N. 195 SENTENZA 9 - 16 maggio 2002
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Rilevanza delle questioni - Censure prospettate in via ipotetica o meramente subordinata - Inammissibilita'. Processo penale - Udienza preliminare - Contumacia o irreperibilita' dell'imputato minorenne - Impossibilita' di pronunciare, in mancanza del consenso dell'imputato, sentenza di non luogo a procedere che non presuppone un accertamento di responsabilita' - Irragionevole violazione del principio di protezione del minore Illegittimita' costituzionale in parte qua - Assorbimento delle ulteriori censure. - D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, comma 1 (come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63). - Costituzione, artt. 3 e 31, secondo comma (artt. 10, 24, 101, 104, 111); convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176.(GU n.20 del 22-5-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Massimo VARI; Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della Costituzione), promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, con ordinanze dei Giudici dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Palermo in data 24 aprile 2001, di Salerno in data 23 aprile 2001, di Palermo in data 25 maggio 2001, di Reggio Calabria in data 6 giugno 2001, rispettivamente iscritte ai nn. 556, 565, 756 e 787 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 32, 39 e 40, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 13 marzo 2002 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 24 aprile 2001 (r.o. n. 556 del 2001) il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 10, 104 e 111, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della Costituzione), "nella parte in cui non prevede che in caso di contumacia o irreperibilita' dell'imputato il giudice possa, nell'interesse preminente dello stesso, comunque emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425 cod. proc. pen. ovvero sentenza di proscioglimento per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto". Il giudice a quo premette: che procede nei confronti di un imputato, minorenne all'epoca dei fatti, per il reato di furto aggravato ai sensi dell'art. 61, numero 2, cod. pen; che il reato, commesso nel 1997, e' divenuto procedibile a querela per effetto dell'art. 12 della legge 25 giugno 1999, n. 205; che non risulta proposta querela e che pertanto dovrebbe emettersi sentenza di improcedibilita' ex art. 425 cod. proc. pen., ma tale pronuncia e' impedita dalla contumacia dell'imputato. Per effetto delle modifiche recate dall'art. 22 della legge n. 63 del 2001, l'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988 prevede infatti, al comma 1, che nell'udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione, il giudice debba chiedere all'imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase - salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza - e, quindi, possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'art. 425 cod. proc. pen., o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, solo se il consenso risulti prestato. Con la conseguenza che, allorche' l'imputato sia contumace - come nel giudizio a quo - ovvero sia legittimamente assente o irreperibile e non presti percio' il consenso alla definizione del processo, il giudice dell'udienza preliminare non puo' in alcun caso prosciogliere il minore. Ad avviso del rimettente, l'impossibilita' di pronunciare sentenza di non luogo a procedere nel preminente ed obiettivo interesse del minore, in assenza del suo consenso, violerebbe l'art. 10 Cost., ponendosi in contrasto con l'art. 3 della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176, secondo cui in tutte le decisioni relative ai fanciulli deve essere ritenuto preminente l'interesse del minore. Non si puo' infatti dubitare - prosegue il giudice a quo - che sia interesse preminente del minore evitare la sottoposizione a un dibattimento affatto inutile, tanto piu' che le esigenze difensive dell'imputato minorenne sono comunque garantite dalla ampia possibilita' riconosciutagli, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 1993, di proporre opposizione alle sentenze di proscioglimento che presuppongono un accertamento di responsabilita'. La norma censurata violerebbe inoltre: l'art. 104 Cost., esautorando "di fatto l'autonomia della funzione giurisdizionale del giudice minorile"; l'art. 3 Cost., per l'illogica disparita' di trattamento degli imputati minorenni rispetto ai maggiorenni, per i quali il giudice dell'udienza preliminare ben puo' emettere sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen. senza necessita' di alcun consenso; l'art. 111, quarto comma, Cost., dal momento che, in relazione ai casi in cui l'imputato eserciti il suo diritto di rimanere contumace o sia irreperibile, non prevede "le ipotesi di "impossibilita' di natura oggettiva o di provata condotta illecita" che rendono possibile la formazione della prova in assenza di contraddittorio". 2. - Analoghe questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988, come modificato dall'art. 22 della legge n. 63 del 2001, sono state sollevate: con ordinanza del 23 aprile 2001 (r.o. n. 565 del 2001) dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Salerno; con ordinanza del 25 maggio 2001 (r.o. n. 756 del 2001) da altro giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Palermo; con ordinanza del 6 giugno 2001 (r.o. n. 787 del 2001) dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Salerno, che procede nei confronti di un minorenne straniero, irreperibile, per il reato di tentato furto monoaggravato, divenuto improcedibile per difetto di querela, ritiene che la disciplina secondo cui il proscioglimento del minorenne e' subordinato al suo consenso violi l'art. 3 Cost., per irragionevolezza e disparita' di trattamento rispetto agli imputati adulti, sulla base di censure del tutto simili a quelle svolte, anche con riferimento agli altri parametri, dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Palermo. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Palermo, nell'ordinanza iscritta al n. 756 del r.o. del 2001 dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988: nella parte in cui prevede che il giudice dell'udienza preliminare possa "emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. solo dopo avere acquisito il consenso dell'imputato alla definizione del procedimento dell'udienza preliminare", in riferimento agli artt. 3, 10, 101 Cost. nella parte in cui non prevede che il giudice dell'udienza preliminare possa "emettere sentenza di proscioglimento per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto quando risulta preminente l'interesse del minore anche senza l'acquisizione del consenso dell'imputato alla definizione del procedimento all'udienza preliminare", in riferimento agli artt. 10 e 101 Cost., e "nella parte in cui non prevede che il giudice possa emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p., ovvero per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, nei confronti dell'imputato contumace, ovvero irreperibile per "l'impossibilita' di natura oggettiva ad acquisire il consenso alla definizione del procedimento all'udienza preliminare", in riferimento all'art. 111 Cost. In fatto, e quanto alla rilevanza, il rimettente premette che i reati per i quali e' stato chiesto il rinvio a giudizio sono tutti procedibili a querela e che, pur essendo state acquisite in udienza preliminare la remissione della querela a suo tempo presentata e l'accettazione della remissione ad opera dell'imputato, non puo' pronunciare sentenza di proscioglimento per essere il reato estinto per remissione di querela, a causa della contumacia dell'imputato e della conseguente mancata prestazione del consenso. Nel merito, il rimettente svolge censure analoghe a quelle prospettate nella ordinanza n. 556 del 2001, riferendo tuttavia alla violazione dell'art. 101 Cost. gli argomenti spesi nella precedente ordinanza in relazione all'art. 104 Cost. ed estendendo le censure concernenti l'irragionevolezza della disciplina censurata al raffronto con la perdurante possibilita' di emettere, anche senza il consenso dell'imputato, sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto nel corso delle indagini preliminari, ex art. 27, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 448 del 1988. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ritiene che l'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988, "nella parte in cui prevede che il consenso dell'imputato costituisce un presupposto indefettibile per la definizione del processo a carico di minorenni nella fase dell'udienza preliminare", violi gli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 31, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost. Ad avviso del rimettente la questione, prospettata dal difensore dell'imputata che, a conclusione della discussione in udienza preliminare, aveva chiesto il proscioglimento della sua assistita nel merito o, in subordine, per irrilevanza del fatto, e' rilevante in quanto l'imputata, contumace, non ha, neppure in precedenza, prestato il consenso per la definizione del processo nella fase dell'udienza preliminare: in tale situazione la disposizione censurata precluderebbe ogni possibilita' di pronunciare sentenza di proscioglimento con una delle formule indicate dal difensore nel procedimento a quo. Nel merito, il rimettente rileva che la rigida disciplina introdotta dalla legge n. 63 del 2001 nell'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988 comporta che, ove l'imputato non presti il suo consenso (perche' contumace o assente), il giudice dell'udienza preliminare non puo' emettere sentenza di proscioglimento e deve disporre il rinvio a giudizio del minore anche quando ricorrano gli estremi per una pronuncia liberatoria nel merito o per motivi di rito. La scelta di garantire comunque il pieno contraddittorio si risolve quindi nel "paradosso [...] di provocare la dialettica dibattimentale anche nelle ipotesi in cui l'imputato potrebbe ottenere - come nel caso in argomento - una formula (sicuramente piu' favorevole) di proscioglimento". La disciplina censurata sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 31 e 111, secondo comma, Cost., in quanto: si pone, irragionevolmente, "a detrimento delle finalita' deflative" dell'udienza preliminare, nonche', "piu' in generale, di quelle educative (vedasi l'art. 1 del d.P.R. 22 settembre 1988 n. 448) perseguite dal processo penale minorile", privilegiando "la tutela delle mere strategie tecnico-difensive individuali (che potrebbero appieno esplicarsi nella successiva fase processuale) a discapito della possibilita' di un'immediata fuoriuscita dal circuito penale"; prevede, per le ipotesi di proscioglimento di cui al comma 1 dell'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988, la necessita' di un consenso che con assoluta incongruenza non e' invece richiesto nel caso di condanna alla pena pecuniaria o a una sanzione sostitutiva, disciplinato dal comma 2 del medesimo articolo che, in apparenza, pare richiedere la sola richiesta del pubblico ministero; determina una disparita' di trattamento legata all'eta', ingiustificata e irragionevole rispetto agli adulti, che possono essere prosciolti ex art. 425 cod. proc. pen. a prescindere dal fatto che abbiano prestato il loro consenso; rende inapplicabile al processo minorile l'art. 129 cod. proc. pen., che consentirebbe di eludere il rigoroso limite previsto dall'art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988 quando venga riconosciuta la sussistenza di determinate cause di non punibilita'; e' in contrasto con l'art. 27, comma 4, del medesimo d.P.R., che parrebbe invece attribuire al giudice, nel corso dell'udienza preliminare, il potere di pronunciare anche d'ufficio, e quindi senza il preventivo consenso dell'imputato, sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, e' in palese contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, che nelle ipotesi prospettate di mancata acquisizione del consenso avrebbe uno sviluppo dibattimentale affatto superfluo. 3. - Nei giudizi relativi alle questioni sollevate con le ordinanze iscritte ai numeri 556, 756 e 787 del r.o. del 2001 e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate. Considerato in diritto 1. - Con quattro ordinanze sostanzialmente analoghe, sia pure in riferimento a parametri costituzionali non sempre coincidenti, i giudici rimettenti dubitano della legittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della Costituzione), nella parte in cui non prevede che il giudice dell'udienza preliminare, in caso di contumacia o irreperibilita' dell'imputato, possa emettere sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 del codice di procedura penale, ovvero per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, anche in assenza del consenso dell'imputato alla definizione del processo nell'udienza preliminare. Le questioni sono sollevate nell'ambito di procedimenti nei confronti di imputati per i quali ad avviso dei rimettenti sussistono gli estremi di una sentenza ex art. 425 cod. proc. pen., in particolare, di sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela (r.o. n. 556 del 2001 e n. 565 del 2001), per essere il reato estinto per remissione di querela (r.o. n. 756 del 2001), o, nel merito, con formula pienamente liberatoria (r.o. n. 787 del 2001). Risultano pertanto prive di rilevanza le censure circa la non adottabilita' di sentenze di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, in quanto prospettate in via ipotetica (r.o. nn. 556, 565 e 756 del 2001) o meramente subordinata (r.o. n. 787 del 2001). Sotto un primo aspetto, la disciplina censurata si porrebbe in contrasto: con l'art. 3 Cost. a cagione della ingiustificata disparita' di trattamento degli imputati minorenni rispetto a quelli maggiorenni, per i quali non e' richiesto analogo consenso ai fini della definizione del processo nell'udienza preliminare, e dell'intrinseca irragionevolezza di una disposizione che preclude la rapida fuoruscita dal processo del minore sol perche' e' contumace o irreperibile; con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto irragionevolmente impone il rinvio a giudizio dell'imputato minorenne contumace o irreperibile che potrebbe invece essere prosciolto nel merito, mentre il consenso non e' richiesto, a norma del comma 2 del medesimo art. 32, ai fini della pronuncia di sentenza di condanna a pena pecuniaria o sanzione sostitutiva. Sotto un diverso profilo, la disciplina censurata violerebbe l'art. 10 Cost., perche' irragionevolmente preclude di dare applicazione al principio di cui all'art. 3 della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176, secondo cui in tutte le decisioni relative ai fanciulli deve essere ritenuto preminente l'interesse del minore, nel caso di specie quello di evitare di essere sottoposto ad un dibattimento del tutto inutile, nonche' l'art. 31 Cost., in quanto vanifica le esigenze deflative dell'udienza preliminare minorile e le finalita' educative del processo nei confronti dei minorenni, privilegiando "strategie tecnico-difensive individuali [...] a discapito della possibilita' di una rapida fuoruscita dal circuito penale". Vengono evocati anche gli artt. 101 e 104 Cost., in quanto l'imposizione del consenso quale condizione per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere violerebbe i principi dell'esclusiva soggezione del giudice alla legge, ovvero dell'autonomia delle funzioni giurisdizionali. Infine, viene richiamato l'art. 111 Cost., sotto il duplice profilo del contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (secondo comma), in quanto la mancata acquisizione del consenso comporterebbe uno sviluppo dibattimentale assolutamente superfluo, e della omessa previsione, tra le ipotesi di deroga alla formazione della prova in contraddittorio per "impossibilita' di natura oggettiva" (quarto comma), del caso in cui l'imputato eserciti il diritto di rimanere contumace ovvero sia irreperibile. Poiche' tutte le ordinanze hanno per oggetto la medesima questione, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi. 2. - La questione, nei limiti precisati, e' fondata. 3. - Anche prima delle modifiche introdotte dall'art. 22 della legge n. 63 del 2001, l'art. 32 del d.P.R. n. 448 del 1988 era stato oggetto di reiterati interventi legislativi e di questa Corte, direttamente collegati ai peculiari connotati dell'udienza preliminare nel processo minorile, caratterizzata dai piu' incisivi poteri riconosciuti al giudice ai fini della definizione del processo in tale fase. In particolare, a differenza che nel processo ordinario, nell'udienza preliminare minorile il giudice ha la possibilita' di emettere sentenza di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, di disporre la sospensione del processo con messa alla prova e di dichiarare, in esito al periodo di prova, l'estinzione del reato, di pronunciare ex art. 32, comma 3, su richiesta del pubblico ministero, sentenza di condanna quando ritiene applicabile una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, avverso la quale l'imputato o il difensore munito di procura speciale puo' proporre opposizione, chiedendo il giudizio dinanzi al tribunale. Su questo tessuto caratterizzato da un'ampia sfera di poteri decisori, che abilitano il giudice dell'udienza preliminare minorile a svolgere vere e proprie funzioni di giudizio (v. sentenze n. 290 del 1998 e n. 311 del 1997) altrimenti riservate al giudice del dibattimento, e' intervenuta la sentenza n. 77 del 1993, con la quale questa Corte ha esteso l'opposizione, prevista dall'art. 32, comma 3, in caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria o a sanzione sostitutiva, alle ipotesi in cui la responsabilita' dell'imputato e' necessariamente presupposta (concessione del perdono giudiziale), ovvero e' "logicamente postulata" (sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilita). Alla stregua di tale decisione, nei confronti delle sentenze di non luogo a procedere che presuppongono un accertamento di responsabilita' pronunciate a norma dell'art. 32, comma 1, l'imputato puo' dunque proporre opposizione, con l'effetto che nel giudizio di opposizione il tribunale per i minorenni deve provvedere a revocare, a norma dell'art. 32-bis comma 4, le predette sentenze. La disciplina dell'udienza preliminare minorile e' stata poi modificata dalla legge n. 63 del 2001, che ha introdotto nell'art. 32 la disposizione censurata, che rende necessario il consenso dell'imputato perche' il processo possa essere definito in tale fase. Il consenso diviene cosi' condizione per la pronuncia di tutte le sentenze di non luogo a procedere previste dall'art. 425 cod. proc. pen., ovvero per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto. 4. - Con la menzionata sentenza n. 77 del 1993 questa Corte aveva operato un bilanciamento tra l'esigenza di una rapida fuoruscita dell'imputato minorenne dal circuito processuale, espressa dalla vasta sfera dei poteri decisionali riconosciuti al giudice dell'udienza preliminare minorile ai fini di evitare la fase dibattimentale, e quella di garantire al minore le piu' complete opportunita' difensive connesse alla formazione della prova nel contraddittorio tra le parti in dibattimento anche in caso di pronuncia di sentenza di non luogo a procedere che presuppone un accertamento di responsabilita'. Il delicato equilibrio tra queste opposte esigenze e' stato alterato dalle modifiche introdotte nell'art. 32, comma 1, dalla legge n. 63 del 2001: il potere riconosciuto all'imputato minorenne di non consentire alla definizione anticipata del processo nell'udienza preliminare comporta che il giudice, ove il consenso venga negato, o non venga prestato perche' l'imputato e' contumace o irreperibile, debba emettere decreto che dispone il giudizio anche nel caso in cui avrebbe altrimenti pronunciato una sentenza di non luogo a procedere nel merito con formula ampiamente liberatoria o, comunque, tale da non postulare alcun accertamento di responsabilita' dell'imputato (ad esempio, per difetto di una condizione di procedibilita' o per remissione di querela). Ne emerge una disciplina intrinsecamente priva di ragionevolezza, che vanifica le finalita' deflative che ispirano l'impianto dell'udienza preliminare minorile, precludendo la possibilita' di una immediata definizione del processo e imponendo uno sviluppo dibattimentale assolutamente superfluo, non funzionale all'esercizio del diritto di difesa, posto che, tra l'altro, l'imputato non potrebbe comunque ottenere in dibattimento una formula di proscioglimento piu' vantaggiosa. I profili di contrasto con l'art. 3 Cost. debbono evidentemente essere apprezzati con riferimento all'art. 31, secondo comma, Cost. e agli indirizzi espressi dalla convenzione sui diritti del fanciullo, nei quali trova fondamento la tutela del preminente interesse del minore ad una rapida uscita dal processo (v., ex plurimis sentenze n. 433 del 1997, n. 250 del 1991 e ordinanza n. 103 del 1997), sempre che, ovviamente, tale finalita' non comporti il sacrificio delle garanzie defensionali. 5. - Va pertanto dichiarata, in riferimento agli artt. 3 e 31, secondo comma, Cost., l'illegittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, nella parte in cui, in mancanza di consenso dell'imputato, preclude al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere che - come nei casi, oggetto dei giudizi a quibus di difetto o di remissione della querela ovvero di sussistenza delle condizioni per una sentenza di proscioglimento ampiamente liberatoria - non presuppone un accertamento di responsabilita'. Rimangono cosi' assorbite le censure riferite agli altri parametri costituzionali evocati dai rimettenti.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 32, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), come modificato dall'art. 22 della legge 1 marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'art. 111 della Costituzione), nella parte in cui, in mancanza del consenso dell'imputato, preclude al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere che non presuppone un accertamento di responsabilita'. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002. Il Presidente: Vari Il redattore: Neppi Modona Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 16 maggio 2002. Il direttore della cancelleria: Di Paola 02C0453