N. 196 SENTENZA 9 - 16 maggio 2002

Giudizio   per  conflitto  di  attribuzione  tra  Stato  e  Provincia
autonoma.

Provincia  di  Trento  -  Confini  amministrativi - Delimitazione dei
  confini  tra  la  Provincia di Trento e la Regione Veneto - Decreto
  del  Presidente  della  Repubblica  per la delimitazione del bacino
  idrografico del fiume Piave - Ricorso per conflitto di attribuzione
  della  Provincia  di  Trento  -  Lamentata surrettizia modifica dei
  confini    amministrativi    con    lesione    delle   attribuzioni
  costituzionalmente   garantite   alla   stessa   provincia  nonche'
  violazione  del  principio  di  leale  collaborazione  tra  enti  -
  Inidoneita' dell'atto impugnato a produrre la lamentata menomazione
  - Inammissibilita' del ricorso.
- D.P.R. 21 dicembre 1999 (art. 4).
- Costituzione,  artt.  131  e 132, 97; statuto Regione Trentino-Alto
  Adige,  artt.  8, n. 6, 18, 20 e 24; 9, n. 9 e 11; 11, 14, 16, 68 e
  107; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, art. 5, comma 1, come modificato
  dall'art. 2 del d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463.
(GU n.20 del 22-5-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  21 dicembre 1999 recante
"Delimitazione  del bacino idrografico del fiume Piave", promosso con
ricorso  della Provincia autonoma di Trento, notificato il 21 ottobre
2000, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 51
del registro conflitti 2000.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri, nonche' l'atto di intervento della Regione Veneto;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20 novembre  2001  il giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  l'avvocato  Sergio  Panunzio  per la Provincia autonoma di
Trento,  gli  avvocati  Andrea  Pavanini e Federico Sorrentino per la
Regione  Veneto  e  l'avvocato  dello  Stato  Franco  Favara  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  la
Provincia  autonoma  di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione
nei  confronti  dello  Stato,  in relazione al decreto del Presidente
della  Repubblica 21 dicembre 1999, recante "Delimitazione del bacino
idrografico  del  fiume  Piave",  lamentando la lesione delle proprie
attribuzioni   costituzionalmente   garantite,  come  definite  dagli
artt. 131  e  132  della  Costituzione;  8,  nn. 6, 18, 20 e 24 dello
Statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige; 9, nn. 9 e 11, nonche'
11,  14,  16,  68  e  107  dello stesso Statuto speciale; 8, comma 1,
lettera  e),  del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige in materia di
trasferimento  alle  province  autonome  di Trento e Bolzano dei beni
demaniali  e  patrimoniali  dello Stato e della Regione); 5, comma 1,
del  d.P.R.  22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in materia di urbanistica ed
opere   pubbliche).  La  Provincia  ricorrente  lamenta  altresi'  la
violazione  dell'art. 97  della Costituzione e del principio di leale
cooperazione,  e  chiede a questa Corte di dichiarare che "non spetta
allo   Stato,  e  neppure  alle  Autorita'  di  bacino  del  Piave  e
dell'Adige, in sede di delimitazione del bacino idrografico del fiume
Piave,  definire  la  linea del confine amministrativo fra la Regione
Veneto  (comune  di  Rocca Pietore) e la Provincia Autonoma di Trento
(comune di Canazei), ne' la linea di displuvio sul monte Marmolada in
maniera  difforme  da  quella  gia'  definitivamente accertata con il
d.P.R.  29 maggio  1982 e con la successiva sentenza del Consiglio di
Stato,  Sezione  IV,  n. 1361/1981,  del  23 ottobre 1998 (passata in
giudicato)".  La  ricorrente  chiede inoltre l'annullamento dell'atto
ritenuto lesivo.
    Al  d.P.R.  21 dicembre 1999, all'origine del presente conflitto,
e' allegata una cartografia nella quale il confine amministrativo fra
i  comuni di Canazei e di Rocca Pietore, e quindi fra la Provincia di
Trento  e la Regione Veneto, viene rappresentato come una linea retta
che taglia diagonalmente il ghiacciaio della Marmolada. La ricorrente
rileva  che  tale  tracciato cartografico riproduce la "vecchia linea
gia' contenuta in passato nella cartografia dell'I.G.M., che dapprima
il  d.P.R.  29 maggio  1982 ed infine la ... richiamata decisione del
Consiglio  di  Stato  ... hanno accertato essere errata, riconoscendo
che  il  confine  corre  invece  lungo  la  linea  delle  cime  (o di
displuvio)".
    L'impugnato  decreto  presidenziale  e  l'annessa cartografia, si
legge  nel  ricorso,  "prima ancora di definire il confine del bacino
del  Piave  sulla  Marmolada, definisce il confine amministrativo fra
Provincia  di Trento e Regione Veneto" in modo lesivo dell'integrita'
territoriale      e,     conseguentemente,     delle     attribuzioni
costituzionalmente    garantite   della   ricorrente,   delle   quali
risulterebbe   ridotto   l'ambito   territoriale   di  esercizio.  In
particolare,  "poiche'  la  modificazione  del confine amministrativo
quale  risultante dalla cartografia allegata al decreto presidenziale
in  questione  determina  il  passaggio  di  una  parte  cospicua del
ghiacciaio  della  Marmolada  -  che  ai  sensi dell'art. 8, comma 1,
lettera  e),  del  d.P.R.  20 gennaio  1973,  n. 115 (come modificato
dall'art. 1  del  decreto  legislativo  11 novembre 1999, n. 463) ...
appartiene  al  demanio  della  Provincia  di Trento - dal territorio
della Provincia di Trento a quello della Regione Veneto, ne risultano
...  lese  le  attribuzioni  della  Provincia  ricorrente relative al
proprio  demanio, di cui all'art. 68, nonche' 9, n. 9, dello Statuto,
ed  alle  relative  norme di attuazione (art. 8 del d.P.R. n. 115 del
1973)".
    Nel  ricorso  si osserva inoltre che, data l'identita', accertata
con  efficacia  di giudicato, del confine amministrativo con la linea
"di  displuvio"  (linea  che  congiunge le "cime" o le "creste" della
Marmolada),  modificare  quest'ultima  "non facendola piu' coincidere
...  con  la linea delle cime della catena principale della Marmolada
significa  al  tempo  stesso  modificare (o pretendere di modificare)
surrettiziamente  il  confine  amministrativo  fra  i comuni di Rocca
Pietore  e  di  Canazei,  e  fra  la Regione Veneto e la Provincia di
Trento",  in  contrasto,  tra l'altro, con l'art. 132, secondo comma,
della   Costituzione,   oltre   che   in   violazione  del  giudicato
amministrativo.
    La  Provincia  di  Trento censura poi il d.P.R. 21 dicembre 1999,
nella  parte  in  cui  prevede procedure per definire una cartografia
piu'  dettagliata:  all'art. 2,  e'  previsto  che,  "ai  fini  della
soluzione  di  problemi  specifici,  che  potrebbero  manifestarsi in
corrispondenza  delle  linee di confine, soprattutto nelle zone ove i
limiti  di  bacino  intersecano i limiti amministrativi dei territori
comunali,  le Autorita' di bacino e le regioni interessate provvedono
ad  una  intesa  tra  loro  per produrre idonea cartografia"; ma, con
particolare  riferimento  ai  confini  in  contestazione nel presente
conflitto,  l'art. 4 stabilisce che "l'Autorita' di bacino del Piave,
d'intesa  con  l'Autorita'  di  bacino  dell'Adige,  redige  apposita
cartografia  di  dettaglio  per  definire  la  linea di displuvio nei
territori  dei comuni di Rocca Pietore (Belluno) e Canazei (Trento)",
omettendo  la  previsione  dell'intesa tra la Provincia autonoma e la
Regione interessate.
    L'ulteriore  definizione  della  linea  di  displuvio a norma dei
citati  artt. 2  e  4, "diretta a perfezionare e consolidare la falsa
rappresentazione  della  linea  di  displuvio  gia'  contenuta  nella
cartografia  allegata al decreto presidenziale", non puo', lamenta la
ricorrente,  essere  affidata  alle  Autorita'  di bacino. Lo Statuto
speciale (artt. 9, n. 9, e 14) e le norme di attuazione in materia di
acque  pubbliche  (art. 5  del  d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 381, come
modificato  dall'art. 2  del  decreto  legislativo  11 novembre 1999,
n. 463)  prevedono  infatti che "nella Provincia di Trento i piani di
bacino  di  rilievo nazionale sono sostituiti dal "Piano generale per
l'utilizzazione  delle  acque  pubbliche  previsto dall'art. 14 dello
Statuto  speciale",  stabilito  "d'intesa  tra i rappresentanti dello
Stato  e  della  Provincia  in seno a un apposito comitato" (art. 14,
terzo comma, dello Statuto).
    Dallo  Statuto  e  dalle  norme  di attuazione statutaria risulta
pertanto  che  nella  Provincia di Trento "la definizione dei confini
dei  bacini  idrografici  di rilievo nazionale non puo' spettare alle
rispettive  Autorita'  di  bacino  e neppure al solo Governo, ma deve
essere  effettuata  "d'intesa  fra  lo Stato e la Provincia". D'altro
canto,  aggiunge  la  ricorrente,  che  invoca  il principio di leale
cooperazione e l'art. 97 della Costituzione, "anche a voler ammettere
una  competenza  delle  Autorita'  di bacino del Piave e dell'Adige a
definire  la  linea  di  displuvio in questione, tale definizione non
potrebbe  comunque  avvenire  se  non  previa  una  `intesa'  con  la
Provincia  Autonoma  di Trento", come previsto del resto dallo stesso
art. 2   del   d.P.R.   impugnato,  disatteso  "in  modo  palesemente
contraddittorio" dal successivo art. 4.
    2.  - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, si e' costituito il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  per  chiedere  che  il  ricorso  della
Provincia   autonoma   di   Trento  sia  dichiarato  inammissibile  o
infondato.
    La  difesa  erariale  premette  che l'art. 4, comma 1, lettera b)
della  legge  18 maggio 1989, n. 183 attribuisce allo Stato il potere
di delimitare i bacini idrografici di rilievo nazionale, e sulla base
di   tale   previsione  e'  stato  adottato  l'atto  all'origine  del
conflitto.
    Nell'atto  di  costituzione, l'Avvocatura contesta anzitutto alla
Provincia  di aver inammissibilmente promosso il conflitto sulla base
di  una  "prospettazione  artificiosa", lamentando una violazione del
giudicato  che  avrebbe  dovuto  essere  semmai sottoposta al giudice
comune,  ed  esclude  che  l'impugnato  decreto  presidenziale  possa
surrettiziamente    modificare   i   confini   amministrativi   della
ricorrente:  "come  reso  palese  dal  "considerato  del  preambolo e
dall'art. 4,  l'atto  sub  judice  ha  fatto riserva di piu' esatta e
dettagliata  cartografia  `per  definire  la  linea  di displuvio nei
territori  dei  comuni  di  Rocca  Pietore  e  Canazei;  ed  ai  fini
idrografici  e'  precisa  l'espressione  "linea  di displuvio , e non
l'espressione  "linea  delle  cime  (peraltro le due formule di fatto
coincidono)".
    Quanto  all'affermazione  del  carattere  lesivo  dell'art. 4 del
decreto  presidenziale  all'origine del conflitto, la difesa erariale
rileva  l'improprieta'  dell'invocazione, da parte della Provincia di
Trento, del nuovo testo dell'art. 5 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381,
come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo 11 novembre 1999,
n. 463  (impugnato  in  via  principale  davanti a questa Corte dalla
Regione  Veneto),  giacche'  tale disposizione, si legge nell'atto di
costituzione,   "concerne   non  gia'  la  delimitazione  dei  bacini
idrografici  bensi' soltanto il piano per l'utilizzazione delle acque
ed il piano di bacino".
    La   conclusione  dell'Avvocatura  e'  che  non  esisterebbe  una
disposizione  di  attuazione  statutaria  che prevede l'intesa tra lo
Stato  e  la  Provincia  per la delimitazione dei bacini idrografici:
"una   intesa   in   argomento   e'  prevista  dall'art. 2  dell'atto
amministrativo  occasione  del  conflitto, atto che pero' palesemente
non e' un parametro costituzionale".
    3.  -  La Regione Veneto ha depositato un atto di intervento, per
chiedere  che  il  ricorso  della  Provincia  autonoma  di Trento sia
dichiarato  inammissibile  o  comunque  rigettato,  rinviando  ad una
successiva memoria ulteriori, piu' argomentate, deduzioni.
    4.   -   In  prossimita'  dell'udienza  la  parte  ricorrente  ha
presentato  una  memoria,  ribadendo  le ragioni gia' sottolineate in
sede di ricorso.
    In  particolare,  la  difesa  della  Provincia autonoma di Trento
sottolinea  che  il d.P.R. 21 dicembre 1999 modifica surrettiziamente
il  tratto  di confine controverso a favore della Regione Veneto, con
conseguente  lesione  dell'integrita' territoriale della Provincia di
Trento,  garantita  dagli  artt. 131  e  132  della  Costituzione. La
violazione  dell'art. 132  della  Costituzione risulterebbe ad avviso
della  ricorrente  ancor piu' evidente in riferimento al nuovo tenore
della  disposizione  costituzionale  da ultimo invocata, in quanto la
disciplina contenuta nell'art. 132 della Costituzione sulla procedura
per  le  modificazioni  delle circoscrizioni provinciali coinvolgenti
piu'  Regioni  e'  stata  resa  ancor piu' complessa e rigorosa dalla
modifica introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
recante   "Modifiche   al   Titolo   V   della  parte  seconda  della
Costituzione". La suddetta lesione dell'integrita' territoriale della
Provincia  di  Trento  si  manifesterebbe,  dunque, per effetto della
difforme  definizione della linea di displuvio rispetto a quella gia'
accertata dal Consiglio di Stato e dell'erroneo tracciato del confine
amministrativo tra i due enti territoriali, in quanto non coincidente
con la linea di displuvio ma segnato in linea retta.
    La   lesione  dell'integrita'  territoriale  della  Provincia  di
Trento,  viene nuovamente dedotto nella memoria, si rifletterebbe poi
negativamente  sulle  competenze legislative e amministrative da essa
esercitate  sul  proprio  territorio,  per  effetto della diminuzione
territoriale determinata dall'atto.
    La  ricorrente ribadisce infine che la previsione dell'art. 4 del
d.P.R. in esame, attribuendo alla "intesa" fra le Autorita' di bacino
del  Piave e dell'Adige la definizione "piu' dettagliata" della linea
di  displuvio,  sarebbe  in  contrasto  con  le  norme statutarie che
richiedono  che  il  piano  generale  per l'utilizzazione delle acque
pubbliche  sia  stabilito  d'intesa  tra  lo  Stato  e  la  Provincia
(artt. 9, n. 9, e 14 dello Statuto del Trentino Alto Adige e relative
norme  di  attuazione).  L'argomentazione  dell'Avvocatura secondo la
quale  le  norme citate non sarebbero rilevanti in quanto concernenti
l'utilizzazione  delle  acque  e  il  piano di bacino e non invece la
delimitazione  del  bacino  idrografico, non considererebbe ad avviso
della  Provincia  "la  strettissima  correlazione  dei due aspetti, e
cioe',   la   circostanza   che   la   delimitazione  del  bacino  e'
un'operazione  preliminare  e  strettamente  funzionale rispetto alla
redazione  dello stesso piano di bacino e, nella Provincia di Trento,
del piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche".
    5.  -  Nella  memoria presentata dal Presidente del Consiglio dei
ministri,   si   ribadiscono  le  ragioni  della  inammissibilita'  e
dell'infondatezza  del  ricorso.  In  particolare, la difesa erariale
rileva  che  la  perimetrazione  del  bacino  idrografico  del  Piave
indicata  nella  cartografia  non  e'  contestata  di  per se', ma in
riferimento  ad  un  segno "a segmenti continui", relativo ai confini
tra  i  comuni  di  Canazei e di Rocca Pietore, da ritenersi estraneo
all'oggetto  del  d.P.R.  riguardante  la  delimitazione  del  bacino
anzidetto  e  non  la  delimitazione dei territori comunali e percio'
rispetto ad essa privo di qualsivoglia efficacia e rilevanza. D'altra
parte, l'art. 2 del d.P.R. in esame tiene distinti "limiti di bacino"
e  "limiti  amministrativi  dei territori comunali" ed e' preordinato
soltanto  alla delineazione dei limiti di bacino, cosi' come l'art. 4
concerne  soltanto  la perimetrazione del bacino secondo la "linea di
displuvio".    La    difesa   erariale   conclude   quindi   per   la
inammissibilita'  del  primo  motivo  del  ricorso,  per  carenza  di
interesse  a  ricorrere e per non pertinenza della doglianza rispetto
all'oggetto ed al contenuto del d.P.R. occasione del conflitto.
    Quanto  al  secondo  motivo di ricorso, la difesa erariale rinvia
all'atto    di    costituzione,    specificando    che   "la   intesa
tecnico-geografica   prevista  dal  menzionato  art. 4  e'  solo  una
modalita'  di  concorde  accertamento  di  fatti  (fluire delle acque
meteoriche)  e  certamente non puo' essere trasfigurata in momento di
coordinamento,  attraverso  il  consenso,  di differenziati interessi
politico-amministrativi".
    6.   -   La   Regione   Veneto,  che  aveva  depositato  un  atto
d'intervento,  in prossimita' dell'udienza presenta una memoria nella
quale, tra l'altro, specifica che il conflitto in oggetto, pur avendo
la   configurazione  di  conflitto  di  attribuzione  con  lo  Stato,
coinvolge   anche  le  attribuzioni  dell'interveniente,  riguardando
"pretese"  territoriali  che  interessano  il  confine con il Veneto.
L'accoglimento   di   siffatte   "pretese"  presupporrebbe  non  solo
l'instaurazione  del  contraddittorio con detta Regione, ma finirebbe
per  incidere  sulle  corrispondenti  attribuzioni  costituzionali di
questa. Di qui la dedotta ammissibilita' del suo intervento e, quanto
alla  tempestivita'  dello stesso, la Regione deduce l'impossibilita'
di  far  decorrere  il  termine  per l'intervento da una notifica non
avvenuta.
    Nel  merito,  la Regione Veneto rileva la non incidenza dell'atto
in  esame  sul  territorio  provinciale  e  sulle  attribuzioni della
ricorrente,  altro  essendo  il  confine  amministrativo  degli  enti
territoriali,  altra  la  delimitazione  dei  bacini  idrografici. La
possibile  coincidenza tra essi non esclude che le due "confinazioni"
siano  tra  loro  perfettamente  autonome e produttive di conseguenze
giuridiche del tutto diverse.
    La Regione Veneto conclude quindi per la carenza dell'oggetto del
ricorso,  dal momento che il potere esercitato non riguarda affatto i
confini amministrativi delle Regioni.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di
attribuzione  nei  confronti dello Stato, in relazione al decreto del
Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, recante "Delimitazione
del  bacino idrografico del fiume Piave", chiedendo a questa Corte di
dichiarare  che  "non  spetta allo Stato, e neppure alle Autorita' di
bacino  del  Piave  e dell'Adige, in sede di delimitazione del bacino
idrografico   del   fiume   Piave,  definire  la  linea  del  confine
amministrativo  fra  la Regione Veneto (comune di Rocca Pietore) e la
Provincia  autonoma  di  Trento  (comune di Canazei), ne' la linea di
displuvio  sul  monte  Marmolada  in  maniera difforme da quella gia'
definitivamente  accertata  con  il  d.P.R.  29 maggio  1982 e con la
successiva sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1361/1981,
del   23 ottobre  1998  (passata  in  giudicato)"  e  di  pronunciare
l'annullamento  di tale decreto, nella parte in cui si riferisce alla
ricorrente,  in  quanto  lesivo  della  propria sfera di attribuzioni
costituzionalmente garantite.
    La  Provincia  ricorrente lamenta in particolare la lesione delle
attribuzioni  definite,  per  un  verso,  dagli artt. 131 e 132 della
Costituzione,  giacche'  l'atto  statale  censurato  produrrebbe  una
surrettizia  modifica  dei  confini  amministrativi  della  Provincia
autonoma  di Trento; per un altro verso, dagli artt. 8, nn. 6, 18, 20
e  24  dello  Statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige, nonche'
dall'art. 9,  nn. 9  e  11,  e  dagli artt.11, 14, 16, 68 e 107 dello
stesso  Statuto  speciale  di autonomia, giacche' l'impugnato decreto
presidenziale   con  l'annessa  cartografia,  definendo  "il  confine
amministrativo  fra  Provincia  di  Trento  e Regione Veneto" in modo
lesivo  dell'integrita'  territoriale  della ricorrente, risulterebbe
altresi'   e   conseguentemente   lesivo   delle   sue   attribuzioni
costituzionalmente   garantite,   delle  quali  risulterebbe  ridotto
l'ambito territoriale di esercizio.
    Con  particolare  riferimento  al  demanio  provinciale  ed  alle
funzioni  relative,  la  Provincia  lamenta  poi  la violazione degli
artt. 68  e  9,  n. 9,  dello  Statuto, nonche' dall'art. 8, comma 1,
lettera   e),   del  d.P.R.  20 gennaio  1973,  n. 115,  giacche'  la
modificazione  del  confine  amministrativo  quale  risultante  dalla
cartografia   allegata   al   decreto   presidenziale   in  questione
determinerebbe  il  passaggio  di  una  parte cospicua del ghiacciaio
della  Marmolada, "che ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera e), del
d.P.R.  20 gennaio  1973,  n. 115  (come  modificato  dall'art. 1 del
decreto  legislativo  11 novembre  1999,  n. 463)  ...  appartiene al
demanio della Provincia di Trento", dal territorio della Provincia di
Trento  a  quello  della  Regione Veneto, con conseguente menomazione
delle  attribuzioni  della  Provincia  ricorrente relative al proprio
demanio,  di  cui  agli  artt. 68  e  9, n. 9, dello Statuto, ed alle
relative norme di attuazione (art. 8 del d.P.R. n. 115 del 1973).
    La ricorrente si duole infine della violazione dell'art. 97 della
Costituzione,  del  principio di leale collaborazione, degli artt. 9,
n. 9,  e 14 dello Statuto speciale, nonche' dell'art. 5, comma 1, del
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, come modificato dall'art. 2 del decreto
legislativo  11 novembre  1999,  n. 463,  il quale prevede che "nella
Provincia  di  Trento  i  piani  di  bacino di rilievo nazionale sono
sostituiti  dal  "Piano  generale  per  l'utilizzazione  delle  acque
pubbliche  previsto  dall'art. 14  dello Statuto speciale", stabilito
"d'intesa  tra i rappresentanti dello Stato e della Provincia in seno
a  un apposito comitato" (art. 14, terzo comma, dello Statuto), e non
d'intesa  tra le competenti Autorita' di bacino, come previsto invece
-  ad  avviso  della  Provincia,  illegittimamente  - dall'art. 4 del
decreto impugnato.
    2.  -  In  via  preliminare  deve  essere  esaminata  l'eccezione
d'inammissibilita'  sollevata dalla difesa erariale, la quale osserva
come  la  perimetrazione  del  bacino  idrografico del Piave indicata
nella cartografia allegata al decreto presidenziale impugnato non sia
contestata  di  per  se',  ma  in riferimento ad un segno "a segmenti
continui",  cioe'  la linea retta relativa ai confini tra i comuni di
Rocca Pietore e Canazei, da ritenersi estraneo all'oggetto del d.P.R.
21 dicembre  1999,  esclusivamente  destinato  alla delimitazione del
bacino  idrografico  anzidetto  e  non  gia'  alla  delimitazione dei
territori  comunali.  La  censura  avanzata  dalla ricorrente avrebbe
cosi'  ad  oggetto  un  provvedimento del tutto privo di effetti e di
rilevanza   giuridica   ai   fini  della  delimitazione  del  confine
amministrativo  tra  i due comuni, inidoneo, pertanto, a produrre una
menomazione  delle  attribuzioni  della  ricorrente  ed  impugnato in
carenza di interesse a ricorrere.
    3.  -  L'eccezione  di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura
generale dello Stato deve essere accolta.
    Per   quanto   concerne   la  lamentata  lesione  dell'integrita'
territoriale   della   ricorrente   e   la  doglianza  relativa  alla
conseguente  menomazione  delle  competenze  ad  essa garantite dallo
Statuto  e  dalle norme di attuazione, destinate ad essere esercitate
in  tale ambito territoriale, il provvedimento impugnato, nella parte
in  cui  rinvia  alla  cartografia  allegata, non e' infatti idoneo a
ledere  le attribuzioni della ricorrente in riferimento agli invocati
parametri.
    Tale  provvedimento  non  e' destinato a norma delle disposizioni
legislative  e  sublegislative  che lo disciplinano (art. 4, comma 1,
lettera  b)  della  legge  n. 183  del 1989, come modificato ai sensi
dell'art. 1, comma 1, lettera ii) della legge n. 13 del 1991; artt. 1
e  3  del d.P.R. 14 aprile 1994) ad incidere, neppure indirettamente,
sulla   delimitazione   dei   confini  amministrativi  tra  gli  enti
territoriali interessati, che nella cartografia sotto questo profilo,
priva  di rilevanza giuridica allegata ai provvedimenti presidenziali
di  delimitazione dei bacini idrografici assumono un valore meramente
indicativo.  Ai  fini della delimitazione dei confini amministrativi,
e',  in  altri  termini, irrilevantela rappresentazione che di questi
ultimi compare nella cartografia contestata (una linea retta continua
che  taglia  diagonalmente  il  ghiacciaio  della  Marmolada anziche'
congiungere le creste o le cime piu' alte), elaborata al solo fine di
delimitare il bacino idrografico.
    4.  -  Parimenti inammissibile deve essere dichiarato il ricorso,
quanto alla lamentata violazione, ad opera dell'art. 4 dell'impugnato
decreto presidenziale, dell'art. 97 della Costituzione, del principio
di  leale  cooperazione,  degli  artt. 9,  n. 9,  e  14 dello Statuto
speciale,  nonche'  dall'art. 5,  comma  1, del d.P.R. 22 marzo 1974,
n. 381,   come   modificato   dall'art. 2   del  decreto  legislativo
11 novembre 1999, n. 463.
    Il  d.P.R.  n. 381  del  1974,  come  modificato  dall'art. 2 del
decreto  legislativo n. 463 del 1999, prevede che "nella Provincia di
Trento  i  piani  di  bacino di rilievo nazionale sono sostituiti dal
`Piano  generale  per l'utilizzazione delle acque pubbliche' previsto
dall'art. 14  dello  Statuto  speciale",  stabilito  "d'intesa  tra i
rappresentanti  dello  Stato  e della Provincia in seno a un apposito
comitato", e non d'intesa tra le competenti Autorita' di bacino, come
previsto  dall'art. 4  del  d.P.R.  21 dicembre 1999, che prevede, ai
fini  della predisposizione di "apposita cartografia di dettaglio per
definire  la  linea  di  displuvio  nei territori dei comuni di Rocca
Pietore  (Belluno)  e  Canazei  (Trento)",  la  sola  intesa  tra  le
Autorita' di bacino del Piave e dell'Adige.
    Il  censurato  art. 4,  che,  senza  prevedere una partecipazione
della  Provincia  ricorrente,  rimette all'intesa tra le autorita' di
bacino  del  Piave e dell'Adige la definizione piu' dettagliata della
linea  di  displuvio  la  quale non riguarda, va ribadito, la materia
della   delimitazione  dei  confini  amministrativi  -  si  limita  a
disciplinare il procedimento da seguire per la redazione di "apposita
cartografia  di  dettaglio  per  definire  la  linea di displuvio nei
territori dei comuni di Rocca Pietore (Belluno) e Canazei (Trento)".
    Anche a questo riguardo, deve essere condivisa la deduzione della
difesa  erariale, che ravvisa nell'intesa tecnico-geografica prevista
dal menzionato art. 4 "solo una modalita' di concorde accertamento di
fatti  (fluire  delle  acque  meteoriche)"  e non gia' "un momento di
coordinamento,  attraverso  il  consenso,  di differenziati interessi
politico-amministrativi".
    Si   tratta   di   un   adempimento   tecnico  di  specificazione
dell'impugnato  provvedimento di delimitazione del bacino idrografico
del  fiume  Piave,  che  non interferisce nelle attribuzioni previste
dall'art. 14    dello   Statuto   speciale,   a   norma   del   quale
"l'utilizzazione  delle  acque pubbliche da parte dello Stato e della
provincia,  nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in base
a  un  piano  generale  stabilito d'intesa tra i rappresentanti dello
Stato  e  della  provincia  in  seno  a  un  apposito  comitato". Ne'
l'impugnato decreto, nella parte in cui disciplina la predisposizione
di  apposita  cartografia  di  dettaglio  per  definire  con maggiore
precisione  la  linea  di  displuvio,  puo'  risultare  lesivo  delle
attribuzioni  provinciali  come  definite  dalle  richiamate norme di
attuazione  statutaria,  in  base  alle  quali  il piano generale per
l'utilizzazione  delle  acque  pubbliche  previsto dal citato art. 14
dello Statuto, "vale anche, per il rispettivo territorio, quale piano
di bacino di rilievo nazionale".
    Che  alla delimitazione del bacino idrografico in base alla legge
n. 183  del  1989  siano estranee le procedure di intesa di cui al d.
P.R.  n. 381 del 1974, come modificato dal decreto legislativo n. 463
del  1999, risulta del resto dal tenore del quarto comma dello stesso
art. 5  del  d.P.R.  n. 381  del  1974,  che prevede apposite intese,
ulteriori  rispetto  a  quella  per l'adozione del piano generale per
l'utilizzazione  delle  acque,  tra  l'autorita'  ministeriale  e  la
Provincia   autonoma   interessata,  solo  per  il  "coordinamento  e
l'integrazione  delle  attivita'  di pianificazione nell'ambito delle
attribuzioni  loro  conferite  dal  presente  decreto  e  dalla legge
18 maggio 1989, n. 183".
    Nel  fare  riferimento  alle  attivita'  di  pianificazione e nel
richiamare  la  legge n. 183 del 1989, che all'art. 4 prevede appunto
il  potere statale di delimitazione dei bacini idrografici di rilievo
nazionale,  la  citata  disposizione  non  puo' essere interpretata -
impregiudicata restando la questione del riparto delle competenze tra
Stato,  regioni e province autonome nella materia della delimitazione
dei  bacini  idrografici,  alla luce del nuovo quadro costituzionale,
questione  estranea al presente giudizio - come diretta ad imporre la
procedura  di  intesa con la Provincia autonoma interessata anche per
le operazioni tecniche di delimitazione dei bacini idrografici.
    Anche  per  la  parte  in  cui lamenta la violazione dell'art. 97
della  Costituzione,  del  principio  di  leale  cooperazione,  degli
artt. 9,  n. 9,  e  14  dello  Statuto speciale, nonche' dell'art. 5,
comma   1,   del   d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 381,  come  modificato
dall'art. 2  del  decreto  legislativo  11 novembre  1999, n. 463, il
ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile per inidoneita'
dell'atto   a   produrre  la  lamentata  menomazione  delle  invocate
attribuzioni provinciali.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
sollevato  dalla Provincia autonoma di Trento in relazione al decreto
del   Presidente   della   Repubblica   21 dicembre   1999,   recante
"Delimitazione  del  bacino  idrografico  del  fiume  Piave",  con il
ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Contri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 maggio 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
02C0454