N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 2002
Ordinanza emessa l'11 febbraio 2002 dal tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Gabri & C. S.a.s. contro Comune di Besnate Edilizia e urbanistica - Regione Lombardia - Previsione, con norma regionale di interpretazione autentica, della possibilita' di recupero, ai fini abitativi e in corso d'opera, dei sottotetti dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura - Dedotta ingiustificata deroga agli indici di fabbricabilita' e alle prescrizioni dirette ad assicurare l'equilibrio tra la dotazione di aree per attrezzature pubbliche e l'edificazione a scopo residenziale - Irragionevolezza - Incidenza sui principi di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione - Interferenza sul potere giurisdizionale - Violazione dei principi stabiliti dalle leggi statali in materia. - Legge della Regione Lombardia 23 novembre 2001, n. 18, artt. 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, 97, 101, 102, 103, 104, 114 e 117. In via subordinata: Edilizia e urbanistica - Regione Lombardia - Interventi di ristrutturazione, di ampliamento e di nuova costruzione - Previsione della procedura della denuncia di inizio di attivita' (DIA) anziche' della concessione edilizia - Contrasto con la normativa statale in materia (art. 19 legge n. 241/1990; art. 4 d.l. n. 398/1993, convertita in legge n. 493/1993, come sostituito dall'art. 2, comma 60, legge n. 662/1996). - Legge della Regione Lombardia 19 novembre 1999, n. 22, art. 4, comma 3; legge della Regione Lombardia 23 novembre 2001, n. 18, art. 3. - Costituzione, art. 117.(GU n.20 del 22-5-2002 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3369/01, proposto da Gabri & C. S.a.s. con sede in Castronno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Daniela Viva ed elettivamente domiciliata presso lo studio della medesima in Milano, via Borgogna 9; Contro comune di Besnate in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Travi e Michela Cerini ed elettivamente domiciliato presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale, in Milano via Conservatorio n. 13, per l'annullamento, previa sospensione del provvedimento datato 17 luglio 2001 n. 7439-8246, con il quale il responsabile del settore gestione del territorio ha ordinato di non effettuare i lavori dichiarati con la D.I.A. presentata il 6 giugno 2001 per il recupero ai fini abitativi di sottotetti; per quanto occorrer possa, del provvedimento datato 26 giugno 2001 n. 6584-7439; Visto il ricorso notificato in data 11 ottobre e depositato in data 31 ottobre 2001; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Besnate; Uditi alla camera di consiglio del 10 gennaio 2002. relatore il cons. D. Giordano, gli avv. Guercio, in delega, per la ricorrente e Travi per il comune resistente; Visti gli atti tutti della causa; Ritenuto quanto segue in: Fatto e diritto 1. - La societa' ricorrente e' proprietaria in Besnate via Vittorio Veneto di un terreno, distinto in catasto ai mapp. 2154-3582 fg-8, che e' oggetto di un piano di lottizzazione approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 44 del 30 settembre 1996. Il piano ammette un'edificabilita' di mc. 5162,17, che e' stata interamente sfruttata, con la concessione edilizia n. 54/99 e successive varianti, per la realizzazione di quattro edifici residenziali. Prima dell'ultimazione dei lavori, con le parti sottotetto ancora al "rustico", la societa' ha presentato, in data 6 giugno 2001, una denuncia di inizio attivita' (di seguito: DIA) per poter recuperare a fini abitativi, in applicazione della l.r. n. 15/96, i sottotetti di tre dei quattro edifici assentiti con la suindicata concessione edilizia. A tale iniziativa il comune replicava con provvedimento del 26 giugno 2001 per segnalare una serie di irregolarita' formali riscontrate nella pratica edilizia. In data 4 luglio 2001 la societa' presentava le integrazioni richieste, manifestando la volonta' di procedere all'esecuzione dei lavori. Con provvedimento 17 luglio 2001 il comune diffidava la ricorrente a non dare corso alle opere di trasformazione del sottotetto, sostenendo l'inapplicabilita' della, l.r. n. 15/1996 ai nuovi fabbricati in corso di costruzione e l'inammissibilita' della DIA, trattandosi di intervento in variante soggetto a concessione edilizia. 2. - con il ricorso in epigrafe la societa' ha chiesto l'annullamento delle determinazioni comunali, deducendo le censure seguenti: l'esecuzione dei lavori e' stata vietata non in ragione di prescrizioni ostative, ma mediante il richiamo a pronunce giurisprudenziali cui e' stato attribuito valore eccedente i limiti soggettivi del giudicato (primo motivo); il provvedimento e' stato adottato in violazione dell'art. 4, terzo comma, l.r. n. 22/1999 che ha esteso il regime della DIA a tutti gli interventi edilizi anche di nuova costruzione, purche' conformi alla strumentazione urbanistica (secondo motivo); risulta violata anche la l.r. n. 15/1996, in quanto il significato letterale e sistematico dell'espressione "sottotetti esistenti", per i quali e' ammesso il recupero a fini abitativi, non e' limitato ai soli sottotetti esistenti alla data di entrata in vigore della legge, ma va esteso a tutti quelli realizzati successivamente purche' esistenti al momento della domanda (terzo motivo). Il comune di Besnate si e' costituito in giudizio controdeducendo. Il ricorso veniva chiamato alla odierna camera di consiglio per l'esame della domanda di sospensione cautelare. Nel corso della discussione, la difesa ricorrente si richiamava alla l.r. n. 18/2001 di interpretazione autentica della l.r. n. 15/1996 insistendo per l'accoglimento della domanda. La difesa comunale sosteneva l'incostituzionalita' della legge sopravvenuta, per violazione dell'art. 117 Cost. e del principio di ragionevolezza. 3. - Collegio e' chiamato a pronunciarsi, in sede cautelare, sulla legittimita' di un provvedimento inserito nell'iter procedimentale delineato dalla legge regionale della Lombardia n. 15 del 1996, recante la disciplina per il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti. L'art. 21 della l. n. 1034/1971, come modificato dall'art. 3 l. n. 205/2000, stabilisce che la pronuncia sulla domanda cautelare debba contenere la valutazione del pregiudizio allegato, nonche' l'indicazione dei profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole previsione sull'esito del ricorso. Con riguardo alla sussistenza del requisito del danno, il collegio ritiene che il provvedimento impugnato precluda alla societa' ricorrente l'ultimazione dei lavori diretti all'utilizzazione residenziale dei sottotetti e debba, pertanto, considerarsi produttivo di un pregiudizio grave e irreparabile. Quanto al fumus boni juris, la fondatezza della tesi sostenuta nel terzo motivo del ricorso e' innegabile alla luce dell'interpretazione autentica e dell'integrazione dell'art. 1 della l.r. n. 15/1996, che e' stata fornita dal legislatore regionale con la l.r. n. 18/2001. Nella situazione in esame questo giudice dovrebbe, quindi, dare applicazione alle norme regionali che, allo stato, legittimano l'intervento e accordare la misura cautelare richiesta dalla ricorrente; tuttavia il collegio condivide i dubbi, che sono stati enunciati dalla difesa comunale nella discussione in camera di consiglio, sulla legittimita' costituzionale della suindicata previsione legislativa. La rilevanza della questione nel presente giudizio e' resa manifesta dalla considerazione che i provvedimenti impugnati contrastano con gli artt. 1 e 2 della l.r. n. 18/2001, per cui la soluzione della controversia non puo' prescindere dalla pronuncia sulla legittimita' costituzionale delle norme regionali, la cui applicazione al caso di specie e' stata invocata dalla difesa ricorrente. La soluzione della questione e' propedeutica anche all'esame del quesito relativo all'ammissibilita' della DIA nella situazione considerata, in quanto per riconoscere la possibilita' di far ricorso a detto strumento e' necessario innanzitutto stabilire la conformita' dell'intervento alla normativa urbanistica e, quindi, la legittimita' costituzionale di quest'ultima. La questione, oltre che rilevante, e' anche non manifestamente infondata, per profili che attengono alla ragionevolezza dell'impianto normativo, alla lesione dell'autonomia comunale e della funzione giurisdizionale, alla violazione del principio del buon andamento e della logicita' intrinseca del procedimento, nonche' per l'infrazione di principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Cio' per le ragioni di seguito indicate. 4.- Con la legge regionale della Lombardia 15 luglio 1996 n. 15 e' stata approvata la disciplina per il "recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti"; in particolare l'art. 2 ha consentito gli interventi edilizi finalizzati al recupero del piano sottotetto esistente, con apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazze, nonche' le modificazioni delle altezze, di colino e di gronda e delle linee di pendenza delle falde; l'art. 3 ha poi assicurato un ampio regime di deroga agli interventi di recupero dei sottotetti, in quanto ha stabilito che essi: non richiedono la preventiva formazione di un piano attuativo, anche se compresi all'interno dei centri storici (in deroga all'art. 17 l.r. n. 51/1975), non concorrono al computo della capacita' insediativa residenziale teorica e prescindono dal rispetto degli standards urbanistici di cui all'art. 22 l.r. 51/1975, possono, infine, essere eseguiti in deroga a tutte le limitazioni derivanti dalle prescrizioni relative agli indici e ai parametri urbanistici ed edilizi, che siano contenute negli strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati. Le finalita' della legge sono chiaramente enunciate nel primo comma dell'art. 1, laddove si assume "l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici". Nella sua formulazione originaria la legge non pone soverchie difficolta' interpretative nella definizione della portata precettiva delle sue disposizioni, cio' in particolare con riguardo al significato dell'espressione "sottotetti esistenti" e al riferimento temporale della nozione di esistenza. Argomenti di ordine letterale, logico e sistematico militano infatti in favore dell'applicazione esclusiva ai sottotetti degli edifici gia' esistenti alla data di entrata in vigore della legge. In primo luogo, come gia' ritenuto dalla sezione nella decisione n. 5310/2001, il riferimento ai "sottotetti esistenti" si manifesta, di per se', assolutamente idoneo a definire l'ambito applicativo della disciplina introdotta dalla legge regionale n. 15/1996, tenuto conto del palese significato letterale dell'espressione suindicata, che e' univocamente riferibile ai soli vani gia' realizzati al momento dell'entrata in vigore della legge. Questa e' inoltre finalizzata a consentire il "recupero" dei piani sottotetto degli edifici destinati a residenza e, quindi, presuppone la preesistenza, nel suo complesso, di un manufatto sul quale intervenire; e' infatti noto che il concetto di recupero non si presta a definire gli interventi da eseguire su fabbricati di nuova costruzione o non ancora ultimati. Deve ancora considerarsi che, come sopra rilevato, le norme della legge regionale hanno contornato gli interventi di recupero dei sottotetti di un ampio regime di deroga alla normativa e alla programmazione urbanistica (art. 3, terzo comma); esse rivestono, quindi, portata eccezionale per cui, in applicazione di un noto criterio ermeneutico, devono essere interpretate in senso restrittivo e non possono trovare applicazione oltre i casi espressamente considerati. All'interprete non e' consentito attribuire alla norma significati ulteriori rispetto a quello letterale, in quanto cio' condurrebbe al risultato di introdurre nuove eccezioni e ridurre la portata delle norme che costituiscono le regole in materia. Deve infine soggiungersi che l'interpretazione letterale e' confortata anche dal richiamo alle finalita' perseguite dalla legge, che sono riferibili esclusivamente agli edifici giu' esistenti alla data di entrata in vigore della medesima. Ed infatti, l'obiettivo del contenimento delle dispersioni termiche puo' riguardare i soli fabbricati che siano carenti dei relativi allestimenti tecnici per essere stati costruiti prima dell'insorgere degli obblighi discendenti dalla l. n. 10/1991 e dal regolamento attuativo, approvato con il d.P.R. n. 412/1993. Solo in relazione a tali fabbricati puo' porsi l'esigenza di incentivare, con l'incremento volumetrico, l'adeguamento degli impianti e la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici, dovendosi altrimenti attribuire al recupero la finalita' non commendevole, e come tale irrazionale, di compensare, o perfino di favorire in vista del successivo incremento, la violazione delle prescrizioni tecniche in materia. L'interprete e' orientato nella stessa direzione anche dall'ulteriore finalita' della legge, che era quella di recuperare all'utilizzo residenziale spazi gia' esistenti, al fine del contenimento di consumo del, suolo ancora inedificato. Come ha giustamente osservato la difesa comunale, lo scopo della legge era quello di recuperare spazi abitativi in ambiti dove l'edificazione fosse gia' consolidata, non quello di riconoscere un generalizzato ampliamento delle potenzialita' edificatorie proprie dei nuovi insediamenti. Come si vede, l'intenzione del legislatore regionale, quale obiettivata nel dato testuale, e' assolutamente chiara e non pone particolari incertezze interpretative, che per essere superate, il ricorso a criteri ermeneutici sussidiari, quali i lavori preparatori e le indicazioni contenute in circolari regionali. 5. - Supponendo, invece, la sussistenza di un'ambiguita' nel dato letterale della disciplina originaria, il legislatore regionale e' intervenuto per approvare, con la legge regionale 23 novembre 2001 n. 18, norme di interpretazione autentica della l.r. n. 15/1996. Con l'art. 1 della legge interpretativa ha stabilito che la parola "esistente", di cui all'art. 1 secondo comma della legge precedente, debba "intendersi riferita al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia ovvero della denuncia di inizio attivita'". In tal modo la facolta' di recupero e' stata estesa a tutti i sottotetti, anche se ultimati dopo l'entrata in vigore della disciplina originaria, purche' esistenti al momento della presentazione della domanda di recupero abitativo. Non solo. Detta estensione e' stata spinta a ulteriori, e invero estreme, conseguenze con l'art. 2 della l.r. n. 18/2001, che ha aggiunto, alla fine dell'espressione contenuta nel quarto comma dell'art. 1 (si definiscono come sottotetti i volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici di cui al comma 2), le seguenti parole: "dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura". In breve, il beneficio della trasformazione a fin abitativi (in deroga alle prescrizioni urbanistiche) riguarda non soltanto i sottotetti gia' ultimati, ma tutti quelli in corso di costruzione e, in ultima analisi, anche quelli futuri. 6. - La legge regionale e' stata approvata quando erano gia' vigenti le modifiche al titolo V della Costituzione, introdotte con la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, che costituisce un'ulteriore e decisiva tappa del processo di trasformazione dello Stato nazionale e di potenziamento delle autonomie territoriali. La revisione del titolo quinto rappresenta un chiaro indirizzo innovativo nella direzione di una maggiore autonomia legislativa delle regioni. Cio' si coglie, innanzitutto, nel principio generale enunciato al primo comma dell'art. 117, che pone la potesta' legislativa regionale in condizioni di assoluta parita' con quella statale; entrambe, infatti, devono esercitarsi "nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali". La riforma, inoltre, ha ribaltato completamente l'impostazione originaria circa il riparto dei rispettivi ambiti di competenza; a differenza del sistema previgente, che aveva attribuito alle regioni la potesta' legislativa nelle sole materie indicate all'art. 117, la legge di riforma costituzionale riconosce oggi alle regioni medesime una potesta' legislativa generale, estesa a tutte le materie non espressamente riservate alla legislazione statale. Quest'ultima puo' esercitarsi nelle materie indicate, con elencazione tassativa, al secondo comma dell'art. 117 ed e' significativo che l'attribuzione di una potesta' legislativa "esclusiva", se vale ad impedire allo Stato la possibilita' di formare ambiti disciplinari ad esso non espressamente riservati, non esclude invece il riconoscimento di ulteriori spazi di autonomia in favore delle regioni di diritto comune, cui possono attribuirsi, con legge ordinaria, competenze legislative in alcune delle materie appartenenti alla legislazione esclusiva dello Stato e, segnatamente, in quelle di non poco rilievo indicate al terzo comma dell'art. 116, ossia: l'organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull'istruzione, nonche' tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. In prima lettura gli ambiti della potesta' legislativa statale esclusiva e di quella generale delle regioni, nonche' i limiti delle rispettive attribuzioni risultano chiaramente delineati nella nuova formulazione dell'art. 117. Il carattere innovativo della riforma appare invece meno accentuato con riguardo alle materie di legislazione concorrente, nelle quali alla potesta' legislativa regionale si affianca quella statale. In proposito, il terzo comma dell'art. 117, a conferma della misura dell'autonomia riconosciuta agli enti territoriali, stabilisce che anche in tali materie, che comprendono un ampio catalogo di interessi, la potesta' legislativa compete alle regioni, salvo tuttavia riservare alla legislazione dello Stato "la determinazione dei principi fondamentali". La prudenza qui manifestata dalla legge di riforma e' palesemente ispirata all'esigenza di assicurare l'unita' dell'ordinamento. Come in passato, la potesta' legislativa regionale, nelle materie indicate al terzo comma dell'art. 117, incontra un limite nei principi fondamentali dettati nelle leggi dello Stato. Cio', per quanto qui interessa, vale in particolare con riguardo al "governo del territorio", espressione che, per la sua ampiezza, si presta a ricomprendere tutta la materia dell'urbanistica e dell'edilizia. Premesse queste sintetiche annotazioni, puo' procedersi alla formulazione delle censure di illegittimita' costituzionale. 7. - La potesta' legislativa regionale deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione e non puo', quindi, contrastare con i principi in essa codificati; tra questi, nella situazione in esame, rileva innanzitutto la violazione del criterio generale della ragionevolezza della legge, di cui sono espressione gli artt. 3 e 97 Cost. In proposito, non sembra necessario spendere molte parole per evidenziare come una misura eccezionale ad applicazione limitata e circoscritta sia stata elevata al rango di regola generale, attraverso un intervento legislativo che, sub species di norma interpretativa, ha profondamente alterato i caratteri originati del recupero dei sottotetti, quali sopra delineati, al punto da rendere del tutto irragionevole il risultato normativo finale. A differenza della configurazione originaria, l'eccezione ammessa dalle norme interpretative non incontra, infatti, limiti temporali e oggettivi, che siano determinati, certi e precisi e che possano, quindi, far ritenere contenuto in termini di ragionevolezza il vulnus al sistema. Si e' gia' evidenziato come, per effetto della disciplina interpretativa, tutti i sottotetti degli edifici "destinati in tutto o in parte a residenza", sol che raggiungano lo stato al rustico, possono essere trasformati in vani abitabili in eccedenza ai limiti di edificabilita', cio' in assenza di qualsivoglia previsione idonea a delimitare l'ambito applicativo del beneficio che, da deroga eccezionale, e' stato trasformato in una forma di esonero generalizzato delle mansarde dal rispetto dei consueti limiti urbanistici. Secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, la discrezionalita' del legislatore incontra un limite nel canone generale di ragionevolezza. Questo postula che la norma con la quale venga consentita l'eccezione alle regole vigenti non sia congegnata in modo tale da vanificare completamente la ratio che presiede alla concessione del beneficio, rendendolo cosi' del tutto inutile. Cio' e' quanto si verifica nella situazione in esame, laddove appare violato il principio di ragionevolezza per il profilo dell'intrinseca contraddizione tra le finalita' in origine perseguire dal legislatore regionale e il contenuto delle norme qui censurate. Sembra, infatti, al collegio che l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio, che risponde indubbiamente all'interesse generale, debba essere perseguito attraverso la fissazione di ridotti indici di fabbricabilita', e sia invece frustrato da strumenti che, ampliando di fatto le potenzialita' edificatorie, incentivano le nuove costruzioni o che, a parita' di volumi, favoriscono la diffusione dei fabbricati nella prospettiva di formare piu' volumi sottotetti da recuperare. Per di piu', l'art. 3, primo comma, della L.R. n. 15/1996 esonera gli interventi di recupero dei sottotetti dall'obbligo dell'inserimento della relativa volumetria nel programma pluriennale di attuazione, privando in tal modo i comuni di uno strumento necessario a valutare l'incidenza degli ampliamenti ai fini della determinazione dei nuovi fabbisogni abitativi, secondo le indicazioni contenute nell'art. 32, secondo comma, l. n. 457/1978. Il che pare deludere quell'esigenza di contenimento del consumo di nuovo territorio, che pure e' stata assunta a criterio ispiratore della legge. Quanto al profilo del contenimento dei consumi energetici, la relativa finalita' e' gia' assicurata dall'introduzione delle prescrizioni, in materia di isolamento termico degli edifici di nuova costruzione, dettate nella l. n. 10/1991, che ha definito criteri costruttivi diretti a ridurre i fenomeni di dispersione termica. Tenuto conto della normativa vigente al momento dell'emanazione della legge interpretativa, questa risulta del tutto superflua, in quanto non appare necessario il riconoscimento del beneficio della concessione in deroga in favore dei nuovi edifici residenziali gia' soggetti alle suindicate regole tecniche. Le norme interpretative consegnano, invece, ai proprietari la facolta' di derogare agli strumenti urbanistici. Reciso il legame con la ratio che aveva in origine giustificato il recupero abitativo dei sottotetti (trattandosi di finalita' che anche per le ragioni indicate sub 4 non sono trasmissibili agli interventi sul "nuovo"), non e' piu' dato comprendere la ragione di un "premio" siffatto, il che colora anche di arbitrarieta' la scelta legislativa. 8. - L'intrinseca irrazionalita' si coglie, inoltre, per la disattenzione al profilo etico che deve ispirare il legislatore nella disciplina dei rapporti tra i poteri amministrativi e i cittadini. Consentire il recupero dei sottotetti "dei quali sia stato eseguito il rustico" rappresenta un implicito invito all'elusione delle regole in materia e legittima l'adozione di espedienti volti a raggirare i limiti derivanti dalle prescrizioni urbanistiche comunali. E' illuminante, in proposito, la situazione, davvero emblematica, sulla quale questo Tribunale e' chiamato a pronunciarsi. La ricorrente ha presentato un progetto che prevedeva lo sfruttamento integrale degli indici urbanistici fissati nel piano di lottizzazione; dopo aver ottenuto la relativa concessione edilizia ed eseguito i lavori al rustico, ha proposto, in corso d'opera, una variante per il recupero abitativo dei sottotetti, nel tentativo di conseguire la possibilita', altrimenti preclusa, di realizzare incrementi volumetrici in deroga allo strumento urbanistico e all'obbligo di garantire il rispetto della soglia minima di aree a servizi. Vale rimarcare come, lungi dal sanzionarne l'intrinseca scorrettezza, le norme interpretative suggeriscano implicitamente siffatto comportamento. Ma al collegio pare evidente l'irrazionalita' di un sistema che consenta di eseguire in corso d'opera cio' che non puo' essere assentito con la concessione edilizia iniziale. Il che, oltre a introdurre nel procedimento amministrativo comportamenti ispirati a slealta' e ad artificio, rappresenta pure la negazione di principi costantemente affermati dalla giurisprudenza, secondo cui gli interventi in variante rispetto al progetto originario restano soggetti alla medesima disciplina che regola il progetto medesimo. 9. - In tal modo risulta compromesso anche il buon andamento dell'amministrazione comunale, che e' interesse protetto dall'art. 97 Cost., per il profilo che la previsione di una generalizzata facolta' di deroga e' idonea a vanificare la programmazione urbanistica e ad alterare l'equilibrio tra gli insediamenti residenziali e le aree a standard. Inoltre per la considerazione, gia' enunciata, che consegnare ai privati uno strumento idoneo ad attuare forme di sostanziale raggiro della disciplina comunale non puo' non apparire lesivo della stessa dignita' delle amministrazioni locali, di fatto costrette a rilasciare la concessione in deroga. Ancora per il rilievo che, al fine di assicurare il buon andamento e l'efficienza dell'amministrazione, e' necessario predisporre procedure lineari rispetto al risultato, per cui puo' ritenersi ragionevole una disciplina che delinei un procedimento intrinsecamente logico e coerente con le proprie finalita'. Detta logicita' interna non sembra rinvenibile nell'iter procedimentale ammesso dalle norme interpretative, con le quali, in contraddizione con la tendenza legislativa volta a pretendere la massima trasparenza nei procedimenti amministrativi, sono stati invece legittimati comportamenti privati che possono essere improntati anche a malafede. 10. - Le norme impugnate, nelle parti in cui ammettono la facolta' di derogare agli strumenti urbanistici, sono lesive anche dell'autonomia comunale riconosciuta dall'art. 114, secondo comma, della Costituzione, come sostituito dall'art. 1 della l.c. n. 3/2001 e, in particolare, della funzione di sovrintendere allo sviluppo edilizio del proprio territorio. Va qui ricordato che il provvedimento ordinario di deroga presuppone l'iniziativa comunale e l'ammissibilita' della deroga in base alle norme regolamentari locali, laddove il sistema inaugurato dalle norme qui censurate prescinde totalmente dalla volonta' comunale e, anzi, puo' attuarsi anche contro detta volonta'. Al riguardo occorre considerare che l'impianto originario della l.r. n. 15/1996 prestava qualche attenzione all'autonomia locale, in quanto riconosceva alle amministrazioni comunali la facolta' di disporre l'esclusione di parti del territorio (segnatamente le zone omogenee C e D) dall'applicazione delle norme, pur prevedendone l'esercizio entro il termine perentorio di 180 giorni dall'entrata in vigore della legge (art. 1 ultimo comma). E' verosimile ritenere che il comune qui resistente, come altre amministrazioni comunali, non abbia esercitato detta facolta', confidando, in base ad un convincimento affatto ragionevole alla luce di quanto osservato sub 4, in un'applicazione contenuta della concessione in deroga. La scadenza del termine suindicato, a fronte dell'inusitata dilatazione del fenomeno quale prefigurata dalla legge sopravvenuta, espone ora le amministrazioni comunali al pericolo dello sconvolgimento delle esigenze di ordine urbanistico recepite nelle norme del piano o comunque all'alterazione dell'assetto territoriale configurato dallo strumento urbanistico comunale. Non solo. Il mix derivante dalla scadenza del termine e dall'estensione della deroga a situazioni prima non considerate consuma un'autentica espropriazione di funzioni comunali, in quanto non consente ai comuni di opporre proprie valutazioni circa l'incompatibilita' concreta degli interventi di recupero con le esigenze di tutela ambientale anche urbanistica. Esso, in tal modo, disarma le amministrazioni comunali, che sono poste in una condizione di sostanziale impotenza a fronte dell'esercizio della facolta' di recupero delle mansarde, che e' volta alla soddisfazione di interessi di natura esclusivamente privata, cui l'iniziativa regionale assicura una protezione totale a scapito delle attribuzioni comunali in materia di assetto del territorio. In proposito non e' forse inutile considerare che l'istituto della concessione in deroga e' stato da sempre riservato esclusivamente alla realizzazione di opere di pubblico interesse e che le discipline derogatorie in materia edilizia sono state sempre orientate al perseguimento di interessi generali, come, ad esempio, con la l. n. 122/1989 sui parcheggi, o con la l. n. 13/1989 per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Nella situazione in esame non ricorrono invece interessi di ordine generale, che possano legittimare la compressione dell'autonomia comunale che si esprime nella potesta' di programmazione del territorio e che e' garantita dagli artt. 5 e 114 Cost. Con particolare riguardo alla materia urbanistica, la Corte costituzionale ha gia' avvertito nella sentenza n. 83 del 1997 che "il potere dei comuni di autodeterminarsi in ordine all'assetto e all'utilizzazione del proprio territorio non costituisce un'elargizione che le regioni, attributarie di competenze in materia, siano libere di comprimere", in quanto la Costituzione con previsioni di principio quali rinvenibili nelle norme qui invocate a parametro del giudizio di illegittimita', garantisce l'autonomia degli enti infraregionali anche nei rapporti con le regioni. E, seppure e' vero che il rispetto delle autonomie locali deve armonizzarsi con una valutazione piu' ampia delle esigenze diffuse nel territorio, tuttavia l'incisione delle funzioni assegnate ai comuni puo' ritenersi giustificata esclusivamente dalla necessita' di protezione di equilibri che trascendano l'interesse locale e che richiedano previsioni programmatiche, con valore anche precettivo, estese ad un ambito territoriale piu' ampio di quello comunale. A tali requisiti non risponde il recupero abitativo dei sottotetti, trattandosi di interventi di interesse eslusivamente locale. E, in proposito, gia' con la decisione n. 5310/2001, questa sezione ha segnalato come le originarie finalita' della legge regionale debbano ritenersi incompatibili con il generalizzato recupero dei sottotetti successivamente realizzati in spregio della programmazione urbanistica e delle regole poste a presidio del contenimento dei consumi energetici. 11. - Quanto poi alla rispondenza dell'efficacia retroattiva della norma censurata a criteri di ragionevolezza, va rilevato che detta retroattivita' non appare giustificata ne' dall'esigenza di porre rimedio ad una situazione del tutto eccezionale, ne' dalla presenza di un interesse pubblico che richiedeva di essere salvaguardato. Cio' induce il collegio a ritenere che la norma di interpretazione autentica, avente come tale efficacia retroattiva, sia stata ispirata dall'intento di neutralizzare l'orientamento restrittivo gia' assunto in materia da questo Tribunale amministrativo regionale il che non puo' non risultare lesivo della funzione giurisdizionale, con conseguente violazione degli artt. 101, 102, 103 e 104 Cost. 12. - Per ragioni di completezza il collegio non puo' esimersi dall'indirizzare una censura finale alle norme impugnate, per violazione dell'art. 117 Cost. La censura medesima viene prospettata nella duplice prospettiva del carattere interpretativo o innovativo delle norme sopravvenute. 12.1. - Nel primo caso, infatti, le disposizioni introdotte con la legge regionale di interpretazione autentica hanno, per loro natura, efficacia retroattiva e si saldano con quelle contenute nella precedente legge regionale, dando vita ad un unico precetto normativo. Questo costituisce, per l'interprete, il parametro alla stregua del quale deve essere valutata la legittimita' del provvedimento impugnato, anche se esso sia stato adottato, come nella specie, prima della pubblicazione della legge di interpretazione autentica. Ne discende che il risultato normativo derivante dalla fusione della norma interpretativa con quella originaria deve essere conforme alla disciplina costituzionale vigente all'epoca in cui esso e' destinato ad operare. Ammettere il contrario equivale a far retroagire gli effetti della riforma sopravvenuta, ovvero ad attribuire a quest'ultima un effetto sanante di precedenti illegittimita'. In tale prospettiva rileva che, in base al previgente art. 117 Cost., la normativa regionale in materia urbanistica non puo' contrastare con i principi generali stabiliti dalle leggi statali. 12.2. - In relazione, invece, alla natura innovativa che sembra doversi riconoscere per il contenuto integrativo pure rivestito dalla l.r. n. 18/2001, la censura di seguito enunciata puo' assumere a parametro di giudizio l'art. 117 nel testo riformato. Secondo la nuova formulazione di questo, nelle materie di legislazione concorrente, qual e' il "governo del territorio", i principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali rappresentano un limite alla potesta' legislativa regionale. 12.3. - Cio' posto, in entrambi i casi, assumono rilievo l'art. 1, secondo e quarto comma, della l.r. n. 15/1996, nel testo risultante dopo le modifiche introdotte dalla l.r. n.18/2001, e l'art. 3, terzo comma, della l.r. n. 15/1996, nelle parti in cui ammettono il recupero abitativo dei volumi sottotetto, per contrasto con: l'art. 4, primo comma, l. n. 10/1977, il quale stabilisce che la concessione edilizia puo' essere rilasciata esclusivamente per gli interventi conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi. Il principio e' violato dalle norme regionali, che ammettono invece il recupero dei sottotetti, in deroga agli indici di fabbricabilita' e alle prescrizioni volte ad assicurare l'equilibrio tra la dotazione di aree per attrezzature pubbliche e l'edificazione a scopo residenziale; l'art. 41-quater della l.u., recante il principio secondo cui le concessioni in deroga possono essere rilasciate esclusivamente per la costruzione di edifici pubblici o di interesse pubblico. Il principio e' violato dalle norme regionali, che prevedono il rilascio della concessione in deroga per destinazioni residenziali aventi interesse esclusivamente privato; l'art. 15 l. n. 47/1985, a tenore del quale le varianti in corso d'opera, che possono essere richieste prima dell'ultimazione dei lavori, devono essere conformi agli strumenti urbanistici e non devono comportare modifiche della sagoma, ne' delle superfici utili. La disposizione e' violata dalla facolta' di recuperare in corso d'opera i sottotetti, "dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura", in deroga alle prescrizioni urbanistiche, con l'ampliamento delle superfici utili a fini abitativi e con modifiche delle linee di pendenza delle falde, nonche' delle altezze di colmo e di gronda. 13. - Il collegio ritiene di dover proporre d'ufficio e in via subordinata anche la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto derivante dall'art. 4, terzo comma, della l.r. n. 22/1999 e dall'art. 3, primo comma, l.r. n. 18/2001, laddove si stabilisce che gli interventi di ristrutturazione, di ampliamento e di nuova costruzione sono realizzabili mediante la procedura della DIA. Anche questa questione e' rilevante ai fini della definizione del giudizio in corso, atteso che la ricorrente ha utilizzato detto strumento per il recupero a fini abitativi dei sottotetti, mentre il provvedimento comunale ha ritenuto inammissibile il ricorso alla DIA per le opere soggette a concessione edilizia. Anche in tal caso il collegio e' chiamato a dare applicazione alla disposizione denunciata, cosa che porterebbe al riconoscimento dell'illegittimita' del diniego comunale per il profilo considerato. Senonche' il collegio ritiene che la questione suindicata non sia manifestamente infondata e richiama, in proposito, le considerazioni gia' esposte in ordine ai limiti derivanti dall'art. 117 Cost. alla potesta' legislativa regionale. In ordine a tale questione appare palese il contrasto della disposizione regionale con l'art. 19 della l. n. 241/90, che ha espressamente escluso dal regime della DIA le concessioni edilizie, nonche' con l'art. 4 del d.l. 5 ottobre 1993 n. 398, convertito in l. 4 dicembre 1993 n. 493, come sostituito dall'art. 2, comma 60, della l. n. 662/96, che ha ammesso la facolta' del ricorso alla procedura semplificata soltanto per gli interventi di minore rilievo, con esclusione di quelli che comportino ampliamenti e che richiedano i controlli propri della procedura necessaria per il rilascio della concessione edilizia. 14. - Per tutte le considerazioni esposte il collegio dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge regionale della Lombardia 23 novembre 2001 n. 18, di interpretazione autentica ed integrazione della l.r. n. 15/96, solleva altresi' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, terzo comma, l.r. n. 22/1999, nell'interpretazione risultante dall'art. 3 l.r. n. 18/2001. Il giudizio deve quindi essere sospeso e deve disporsi la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della suindicata questione.
P. Q. M. Pronunciando sul ricorso n. 3369/01 cosi' dispone: Solleva avanti alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale della Lombardia 23 novembre 2001 n. 18, negli artt. 1 e 2, per contrasto con gli artt. 3, 97, 101, 102, 103, 104, 114 e 117 della Costituzione; Solleva altresi' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, terzo comma, l.r. n. 22/1999, come interpretato dall'art. 3 l.r. n. 18/2001, per contrasto con l'art. 117 Cost. sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; manda alla segreteria della sezione di notificare la presente ordinanza alle parti e al Presidente della giunta regionale della Lombardia, nonche' di darne comunicazione al Presidente del consiglio regionale della Lombardia. Cosi' deciso in Milano il 10 gennaio 2002 in camera di consiglio. Il Presidente: Guerrieri Il consigliere estensore: Giordano 02C0404