N. 23 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 20 giugno 2002

Ricorso  per  conflitto  di attribuzione depositato in cancelleria il
20 giugno 2002 (della Regione Molise)

Demanio  e patrimonio dello Stato - Demanio marittimo - Richiesta, da
  parte  dell'Agenzia per il demanio marittimo, ai privati possessori
  di  immobili  situati  in  aree  prossime  al  mare  nei  comuni di
  Campomarino  e Termoli di rilascio e di pagamento di indennita' per
  abusiva   occupazione  -  Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni
  sollevato  dalla Regione Molise - Dedotta violazione della sfera di
  competenza  regionale  sul  presupposto del passaggio al patrimonio
  regionale dei beni del demanio marittimo. ISTANZA DI SOSPENSIONE.
- Provvedimenti dell'Agenzia per il demanio marittimo del 4 settembre
  2001,  n. 3887  e  n. 3883;  del 14 settembre 2001, n. 3878; del 21
  marzo  2002,  n. 2078;  del  5 novembre 2001, n. 6037; del 19 marzo
  2002, n. 2010.
- Costituzione,  artt. 177 e 118; d.P.R. 24 luglio 1997, n. 616, art.
  59;  d.P.R.  15  marzo  1997, n. 59, art. 7; decreto legislativo 31
  marzo 1998, n. 112, artt. 7 e 105, comma 2, lettera l).
(GU n.27 del 10-7-2002 )
    Ricorso,  con  istanza  di  sospensiva, per la Regione Molise, in
persona   del   presidente   in   carica  on.  dott.  Michele  Iorio,
rappresentata e difesa, per mandato a margine del presente atto ed in
virtu'  di  deliberazione della giunta regionale n. 685 del 29 maggio
2002  dagli  avv.  Giovanni  Di  Giandomenico  e Francesco Guicciardi
presso il quale domicilia in Roma alla via Germanico n. 146.
    Contro,  la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica;
    Per  la  dichiarazione che non spetta allo allo Stato, e per esso
all'Agenzia  per  il  demanio,  adottare  provvedimenti relativi alla
gestione delle aree del demanio marittimo, ed in particolare adottare
i  provvedimenti  del  4 settembre 2001, prot. n. 3883 e 3887, del 14
settembre  2001, prot. n. 3878, del 21 marzo 2002, prot. n. 2078, del
5  novembre  2001,  prot.  n. 6037 e del 19 marzo 2002, prot. n. 2010
rispettivamente  a  carico  dei  signori Giorgione Antonio, Benvenuto
Antonio,  De  Fanis  Nicola, Izzi Franca, D'Adderio Antonio, Marinaro
Costantino,  Di  Lisa Laurentino, Di Palma Rosaria, Di Palma Lorenzo,
Di  Palme  Maria  Vincenza  e  Franco Antonio e, da ultimo, Manganese
Carmela  e  Patierno  Corrado  con  i  quali  la  predetta agenzia ha
intimato  ai  privati  possessori di pagare le indennita' per abusiva
occupazione e di rilasciare gli immobili da essi costruiti;
    Nonche' per l'annullamento degli atti medesimi.

                              F a t t o

    Nei  comuni  molisani di Campomarino e Termoli esistono due aree,
vicine  al  mare, edificate da gran tempo con l'assenso e l'attivita'
promozionale  di  tutte le istituzioni, dallo Stato, alla Regione, al
Comune.
    In  particolare,  nel  comune  di  Campomarino  esiste  una vasta
pianura confinante con il mare, della lunghezza di oltre 5 chilometri
e  della  profondita'  di  un  paio,  che  da  tempo immemorabile era
coltivata  ad orti dai contadini del luogo, i quali avevano invece le
proprie abitazioni sulla collina sovrastante.
    Gran  parte  di  questa piana fu adibita dagli Alleati a campo di
aviazione,  durante  la 2a guerra mondiale. Nel dopoguerra, invece, a
partire  dagli  anni sessanta inizio' un impetuoso sviluppo turistico
che   vide   realizzare   su   quella  fascia  una  citta'  di  circa
cinquantamila   abitanti  (con  10.000  appartamenti).  L'abitato  si
sviluppo'  regolarmente,  sulla base di un Programma di Fabbricazione
approvato  nel  1973  dal Provveditore regionale alle opere pubbliche
del  Molise  (organo  periferico  del  Ministero  LL.PP.),  e  con il
rilascio  delle  rituali concessioni edilizie ai proprietari (privati
ed  imprese)  da  parte  del comune. Il titolo di proprieta', che per
molti  era di natura derivativa per acquisti inter vivos, e per altri
per  acquisti mortis causa, non venne mai stato messo in discussione,
anche  perche',  sia  il  vecchio  catasto  che il nuovo - del 1948 -
portavano intestate le particelle al nome dei privati.
    La  zona  fu  anche doviziosamente infrastrutturata, con opere di
urbanizzazione  primaria  e  secondaria,  e  con  finanziamenti prima
statali  (Cassa  per il mezzogiorno, Cassa depositi e prestiti) e poi
regionali, attingendo anche ai fondi comunitari.
    Le  imprese  della  regione  impegnarono  cospicui investimenti e
molti  appartamenti  o  villette vennero ceduti, in genere quali case
per  vacanze  a  privati, che provenivano dai centri vicini maggiori:
Foggia,  Campobasso,  Benevento. Altre abitazioni, invece, fungono da
normale  residenza per i cittadini del comune. Inutile dire che nella
zona  sono  presenti  numerose  infrastrutture  turistiche: alberghi,
ristoranti,  locali  ecc. Il tutto, si ripete, con la piu' completa e
puntuale  regolarita'  urbanistica  e  con  la  dovuta  approvazione,
progetto per progetto, della Sovrintendenza dei beni ambientali.
    In  parallelo,  si  e' sviluppata la vicenda della quasi finitima
localita' "Marinelle" nel comune di Termoli.
    La  zona  interessata  qui  e'  di dimensioni piu' ridotte, lunga
circa  un chilometro e larga da qualche decina a qualche centinaio di
metri.  In  sostanza,  una lingua di terra a ridosso della spiaggia e
fino al costone che sorregge - fra l'altro - la ferrovia adriatica.
    In  essa si e' sviluppata un'edilizia residenziale che ha portato
a  costruire degli alloggi per circa un migliaio di persone. Sotto il
profilo  urbanistico, il comune ha varato, e la Regione approvato, un
piano  di  recupero;  gli stabili o sono stati costruiti a seguito di
concessione  edilizia  o  sono  stati  regolarizzati  con  licenza  a
sanatoria.  Anche  in questa localita' sono state realizzate numerose
opere  di  urbanizzazione  e vengono riscossi i tributi diretti sugli
immobili, sia da parte dello Stato che da parte del Comune.
    Negli   ultimi  venti  anni,  pero',  soprattutto  su  iniziativa
dell'Autorita'  marittima  sono  stati  sporadicamente  avanzati  dei
tentativi  per  reclamare la zona al demanio marittimo: cosi' vi sono
stati  alcuni  episodi di denunce penali ai sensi dell'art. 1161 cod.
nav.,  denunce in genere conclusesi con l'assoluzione degli imputati.
L'argomento  portato  sempre avanti dall'amministrazione marittima e'
stato  che  le  zone,  ancorche'  non piu' idonee ai pubblici usi del
mare, debbono intendersi ancora appartenenti al demanio marittimo, in
virtu'  di  una  delimitazione  effettuata  nel  1902  nel  comune di
Campomarino e nel 1912 nel comune di Termoli.
    Per  porre,  pero',  fine  ad  una  situazione  di incertezza che
derivava  da  queste  iniziative  e  che  comportava, tra l'altro, il
blocco  di  ulteriori  attivita'  costruttive  ed anche degli atti di
vendita da parte dei notai, sono state intraprese presso il Tribunale
di   Campobasso  delle  azioni  giudiziarie  volte  a  contestare  la
qualifica di demanialita' marittima alle riferite zone.
    In  particolare,  le  azioni  sono  state  promosse dal comune di
Campomarino,   per   il   suo  territorio  comunale,  e  dai  singoli
proprietari  di  Marinelle di Termoli, per i rispettivi immobili. Gli
argomenti  di  detti  attori,  nelle  azioni promosse di accertamento
negativo,  si  riferiscono alla constatazione che le pretese linee di
delimitazione  effettuate ai principi del secolo XX non possono avere
nessun  rilievo  giuridico, in quanto eseguite operativamente solo da
alcuni  agenti  demaniali,  ma  non  approvate da nessun atto formale
dell'Autorita'  competente.  In sostanza, vi furono dei comportamenti
materiali   a   cui  non  seguirono  mai  i  necessari  provvedimenti
amministrativi,  richiesti  anche  dalla legislazione dell'epoca. Non
presentandosi,  d'altronde,  la demanialita' quale requisito naturale
dei  luoghi alla stregua degli artt. 822 cod. civ. e 28 cod. nav., in
quanto  i  territori  in  questione sono da molto tempo - talvolta ab
immemorabile  - inidonei ai pubblici usi del mare, ne consegue che in
nessun  modo  quei  territori  possono  essere ricompresi nel demanio
marittimo.
    Aggiungono, inoltre, gli attori che, ove mai fosse da considerare
vero  il  contrario,  vi  sarebbero  responsabilita' gravissime dello
Stato  e  delle  altre  pubbliche istituzioni che per circa un secolo
hanno  avallato pacificamente ed anzi promosso tale situazione, e che
solo  dopo  cento anni si ricordano di reclamare la demanialita', con
l'incameramento anche delle costruzioni realizzate dai privati.
    I  giudizi sono in corso. Ma, inopinatamente e sorprendentemente,
da  qualche  giorno  stanno  pervenendo  ai privati interessati delle
intimazioni  da parte dell'agenzia per il demanio - subentrata per la
gestione  al Ministero delle finanze - che richiedono il pagamento di
somme  ingentissime  dovute  per occupazioni abusive, negli ultimi 30
anni,  non  solo  dei  terreni  demaniali,  ma  anche  degli immobili
costruiti   dai  privati  stessi  e  che  ne  reclamano  il  rilascio
immediato.
    Le  destinazioni  di tali immobili sono in parte residenziali, in
parte turistico-ricreative (alberghi, stabilimenti balneari ecc.).
    Dette intimazioni non hanno neppure considerato l'esistenza delle
cause  in  corso e rischiano di far esplodere una gravissima tensione
sociale,  sia  per  l'entita'  delle  persone  coinvolte,  sia per le
modalita'  con  cui  tutta  la  vicenda si e' sviluppata per oltre un
secolo.
    Altre   intimazioni,   viceversa,   riguardano   degli   immobili
effettivamente  costruiti  su suoli demaniali, in assenza di regolare
concessione,  ma  riguardanti  casi  in  cui  non  e' in questione la
regolarita'  urbanistica  e  che,  peraltro, sono stati tollerati per
lunghi e numerosi decenni, senza che i possessori fossero minimamente
infastiditi.
    Ora   e'  intenzione  di  questa  Regione  e  degli  enti  locali
interessati regolarizzare tutte queste situazioni, nel pieno rispetto
dell'ordinamento  giuridico, sia attendendo il responso del tribunale
civile  circa  la demanialita' delle aree, sia procedendo al rilascio
dei necessari atti concessori, in piena rispondenza con gli strumenti
urbanistici   adottati  anch'essi  con  il  parere  favorevole  della
sovrintendenza dei beni ambientali.
    L'iniziativa assunta dall'agenzia del demanio, viceversa, venendo
oltretutto  dopo  un  secolo  di  inerzia,  rischia solo di provocare
lacerazioni  sociali  insopportabili  e  gravissimi  danni  economici
all'economia  della  zona.  Essa,  d'altronde,  invade palesemente le
competenze  regionali  e  locali, cosi' come fissate nei piu' recenti
testi legislativi e costituzionali di federalismo solidale.
    Viola,  d'altronde,  anche  le  attribuzioni  patrimoniali  della
Regione,  per la richiesta di indennizzo da parificare ai canoni, che
spettano  invece ad essa, quanto meno a far data dal conferimento dei
poteri.
    Gli  atti medesimi, pertanto, vanno annullati, previa sospensiva,
per le seguenti considerazioni di

                            D i r i t t o

    1).  -  Violazione degli artt. 117 e 118 della costituzione anche
in  relazione  all'art. 59 decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio  1977,  n. 616, art. 7 decreto del Presidente della Repubblica
59/1997  e  artt. 7 e 105, comma 2, lettera l), d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 112  e art. 43 legge regionale Molise n. 34 del 29 settembre 1999.
Carenza di attribuzione e di competenza.
    I  -  Gia'  l'art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica
616/1977  "delegava"  alle  regioni  "le  funzioni amministrative sul
litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti,
...  quando  l'utilizzazione  prevista  abbia  finalita' turistiche e
ricreative".  Da  tale  delega  erano  escluse solamente "le funzioni
esercitate  dagli  organi  dello  Stato  in  materia  di  navigazione
marittima, di sicurezza nazionale e di politica doganale". Il secondo
comma, poi, aggiungeva che "la delega non si applica ai porti ed alle
aree di preminente interesse nazionale", da individuare con d.P.C.m.
    Come  e'  noto,  mancando appunto tale ultimo atto, la delega non
venne  mai ritenuta operativa, se non dal 10 gennaio 1996, essendo il
d.P.C.m. intervenuto solamente il 21 dicembre 1995.
    Le  aree  in  questione  non  sono  ricomprese  nel  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Successivamente, l'art. 105 del d.lgs. n. 112/1998 ha disposto il
"conferimento" delle funzioni relative "al rilascio di concessioni di
beni  del demanio, della navigazione interna, del demanio marittimo e
di  zone  del  mare  territoriale  per finalita' diverse da quelle di
approvvigionamento  di  fonti  di energia" ad esclusione, sempre, dei
porti e beni delle aree di interesse nazionale.
    Tale  conferimento,  peraltro,  e' stato esteso anche ai porti di
interesse  regionale  ed interregionale a far data dal 1 gennaio 2002
dalla legge 16 marzo 2001 n. 88, art. 9.
    Con   l'art. 42  d.lgs.  n. 96,  i  medesimi  poteri  sono  stati
attribuiti  ai  comuni, nelle Regioni prive delle leggi di attuazione
del d.lgs. n. 112/1998.
    In  relazione  a  tale ultima legge, la Regione Molise ha emanato
una  propria  legge  regionale, la n. 34 del 1999, che all'art. 43 ha
riservato  alla  Regione  stessa  la competenza sul demanio marittimo
disponendo  all'art. 54,  che  "restano"  alla  Regione  "le funzioni
amministrative  che  attengono  il  demanio  marittimo  per finalita'
turistico-ricreative".
    Di  conseguenza,  anche  ai sensi del decreto-legge n. 400/1993 e
cosi'  come  convertito  nella legge n. 494/1993, art. 6, comma 3, ha
approvato  il Piano regionale di utilizzazione delle aree del demanio
marittimo  a  scopo  turistico-ricreativo  pubblicato  sul  B.U.R.M.,
supplemento straordinario n. 2 del 15 settembre 2001.
    Viceversa, con l'art. 65 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, si e'
disposto che "all'Agenzia del demanio e' attribuita l'amministrazione
dei beni immobili dello Stato".
    II  -  Richiamata  la  normativa  di  riferimento,  c'e' da dire,
innanzi  tutto,  che la competenza regionale in materia sembra essere
chiara,  sia  perche'  esercitata  direttamente  (come per l'utilizzo
turistico-ricreativo)   sia   perche',  anche  se  al  momento  viene
esercitata  in  concreto  dai  comuni (come per quello residenziale o
portuale,  in virtu' del d.lgs. n. 96/1999), essa rimane sempre nella
potesta'  legislativa regionale che potrebbe disporne in ogni momento
(art. l d.lgs. n. 96/1999).
    Occorre  poi  precisare  quali sono, ora, i poteri conferiti alle
Regioni.
    A prima vista potrebbe apparire che essi continuano a riferirsi a
tutte   le   "funzioni   turistico-ricreative"  relative  al  demanio
turistico-ricreativo,  cosi'  come  disposto dall'art. 59 decreto del
Presidente  della  Repubblica  n. 616/1977, mentre riguardano solo il
"rilascio  delle  concessioni"  per  il  demanio di utilizzo diverso,
cosi' come si esprime l'art. 105 d.lgs. n. 112/1998.
    Non  potrebbe,  infatti,  neppure  pensarsi che la seconda norma,
piu' estensiva della prima per l'oggetto (riguarda "tutto" il demanio
e  non  solo  una  parte  di  esso) avrebbe ridisegnato in senso piu'
restrittivo  l'ambito  dei  poteri  conferiti  dalla  prima  a quello
turistico-alberghiero,  in  virtu'  del  principio  della successione
delle leggi nel tempo. Al proposito, si esprime chiaramente l'art. 1,
comma  4,  d.lgs.  n. 112/1998: "In nessun caso le norme del presente
decreto  legislativo  possono  essere  interpretate  nel  senso della
attribuzione allo Stato, alle sue amministrazioni o ad enti pubblici,
di  funzioni  e  compiti  trasferiti o delegati o comunque attribuiti
alla  regione,  agli  enti  locali  e alle autonomie funzionali dalle
disposizioni  vigenti  alla  data  di  entrata in vigore del presente
decreto legislativo".
    Viceversa,  e'  da  ritenere che e' la seconda normativa che deve
essere   intesa   in   senso   piu'  estensivo,  non  limitandosi  il
procedimento ermeneutico solo al significato letterale delle parole.
    Innanzi  tutto,  sembra  evidente che il riferimento debba essere
inteso a tutte le materie delle concessioni, e non alla sola fase del
"rilascio".  Pertanto,  anche  le  vicende  successive debbono essere
ricomprese  nella dizione, e quindi anche il rinnovo, l'annullamento,
la revoca, la decadenza, e cosi' via.
    Ma,  piu'  comprensivamente, deve ritenersi che l'espressione del
legislatore  del  '98  debba essere intesa quale sineddoche di quella
del  legislatore  del  '77,  e cioe' che il conferimento riguardi non
solo  le  specifiche  funzioni  relative alle concessioni del demanio
marittimo, ma a tutte le funzioni amministrative ad esso riferentesi,
anche per il demanio ad utilizzo non turistico ricreativo.
    Altrimenti  divisando,  avremmo una disparita' di trattamento sul
demanio a seconda del suo utilizzo (p. es.: residenziale o turistico)
il  cui  criterio discretivo non potrebbe che appartenere a chi ha la
funzione  urbanistica primaria, e cioe' alla Regione stessa. In altri
termini,  a  seconda  delle  decisioni  regionali di estendere o meno
l'utilizzo  di  un  tipo  o  di  un  altro,  o viceversa, avremmo una
disparita'  di  funzioni  sullo stesso bene, e magari con una diversa
successione nel tempo, che si riflette sui poteri di amministrazione.
    In  secondo  luogo,  una interpretazione siffatta si scontrerebbe
con  altri  principi fissati dall'art. 4 legge n. 59/1997, e cioe' la
legge-delega  di  base, quali quello - fondamentale - per cui restano
allo Stato solo le funzioni espressamente indicate (comma 2) e quelli
di  completezza  (comma 3, lett. b)) di unicita' dell'amministrazione
(comma 3, lett. a)) e di omogeneita' (lett. f)).
    In  terzo  luogo,  la materia deve ora riguardarsi anche sotto il
profilo   del  principio  di  sussidiarieta',  introdotto  dal  nuovo
art. 118 della Costituzione.
    Ma  la  considerazione  decisiva  scaturisce dall'esame del nuovo
assetto  costituzionale  della  ielativa  materia,  conseguente  alle
modifiche al titolo V della parte II della Costituzione.
    Va in proposito evidenziata la diversa impostazione istituzionale
dello  Stato  che  deriva gia' dalla nuova formulazione dell'art. 114
della Costituzione.
    Infatti,  mentre  nel  precedente  testo  vi  era  una  implicita
identita'  tra  la Repubblica e lo Stato, nella nuova formulazione lo
Stato  diviene una "componente" della Repubblica, a fianco di Comuni,
Province, citta' metropolitane e Regioni.
    Inoltre  si  afferma che comuni, province, citta' metropolitane e
regioni  sono  enti  autonomi  con  propri statuti, poteri e funzioni
secondo i principi fissati dalla Costituzione.
    A  sua volta gli art. 117 e 118 Costituzione appaiono riformulati
in  modo  da  ribaltare  l'equilibrio  di  attribuzioni  tra  Stato e
Regioni.
    Nella precedente stesura l'art. 117 indicava le materie in cui vi
era un potere legislativo regionale, mentre nell'attuale formulazione
vengono individuate tassativamente le materie riservate all'esclusiva
legislazione  dello  Stato  e  fra di esse non compare, come tale, il
settore  dei  beni demaniali, mentre esso non e' neppure indicato tra
quelli di legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
    E' poi espressamente stabilito al quarto comma che "in ogni altra
materia  non prevista tra quelle a legislazione esclusiva dello Stato
la potesta' regolamentare spetta alle Regioni".
    Appare  anche significativo che mentre la precedente formulazione
dell'art. 119,  quarto  comma Cost. menziona un demanio regionale, in
implicita  contrapposizione  con  il demanio statale, questa menzione
sia scomparsa nella nuova formulazione dell'art. 119, che non intende
certo  diminuire  le prerogative regionali, ove si dice semplicemente
che  "i  comuni,  le  province,  le citta' metropolitane e le regioni
hanno  un  proprio  patrimonio attribuito secondo i principi generali
determinati dalla legge dello Stato".
    Deve  implicitamente  ritenersi  che l'equiparazione tra Stato ed
altri  Enti  territoriali  ha  implicato  la cessazione della nozione
privilegiata   di  demanio  statale,  come  contrapposta  al  demanio
regionale e degli altri enti territoriali, per sostituirla con quella
di  beni  di  enti  territoriali  di diverso livello (Stato, Regioni,
Province, comuni e citta' metropolitane) adibiti secondo le modalita'
indicate  dalle  singole  leggi  a  soddisfare  determinati interessi
pubblici  e soggetti quindi, con stretta inerenza al perseguimento di
quegli  interessi,  alla  disciplina  pubblicistica  propria dei beni
demaniali.
    D'altro  canto  gia' il d.lgs. n. 112/1998 aveva determinato ampi
trasferimenti  di  beni  demaniali  statali  agli altri enti pubblici
territoriali.
    Se  ne deve concludere che il settore del demanio pubblico, cioe'
di  quei  beni  che  servono  al  raggiungimento  dei  fini  pubblici
soddistacendo   in  modo  diretto  i  piu  importanti  bisogni  della
generalita'  e'  nel  nuovo  assetto  costituzionale ripartito tra lo
Stato,  le  Regioni e gli altri enti pubblici territoriali sulla base
delle  attribuzioni delle relative funzioni e la conclusione ovvia e'
che  non  e'  conseguentemente  concepibile  la  proprieta'  del bene
demaniale distinta dal perseguimento delle relative funzioni.
    Allo  Stato  competono certamente quei beni demaniali attinenti a
funzioni  rimaste  nella  sfera di legislazione esclusiva dello Stato
(v.  art. 117 comma 2, lett. d), lett. g), lett. q), lett. s) Cost.),
mentre  per quanto riguarda il demanio marittimo esso non e' compreso
tra  le  materie  di  esclusiva  legislazione  statale,  ma  ad  esso
l'art. 117,  terzo  comma  Cost.  fa  riferimento  tra  le materie di
legislazione  concorrente  solo  per quanto riguarda i porti e sembra
quindi  inevitabile  la  conclusione  che  per  il resto si tratti di
materia  interamente  trasferita  alle  Regioni,  come  si  e'  sopra
evidenziato,  alle  quali  va  ritenuto conseguentemente competere la
proprieta' dei relativi beni demaniali.
    III  - Cio' posto, veniamo ora ai provvedimenti qui impugnati che
contengono,  come  ricordato,  sia  un  ordinanza di sgombero sia una
richiesta di pagamento di indennizzo per immobili demaniali destinati
a volte ad uso turistico ricreativo, a volte ad uso residenziale.
    Per  quanto  riguarda le ordinanze di sgombero non par dubbio che
esse  ricadano  nelle  attribuzioni  ora  conferite  alle Regioni dal
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n. 616/1977,  rientrando
anch'esse  tra  le  "funzioni amministrative" allora delegate (ed ora
conferite   ai  sensi  dell'art. 118  Cost.);  ma,  ugualmente,  esse
ricadono  nella  potesta'  legislativa  regionale ai sensi del d.lgs.
n. 112/1998, non solo per la precedente estensiva lettura che di esso
si  e'  data,  ma  anche per quanto testualmente disposto dal comma 2
dell'art. 1  dello  stesso  d.lgs.  n. 112 che recita: "Salvo diversa
espressa   disposizione   del   presente   decreto   legislativo,  il
conferimento  comprende  anche  le  funzioni  di  organizzazione e le
attivita'  connesse  e strumentali all'esercizio delle funzioni e dei
compiti  conferiti,  quali fra gli altri quelli di programmazione, di
vigilanza,  di accesso al credito, di polizia amministrativa, nonche'
l'adozione  di  provvedimenti  contingibili ed urgenti previsti dalla
legge".
    Ora   non  c'e'  dubbio  che  tali  ordinanze  siano  strumentali
all'esercizio  della funzione concessoria, oltre che attinenti la sua
organizzazione;   che   riguardano   comunque   funzioni  di  polizia
amministrativa e che, nelle particolari circostanze di fatto, possono
considerarsi come provvedimenti contingibili ed urgenti.
    Piu'  complessa,  viceversa,  appare la questione dell'indennita'
per abusiva occupazione, parificata ai canoni concessori.
    Per   essa  sembrano  doversi  distinguere  tre  aspetti:  quello
relativo  all'appartenenza  o  alla  percezione  del canone stesso (o
nell'indennita),  e  cioe' chi deve essere il beneficiario finale del
corrispettivo  del godimento del bene demaniale; quello relativo alla
sua  determinazione, posto che oggi esso e' annoverato fra le entrate
patrimoniali  e  non  fra  quelle  tributarie; e quello relativo alla
gestione della sua riscossione.
    Sotto   i  primi  due  aspetti,  e  cioe'  sull'appartenenza  del
corrispettivo  e  sulla  sua determinazione, non ignora il ricorrente
l'esistenza di una contraria giurisprudenza proprio di codesta ecc.ma
Alta  Corte,  che  con  la  sua sentenza n. 343 del 21 luglio 1995 ha
stabilito  che spetta allo Stato e non alla Regione la determinazione
e  la  percezione  del  canone  di  concessione  relativo ai beni del
demanio  marittimo,  poiche' il canone demaniale segue la titolarita'
dominicale del bene, la quale rimarrebbe allo Stato.
    Ci  si  permetta,  tuttavia,  di rilevare che il principio dianzi
esposto  non  appare  oggi  piu' appagante, non solo sotto il profilo
logico, ma anche sotto quello sistematico e operativo.
    Infatti  la  valutazione  giuridica e' oggi da riconsiderare alla
luce  delle  modifiche  intervenute  al titolo V della parte II della
Costituzione,  di  cui  sopra  si e' accennato, che muovono dal nuovo
principio  costituzionale  della distinzione tra Repubblica e Stato e
della  ripartizione di funzioni tra Stato, Regioni, Province e comuni
su  base  paritaria,  che  presuppone  un  superamento  dello  stesso
concetto  di demanio statale, come contrapposto al demanio regionale,
per  sostituirlo  con quello di inerenza dei beni che per loro natura
soddisfano  a  pubblici  bisogni  in capo all'ente in cui la relativa
funzione  e'  incardinata,  che  nel  caso del demanio marittimo deve
riconoscersi  essere  la  Regione,  come  sopra evidenziato, a cui e'
conseguentemente attribuita la relativa proprieta'.
    Pertanto  l'art. 822  primo comma cod. civ. non appare essere piu
in  linea  con  l'attuale  disciplina  del  titolo  V, II parte della
Costituzione, nel punto in cui sancisce l'appartenenza allo Stato dei
beni del demanio marittimo.
    Questa   conclusione  risulta  avvalorata  anche  dalle  seguenti
considerazioni.  Infatti,  secondo  un'antica  e consolidata dottrina
tali beni sono imputabili essenzialmente alla collettivita' rimanendo
lo  Stato  - persona quale ente gestore degli stessi e non rientrando
tale  appartenenza,  negli  schemi  dogmatici generali del diritto di
proprieta'.
    Ne  deriva che, rimanendo pur sempre la collettivita' titolare di
questa   appartenenza,  il  trasferimento  della  gestione  dei  beni
comporta  anche lo spostamento dell'imputazione formale al nuovo ente
esponenziale titolare della gestione.
    In  sostanza,  ed  in  termini  dogmatici,  si puo' affermare che
l'appartenenza (che e' tratto fondamentale della proprieta', sia pure
pubblica ai sensi dell'art. 42 Cost.) deve consistere pur sempre, per
non  rimanere  un  mero  flatus  vocis,  in  una situazione giuridica
soggettiva,  e dunque in un potere attribuito dall'ordinamento per il
perseguimento  di un interesse protetto: se manca il potere, sia pure
minimo,  manca  la  situazione  giuridica.  E,  dunque, nella specie,
l'appartenenza.
    Inoltre, il canone deve essere visto quale corrispettivo non solo
dell'imputazione  formale  della  titolarita', ma anche e soprattutto
dell'attivita'  gestoria,  di  conservazione, di amministrazione e di
tutela, che oggi viene svolta dalla Regione.
    Sotto  questo  aspetto, esso e' certamente connesso e strumentale
alla  concessione.  Dunque,  per lo stesso principio prima richiamato
dall'art. 1,  comma 2, d.lgs. n. 112/1998, esso deve essere percepito
dall'ente titolare delle funzioni amministrative corrispondenti.
    Ma,  soprattutto,  il  trasferimento  delle  funzioni non e' piu'
immaginabile  senza  il  corrispondente  trasferimento delle risorse,
alla  stregua  dei  principi  posti  dall'art. 7  legge  n. 59/1997 e
dall'art, 7 del successivo d.lgs. n. 112/1998.
    Certo, qui tacciono i decreti ministeriali di trasferimento.
    Ma essi sono necessari quando bisogna trasferire beni particolari
e  quote  erariali  individuate.  Proprio percio', nella materia, non
sono   stati  emanati:  poiche'  nelle  funzioni  trasferite  bisogna
ricomprendere  anche  il corrispettivo versato dal terzo, e cioe' dal
concessionario.
    Lo  stesso  ragionamento  vale, a fortiori, per la determinazione
del  canone  stesso. Anzi, per essa puo' aggiungersi che debba essere
riguardata   anche   sotto   i   cennati  principi  di  residualita',
completezza,  ed  unicita'  dell'amministrazione,  di  cui all'art. 4
legge  n. 59/1997, che esprimono compiutamente il canone fondamentale
fissato   dallo   stesso  art. 97  Cost.  del  buon  andamento  della
amministrazione.
    Separare,   invero,  l'esercizio  della  funzione  amministrativa
generale  di  pertinenza regionale dal procedimento di determinazione
ed applicazione del canone concessorio per l'utilizzazione delle aree
sulle quali, e' attribuita ex lege quella stessa funzione, equivale a
rendere "monca" l'attuazione di detta funzione.
    Infatti,  la  politica di gestione e la disciplina di quelle aree
sono  di competenza regionale; la loro classificazione, anche ai fini
della valenza turistica, e' effettuata dalla Regione; l'articolazione
della   misura   dei   canoni   e'   intimamente   correlata  a  tali
classificazioni;  il  piano  di  utilizzazione delle aree suddette e'
predisposto  ed approvatodalla Regione; le autorizzazioni per il piu'
proficuo  esercizio  della concessione, per la diversificazione degli
scopi,  per  l'affidamento  ad  altri  delle  attivita' oggetto della
concessione  sono tutte di esclusiva competenza regionale; ed ancora:
la   delimitazione   delle   aree   assentibili  in  concessione,  la
consistenza  e  l'entita'  degli  impianti turistici, la destinazione
delle concessioni stesse anche in rapporto alle tabelle merceologiche
autorizzate e, soprattutto, la durata delle singole concessioni, sono
di  competenza  regionale.  Ed allora, come sia possibile scindere le
due  funzioni  non  e'  dato  comprendere:  lo  Stato determinerebbe,
applicherebbe  e  percepirebbe il canone di concessione, mentre tutte
le   componenti,   che  inevitabilmente  condizionano  detto  canone,
sarebbero  valutate  e  considerate  dalla  Regione.  Vi  e', dunque,
qualcosa  che  sfugge  alla  logica ed al ragionevole esercizio della
funzione conferita.
    Non   puo'   inoltre  sottacersi  che  il  canone  ha  natura  di
"corrispettivo"  e  che,  percio',  non  puo'  essere  disgiunto  dal
rapporto  concessorio  e  dalla posizione concedente - concessionario
che e' di spettanza regionale.
    Dunque,  il  concessionario  chiede  ed  ottiene  di  trarre  uno
speciale  vantaggio  dal  bene  demaniale,  che gli e' concesso dalla
Regione  con uno specifico atto contenente, tra le altre condizioni e
clausole,  sia  l'obbligo  del  pagamento  del  canone,  sia  la  sua
quantificazione, nonche' l'entita' della cauzione, ecc.
    In  conclusione il canone non dovrebbe essere correlato solo alla
demanialita'  del  bene  concesso  ma  deve  essergli riconosciuta la
natura  di  corrispettivo della concessione demaniale marittima dalla
stessa  Regione rilasciata o rinnovata sul proprio territorio, e che,
percio',  non  puo' essere disgiunta dal rapporto concessorio e dalla
posizione  concedente  -  concessionario,  che  dovrebbe ritenersi di
spettanza regionale.
    Deve  ancora  aggiungersi  che,  nel caso di specie, trattasi non
della riscossione del canone, ma di una pretesa risarcitoria circa un
godimento di un bene che si ipotizza abusivamente occupato.
    La  fattispecie  che  si  presenta, dunque, richiede una serie di
valutazioni   sia  di  fatto  che  giuridiche  che  non  possono  che
appartenere  all'ambito  delle  "funzioni  amministrative" conferite:
come    la    data    dell'insediamento,    la   problematica   circa
l'applicabilita'   degli   artt. 49   (devoluzione  delle  opere  non
amovibili)  e  54  (occupazioni  e  innovazioni  abusive), cod. nav.,
anziche'  l'art. 936  (opere  fatte da un terzo con materiali propri)
del  codice civile, la prescrizione quinquennale ecc. Tutte attivita'
e  valutazioni  che  non possono che concernere l'amministrazione dei
beni.
    Sotto  il  terzo  profilo,  infine, e cioe' circa le attivita' di
riscossione dei canoni o dell'indennizzo, non pare dubbio che essa si
concreti  in  un esercizio di gestione che deve ormai essere riferito
all'ente  cui sono state conferite le funzioni amministrative, almeno
a far data dal trasferimento delle funzioni.
                        Istanza di sospensiva
    L'esecuzione   degli   impugnati   provvedimenti,   prima   della
definizione  dell'Autorita'  Giudiziaria competente dei giudizi circa
la  demanialita' delle aree interessate, puo' dar luogo a fenomeni di
forte tensione sociale, tenuto conto del numero dei casi possibili di
uguale  trattamento,  ammontante  a  circa  diecimila, della gravita'
delle  conseguenze relative al rilascio di immobili e di costruzioni,
molte  delle  quali  adibite  a residenze abituali delle famiglie. Si
chiede,  pertanto,  a  norma dell'art. 40 legge 11 marzo 1953, n. 87,
che   codesta  Ecc.ma  Alta  Corte  voglia  disporre,  con  ordinanza
motivata, la sospensione per gravi ragioni dell'esecuzione degli atti
impugnati, almeno limitatamente all'ordine di rilascio.
                              P. Q. M.
    Si  conclude  perche' la Corte costituzionale, previa sospensiva,
dichiari che non spetta allo Stato e per esso all'Agenzia del demanio
- ma alla Regione Molise l'adozione di tutti i provvedimenti inerenti
l'amministrazione  del  demanio  marittimo  ad  essa  conferita,  ivi
compresi quelli di pagamento delle indennita' per abusiva occupazione
e   di   rilascio  degli  immobili,  con  l'annullamento  degli  atti
impugnati,   previa   ove   occorra   dichiarazione  di  sopravvenuta
incostituzionalita' dell'art. 822, primo comma cod. civ.
        Roma, addi' 30 maggio 2002
   Prof. Avv. Giovanni Di Giandomenico - Avv. Francesco Guicciardi
02C0623