N. 194 SENTENZA 9 - 16 maggio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Thema decidendum - Individuazione.
Impiego  pubblico  -  Amministrazione finanziaria - Posti vacanti dal
  quinto  al nono livello - Copertura con elevata percentuale (70 per
  cento)   mediante   procedure   di  riqualificazione  riservate  al
  personale  interno  -  Irragionevole  violazione  del principio del
  concorso   pubblico   con  lesione  del  principio  di  parita'  di
  trattamento,     di     buon     andamento     ed     imparzialita'
  dell'amministrazione - Illegittimita' costituzionale.
- Legge  28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 205, 206 e 207, come
  modificato  dall'art.  22, comma 1, lettere a), b) e c) della legge
  13 maggio 1999, n. 133.
- Costituzione, artt. 3, 51 e 97.
Impiego  pubblico  -  Amministrazione finanziaria - Posti vacanti dal
  quinto  al  nono  livello  -  Copertura  del  70 per cento mediante
  procedure  di  riqualificazione  riservate  al  personale interno -
  Salvezza  degli  atti e dei procedimenti gia' adottati - Violazione
  del principio concorsuale e dei principi di parita' di trattamento,
  di   buon   andamento   ed   imparzialita'  dell'amministrazione  -
  Illegittimita' costituzionale.
- Legge 13 maggio 1999, n. 133, art. 22, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 51 e 97.
(GU n.20 del 22-5-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Massimo VARI;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
13 maggio  1999,  n. 133  (Disposizioni  in  materia di perequazione,
razionalizzazione  e  federalismo  fiscale),  promosso  con ordinanza
emessa  il 18 ottobre 2000 dal Tribunale amministrativo regionale del
Lazio   sui  ricorsi  riuniti  proposti  dalla  Dirstat-Finanze  (ora
Dirpubblica)  contro  la  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri ed
altre,  iscritta  al  n. 451 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 24, 1a serie speciale,
dell'anno 2001.
    Visti   l'atto   di   costituzione   della  Dirstat-Finanze  (ora
Dirpubblica)   nonche'   l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri;
    udito nell'udienza pubblica del 12 marzo 2002 il Giudice relatore
Piero Alberto Capotosti;
    uditi   l'avvocato   Michele   Lioi   per   Dirstat-Finanze  (ora
Dirpubblica)   e   l'Avvocato  dello  Stato  Giuseppe  Stipo  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con
ordinanza del 18 ottobre 2000, depositata il 7 febbraio 2001, solleva
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 22 della legge
13 maggio  1999,  n. 133  (Disposizioni  in  materia di perequazione,
razionalizzazione   e   federalismo  fiscale),  in  riferimento  agli
artt. 3,   51  e  97  della  Costituzione,  nonche',  implicitamente,
all'art. 136 della Costituzione.
    2.  -  La  questione  e'  stata  sollevata nel corso del giudizio
avente  ad  oggetto  due  ricorsi proposti dalla Dirstat-Finanze (ora
Dirpubblica),  in  persona  del  legale rappresentante pro tempore il
quale  ha agito anche in proprio, aventi ad oggetto l'annullamento di
alcuni   atti  -  decreti  del  Ministero  delle  finanze  e  decreti
direttoriali  concernenti  le  procedure  di  riqualificazione per il
personale   del   Ministero   delle  finanze  ai  sensi  dell'art. 3,
commi 205, 206 e 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica).
    2.1.  -  Il  Tar,  in  linea preliminare, dopo avere affermato la
propria   giurisdizione,   espone   che   i   ricorrenti  eccepiscono
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  commi  205, 206 e 207
della   legge   28 dicembre   1995,   n. 549,  nel  testo  modificato
dall'art. 22  della  legge  n. 133  del 1999, nella parte in cui sono
state  sostanzialmente confermate le procedure selettive previste dal
testo  originario  dall'art. 3,  comma  206  lettera  b), della legge
n. 549  del  1995 ed i corsi di riqualificazione per il personale del
Ministero delle finanze, con riserva del settanta per cento dei posti
vacanti  al  personale  in  servizio  alla data del 31 dicembre 1998,
realizzando in tal modo una cooptazione verso l'alto di questi ultimi
dipendenti, nonostante non abbiano svolto, neppure di fatto, mansioni
superiori.
    Il  giudice  a  quo  deduce  che  la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 1 del 1999, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dei  commi  205,  206  e 207 dell'art. 3 della legge n. 549 del 1995,
nella parte in cui "prevedevano la sostituzione del concorso pubblico
con  procedure selettive interne, in assenza di esigenze di rilevanza
costituzionale  che  consentissero la deroga alla regola del concorso
pubblico". L'art. 22 della legge n. 133 del 1999 ha modificato queste
ultime  norme,  stabilendo  che,  con  le procedure selettive da esse
previste,  puo'  "essere  coperta  unicamente  una aliquota dei posti
vacanti   determinata   nella   misura  del  70  %  nelle  qualifiche
interessate dalle procedure medesime".
    2.2. - Il Tar deduce che l'art. 22 della legge n. 133 del 1999 si
porrebbe in contrasto con il principio secondo il quale la regola del
pubblico  concorso  per  l'assunzione  del  personale alle dipendenze
della  pubblica  amministrazione  sarebbe  derogabile  esclusivamente
entro i limiti richiesti dall'esigenza di garantire il buon andamento
dell'amministrazione,  ovvero altri principi di rango costituzionale.
A  suo  avviso,  la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1999
avrebbe  infatti riferito la regola del concorso anche all'accesso ad
una   qualifica   funzionale   superiore,   in   quanto  quest'ultimo
costituirebbe  una  forma  di reclutamento, che richiede un selettivo
accertamento  delle  attitudini  non restringibile ai soli dipendenti
dell'amministrazione.
    Secondo il rimettente, l'art. 22 della legge n. 133 del 1999 "non
fa  altro  che confermare le procedure gia' previste dalla precedente
normativa  di  cui  alla  legge n. 549/95" e, quindi, "nella sostanza
viola il giudicato costituzionale confermando disposizioni dichiarate
illegittime".
    Inoltre,  "la  modifica  legislativa",  prevedendo  una procedura
selettiva    interna    e    l'attribuzione   a   soggetti   estranei
all'amministrazione  soltanto  del  30  %  dei  posti disponibili, si
porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di concorsualita'
(art. 51  Cost.),  di parita' di trattamento (art. 3 Cost.) e di buon
andamento  ed  imparzialita'  dell'amministrazione,  garantiti  dalla
scelta dei piu' meritevoli (art. 97 Cost.).
    Infine,     la     norma,    stabilendo    che    i    dipendenti
dell'amministrazione  finanziaria  possono  partecipare  ai  corsi di
riqualificazione  anche qualora non abbiano svolto, neppure di fatto,
mansioni  superiori,  violerebbe  gli artt. 3, 51 e 97 Cost., poiche'
realizzerebbe  una  ingiustificata disparita' di trattamento in danno
di  quanti  non lavorano gia' alle dipendenze della p.a., permettendo
l'accesso  alla  qualifica  superiore da parte dei dipendenti i quali
non  solo  non hanno svolto le relative mansioni, ma sono anche privi
del titolo di studio per essa richiesto.
    3.  - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata manifestamente
infondata.
    Secondo  la  difesa  erariale le procedure di riqualificazione in
esame  consistono  in  una  prova  scritta,  il  cui  superamento  e'
condizione  per l'ammissione al corso di riqualificazione, al termine
del  quale  e'  prevista  una  provateorico-pratica,  allo  scopo  di
accertare  il  possesso da parte del candidato della professionalita'
richiesta  per  la  qualifica  di  riferimento. I criteri informativi
delle  prove  e  delle  modalita'  di stesura dei questionari oggetto
delle  prove  selettive  sono  stati elaborati da un gruppo di studio
nominato  con  decreto  ministeriale;  le  materie  dei  corsi  e gli
specifici  percorsi  formativi,  in  riferimento  ai  diversi profili
professionali,   sono   stati   anch'essi   stabiliti   con   decreto
ministeriale,  sulla  scorta  delle proposte formulate da un apposito
gruppo di lavoro. Le procedure di riqualificazione, a suo avviso, non
determinerebbero   una   automatica  progressione  ad  una  qualifica
superiore,  ma realizzerebbero una adeguata selezione, assicurando la
funzionalita' degli uffici, la crescita personale e professionale dei
cittadini  nell'ambito  del  luogo  di lavoro e la partecipazione dei
lavoratori all'organizzazione ed al progresso della societa'.
    L'interveniente  deduce,  infine,  che  la deroga alla regola del
pubblico   concorso  sarebbe  giustificata  e  che  sarebbe  altresi'
ragionevole  la  previsione  in virtu' della quale il possesso di una
determinata  anzianita'  nella  qualifica  immediatamente inferiore a
quella  oggetto  del  concorso  costituisce  un requisito alternativo
rispetto al titolo di studio.
    4.  -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituita la
Dirpubblica (gia' Dirstat-Finanze), facendo proprie le argomentazioni
svolte dal Tar e chiedendo l'accoglimento della questione.
    Nelle  memorie depositate in prossimita' dell'udienza pubblica la
parte  insiste  nel  sostenere  che  la norma impugnata riprodurrebbe
quella  gia'  dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte e
che   l'ammissione  alla  procedura  di  riqualificazione,  anche  in
mancanza  del titolo di studio richiesto per l'accesso alla qualifica
superiore,  purche'  il  dipendente  vanti  una  certa  anzianita' di
servizio  nella qualifica inferiore, sarebbe irragionevole, in quanto
quest'ultimo elemento sarebbe inidoneo a dimostrare il possesso della
professionalita'  necessaria  per l'attribuzione della qualifica piu'
elevata.  Inoltre,  a  suo  avviso,  la riserva del 70 % dei posti in
favore  dei dipendenti realizzerebbe una ingiustificata disparita' di
trattamento   rispetto   agli   aspiranti   che   possono   accedervi
esclusivamente mediante una ordinaria procedura concorsuale.
    5.  - All'udienza pubblica l'Avvocatura generale dello Stato e la
parte costituita hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni
rassegnate nelle difese scritte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  questione di legittimita' costituzionale sollevata dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata
in  epigrafe  ha  ad  oggetto  l'art. 22  della legge 13 maggio 1999,
n. 133  (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e
federalismo fiscale), il quale - con il comma 1 lettere a), b) e c) -
ha  modificato  i  commi  205,  206  e  207  dell'art. 3  della legge
28 dicembre  1995,  n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica),   che   disciplinano   la  copertura  del  70%  dei  posti
disponibili    nelle    dotazioni    organiche   dell'amministrazione
finanziaria  per  i  livelli  dal  quinto  al nono, mediante apposite
procedure  di  riqualificazione  riservate  al personale appartenente
alle qualifiche funzionali inferiori, e con il comma 2 ha fatto salvi
gli atti e i procedimenti gia' adottati.
    Secondo  il  giudice rimettente, la norma impugnata "non fa altro
che  confermare le procedure gia' previste dalla precedente normativa
di  cui alla legge n. 549 del 1995", dichiarata illegittima da questa
Corte  con  la  sentenza n. 1 del 1999, cosicche' la stessa norma, in
quanto     riproduttiva     di     disposizioni    gia'    dichiarate
costituzionalmente  illegittime,  "nella  sostanza viola il giudicato
costituzionale".   Inoltre   "la   modifica  legislativa"  censurata,
prevedendo una procedura selettiva interna per il conferimento di una
qualifica  funzionale  superiore e stabilendo che soltanto il 30% dei
posti  disponibili  possono  essere  attribuiti a coloro che non sono
gia'   dipendenti   dell'amministrazione   finanziaria,  derogherebbe
ingiustificatamente   alla   regola   del   pubblico   concorso,  che
riguarderebbe  anche  la  fattispecie  in  esame,  ponendosi cosi' in
contrasto  con i principi costituzionali della parita' di trattamento
(art. 3  della  Costituzione)  e  di  buon andamento ed imparzialita'
della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione).
    Infine  la  norma  censurata, disponendo che i dipendenti possono
partecipare  ai corsi di riqualificazione, anche se non hanno svolto,
neppure   di  fatto,  mansioni  superiori,  violerebbe,  sotto  altro
profilo,  gli  artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, ponendo in essere
una  ingiustificata  disparita' di trattamento in danno di quanti non
lavorano   gia'  alle  dipendenze  dell'amministrazione,  consentendo
inoltre  l'accesso  alla qualifica superiore da parte di dipendenti i
quali  non  solo  non  abbiano  svolto le relative mansioni, ma siano
anche privi del titolo di studio richiesto per la qualifica stessa.
    2. - In via preliminare va precisato che il thema decidendum deve
essere  propriamente  individuato  -  in  base  alle puntualizzazioni
contenute  nella motivazione dell'ordinanza di rimessione nella quale
si  dichiarano  non manifestamente infondate le "dedotte questioni di
legittimita'  costituzionale"  relative  all'art. 3, commi 205, 206 e
207  della  legge  n. 549  del  1995  - nella disciplina dei corsi di
riqualificazione recata appunto dal suddetto art. 3, commi 205, 206 e
207  (modificato quest'ultimo, ma in modo non rilevante, dall'art. 88
della  legge 21 novembre 2000, n. 342) della stessa legge, cosi' come
risulta  dopo la "modifica legislativa" introdotta dall'art. 22 della
legge  n. 133  del  1999.  Ed e' pertanto sul testo cosi' risultante,
nonche'  sul  comma 2 del citato art. 22, che va condotto il presente
scrutinio di legittimita' costituzionale.
    3. - Nel merito, la questione e' fondata.
    Si  deve innanzi tutto osservare che molteplici sono le modifiche
introdotte  dall'art. 22  della legge n. 133 del 1999 alla disciplina
in  esame;  in  particolare  si  segnalano  la  riduzione  dei  posti
riservati  ai  dipendenti  dell'amministrazione  finanziaria (art. 3,
comma   205),   l'esclusione   di   una  progressione  per  saltum  e
l'impossibilita'  di  esercitare, subito dopo l'ammissione al corso e
sia  pure  in  via  provvisoria,  le funzioni connesse alla qualifica
superiore (art. 3, comma 207). Tali modifiche escludono pertanto, per
il  loro  contenuto  innovatore ed anche per l'intento dichiarato nel
corso  dei  lavori  preparatori  della  legge  di recepire i principi
stabiliti  dalla  citata  sentenza  n. 1  del 1999, che la disciplina
denunciata  possa  essere  considerata  confermativa delle precedenti
disposizioni dichiarate illegittime, superandosi cosi' la prospettata
censura  di  violazione del giudicato costituzionale. Ma tuttavia non
valgono  ad  evitare  gli  altri  profili di censura incentrati sulla
violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
    Nella  disciplina  delle  procedure  di riqualificazione in esame
permangono  ancora,  nonostante  le  modificazioni introdotte, alcune
lesioni  dei principi costituzionali in materia di organizzazione dei
pubblici   uffici.  In  particolare  va  ricordato  che,  secondo  la
consolidata giurisprudenza costituzionale, il passaggio ad una fascia
funzionale  superiore comporta "l'accesso ad un nuovo posto di lavoro
corrispondente  a  funzioni  piu'  elevate  ed e' soggetto, pertanto,
quale  figura  di  reclutamento,  alla  regola del pubblico concorso"
(cfr.  per  tutte: sentenza n. 320 del 1997, sentenza n. 1 del 1999),
in  quanto  proprio  questo  metodo  offre  le  migliori  garanzie di
selezione  dei soggetti piu' capaci. Il pubblico concorso e' altresi'
un   meccanismo   strumentale   rispetto   al  canone  di  efficienza
dell'amministrazione,  il  quale  puo'  dirsi  pienamente  rispettato
qualora  le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie forme di
restrizione  dei  soggetti  legittimati  a  parteciparvi;  forme  che
possono   considerarsi   non   irragionevoli   solo  in  presenza  di
particolari  situazioni,  che  possano giustificarle per una migliore
garanzia del buon andamento dell'amministrazione.
    L'art. 22,  comma  1 lettera a), della legge n. 133 del 1999, nel
riformulare il comma 205 dell'art. 3 della legge n. 549 del 1995, non
ha  pero' reso la norma conforme a questi principi. Ed infatti, anche
se  ha  escluso  che  la  totalita' dei posti vacanti nelle dotazioni
organiche   delle   varie  qualifiche  prese  in  considerazione  sia
attribuita  all'esito  di corsi di formazione professionale, ai quali
sono     abilitati     ad     accedere    soltanto    i    dipendenti
dell'amministrazione,  riserva  tuttavia  ancora ad essi la totalita'
dei  posti messi a concorso, pari a gran parte dei posti disponibili,
per  di piu' prevedendo una quota riservata che appare incongruamente
elevata,  cosi'  da  realizzare una duplice, sostanziale elusione dei
principi  enunciati. Ne', oltre tutto, all'epoca risultava bandito il
concorso  pubblico per la residua parte dei posti, mentre e' noto che
il  modello concorsuale richiede che la selezione avvenga con criteri
tali   "da  prevedere  e  consentire  la  partecipazione  anche  agli
estranei,  assicurando  cosi' il reclutamento dei migliori", e a tale
modello   si  deve  ricorrere  anche  per  scongiurare  "gli  effetti
distorsivi"  che  il  criterio  dei  concorsi  interni  puo' produrre
(sentenza   n. 313   del   1994),  attraverso  forme  di  surrettizia
reintroduzione   dell'ormai   superato  sistema  delle  carriere,  in
contrasto  con  il  canone  del  buon  andamento dell'amministrazione
(sentenza n. 333 del 1993).
    La  previsione,  nella  disciplina  censurata,  non  gia'  di  un
concorso  pubblico  con  riserva  dei  posti,  bensi'  di un concorso
"interno",  riservato  ai  dipendenti  dell'amministrazione  per  una
percentuale  dei posti disponibili particolarmente elevata - e per di
piu'  incongrua  in  quanto  stabilita in mancanza di giustificazioni
diverse da quelle gia' valutate negativamente nella sentenza n. 1 del
1999  -  appare pertanto irragionevole e si pone in contrasto con gli
artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
    3.1.  -  Neppure le altre modifiche introdotte dall'art. 22 della
legge  n. 133 del 1999 alla disciplina recata dal citato art. 3 della
legge  n. 549  del  1995  riescono a superare le ulteriori denunce di
illegittimita'    costituzionale    prospettate   nell'ordinanza   di
rimessione.
    A  questo  proposito, va innanzi tutto osservato che, sebbene sia
stata  esclusa  la  previsione  di  una progressione per saltum prima
prevista  per  una  delle  qualifiche,  risulta  ancora attribuita al
criterio  dell'anzianita'  una funzione gia' censurata nella sentenza
n. 1  del  1999, in quanto "del tutto abnorme". In realta' e' proprio
sul  criterio  dell'anzianita'  che  sono  fondate  sia la riserva ai
dipendenti  della  indicata  percentuale  dei  posti disponibili, sia
l'ammissibilita'  del  conseguimento della qualifica superiore, anche
in mancanza del titolo di studio prescritto. Ed infatti, dato che non
e' stata modificata la censurata genericita' di contenuti della prova
scritta  di  ammissione  al  corso,  quest'ultima non appare idonea a
garantire, di per se', una seria verifica dei requisiti attitudinali,
nonche'   ad   evitare   una  sorta  di  automatico  e  generalizzato
scivolamento verso la qualifica superiore.
    La previsione, inoltre, che le materie del corso sono fissate con
decreto ministeriale (art. 3, comma 206 lettera d, della legge n. 549
del  1995,  come  modificato  dall'art. 22,  comma 1 lettera b, della
legge  n. 133  del  1999)  e che all'esito del corso i candidati sono
sottoposti  ad  una  prova  di  carattere  teorico-pratico,  soltanto
indicata  come  "prova  d'esame"  (art. 3,  comma 206 lettera e, come
modificato  dall'art. 22,  comma  1 lettera b, della legge n. 133 del
1999),  non  consente  di  superare,  in mancanza di ulteriori e piu'
puntuali  criteri,  il  fondato dubbio gia' formulato da questa Corte
nella  citata  sentenza n. 1 del 1999 in ordine alla "idoneita' di un
tale  modo  di  selezione  a  consentire  una  seria  verifica  della
professionalita' richiesta" dalle qualifiche considerate.
    In  definitiva,  il  complesso  delle  modifiche introdotte dalla
norma  impugnata  non  appare  adeguato  a  rendere  le  procedure di
riqualificazione  in esame compatibili con i principi costituzionali.
Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale dei commi 205,
206   e   207   -   quest'ultima   norma  in  quanto  logicamente  ed
inscindibilmente  connessa con le prime due - dell'art. 3 della legge
n. 549  del 1995, cosi' come modificati dall'art. 22, comma 1 lettere
a),  b)  e  c)  della  legge  n. 133 del 1999. Va altresi' dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale del comma 2 del citato art. 22 della
medesima  legge  n. 133 del 1999, in quanto anche esso logicamente ed
inscindibilmente connesso con le norme precedentemente indicate.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 205,
206   e   207   della  legge  28 dicembre  1995,  n. 549  (Misure  di
razionalizzazione    della   finanza   pubblica),   come   modificato
dall'art. 22,  comma  1,  lettere  a),  b) e c) della legge 13 maggio
1999,    n. 133    (Disposizioni    in   materia   di   perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale);
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 22, comma 2,
della medesima legge 13 maggio 1999, n. 133.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002.
                         Il Presidente: Vari
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 maggio 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
02C0452