N. 310 ORDINANZA 20 giugno - 3 luglio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso  tributario  - Tutela cautelare - Provvisoria sospensione
  degli  effetti  della  sentenza  (ai sensi dell'art. 373 cod. proc.
  civ.)  -  Ritenuta  esclusione  per  il  giudice di secondo grado -
  Lamentata differenziata ampiezza dei poteri cautelari attribuiti al
  giudice  tributario,  rispetto a quello civile o amministrativo, in
  contrasto   con  il  principio  di  ragionevolezza  -  Adozione  di
  provvedimenti, da parte del rimettente, in applicazione della norma
  ritenuta   inapplicabile   -   Manifesta   inammissibilita'   della
  questione.
- D.Lgs.  31  dicembre 1992, n. 546, art. 49; legge 30 dicembre 1991,
  n. 413, art. 30.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.27 del 10-7-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 49 del decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413), e dell'art. 30
della  legge  30 dicembre  1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le
basi   imponibili,   per   razionalizzare,  facilitare  e  potenziare
l'attivita'   di  accertamento;  disposizioni  per  la  rivalutazione
obbligatoria  dei  beni immobili delle imprese, nonche' per riformare
il  contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari
pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di
amnistia  per  reati  tributari; istituzioni dei centri di assistenza
fiscale  e  del  conto  fiscale),  promosso  con  ordinanza emessa il
25 gennaio 2001 dalla Commissione tributaria regionale di Venezia sul
ricorso  proposto  da Bragagnolo Palma contro l'Ufficio IVA di Padova
ed altro, iscritta al n. 553 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 32, 1a serie speciale,
dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 maggio 2002 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che, con ordinanza del 20 luglio 2000 - 25 gennaio 2001,
la  Commissione  tributaria  regionale  di  Venezia  ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 49  del  decreto  legislativo
31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre  1991,  n. 413),  nella  parte in cui esclude dalle norme
applicabili al processo tributario l'art. 373 del codice di procedura
civile,  nonche'  -  "ove  si ritenga il predetto decreto legislativo
corretta attuazione della legge di delega" - dell'art. 30 della legge
30 dicembre   1991,n. 413   (Disposizioni   per   ampliare   le  basi
imponibili,  per  razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita'
di  accertamento;  disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
beni  immobili  delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e
per  la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
al  Presidente  della  Repubblica  per la concessione di amnistia per
reati  tributari;  istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del
conto fiscale);
        che,  ad  avviso  del rimettente, la limitazione della tutela
cautelare,  nel  processo  tributario,  al  primo  grado di giudizio,
stabilita  dagli  artt. 47,  comma  4,  e  49 del decreto legislativo
n. 546  del 1992, si porrebbe in contrasto - a fronte dell'estensione
dei  poteri  cautelari  attribuiti al giudice di secondo grado, nella
giurisdizione ordinaria ed in quella amministrativa - con il criterio
di ragionevolezza;
        che  la  questione,  sotto  tale  profilo, sarebbe diversa da
quella  dichiarata  non  fondata,  in riferimento ai parametri di cui
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con sentenza n. 165 del 2000;
        che  l'esclusione  di qualsiasi potesta' cautelare in capo al
giudice  tributario  di  secondo  grado  non  sarebbe  d'altro  canto
imposta,  secondo  lo  stesso rimettente, dal citato art. 30, lettera
h),  della  legge  n. 413 del 1991, in quanto tale norma, nel fissare
quale  criterio direttivo un'efficacia temporale del provvedimento di
sospensione  dell'esecuzione  dell'atto  impugnato  limitata  al solo
giudizio    di   primo   grado,   non   precluderebbe   espressamente
l'impugnabilita'  del  provvedimento  di  sospensione  ne' tanto meno
inibirebbe l'attribuzione al giudice di seconda istanza del potere di
sospendere   la   propria  sentenza,  in  pendenza  del  ricorso  per
Cassazione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di manifesta infondatezza
della questione;
        che  l'Avvocatura  ricorda  come la questione di legittimita'
costituzionale degli artt. 47 e 49 del decreto legislativo n. 546 del
1992,  sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
sia  stata  dichiarata  non  fondata  con  sentenza n. 165 del 2000 e
manifestamente infondata con ordinanza n. 325 del 2001;
        che  la  questione  sarebbe ugualmente infondata - secondo la
parte   pubblica   -   anche   con   riferimento   al   principio  di
ragionevolezza,  che  il  rimettente  ritiene  non pregiudicato dalle
richiamate pronunce;
        che   una  volta  affermata,  infatti,  l'inesistenza  di  un
principio  costituzionalmente rilevante di necessaria uniformita' tra
i  vari  tipi  di  processo,  la  differenziata  ampiezza  dei poteri
cautelari attribuiti al giudice tributario rispetto a quello civile o
amministrativo    troverebbe    la    propria    non    irragionevole
giustificazione  nella  necessita' del contemperamento tra il diritto
del  cittadino  e  la  preminente  esigenza pubblica di assicurare il
flusso delle entrate tributarie e dunque nella peculiare natura delle
controversie oggetto del processo tributario;
        che  nella  valutazione  riguardo  alla  ragionevolezza della
disposizione   dovrebbe,   d'altro   canto,  tenersi  conto,  secondo
l'Avvocatura, dell'esistenza, nel sistema del contenzioso tributario,
di  un  articolato  meccanismo di pagamento frazionato del tributo in
pendenza  del  processo  (art. 68  del decreto legislativo n. 546 del
1992),  costituente  una  forma  di  parziale  sospensione  ope legis
dell'atto impugnato.
    Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3
e   24   della   Costituzione,   della   legittimita'  costituzionale
dell'art. 49  del  decreto  legislativo  31 dicembre 1992, n. 546 (ed
eventualmente  dell'art. 30  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413),
nella  parte  in  cui dette norme precluderebbero l'applicazione, nel
processo tributario, dell'art. 373 del codice di procedura civile;
        che  risulta  peraltro  dall'ordinanza  di  rimessione che il
Presidente del collegio, con decreto, ha sospeso provvisoriamente gli
effetti  della  sentenza  "ai  sensi  dell'art. 373,  comma 2, ultimo
inciso, c.p.c.";
        che  inoltre la stessa Commissione tributaria rimettente, nel
sospendere  il  giudizio ex art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
ha   disposto   che   il  contribuente  presti  cauzione,  "ai  sensi
dell'art. 373 primo comma del codice di procedura civile";
        che    tali    provvedimenti,    adottati   in   applicazione
dell'art. 373 del codice di procedura civile, si pongono in palese ed
insanabile   contrasto   con   la   premessa   interpretativa   della
inapplicabilita'  al  processo tributario della suddetta norma, sulla
quale    il   rimettente   fonda   la   questione   di   legittimita'
costituzionale;
        che  la questione stessa va percio' dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 49  del  decreto  legislativo
31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre  1991,  n. 413),  e  dell'art. 30 della legge 30 dicembre
1991,  n. 413  (Disposizioni  per  ampliare  le  basi imponibili, per
razionalizzare,  facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento;
disposizioni  per  la  rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale),   sollevata,   in  riferimento  agli  artt. 3  e  24  della
Costituzione,  dalla  Commissione tributaria regionale di Venezia con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 luglio 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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