N. 395 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 giugno 2001

Ordinanza   emessa   l'11   giugno   2001   (pervenuta   alla   Corte
costituzionale   il  6  agosto  2002)  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Cagliari sul ricorso proposto da Societa' Villaggio S.
Andrea contro Agenzia delle Entrate, ufficio di Cagliari 1

Contenzioso    tributario   -   Comunicazione   e   notificazioni   -
  Effettuazione  presso la segreteria della Commissione tributaria in
  caso  di  irreperibilita'  delle parti agli indirizzi conosciuti, o
  comunque  di mancata notifica - Mancata previsione della necessita'
  di  compiere  ricerche  anagrafiche  e  raccogliere  notizie  sulla
  reperibilita'  dei  destinatari -  Contrasto  con  il  principio di
  eguaglianza  -  Violazione del diritto di difesa e del principio di
  capacita' contributiva.
- D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 53.
(GU n.37 del 18-9-2002 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 3614/87
depositato  il  18  novembre  1987  da  Societa' Villaggio S. Andrea,
difesa  da  rag. Gianfranco Dessy, con studio in Cagliari, via Ottone
Bacaredda  184,  avverso  ingiunzione art. 87000163 INVIM, resistente
Agenzia delle Entrate, ufficio di Cagliari 1.
        Svolgimento del processo e motivazione dell'ordinanza
    Con  tempestivo  ricorso n. 3614/87 firmato dal difensore tecnico
rag.   Gianfranco   Dessy   e  protocollato  dalla  segreteria  della
commissione  tributaria  di  primo  grado in data 8 novembre 1987, la
Societa'  Villaggio  S.  Andrea,  legalmente  rappresentata  dal  suo
amministratore  unico  signora Maenhaupt Fride, impugna l'ingiunzione
mod. 13 Art. 870000163 notificata il 24 settembre 1987.
    L'Ufficio  chiede l'imposta complementare INVIM (complessive lire
560.000  per  imposta, sanzioni ed interessi), in forza di rettifiche
in  diminuzione  delle  spese  incrementative  indicate nell'apposita
dichiarazione  INVIM che ha accompagnato la registrazione, effettuata
il  10 novembre 1983 al n. 50, scadenziere 387932, dell'atto pubblico
col  quale  la ricorrente societa' ha venduto un terreno, compreso in
un   piano  di  lottizzazione  convenzionato  col  comune  di  Quartu
Sant'Elena  (convenzione  registrata  a Cagliari il 29 agosto 1978 al
n. 9700).
    L'Agenzia  delle  Entrate  si  costituisce  con  atto prot. 28376
datato  e depositato l'8 giugno 2001, nel quale chiede il rigetto del
ricorso.
    La  discussione  del  ricorso n. 3614/1987 e' fissata all'udienza
del giudice singolo dell'11 giugno 2001.
    L'avviso  al  ricorrente  di fissazione dell'udienza (art. 31 del
d.lgs.  n. 546/1992) e' correttamente inviato, dalla segreteria della
commissione   tributaria  provinciale,  presso  lo  studio,  sito  in
Cagliari,   via   Ottone  Bacaredda  n. 184,  del  difensore  tecnico
domiciliatario, rag. Gianfranco Dessy.
    Dalle  poste,  l'avviso  e'  restituito  alla  commissione con la
laconica attestazione a timbro "al mittente".
    L'avviso  di  fissazione  d'udienza  e'  allora  consegnato,  dal
segretario  della  sezione  n. 5  della  commissione  sig.ra  Rosaria
Sitzia, al messo notificatore interno, il quale lo restituisce subito
alla  sezione n. 5. Cio' in applicazione del terzo comma dell'art. 17
del d.lgs. n. 546/1992.
    Il testo dell'intero art. 17 e' il seguente:
    "Art. 17 - Luogo delle comunicazioni e delle notificazioni.
    1.  -  Le  comunicazioni  e le notificazioni sono fatte, salva la
consegna  in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella
residenza  o  nella  sede  dichiarata  dalla parte all'atto della sua
costituzione  in  giudizio.  Le  variazioni  del  domicilio  o  della
residenza  o della sede, hanno effetto dal decimo giorno successivo a
quello  in cui sia stata notificata alla segreteria della commissione
e alle parti costituite la denuncia di variazione.
    2.  - L'indicazione della residenza o della sede e l'elezione del
domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo.
    3.  - Se mancano l'elezione di domicilio o la dichiarazione della
residenza  o  della  sede nel territorio dello Stato o se per la loro
assoluta  incertezza  la  notificazione o la comunicazione degli atti
non  e'  possibile,  questi  sono  comunicati  o notificati presso la
segreteria della commissione".
    Fin qui l'art. 17.
    Orbene,  questo  giudice dubita della legittimita' costituzionale
del  trascritto  art. 17,  segnatamente  del  suo terzo comma, la cui
applicazione  in  concreto  sembra piu' diffusa di quanto non sarebbe
intuitivo aspettarsi. Pqm.
    A tutta prima, il deposito presso la segreteria della commissione
sembra  una  misura  volta  a  tutelare  le giuste ed imprescindibili
esigenze di speditezza del processo.
    Nella  disposizione  e'  ravvisabile  un contenuto apparentemente
"punitivo" nei confronti del ricorrente "distratto", poco interessato
alla cura, che a solo lui spetta, dei propri interessi.
    Non  appare  giusto  consentire  che  altri (nella fattispecie la
segreteria  della  CT),  siano  posti  in condizione di attivarsi per
rimediare   alle  "distrazioni"  di  chi  poco  si  cura  dei  propri
interessi.
    Questo giudice e' del parere che la soluzione data dalla norma e'
sbrigativa, e mal s'attaglia ad una serie di situazioni soggettive.
    In  primis,  sulla  base  della  normativa in vigore (ed anche di
quella   auspicabile),   si   dovrebbe  escludere,  nella  stragrande
maggioranza   dei  casi,  un  comportamento  furbesco  da  parte  del
ricorrente, volto a rendersi irreperibile nella speranza di non farsi
mai  notificare  l'invito  all'udienza.  Sia  perche'  lo stratagemma
sarebbe  altamente  rischioso, sia perche' non c'e' (neppure in campo
civile,  penale  ed  amministrativo),  e non prevedibilmente ci sara'
mai, una legislazione che consenta simili comportamenti.
    Occorre  a  parere  di  questo  giudice  valutare se la norma che
prevede  la  notifica presso la commissione in caso d'irreperibilita'
sia  irragionevole  in  quanto perche' smisuratamente punitiva in una
serie di casi, che cosi' si potrebbero esemplificare:
        a)  (caso  de  qua):  ricorrente che si vede fissare la prima
udienza  a  distanza  di  molti  anni (nel caso concreto quattordici)
rispetto  al  momento  della presentazione del ricorso, con avviso di
fissazione  d'udienza  recapitato  presso  il  difensore  tecnico che
probabilmente  ha  nel  frattempo  cessato  l'attivita'.  Nel caso in
discussione,  in  effetti,  il  rag. Gianfranco Dessy non compare nei
locali  della  commissione  che  anni  or sono frequentava abbastanza
assiduamente;
        b)   ricorrente   deceduto,   i  cui  eredi  trovano  estrema
difficolta', se non impossibilita', nel reperire, tra le carte del de
cuius   magari   disseminate   in   una   molteplicita'   di  luoghi,
documentazione  tributaria  di  cui  non  conoscono l'esistenza e che
potrebbe  anche trovarsi in luogo insospettato (ad esempio consulente
di fatto non domiciliatario);
        c)  ricorrente  che  dopo molti anni (trascorsi per fatto del
sistema del contenzioso, non certo del contribuente), non ricorda con
precisione quanti e quali ricorsi ha presentato. Si pensi a chi aveva
sessant'anni  al  momento dell'inoltro del ricorso introduttivo, e si
trova ad averne settantaquattro al momento dell'emissione dell'invito
alla prima udienza.
    Questo  giudice  si  rende  conto  del  fatto che in ognuno degli
esempi   fatti  si  potrebbe  pretendere,  come  del  resto  pretende
l'attuale  art. 17,  un comportamento assai puntuale del ricorrente e
dei  suoi  eredi.  Ma  tale  pretesa  presuppone  una  diligenza, una
precisione,  un  ordine se non sovrumana, certamente fuori dal comune
(difficilmente  riscontrabile,  di  norma,  negli  uffici  pubblici e
privati).
    Si giunge cosi ad un interrogativo finale. Si possono individuare
due  interessi  contrapposti:  l'interesse  del processo a non subire
ritardi e quello del ricorrente e dei suoi aventi causa, a concedersi
d'agire senza quella sovrumana efficienza, che non si puo' chiedere a
tutti  e  che sarebbe necessario per lui mantenere per sopperire agli
incredibili  ritardi di un parte della pubblica amministrazione. (Non
a  caso  il  legislatore  non ha fissato un termine entro il quale si
deve svolgere la prima udienza del processo tributario).
    Poiche'  il  legislatore  dell'art. 17 ha optato per la soluzione
piu' drastica per il ricorrente, la quale da' luogo, come nel caso de
quo, a gravi casi in cui il ricorrente trova una punizione laddove e'
da escludere un suo comportamento furbesco, questo giudice si domanda
se  la  soluzione  stessa  sia  ragionevole,  e la rimette alla Corte
costituzionale.
    Del   resto,  del  problema  s'e'  reso  perfettamente  conto  il
legislatore  del d.P.R. n. 600/1973, in tema di notifica degli avvisi
d'accertamento  (art. 42,  43 e 60), degli avvisi d'irrogazione delle
sanzioni  (55  e  60), e d'inviti e richieste degli uffici (art. 32 e
60) e di quelli agli eredi del contribuente.
    Se   avesse   usato  la  stessa  logica  draconiana  dell'art. 17
contenzioso,  il  legislatore  del citato decreto n. 600/1973 avrebbe
dettato  una  norma  altrettanto  semplice e draconiana, del seguente
tenore:
        "ogni  comunicazione  e notifica si fa nel domicilio indicato
sulla  dichiarazione dei redditi, ovvero in qualunque modo comunicato
o    conosciuto    dall'ufficio.    In   caso   d'irreperibilita'   a
quell'indirizzo, presso la segreteria dell'ufficio medesimo".
    Sembra  facile  ipotizzare alle sollevazioni popolari cui darebbe
luogo  una  norma  del  genere,  considerato  il  gran  numero  degli
accertamenti  che  diverrebbero  definitivi per silenzio, dopo essere
stati "notificati" all'insaputa del contribuente.
    Il legislatore dell'accertamento ha invece realisticamente voluto
capire  i  problemi  del  contribuente  ed  immesso nel sistema delle
notifiche   tributarie   l'art. 148  del  c.p.c.,  il  quale  prevede
l'obbligo,  per  il  notificante,  di  ricerche anagrafiche (CTC Dec.
n. 713 del 29 gennaio 1990, emessa il 15 dicembre 1998).
    C'e'  quindi  un  altro  motivo  (disparita'  di trattamento) che
consiglia  un  esame  in  sede  costituzionale  dell'art. 17  decreto
legislativo 31 dicembre 1992 n. 546.
                              P. Q. M.
    Visti  l'art.  1 della legge costituzionale n. 1/1948 e l'art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva d'ufficio la questione sulla legittimita' costituzionale,
per  contrasto  con  gli  articoli  3  (uguaglianza,  per la scarsa o
nessuna  tutela  in  certi  casi),  24  (difesa)  e  53  Costituzione
(capacita'  contributiva,  "aumentata"  in  chi  trova ingiustificati
ostacoli  del  difendersi),  dell'art.  17  del  decreto  legislativo
n. 546/1992,   nella   parte   in   cui   non  prevede  che  in  caso
d'irreperibilita'  delle  parti agli indirizzi conosciuti, o comunque
di  mancata  notifica, si compiano ricerche anagrafiche e raccolta di
notizie sulla reperibilita' dei destinatari.
    Sospende  il  giudizio  e  dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Ordina  la  comunicazione  della presente ordinanza ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento.
        Cosi' deciso in Cagliari l'11 giugno 2001.
                      Il giudice singolo: Porcu
02C0864