N. 199 ORDINANZA 9 - 16 maggio 2002
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Enti non riconosciuti - Fondazione - Costituzione con testamento pubblico - Termine per la proposizione dell'istanza di riconoscimento - Decorrenza dall'apertura della successione anziche' dal momento in cui l'onerato dell'esecuzione ne sia venuto a conoscenza - Lamentata compressione dei diritti della personalita' del de cuius e della fondazione, irragionevolezza della disciplina - Adesione a interpretazione non consolidata - Motivazione contraddittoria e insufficiente in ordine alle condizioni di proponibilita' della questione - Manifesta inammissibilita'. - Cod. civ., art. 600. - Costituzione, artt. 2 e 3.(GU n.20 del 22-5-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 600 del codice civile promosso con ordinanza emessa il 30 novembre 2000 dal Tribunale di Siracusa nel procedimento civile vertente tra Fallisi Vito ed altri e la Fondazione "Frazzetto" ed altri, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visti l'atto di costituzione di Fallisi Giuseppe nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 26 febbraio 2002 il giudice relatore Fernanda Contri; Uditi l'avvocato Cesare Massimo Bianca per Fallisi Giuseppe e l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che con ordinanza emessa il 30 novembre 2000 il Tribunale di Siracusa ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dell'art. 600 del codice civile, "nella parte in cui secondo la costante interpretazione giurisprudenziale - il termine per la proposizione dell'istanza di riconoscimento della fondazione decorre, nel caso di testamento pubblico, dall'apertura della successione anziche' dal momento in cui chi sia tenuto a darvi esecuzione ne sia venuto a conoscenza"; che il giudizio a quo e' stato promosso dagli eredi legittimi nei confronti di una fondazione istituita erede universale con testamento pubblico; che gli attori nel giudizio a quo hanno chiesto la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell'art. 600 del codice civile, della disposizione testamentaria a favore della fondazione, in quanto l'istanza per il riconoscimento della stessa era stata presentata otto giorni dopo il decorso del termine di un anno dalla eseguibilita' del testamento ossia, secondo quella che il rimettente definisce costante interpretazione giurisprudenziale, dal momento dell'apertura della successione nel caso di testamento pubblico; che il rimettente precisa che l'istanza di riconoscimento, pur essendo stata presentata dopo il decorso di un anno dall'apertura della successione, era stata comunque presentata entro l'anno dalla conoscenza della disposizione testamentaria e dall'accettazione dell'ufficio da parte degli esecutori testamentari, che avevano provveduto alla costituzione della fondazione secondo le previsioni dello stesso testamento; che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 600 del codice civile, cosi' come interpretato dalla giurisprudenza, proprio in quanto il termine di un anno per la presentazione dell'istanza di riconoscimento decorre dall'apertura della successione anziche' dal momento della conoscenza della disposizione testamentaria che, nel caso di specie, si avrebbe con l'accettazione della nomina da parte dell'esecutore testamentario che avviene con gli adempimenti previsti dall'art. 702 del codice civile; che, secondo il rimettente, la norma censurata, in violazione dell'art. 2 della Costituzione, comprimerebbe i diritti della personalita' "sia del de cuius che dell'ente da questi istituito", privilegiando i diritti patrimoniali dei successibili rispetto ai principi di solidarieta' che trovano espressione con l'istituzione di una fondazione le cui finalita' corrispondano a pubblico interesse; che l'art. 600 del codice civile sarebbe inoltre in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, facendo decorrere un termine di decadenza, al cui inutile spirare e' connessa l'inefficacia della disposizione a favore dell'ente non riconosciuto, ancor prima che l'ufficio dell'esecutore testamentario abbia avuto inizio con gli adempimenti previsti dall'art. 702 del codice civile, ben potendosi, peraltro, verificare l'ipotesi che l'arco temporale considerato dalla disposizione in esame sia in tutto o in parte decorso quando chi sia onerato dell'esecuzione venga a conoscenza della morte e quindi delle disposizioni testamentarie; che la questione sarebbe rilevante, vertendosi, nel caso di specie, in ipotesi di testamento pubblico ed essendo l'istanza per il riconoscimento stata presentata oltre l'anno dall'apertura della successione, sebbene entro l'anno dalla conoscenza della disposizione testamentaria e dall'accettazione da parte degli esecutori dell'ufficio; che la rilevanza non sarebbe esclusa dalla abrogazione dell'art. 600 del codice civile avvenuta in data successiva all'introduzione del giudizio a quo in virtu' del disposto della legge n. 192 del 2000, perche' la retroattivita' ivi prevista non potrebbe spingersi oltre i limiti del diritto quesito, con la conseguenza della perdurante applicazione del suddetto art. 600; che, peraltro, la intervenuta abrogazione dell'art. 600 del codice civile consentirebbe, ad avviso del giudice a quo di ritenere positivamente recepito un principio generale, espressione dell'esigenza di eliminare qualsiasi ostacolo alla realizzazione della volonta' del testatore, in conformita' ai valori della mutata coscienza sociale; che si e' costituito in giudizio uno degli attori nel giudizio a quo, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o, in ogni caso, infondata; che la difesa della parte ha contestato anzitutto l'ammissibilita' della questione, in quanto l'ordinanza di rimessione sarebbe stata notificata alle parti costituite nel giudizio a quo, ma non alla convenuta rimasta contumace in quel giudizio, ed ha rilevato, nel merito, che il termine previsto dall'art. 600 del codice civile sarebbe congruo, assicurando in un tempo ragionevole lo scioglimento del dubbio sulla destinazione dei beni e rispondendo anche all'esigenza di tutela degli interessi degli eredi legittimi, ricavabile dall'art. 42, quarto comma, della Costituzione; che, secondo la difesa della parte, la norma impugnata non prescinderebbe dalla conoscibilita', in quanto la eseguibilita' del testamento, da cui dipende la decorrenza del termine, presuppone la pubblicazione del testamento e quindi proprio la sua conoscibilita', assicurando che il decorso del termine muova da un fatto obiettivo e non da una situazione psichica del soggetto; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita' e comunque per la manifesta infondatezza della questione; che la difesa erariale rileva, anzitutto, che le disposizioni, ormai abrogate, richiedenti il previo riconoscimento della personalita' giuridica ai fini dell'efficacia degli atti di liberalita' sia inter vivos che mortis causa disposti a favore di enti non riconosciuti erano ispirate al principio di favorire, nella destinazione delle risorse economiche del paese, l'impiego in attivita' produttive, impedendo, peraltro, che i testatori, violando fondamentali principi di umanita', compissero ingiustificate elargizioni in danno a congiunti in stato di indigenza; che, secondo la difesa erariale, la fissazione di un termine decadenziale di decorrenza certa, legato a situazioni oggettive, avrebbe risposto all'esigenza di contemperare il rispetto della volonta' del de cuius con gli interessi dell'economia nazionale e con quelli dei successibili; che comunque, secondo la difesa erariale, l'art. 600 del codice civile non precisa quale sia il momento dell'eseguibilita' del testamento pubblico, dovendo tale nozione essere ricavata da altre norme e principi del codice in via di interpretazione, per cui la censura del rimettente si risolverebbe nel dolersi dell'insegnamento secondo il quale anche nel caso di nomina di esecutori testamentari il testamento pubblico e' eseguibile prima degli adempimenti previsti dall'art. 702 del codice civile, e quindi in una questione di interpretazione. Considerato che il giudice a quo dubita - in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione - della legittimita' costituzionale dell'art. 600 del codice civile, "nella parte in cui - secondo la costante interpretazione giurisprudenziale - il termine per la proposizione dell'istanza di riconoscimento della fondazione decorre, nel caso di testamento pubblico, dall'apertura della successione anziche' dal momento in cui chi sia tenuto a darvi esecuzione ne sia venuto a conoscenza"; che l'art. 600 del codice civile e' stato abrogato dall'art. 1 della legge 22 giugno 2000, n. 192 (Modifica dell'articolo 13 della legge 15 maggio 1997, n. 127, e dell'articolo 473 del codice civile); che l'abrogazione dell'art. 600 del codice civile e' intervenuta in data successiva all'introduzione del giudizio a quo, con la conseguenza della perdurante applicazione del suddetto art. 600 alla fattispecie in questione; che la ragione di inammissibilita' relativa alla mancata notifica dell'ordinanza di rimessione alla convenuta rimasta contumace nel giudizio a quo, eccepita nella memoria della parte e non piu' risollevata, puo' ritenersi superata per effetto della successiva notifica dell'ordinanza di rimessione a tutte le parti, anche contumaciali, del giudizio a quo; che l'art. 600 del codice civile non precisa quale sia il momento dell'eseguibilita' del testamento pubblico; che il rimettente ritiene che vi sia una costante interpretazione giurisprudenziale per cui il termine per la proposizione dell'istanza di riconoscimento della fondazione decorra dal momento della morte del testatore; che la suddetta affermazione e' in realta' contenuta in una risalente sentenza della Corte di cassazione che tratta della questione solo incidentalmente (Corte di Cassazione - sezione II - 5 luglio 1962, n. 1724); che, pertanto, l'orientamento giurisprudenziale non puo' dirsi tanto consolidato da assurgere a diritto vivente; che la nozione di eseguibilita' del testamento pubblico di cui all'art. 600 del codice civile deve essere ricavata da altre norme contenute nel Codice e dai principi ispiratori; che la motivazione dell'ordinanza di rimessione fa perno sull'ipotesi in cui l'arco temporale considerato dall'art. 600 del codice civile sia in tutto o in parte decorso quando chi sia onerato dell'esecuzione venga a conoscenza della morte e quindi delle disposizioni testamentarie, cosi' da impedire o rendere eccessivamente difficile la presentazione dell'istanza di riconoscimento; che la suddetta condizione non sembra ricorrere nel caso di specie e che, comunque, dall'ordinanza non emergono indicazioni di sorta; che la motivazione sulla rilevanza della questione appare nel complesso contraddittoria e comunque insufficiente, non consentendo a questa Corte il necessario controllo sulla sussistenza di tale condizione di proponibilita'; che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 600 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Siracusa, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Contri Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 16 maggio 2002. Il direttore della cancelleria:Di Paola 02C0457