giurisdizionale - Violazione dei principi
  stabiliti dalle leggi statali in materia.
- Legge della Regione Lombardia 23 novembre 2001, n. 18, artt. 1 e 2.
- Costituzione, artt. 3, 97, 101, 102, 103, 104, 114 e 117.
In via  subordinata:  Edilizia  e  urbanistica  - Regione Lombardia -
  Interventi   di   ristrutturazione,   di  ampliamento  e  di  nuova
  costruzione  -  Previsione della procedura della denuncia di inizio
  di  attivita' (DIA) anziche' della concessione edilizia - Contrasto
  con  la  normativa  statale  in materia (art. 19 legge n. 241/1990;
  art.  4  d.l.  n. 398/1993,  convertita  in legge n. 493/1993, come
  sostituito dall'art. 2, comma 60, legge n. 662/1996).
- Legge  della  Regione  Lombardia  19  novembre 1999, n. 22, art. 4,
  comma  3;  legge  della  Regione Lombardia 23 novembre 2001, n. 18,
  art. 3.
- Costituzione, art. 117.
(GU n.20 del 22-5-2002 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 3369/01,
proposto  da  Gabri & C. S.a.s. con sede in Castronno, in persona del
legale  rappresentante  pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Daniela  Viva  ed  elettivamente  domiciliata  presso lo studio della
medesima in Milano, via Borgogna 9;
    Contro  comune  di  Besnate  in  persona del Sindaco pro tempore,
costituitosi in giudizio rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Travi
e  Michela  Cerini  ed elettivamente domiciliato presso la segreteria
del  Tribunale  amministrativo regionale, in Milano via Conservatorio
n. 13,  per  l'annullamento,  previa  sospensione  del  provvedimento
datato  17 luglio 2001 n. 7439-8246, con il quale il responsabile del
settore  gestione  del  territorio  ha  ordinato  di non effettuare i
lavori  dichiarati  con  la D.I.A. presentata il 6 giugno 2001 per il
recupero ai fini abitativi di sottotetti;
        per quanto occorrer possa, del provvedimento datato 26 giugno
2001 n. 6584-7439;
    Visto  il  ricorso  notificato in data 11 ottobre e depositato in
data 31 ottobre 2001;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Besnate;
    Uditi  alla  camera di consiglio del 10 gennaio 2002. relatore il
cons.  D.  Giordano, gli avv. Guercio, in delega, per la ricorrente e
Travi per il comune resistente;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Ritenuto quanto segue in:

                           Fatto e diritto

    1.  -  La  societa'  ricorrente  e'  proprietaria  in Besnate via
Vittorio Veneto di un terreno, distinto in catasto ai mapp. 2154-3582
fg-8,  che  e'  oggetto  di  un  piano di lottizzazione approvato con
deliberazione  del consiglio comunale n. 44 del 30 settembre 1996. Il
piano   ammette   un'edificabilita'  di  mc. 5162,17,  che  e'  stata
interamente   sfruttata,  con  la  concessione  edilizia  n. 54/99  e
successive   varianti,   per  la  realizzazione  di  quattro  edifici
residenziali.
    Prima dell'ultimazione dei lavori, con le parti sottotetto ancora
al  "rustico",  la societa' ha presentato, in data 6 giugno 2001, una
denuncia di inizio attivita' (di seguito: DIA) per poter recuperare a
fini  abitativi, in applicazione della l.r. n. 15/96, i sottotetti di
tre  dei  quattro  edifici  assentiti  con  la suindicata concessione
edilizia. A tale iniziativa il comune replicava con provvedimento del
26  giugno  2001  per  segnalare  una  serie di irregolarita' formali
riscontrate nella pratica edilizia.
    In  data  4  luglio  2001  la societa' presentava le integrazioni
richieste,  manifestando  la volonta' di procedere all'esecuzione dei
lavori.
    Con   provvedimento   17  luglio  2001  il  comune  diffidava  la
ricorrente  a  non  dare  corso  alle  opere  di  trasformazione  del
sottotetto,  sostenendo  l'inapplicabilita' della, l.r. n. 15/1996 ai
nuovi  fabbricati  in corso di costruzione e l'inammissibilita' della
DIA,  trattandosi  di  intervento  in variante soggetto a concessione
edilizia.
    2.   -  con  il  ricorso  in  epigrafe  la  societa'  ha  chiesto
l'annullamento  delle  determinazioni  comunali, deducendo le censure
seguenti:  l'esecuzione dei lavori e' stata vietata non in ragione di
prescrizioni   ostative,   ma   mediante   il   richiamo  a  pronunce
giurisprudenziali  cui  e' stato attribuito valore eccedente i limiti
soggettivi  del  giudicato  (primo motivo); il provvedimento e' stato
adottato  in violazione dell'art. 4, terzo comma, l.r. n. 22/1999 che
ha esteso il regime della DIA a tutti gli interventi edilizi anche di
nuova  costruzione,  purche' conformi alla strumentazione urbanistica
(secondo motivo); risulta violata anche la l.r. n. 15/1996, in quanto
il  significato  letterale e sistematico dell'espressione "sottotetti
esistenti",  per i quali e' ammesso il recupero a fini abitativi, non
e'  limitato  ai  soli  sottotetti  esistenti alla data di entrata in
vigore   della   legge,  ma  va  esteso  a  tutti  quelli  realizzati
successivamente  purche'  esistenti  al  momento della domanda (terzo
motivo).
    Il   comune   di   Besnate   si   e'   costituito   in   giudizio
controdeducendo.
    Il  ricorso  veniva chiamato alla odierna camera di consiglio per
l'esame  della  domanda  di  sospensione  cautelare.  Nel corso della
discussione,  la difesa ricorrente si richiamava alla l.r. n. 18/2001
di  interpretazione  autentica  della  l.r. n. 15/1996 insistendo per
l'accoglimento   della   domanda.   La   difesa   comunale  sosteneva
l'incostituzionalita'   della   legge  sopravvenuta,  per  violazione
dell'art. 117 Cost. e del principio di ragionevolezza.
    3.  -  Collegio  e'  chiamato  a pronunciarsi, in sede cautelare,
sulla   legittimita'   di   un   provvedimento   inserito   nell'iter
procedimentale  delineato dalla legge regionale della Lombardia n. 15
del 1996, recante la disciplina per il recupero ai fini abitativi dei
sottotetti esistenti.
    L'art. 21  della  l. n. 1034/1971, come modificato dall'art. 3 l.
n. 205/2000,  stabilisce  che  la  pronuncia  sulla domanda cautelare
debba  contenere  la  valutazione  del  pregiudizio allegato, nonche'
l'indicazione  dei  profili che, ad un sommario esame, inducono a una
ragionevole previsione sull'esito del ricorso.
    Con  riguardo  alla  sussistenza  del  requisito  del  danno,  il
collegio   ritiene  che  il  provvedimento  impugnato  precluda  alla
societa'     ricorrente     l'ultimazione    dei    lavori    diretti
all'utilizzazione  residenziale  dei  sottotetti  e  debba, pertanto,
considerarsi produttivo di un pregiudizio grave e irreparabile.
    Quanto  al  fumus  boni juris, la fondatezza della tesi sostenuta
nel    terzo   motivo   del   ricorso   e'   innegabile   alla   luce
dell'interpretazione  autentica e dell'integrazione dell'art. 1 della
l.r.  n. 15/1996,  che e' stata fornita dal legislatore regionale con
la l.r. n. 18/2001.
    Nella  situazione  in esame questo giudice dovrebbe, quindi, dare
applicazione  alle  norme  regionali  che,  allo  stato,  legittimano
l'intervento   e   accordare  la  misura  cautelare  richiesta  dalla
ricorrente;  tuttavia  il  collegio condivide i dubbi, che sono stati
enunciati  dalla  difesa  comunale  nella  discussione  in  camera di
consiglio,   sulla   legittimita'   costituzionale  della  suindicata
previsione legislativa.
    La  rilevanza  della  questione  nel  presente  giudizio  e' resa
manifesta   dalla   considerazione   che  i  provvedimenti  impugnati
contrastano  con  gli  artt. 1  e 2 della l.r. n. 18/2001, per cui la
soluzione  della  controversia  non  puo' prescindere dalla pronuncia
sulla  legittimita'  costituzionale  delle  norme  regionali,  la cui
applicazione  al  caso  di  specie  e'  stata  invocata  dalla difesa
ricorrente.
    La  soluzione della questione e' propedeutica anche all'esame del
quesito   relativo  all'ammissibilita'  della  DIA  nella  situazione
considerata, in quanto per riconoscere la possibilita' di far ricorso
a detto strumento e' necessario innanzitutto stabilire la conformita'
dell'intervento alla normativa urbanistica e, quindi, la legittimita'
costituzionale di quest'ultima.
    La  questione,  oltre  che rilevante, e' anche non manifestamente
infondata,    per   profili   che   attengono   alla   ragionevolezza
dell'impianto normativo, alla lesione dell'autonomia comunale e della
funzione  giurisdizionale,  alla  violazione  del  principio del buon
andamento  e della logicita' intrinseca del procedimento, nonche' per
l'infrazione  di principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali.
Cio' per le ragioni di seguito indicate.
    4.-  Con  la legge regionale della Lombardia 15 luglio 1996 n. 15
e'  stata  approvata la disciplina per il "recupero ai fini abitativi
dei  sottotetti esistenti"; in particolare l'art. 2 ha consentito gli
interventi  edilizi  finalizzati  al  recupero  del  piano sottotetto
esistente,  con  apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazze,
nonche' le modificazioni delle altezze, di colino e di gronda e delle
linee  di  pendenza  delle falde; l'art. 3 ha poi assicurato un ampio
regime  di  deroga  agli  interventi  di  recupero dei sottotetti, in
quanto ha stabilito che essi: non richiedono la preventiva formazione
di  un  piano  attuativo,  anche  se  compresi all'interno dei centri
storici  (in  deroga  all'art. 17 l.r. n. 51/1975), non concorrono al
computo   della   capacita'   insediativa   residenziale   teorica  e
prescindono   dal   rispetto   degli  standards  urbanistici  di  cui
all'art. 22  l.r. 51/1975, possono, infine, essere eseguiti in deroga
a  tutte  le  limitazioni  derivanti dalle prescrizioni relative agli
indici  e  ai  parametri  urbanistici ed edilizi, che siano contenute
negli strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati.
    Le  finalita'  della  legge  sono chiaramente enunciate nel primo
comma  dell'art. 1,  laddove  si  assume "l'obiettivo di contenere il
consumo  di  nuovo  territorio  e  favorire  la  messa  in  opera  di
interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici".
    Nella  sua  formulazione  originaria  la legge non pone soverchie
difficolta' interpretative nella definizione della portata precettiva
delle   sue   disposizioni,  cio'  in  particolare  con  riguardo  al
significato  dell'espressione "sottotetti esistenti" e al riferimento
temporale  della nozione di esistenza. Argomenti di ordine letterale,
logico  e  sistematico  militano  infatti in favore dell'applicazione
esclusiva  ai  sottotetti  degli  edifici gia' esistenti alla data di
entrata in vigore della legge.
    In  primo luogo, come gia' ritenuto dalla sezione nella decisione
n. 5310/2001,  il riferimento ai "sottotetti esistenti" si manifesta,
di  per  se',  assolutamente  idoneo  a definire l'ambito applicativo
della  disciplina introdotta dalla legge regionale n. 15/1996, tenuto
conto  del  palese significato letterale dell'espressione suindicata,
che  e'  univocamente  riferibile  ai  soli  vani  gia' realizzati al
momento dell'entrata in vigore della legge.
    Questa  e'  inoltre  finalizzata  a  consentire il "recupero" dei
piani  sottotetto  degli  edifici  destinati  a  residenza e, quindi,
presuppone  la  preesistenza,  nel suo complesso, di un manufatto sul
quale intervenire; e' infatti noto che il concetto di recupero non si
presta  a  definire gli interventi da eseguire su fabbricati di nuova
costruzione o non ancora ultimati.
    Deve ancora considerarsi che, come sopra rilevato, le norme della
legge  regionale  hanno  contornato  gli  interventi  di recupero dei
sottotetti  di  un  ampio  regime  di  deroga  alla  normativa e alla
programmazione  urbanistica  (art. 3,  terzo  comma); esse rivestono,
quindi,  portata  eccezionale  per  cui,  in  applicazione di un noto
criterio ermeneutico, devono essere interpretate in senso restrittivo
e  non  possono  trovare  applicazione  oltre  i  casi  espressamente
considerati.  All'interprete  non e' consentito attribuire alla norma
significati  ulteriori  rispetto  a  quello letterale, in quanto cio'
condurrebbe  al  risultato di introdurre nuove eccezioni e ridurre la
portata delle norme che costituiscono le regole in materia.
    Deve  infine  soggiungersi  che  l'interpretazione  letterale  e'
confortata  anche dal richiamo alle finalita' perseguite dalla legge,
che  sono  riferibili esclusivamente agli edifici giu' esistenti alla
data di entrata in vigore della medesima.
    Ed   infatti,  l'obiettivo  del  contenimento  delle  dispersioni
termiche  puo'  riguardare  i  soli  fabbricati che siano carenti dei
relativi  allestimenti  tecnici  per  essere  stati  costruiti  prima
dell'insorgere  degli  obblighi discendenti dalla l. n. 10/1991 e dal
regolamento  attuativo,  approvato con il d.P.R. n. 412/1993. Solo in
relazione a tali fabbricati puo' porsi l'esigenza di incentivare, con
l'incremento  volumetrico, l'adeguamento degli impianti e la messa in
opera  di  interventi  tecnologici  per  il  contenimento dei consumi
energetici,  dovendosi altrimenti attribuire al recupero la finalita'
non  commendevole,  e come tale irrazionale, di compensare, o perfino
di  favorire  in vista del successivo incremento, la violazione delle
prescrizioni tecniche in materia.
    L'interprete   e'   orientato   nella   stessa   direzione  anche
dall'ulteriore  finalita'  della  legge, che era quella di recuperare
all'utilizzo   residenziale   spazi   gia'  esistenti,  al  fine  del
contenimento  di  consumo  del,  suolo  ancora  inedificato.  Come ha
giustamente  osservato  la  difesa comunale, lo scopo della legge era
quello  di  recuperare  spazi abitativi in ambiti dove l'edificazione
fosse  gia'  consolidata,  non quello di riconoscere un generalizzato
ampliamento   delle  potenzialita'  edificatorie  proprie  dei  nuovi
insediamenti.
    Come  si  vede,  l'intenzione  del  legislatore  regionale, quale
obiettivata  nel  dato  testuale,  e' assolutamente chiara e non pone
particolari  incertezze  interpretative,  che per essere superate, il
ricorso  a criteri ermeneutici sussidiari, quali i lavori preparatori
e le indicazioni contenute in circolari regionali.
    5. - Supponendo, invece, la sussistenza di un'ambiguita' nel dato
letterale  della  disciplina  originaria, il legislatore regionale e'
intervenuto  per  approvare,  con la legge regionale 23 novembre 2001
n. 18, norme di interpretazione autentica della l.r. n. 15/1996.
    Con  l'art. 1  della  legge  interpretativa  ha  stabilito che la
parola  "esistente",  di  cui  all'art. 1  secondo  comma della legge
precedente, debba "intendersi riferita al momento della presentazione
della domanda di concessione edilizia ovvero della denuncia di inizio
attivita'".  In  tal  modo  la facolta' di recupero e' stata estesa a
tutti  i sottotetti, anche se ultimati dopo l'entrata in vigore della
disciplina   originaria,   purche'   esistenti   al   momento   della
presentazione della domanda di recupero abitativo.
    Non  solo. Detta estensione e' stata spinta a ulteriori, e invero
estreme,  conseguenze  con  l'art. 2  della  l.r.  n. 18/2001, che ha
aggiunto,  alla  fine  dell'espressione  contenuta  nel  quarto comma
dell'art. 1  (si  definiscono  come  sottotetti  i volumi sovrastanti
l'ultimo  piano degli edifici di cui al comma 2), le seguenti parole:
"dei  quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura".
In  breve,  il  beneficio  della  trasformazione  a fin abitativi (in
deroga  alle  prescrizioni  urbanistiche)  riguarda  non  soltanto  i
sottotetti  gia' ultimati, ma tutti quelli in corso di costruzione e,
in ultima analisi, anche quelli futuri.
    6.  -  La  legge  regionale  e' stata approvata quando erano gia'
vigenti  le  modifiche al titolo V della Costituzione, introdotte con
la  legge  costituzionale  18  ottobre  2001  n. 3,  che  costituisce
un'ulteriore  e  decisiva  tappa del processo di trasformazione dello
Stato nazionale e di potenziamento delle autonomie territoriali.
    La  revisione  del  titolo quinto rappresenta un chiaro indirizzo
innovativo  nella  direzione  di  una  maggiore autonomia legislativa
delle regioni.
    Cio' si coglie, innanzitutto, nel principio generale enunciato al
primo comma dell'art. 117, che pone la potesta' legislativa regionale
in  condizioni  di  assoluta  parita'  con  quella statale; entrambe,
infatti, devono esercitarsi "nel rispetto della Costituzione, nonche'
dei  vincoli  derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali".
    La  riforma,  inoltre,  ha ribaltato completamente l'impostazione
originaria  circa  il  riparto dei rispettivi ambiti di competenza; a
differenza  del sistema previgente, che aveva attribuito alle regioni
la  potesta' legislativa nelle sole materie indicate all'art. 117, la
legge  di riforma costituzionale riconosce oggi alle regioni medesime
una  potesta'  legislativa  generale,  estesa  a tutte le materie non
espressamente riservate alla legislazione statale.
    Quest'ultima   puo'   esercitarsi  nelle  materie  indicate,  con
elencazione   tassativa,   al   secondo  comma  dell'art. 117  ed  e'
significativo   che   l'attribuzione   di  una  potesta'  legislativa
"esclusiva",  se  vale  ad  impedire  allo  Stato  la possibilita' di
formare  ambiti disciplinari ad esso non espressamente riservati, non
esclude  invece  il riconoscimento di ulteriori spazi di autonomia in
favore  delle regioni di diritto comune, cui possono attribuirsi, con
legge  ordinaria,  competenze  legislative  in  alcune  delle materie
appartenenti alla legislazione esclusiva dello Stato e, segnatamente,
in  quelle di non poco rilievo indicate al terzo comma dell'art. 116,
ossia:  l'organizzazione  della  giustizia  di  pace,  norme generali
sull'istruzione,  nonche' tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei
beni culturali.
    In  prima  lettura  gli ambiti della potesta' legislativa statale
esclusiva  e di quella generale delle regioni, nonche' i limiti delle
rispettive  attribuzioni  risultano chiaramente delineati nella nuova
formulazione dell'art. 117.
    Il   carattere   innovativo  della  riforma  appare  invece  meno
accentuato  con  riguardo  alle  materie di legislazione concorrente,
nelle  quali  alla  potesta' legislativa regionale si affianca quella
statale.
    In  proposito,  il  terzo  comma  dell'art. 117, a conferma della
misura dell'autonomia riconosciuta agli enti territoriali, stabilisce
che  anche  in  tali  materie,  che  comprendono un ampio catalogo di
interessi,  la  potesta'  legislativa  compete  alle  regioni,  salvo
tuttavia  riservare  alla legislazione dello Stato "la determinazione
dei principi fondamentali".
    La prudenza qui manifestata dalla legge di riforma e' palesemente
ispirata  all'esigenza  di assicurare l'unita' dell'ordinamento. Come
in passato, la potesta' legislativa regionale, nelle materie indicate
al  terzo  comma  dell'art. 117,  incontra  un  limite  nei  principi
fondamentali dettati nelle leggi dello Stato.
    Cio',  per quanto qui interessa, vale in particolare con riguardo
al "governo del territorio", espressione che, per la sua ampiezza, si
presta   a   ricomprendere   tutta   la  materia  dell'urbanistica  e
dell'edilizia.
    Premesse  queste  sintetiche  annotazioni,  puo'  procedersi alla
formulazione delle censure di illegittimita' costituzionale.
    7. - La potesta' legislativa regionale deve essere esercitata nel
rispetto  della  Costituzione  e  non puo', quindi, contrastare con i
principi  in  essa codificati; tra questi, nella situazione in esame,
rileva   innanzitutto  la  violazione  del  criterio  generale  della
ragionevolezza  della legge, di cui sono espressione gli artt. 3 e 97
Cost.
    In  proposito,  non  sembra  necessario spendere molte parole per
evidenziare  come  una  misura eccezionale ad applicazione limitata e
circoscritta   sia   stata  elevata  al  rango  di  regola  generale,
attraverso  un  intervento  legislativo  che,  sub  species  di norma
interpretativa,  ha  profondamente alterato i caratteri originati del
recupero  dei  sottotetti, quali sopra delineati, al punto da rendere
del tutto irragionevole il risultato normativo finale.
    A differenza della configurazione originaria, l'eccezione ammessa
dalle  norme interpretative non incontra, infatti, limiti temporali e
oggettivi,  che  siano  determinati,  certi  e precisi e che possano,
quindi, far ritenere contenuto in termini di ragionevolezza il vulnus
al sistema. Si e' gia' evidenziato come, per effetto della disciplina
interpretativa,  tutti i sottotetti degli edifici "destinati in tutto
o  in  parte  a  residenza", sol che raggiungano lo stato al rustico,
possono  essere  trasformati in vani abitabili in eccedenza ai limiti
di  edificabilita', cio' in assenza di qualsivoglia previsione idonea
a  delimitare  l'ambito  applicativo  del  beneficio  che,  da deroga
eccezionale,   e'   stato   trasformato   in  una  forma  di  esonero
generalizzato   delle  mansarde  dal  rispetto  dei  consueti  limiti
urbanistici.
    Secondo    l'insegnamento    della   Corte   costituzionale,   la
discrezionalita'  del  legislatore  incontra  un  limite  nel  canone
generale  di ragionevolezza. Questo postula che la norma con la quale
venga  consentita  l'eccezione alle regole vigenti non sia congegnata
in  modo  tale da vanificare completamente la ratio che presiede alla
concessione del beneficio, rendendolo cosi' del tutto inutile.
    Cio'  e'  quanto  si  verifica nella situazione in esame, laddove
appare   violato  il  principio  di  ragionevolezza  per  il  profilo
dell'intrinseca contraddizione tra le finalita' in origine perseguire
dal  legislatore  regionale e il contenuto delle norme qui censurate.
Sembra,  infatti, al collegio che l'obiettivo di contenere il consumo
di   nuovo   territorio,  che  risponde  indubbiamente  all'interesse
generale, debba essere perseguito attraverso la fissazione di ridotti
indici  di  fabbricabilita', e sia invece frustrato da strumenti che,
ampliando  di  fatto  le  potenzialita'  edificatorie, incentivano le
nuove  costruzioni  o  che,  a  parita'  di  volumi,  favoriscono  la
diffusione  dei  fabbricati  nella prospettiva di formare piu' volumi
sottotetti da recuperare.
    Per di piu', l'art. 3, primo comma, della L.R. n. 15/1996 esonera
gli    interventi    di    recupero   dei   sottotetti   dall'obbligo
dell'inserimento  della relativa volumetria nel programma pluriennale
di  attuazione,  privando  in  tal  modo  i  comuni  di uno strumento
necessario  a  valutare  l'incidenza  degli ampliamenti ai fini della
determinazione dei nuovi fabbisogni abitativi, secondo le indicazioni
contenute nell'art. 32, secondo comma, l. n. 457/1978.
    Il  che  pare deludere quell'esigenza di contenimento del consumo
di  nuovo territorio, che pure e' stata assunta a criterio ispiratore
della legge.
    Quanto  al  profilo  del  contenimento dei consumi energetici, la
relativa   finalita'   e'  gia'  assicurata  dall'introduzione  delle
prescrizioni, in materia di isolamento termico degli edifici di nuova
costruzione,  dettate  nella  l.  n. 10/1991, che ha definito criteri
costruttivi  diretti  a  ridurre  i  fenomeni di dispersione termica.
Tenuto conto della normativa vigente al momento dell'emanazione della
legge  interpretativa,  questa risulta del tutto superflua, in quanto
non   appare   necessario   il  riconoscimento  del  beneficio  della
concessione  in  deroga in favore dei nuovi edifici residenziali gia'
soggetti alle suindicate regole tecniche.
    Le  norme  interpretative  consegnano,  invece, ai proprietari la
facolta' di derogare agli strumenti urbanistici. Reciso il legame con
la  ratio che aveva in origine giustificato il recupero abitativo dei
sottotetti  (trattandosi  di  finalita'  che  anche  per  le  ragioni
indicate  sub  4 non sono trasmissibili agli interventi sul "nuovo"),
non  e'  piu' dato comprendere la ragione di un "premio" siffatto, il
che colora anche di arbitrarieta' la scelta legislativa.
    8.  -  L'intrinseca  irrazionalita'  si  coglie,  inoltre, per la
disattenzione al profilo etico che deve ispirare il legislatore nella
disciplina  dei  rapporti  tra i poteri amministrativi e i cittadini.
Consentire  il  recupero dei sottotetti "dei quali sia stato eseguito
il rustico" rappresenta un implicito invito all'elusione delle regole
in  materia  e legittima l'adozione di espedienti volti a raggirare i
limiti derivanti dalle prescrizioni urbanistiche comunali.
    E' illuminante, in proposito, la situazione, davvero emblematica,
sulla   quale   questo  Tribunale  e'  chiamato  a  pronunciarsi.  La
ricorrente  ha  presentato  un progetto che prevedeva lo sfruttamento
integrale   degli   indici   urbanistici   fissati   nel   piano   di
lottizzazione; dopo aver ottenuto la relativa concessione edilizia ed
eseguito  i  lavori  al  rustico,  ha proposto, in corso d'opera, una
variante  per  il recupero abitativo dei sottotetti, nel tentativo di
conseguire   la  possibilita',  altrimenti  preclusa,  di  realizzare
incrementi   volumetrici  in  deroga  allo  strumento  urbanistico  e
all'obbligo  di  garantire  il rispetto della soglia minima di aree a
servizi.  Vale  rimarcare  come,  lungi  dal sanzionarne l'intrinseca
scorrettezza,  le  norme  interpretative  suggeriscano implicitamente
siffatto comportamento.
    Ma  al  collegio pare evidente l'irrazionalita' di un sistema che
consenta  di  eseguire  in  corso  d'opera  cio'  che non puo' essere
assentito  con  la  concessione  edilizia  iniziale.  Il che, oltre a
introdurre  nel  procedimento amministrativo comportamenti ispirati a
slealta'  e  ad  artificio, rappresenta pure la negazione di principi
costantemente   affermati   dalla  giurisprudenza,  secondo  cui  gli
interventi  in  variante  rispetto  al  progetto  originario  restano
soggetti alla medesima disciplina che regola il progetto medesimo.
    9.  -  In  tal  modo  risulta compromesso anche il buon andamento
dell'amministrazione comunale, che e' interesse protetto dall'art. 97
Cost., per il profilo che la previsione di una generalizzata facolta'
di  deroga  e' idonea a vanificare la programmazione urbanistica e ad
alterare  l'equilibrio  tra gli insediamenti residenziali e le aree a
standard.
    Inoltre  per la considerazione, gia' enunciata, che consegnare ai
privati  uno strumento idoneo ad attuare forme di sostanziale raggiro
della  disciplina  comunale non puo' non apparire lesivo della stessa
dignita'   delle   amministrazioni   locali,  di  fatto  costrette  a
rilasciare la concessione in deroga.
    Ancora  per  il  rilievo  che,  al  fine  di  assicurare  il buon
andamento   e   l'efficienza   dell'amministrazione,   e'  necessario
predisporre  procedure  lineari  rispetto  al risultato, per cui puo'
ritenersi  ragionevole  una  disciplina  che  delinei un procedimento
intrinsecamente logico e coerente con le proprie finalita'.
    Detta   logicita'   interna   non  sembra  rinvenibile  nell'iter
procedimentale  ammesso  dalle norme interpretative, con le quali, in
contraddizione  con  la  tendenza  legislativa  volta a pretendere la
massima  trasparenza  nei  procedimenti  amministrativi,  sono  stati
invece   legittimati   comportamenti   privati   che  possono  essere
improntati anche a malafede.
    10.  -  Le  norme  impugnate,  nelle  parti  in  cui ammettono la
facolta'  di  derogare  agli strumenti urbanistici, sono lesive anche
dell'autonomia  comunale  riconosciuta  dall'art. 114, secondo comma,
della  Costituzione, come sostituito dall'art. 1 della l.c. n. 3/2001
e,  in  particolare,  della  funzione  di sovrintendere allo sviluppo
edilizio del proprio territorio.
    Va  qui  ricordato  che  il  provvedimento  ordinario  di  deroga
presuppone  l'iniziativa  comunale e l'ammissibilita' della deroga in
base  alle  norme regolamentari locali, laddove il sistema inaugurato
dalle   norme  qui  censurate  prescinde  totalmente  dalla  volonta'
comunale e, anzi, puo' attuarsi anche contro detta volonta'.
    Al  riguardo  occorre considerare che l'impianto originario della
l.r.  n. 15/1996 prestava qualche attenzione all'autonomia locale, in
quanto  riconosceva  alle  amministrazioni  comunali  la  facolta' di
disporre  l'esclusione  di parti del territorio (segnatamente le zone
omogenee  C  e  D)  dall'applicazione  delle  norme, pur prevedendone
l'esercizio entro il termine perentorio di 180 giorni dall'entrata in
vigore della legge (art. 1 ultimo comma).
    E'  verosimile  ritenere che il comune qui resistente, come altre
amministrazioni   comunali,  non  abbia  esercitato  detta  facolta',
confidando, in base ad un convincimento affatto ragionevole alla luce
di  quanto  osservato  sub  4,  in  un'applicazione  contenuta  della
concessione in deroga.
    La  scadenza  del  termine  suindicato,  a  fronte dell'inusitata
dilatazione  del fenomeno quale prefigurata dalla legge sopravvenuta,
espone   ora   le   amministrazioni   comunali   al   pericolo  dello
sconvolgimento  delle  esigenze  di ordine urbanistico recepite nelle
norme  del piano o comunque all'alterazione dell'assetto territoriale
configurato dallo strumento urbanistico comunale.
    Non   solo.  Il  mix  derivante  dalla  scadenza  del  termine  e
dall'estensione  della  deroga  a  situazioni  prima  non considerate
consuma  un'autentica  espropriazione di funzioni comunali, in quanto
non   consente   ai  comuni  di  opporre  proprie  valutazioni  circa
l'incompatibilita'  concreta  degli  interventi  di  recupero  con le
esigenze  di  tutela ambientale anche urbanistica. Esso, in tal modo,
disarma le amministrazioni comunali, che sono poste in una condizione
di  sostanziale  impotenza  a fronte dell'esercizio della facolta' di
recupero delle mansarde, che e' volta alla soddisfazione di interessi
di natura esclusivamente privata, cui l'iniziativa regionale assicura
una  protezione  totale  a  scapito  delle  attribuzioni  comunali in
materia di assetto del territorio.
    In  proposito  non  e'  forse  inutile considerare che l'istituto
della   concessione   in   deroga   e'   stato  da  sempre  riservato
esclusivamente  alla  realizzazione  di opere di pubblico interesse e
che  le  discipline derogatorie in materia edilizia sono state sempre
orientate  al  perseguimento di interessi generali, come, ad esempio,
con  la  l.  n. 122/1989  sui  parcheggi,  o con la l. n. 13/1989 per
l'abbattimento delle barriere architettoniche.
    Nella  situazione  in  esame  non  ricorrono  invece interessi di
ordine    generale,   che   possano   legittimare   la   compressione
dell'autonomia   comunale   che   si   esprime   nella   potesta'  di
programmazione  del territorio e che e' garantita dagli artt. 5 e 114
Cost.
    Con  particolare  riguardo  alla  materia  urbanistica,  la Corte
costituzionale  ha  gia'  avvertito nella sentenza n. 83 del 1997 che
"il  potere  dei  comuni  di autodeterminarsi in ordine all'assetto e
all'utilizzazione    del    proprio    territorio   non   costituisce
un'elargizione che le regioni, attributarie di competenze in materia,
siano libere di comprimere", in quanto la Costituzione con previsioni
di  principio  quali rinvenibili nelle norme qui invocate a parametro
del  giudizio  di  illegittimita',  garantisce l'autonomia degli enti
infraregionali anche nei rapporti con le regioni.
    E,  seppure  e'  vero che il rispetto delle autonomie locali deve
armonizzarsi  con  una  valutazione piu' ampia delle esigenze diffuse
nel  territorio,  tuttavia  l'incisione  delle  funzioni assegnate ai
comuni puo' ritenersi giustificata esclusivamente dalla necessita' di
protezione  di  equilibri  che  trascendano  l'interesse locale e che
richiedano  previsioni  programmatiche,  con valore anche precettivo,
estese ad un ambito territoriale piu' ampio di quello comunale.
    A   tali   requisiti  non  risponde  il  recupero  abitativo  dei
sottotetti,  trattandosi  di  interventi  di  interesse eslusivamente
locale.  E,  in proposito, gia' con la decisione n. 5310/2001, questa
sezione  ha  segnalato  come  le  originarie  finalita'  della  legge
regionale   debbano  ritenersi  incompatibili  con  il  generalizzato
recupero  dei  sottotetti successivamente realizzati in spregio della
programmazione  urbanistica  e  delle  regole  poste  a  presidio del
contenimento dei consumi energetici.
    11.  -  Quanto  poi  alla  rispondenza dell'efficacia retroattiva
della  norma  censurata  a criteri di ragionevolezza, va rilevato che
detta  retroattivita'  non  appare  giustificata ne' dall'esigenza di
porre  rimedio  ad  una  situazione  del tutto eccezionale, ne' dalla
presenza   di   un   interesse  pubblico  che  richiedeva  di  essere
salvaguardato.
    Cio'   induce   il   collegio   a   ritenere   che  la  norma  di
interpretazione  autentica,  avente  come tale efficacia retroattiva,
sia  stata  ispirata  dall'intento  di  neutralizzare  l'orientamento
restrittivo   gia'   assunto   in   materia   da   questo   Tribunale
amministrativo  regionale  il che non puo' non risultare lesivo della
funzione giurisdizionale, con conseguente violazione degli artt. 101,
102, 103 e 104 Cost.
12.  -  Per  ragioni  di  completezza  il  collegio non puo' esimersi
dall'indirizzare   una  censura  finale  alle  norme  impugnate,  per
violazione  dell'art. 117 Cost. La censura medesima viene prospettata
nella  duplice  prospettiva del carattere interpretativo o innovativo
delle norme sopravvenute.
    12.1.  -  Nel primo caso, infatti, le disposizioni introdotte con
la  legge  regionale  di  interpretazione  autentica  hanno, per loro
natura, efficacia retroattiva e si saldano con quelle contenute nella
precedente   legge   regionale,  dando  vita  ad  un  unico  precetto
normativo.  Questo  costituisce,  per l'interprete, il parametro alla
stregua   del   quale   deve  essere  valutata  la  legittimita'  del
provvedimento impugnato, anche se esso sia stato adottato, come nella
specie,  prima  della  pubblicazione  della  legge di interpretazione
autentica.
    Ne  discende  che  il risultato normativo derivante dalla fusione
della norma interpretativa con quella originaria deve essere conforme
alla  disciplina  costituzionale  vigente  all'epoca  in  cui esso e'
destinato   ad   operare.  Ammettere  il  contrario  equivale  a  far
retroagire   gli   effetti  della  riforma  sopravvenuta,  ovvero  ad
attribuire   a   quest'ultima   un   effetto  sanante  di  precedenti
illegittimita'.
    In  tale  prospettiva  rileva che, in base al previgente art. 117
Cost.,  la  normativa  regionale  in  materia  urbanistica  non  puo'
contrastare con i principi generali stabiliti dalle leggi statali.
    12.2.  -  In relazione, invece, alla natura innovativa che sembra
doversi riconoscere per il contenuto integrativo pure rivestito dalla
l.r.  n. 18/2001,  la  censura  di  seguito enunciata puo' assumere a
parametro di giudizio l'art. 117 nel testo riformato.
    Secondo  la  nuova  formulazione  di  questo,  nelle  materie  di
legislazione  concorrente,  qual  e'  il  "governo del territorio", i
principi  fondamentali stabiliti dalle leggi statali rappresentano un
limite alla potesta' legislativa regionale.
    12.3.  -  Cio'  posto,  in  entrambi  i  casi,  assumono  rilievo
l'art. 1,  secondo  e  quarto comma, della l.r. n. 15/1996, nel testo
risultante  dopo  le  modifiche  introdotte  dalla  l.r. n.18/2001, e
l'art. 3,  terzo  comma,  della  l.r.  n. 15/1996, nelle parti in cui
ammettono  il recupero abitativo dei volumi sottotetto, per contrasto
con:
        l'art. 4, primo comma, l. n. 10/1977, il quale stabilisce che
la concessione edilizia puo' essere rilasciata esclusivamente per gli
interventi conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei
regolamenti  edilizi.  Il principio e' violato dalle norme regionali,
che  ammettono  invece  il  recupero  dei  sottotetti, in deroga agli
indici  di  fabbricabilita'  e  alle prescrizioni volte ad assicurare
l'equilibrio  tra  la  dotazione di aree per attrezzature pubbliche e
l'edificazione a scopo residenziale;
        l'art. 41-quater della l.u., recante il principio secondo cui
le concessioni in deroga possono essere rilasciate esclusivamente per
la  costruzione  di  edifici  pubblici  o  di  interesse pubblico. Il
principio e' violato dalle norme regionali, che prevedono il rilascio
della  concessione  in  deroga  per  destinazioni residenziali aventi
interesse esclusivamente privato;
        l'art. 15  l.  n. 47/1985,  a tenore del quale le varianti in
corso  d'opera,  che  possono essere richieste prima dell'ultimazione
dei  lavori,  devono essere conformi agli strumenti urbanistici e non
devono  comportare modifiche della sagoma, ne' delle superfici utili.
La  disposizione  e'  violata  dalla  facolta' di recuperare in corso
d'opera  i  sottotetti,  "dei  quali  sia stato eseguito il rustico e
completata  la  copertura", in deroga alle prescrizioni urbanistiche,
con  l'ampliamento  delle  superfici  utili  a  fini  abitativi e con
modifiche  delle linee di pendenza delle falde, nonche' delle altezze
di colmo e di gronda.
    13.  -  Il  collegio ritiene di dover proporre d'ufficio e in via
subordinata  anche  la  questione  di legittimita' costituzionale del
combinato  disposto  derivante  dall'art. 4,  terzo comma, della l.r.
n. 22/1999  e  dall'art. 3,  primo comma, l.r. n. 18/2001, laddove si
stabilisce  che  gli interventi di ristrutturazione, di ampliamento e
di  nuova  costruzione  sono realizzabili mediante la procedura della
DIA.
    Anche questa questione e' rilevante ai fini della definizione del
giudizio  in  corso,  atteso  che  la  ricorrente ha utilizzato detto
strumento  per il recupero a fini abitativi dei sottotetti, mentre il
provvedimento  comunale ha ritenuto inammissibile il ricorso alla DIA
per  le  opere  soggette a concessione edilizia. Anche in tal caso il
collegio   e'   chiamato   a   dare  applicazione  alla  disposizione
denunciata, cosa che porterebbe al riconoscimento dell'illegittimita'
del diniego comunale per il profilo considerato.
    Senonche' il collegio ritiene che la questione suindicata non sia
manifestamente  infondata e richiama, in proposito, le considerazioni
gia'  esposte  in ordine ai limiti derivanti dall'art. 117 Cost. alla
potesta' legislativa regionale.
    In  ordine  a  tale  questione  appare  palese il contrasto della
disposizione  regionale  con  l'art. 19  della  l.  n. 241/90, che ha
espressamente  escluso  dal regime della DIA le concessioni edilizie,
nonche' con l'art. 4 del d.l. 5 ottobre 1993 n. 398, convertito in l.
4  dicembre 1993 n. 493, come sostituito dall'art. 2, comma 60, della
l.  n. 662/96,  che ha ammesso la facolta' del ricorso alla procedura
semplificata  soltanto  per  gli  interventi  di  minore rilievo, con
esclusione  di  quelli  che comportino ampliamenti e che richiedano i
controlli  propri  della  procedura  necessaria per il rilascio della
concessione edilizia.
    14.  -  Per  tutte le considerazioni esposte il collegio dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale   degli  artt. 1  e  2  della  legge  regionale  della
Lombardia  23  novembre  2001  n. 18, di interpretazione autentica ed
integrazione  della  l.r.  n. 15/96, solleva altresi' la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art.   4,   terzo   comma,  l.r.
n. 22/1999,    nell'interpretazione   risultante   dall'art. 3   l.r.
n. 18/2001.
    Il  giudizio  deve  quindi  essere  sospeso  e  deve  disporsi la
trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale per l'esame della
suindicata questione.
                              P. Q. M.
    Pronunciando sul ricorso n. 3369/01 cosi' dispone:
        Solleva  avanti  alla  Corte  costituzionale  la questione di
legittimita'  costituzionale della legge regionale della Lombardia 23
novembre  2001  n. 18,  negli  artt.  1  e  2,  per contrasto con gli
artt. 3, 97, 101, 102, 103, 104, 114 e 117 della Costituzione;
        Solleva  altresi' la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 4,   terzo   comma,   l.r.  n. 22/1999,  come  interpretato
dall'art. 3 l.r. n. 18/2001, per contrasto con l'art. 117 Cost.
        sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
        manda alla segreteria della sezione di notificare la presente
ordinanza  alle  parti  e  al Presidente della giunta regionale della
Lombardia, nonche' di darne comunicazione al Presidente del consiglio
regionale della Lombardia.
    Cosi' deciso in Milano il 10 gennaio 2002 in camera di consiglio.
                      Il Presidente: Guerrieri
                 Il consigliere estensore: Giordano
02C0404