N. 399 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 luglio 2002

Ordinanza  emessa  il  19  luglio  2002  dal  tribunale  regionale di
giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige sul ricorso proposto
da Ente Provinciale Protezione Animali e Ambiente contro Provincia di
Trento ed altri

Caccia  -  Provincia  di  Trento  -  Specie  cacciabili  e calendario
  venatorio  per  il  periodo  2002-2003  -  Indicazione  dei periodi
  venatori   e  delle  specie  cacciabili  in  contrasto  con  quanto
  stabilito  dalla legge statale - Parere dell'Istituto nazionale per
  la  fauna selvatica (I.N.F.S.) - Mancata previsione - Violazione di
  principi  fondamentali  della  legge  quadro  sulla  caccia  (legge
  n. 157/1992)  di recepimento delle direttive comunitarie in materia
  -  Richiamo  alle sentenze della Corte costituzionale nn. 577/1990,
  54/1991, 35/1995, 372/1996, 323/1998 e 4/2000.
- Legge  della  provincia  di Trento 9 dicembre 1991, n. 24, art. 29,
  commi 2, 4, 7 e 9.
- Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, artt. 4 e 8.
(GU n.37 del 18-9-2002 )
         IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 216 del 2002
proposto   da   Ente   Provinciale   Protezione  Animali  e  Ambiente
(E.P.P.A.A.),  in  persona  del Presidente e legale rappresentante in
carica,   rappresentato   e   difeso   dall'avv.  Paolo  Devigili  ed
elettivamente  domiciliato  presso  il  suo studio in Trento, Via Oss
Mazzurana n. 72;
    Contro,   la   provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Nicolo' Pedrazzoli, Fernando Spinelli e Alessio Falferi,
con  domicilio  eletto  in  Trento, presso il servizio legale per gli
Affari  Contenziosi  della Provincia autonoma di Trento, piazza Dante
n. 15;  il comitato faunistico provinciale, in persona del presidente
in  carica,  non  costituito  in  giudizio; l'associazione cacciatori
della   provincia   autonoma   di   Trento,  in  persona  del  legale
rappresentante   in   carica   non   costituita   in   giudizio;  per
l'annullamento  della  deliberazione  n. 343  del Comitato Faunistico
Provinciale  della  Provincia autonoma di Trento, adottata in data 23
aprile  2002,  avente  ad  oggetto:  "Art.  29 comma 9 L.P. 24/1991 -
approvazione  delle  prescrizioni  tecniche 2002/2003 per l'esercizio
della caccia nella provincia di Trento", nonche' - occorrendo - degli
atti premessi, presupposti, connessi e conseguenziali con particolare
riguardo  alle  delibere dei Comitato Faunistico n. 297 dd. 24 aprile
2001, n. 337 dd. 25 marzo 2002, n. 207 e 208 dd. 24 aprile 1998.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  dell'Amministrazione provinciale
intimata;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  Camera  di Consiglio del 18 luglio 2002, relatore il
Cons.  Silvia  La  Guardia, l'avv. Paolo Devigili per il ricorrente e
l'avv.    Fernando   Spinelli   per   l'Amministrazione   provinciale
resistente.
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                           Fatto e diritto

    L'Ente  Provinciale  Protezione  Animali  e Ambiente (E.P.P.A.A.)
agisce  per  l'annullamento,  previa sospensione, della deliberazione
con  la  quale  il  Comitato  Faunistico  Provinciale della Provincia
Autonoma  di  Trento  ha approvato le prescrizioni tecniche, valevoli
per  il  periodo  2002/2003, per l'esercizio della caccia nell'ambito
provinciale,  in  attuazione  del  comma  9 dell'art. 29 della L.P. 9
dicembre 1991, n. 24 (Norme per la protezione della fauna selvatica e
per l'esercizio della caccia).
    Le  censure  che, sul piano tanto procedimentale che sostanziale,
il  ricorrente  espone  negli  otto  motivi  dedotti  involgono,  con
l'eccezione  dei motivi 4o 5o e 8o - che investono, peraltro, aspetti
assai  circoscritti  del provvedimento - la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 29  della  L.P.  24/1991  per contrasto con
l'art. 18   della  legge  11  febbraio  1992,  n. 157,  inteso  quale
disposizione di grande riforma economico-sociale, lo Statuto speciale
per  il  Trentino  Alto-Adige,  il  d.P.R. n. 670/1972, di attuazione
dello  Statuto  in  materia  di minime proprieta' culturali, caccia e
pesca, agricoltura e foreste, nonche' di norme della Costituzione.
    La  decisione  sull'impugnativa  ed,  ancora  prima,  dovendosene
vagliare  il  fumus,  quella  sulla  domanda  cautelare,  attualmente
all'esame del Collegio (sulla quale lo stesso Collegio, con ordinanza
a  parte,  si e' pronunciato in via solo provvisoria, in attesa della
statuizione del giudice delle leggi), non puo' prescindere dall'esame
di detta questione, che costituisce l'unico motivo sul quale si fonda
la  domanda  di  annullamento  integrale  dell'atto  amministrativo e
comunque     quella    relativa    all'aspetto    preminente    della
calendarizzazione dell'attivita' venatoria.
    I  motivi  ulteriori  ed  autonomi,  infatti, attengono a singole
disposizioni  -  quali  la  caccia  nei  parchi,  la caccia di alcune
specie,  la  determinazione  del  numero di capi da abbattere e delle
localita'  dove  e'  possibile  esercitare  la  caccia  agli  uccelli
acquatici  su  terreno  innevato  -  e  non consentono di definire la
controversia ne' di risolvere la questione cautelare.
    La  rilevanza  della eccezione d'incostituzionalita' proposta dal
ricorrente  non  puo' considerarsi elisa dal rilievo, con il quale la
resistente Provincia autonoma sostiene l'inammissibilita' per carenza
di   interesse   dell'istanza   cautelare,  che  la  sospensione  del
provvedimento impugnato comporterebbe l'applicabilita' del calendario
venatorio  definito  dall'art.  29  L.P.  n. 24/1991  cui il Comitato
Faunistico  Provinciale, con il provvedimento impugnato, ha apportato
varie riduzioni, risultando, cosi', in definitiva, controproducente.
    Detto  rilievo  non  tiene  conto,  per  un verso, del potere del
giudice di modulare l'eventuale provvedimento cautelare favorevole in
relazione  all'utilita'  perseguita  dal ricorrente e per altro verso
della  reale entita' dell'interesse azionato che non e' limitato alla
salvaguardia,   in  singoli  periodi,  di  singole  specie  di  fauna
selvatica  ma  attiene,  piu'  latamente,  alla  individuazione delle
modalita'  procedimentali  per la regolamentazione della caccia e dei
livelli   di   protezione   che  devono  essere  garantiti  al  bene,
appartenente  al  patrimonio  indisponibile,  costituito  dalla fauna
selvatica nel suo complesso.
    Ne'  vale  a  paralizzare  l'istanza cautelare il rilievo, svolto
nell'atto  di  costituzione  della  resistente, che con il ricorso si
voglia    inammissibilmente    contestare,   piuttosto   che   l'atto
amministrativo  impugnato, la disposizione della legge provinciale in
attuazione della quale esso e' stato assunto.
    Costituisce   principio   ormai  recepito  (v.  per  tutte  Corte
costituzionale  12 gennaio 2000, n. 4) quello secondo cui la denuncia
di  incostituzionalita'  di  una  norma  puo'  ben costituire l'unico
motivo   sul   quale   viene   fondata   l'impugnazione  di  un  atto
amministrativo e la richiesta di pronuncia cautelare.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 29 L.P.
n. 24/1991,  nel testo sostituito dal comma 4 dell'art. 32 della L.P.
23  febbraio  1998,  n. 3,  quale sollevata dal ricorrente e comunque
rilevabile d'ufficio, attiene specificamente al disposto dei commi 2,
4, 7 e 9.
    La  questione  si pone con riferimento all'art. 18 della legge 11
febbraio  1992, n. 157 che disciplina in termini parzialmente diversi
dall'art.  29 cit. il profilo procedimentale - introducendo il parere
obbligatorio  dell'istituto  Nazionale  per  la  fauna  selvatica - e
quello sostanziale - stabilendo l'elenco delle specie cacciabili ed i
periodi  in  cui  e' ammessa l'attivita' venatoria -; con riferimento
allo  Statuto  speciale  di  autonomia  del T.A.A. ed alle specifiche
norme di attuazione poste con d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, nel testo
modificato con l'art. 5 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267.
    Essa non appare manifestamente infondata.
    La  materia  della  caccia e' riservata dall'art. 8, n. 15, dello
Statuto  T.A.A.  alla  potesta' legislativa esclusiva della Provincia
autonoma  che  la  esercita  nel  rispetto  dei  limiti  indicati dal
precedente  art. 4,  vale  a dire "in armonia con la Costituzione e i
principi  generali dell'ordinamento e con il rispetto degli interessi
nazionali   ....  nonche'  delle  norme  fondamentali  delle  riforme
economico-sociali ....".
    Il  decreto  attuativo  n. 279/1974  in  materia (tra l'altro) di
caccia prevede al 2o comma dell'art. 2 che "Lo standard di protezione
della  fauna  e' disciplinato con legge provinciale che stabilisce il
calendario venatorio e le specie cacciabili attenendosi ai livelli di
protezione  risultanti dalle convenzioni internazionali o dalle norme
comunitarie introdotte nell'ordinamento statale.".
    La  legge  quadro  sulla  caccia n. 157/1992 di recepimento delle
direttive  comunitarie  in  materia  pone  all'art.  18  una serie di
disposizioni   che   la  Corte  ha  avuto  piu'  volte  occasione  di
qualificare  quali  norme  di  riforme  economico-sociale e come tale
vincolante.
    Viene in primo luogo in considerazione - muovendo dalla questione
posta,  sul piano procadimentale, con il primo motivo del ricorso, di
carattere  assorbente  - la previsione del comma 4 dell'art. 18 legge
n. 157/1992  il  quale  dispone  che  il calendario ed il regolamento
relativi   all'intera   annata   venatoria  siano  adottati  "sentito
l'istituto Nazionale per la fauna selvatica".
    Il  parere  obbligatorio  dell'istituto  predetto non e' previsto
dalla  normativa provinciale che stabilisce (al comma 2 dell'art. 29)
i  periodi  e  le  specie di fauna selvatica in relazione ai quali e'
ammesso  l'esercizio della attivita' venatoria (analogamente a quanto
disposto  dall'art. 18,  comma  1,  legge n. 157/1992 e attribuisce -
comma  4o  -  ad  un  apposito  organo  amministrativo,  il  Comitato
Faunistico  provinciale,  il  compito  -  peraltro  facoltativo,  con
conseguente  applicabilita'  residuale  direttamente del disposto del
comma   2   -   di   deliberare,  sentito  l'osservatorio  faunistico
provinciale e l'ente gestore, le "a) limitazioni rispetto ai periodi,
alle  giornate  di  caccia  e  alle  specie cacciabili previste dalla
presente  legge  ...  b)  la  disciplina della caccia alla selvaggina
migratoria, nel periodo compreso tra il 1 ottobre e il 31 gennaio, da
appostamento  fisso  e  in  forma  vagante  in  zone specificatamente
indicate  dall'ente  gestore,  anche  in  deroga  al limite delle tre
giornate  venatorie  settimanali di cui al comma 4, fermo restando il
silenzio  venatorio  nei giorni di martedi' e venerdi'; c) ogni altra
eventuale  prescrizione riguardante l'esercizio della caccia", vale a
dire, nella sostanza, il calendario e regolamento valevole per l'anno
venatorio.
    Analogamente i commi 4 e 7 dell'art. 29 prevedono che il Comitato
Faunistico  provinciale  disciplini  specifici  aspetti relativi alla
caccia  a  talune  specie  senza  prevedere l'acquisizione del parere
dell'I.N.F.S.  La  previsione dell'intervento dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica di cui all'art. 18, comma 4, legge 157/1992 e'
stata  ritenuta  dalla giurisprudenza costituzionale "prescrizione di
grande  riforma  economico-sociale"  (Corte costituzionale 12 gennaio
2000,  n. 4)  sulla  base  del  rilievo  che  trattasi di "previsione
significativa di una scelta che trova spiegazione nel ruolo spettante
a  detto  Istituto  qualificato  dal  precedente  art. 7 della stessa
legge-quadro   come   organo  scientifico  e  tecnico  di  ricerca  e
consulenza  non  solo  dello  Stato  ma  anche  delle Regioni e delle
Province".
    Su   tale   base   la   Corte   ha   rilevato   "l'illegittimita'
costituzionale  della  soluzione  normativa prescelta dal legislatore
siciliano  omettendo"  -  con  l'art. 18 della legge reg. siciliana 1
settembre  1997, n. 33 in quella occasione sindacato - "la previsione
dell'intervento  dell'Istituto",  chiamato,  in virtu' della sua alta
specializzazione  e  delle speciali conoscenze tecniche necessarie, a
fornire  il  proprio  parere  alle Amministrazioni per operare scelte
conformi  alle  finalita'  protettive  cui  si  ispira  la produzione
normativa statale e non, riferita all'ambiente.
    Il  principio  espresso dalla richiamata pronuncia della Corte si
attaglia  perfettamente,  ad  avviso  del Collegio, alla questione di
costituzionalita'  posta  con  il  primo motivo del ricorso - l'unico
concernente   il   provvedimento   impugnato   nel  suo  complesso  -
considerato  altresi'  l'espresso riferimento che l'art. 7, comma 3o,
legge n. 157/1992 fa alle Province autonome.
    Non  vale  ad  escludere  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione  il  rilievo,  svolto dalla resistente, che l'art. 29 della
L.P.  prevede il parere obbligatorio di un organo tecnico provinciale
(l'osservatorio   faunistico)   uno   dei   cui  otto  componenti  e'
rappresentante  dell'istituto nazionale di biologia e selvaggina (ora
denominato I.N.F.S.).
    Tale  diverso  organo consultivo, in seno al quale, del resto, la
partecipazione  dell'I.N.F.S.  e'  del  tutto  minoritaria,  non puo'
surrogare  la  funzione di un organo il cui ruolo va rispettato quale
inerente a prescrizione di grande riforma economico-sociale.
    Ne'  possono  rinvenirsi  spunti  nel  senso  di escludere la non
manifesta  infondatezza  della  questione  nel  disposto dell'art. 11
legge  n. 157/1992,  che qualifica come "zona faunistica a se stante"
il   territorio   delle  Alpi,  ovvero  nella  sentenza  della  Corte
costituzionale   13   dicembre  1991,  n. 454,  richiamata  da  parte
resistente,  riferita  bensi' a modalita' attuative diverse da quelle
stabilite  dalla  legge  statale,  poste dalla Provincia autonoma nel
disciplinare la materia della caccia, ma che fa riferimento a diversa
questione,   ossia  alla  sopravvivenza  nel  territorio  trentino  -
ritenuta  non irragionevole dalla Corte - dell'istituto della riserva
di caccia.
    Con  riferimento  alla  configurazione del territorio alpino come
zona  faunistica  a  se'  stante  ed  alla  normativa della Provincia
autonoma  di  Trento  va,  viceversa,  segnalato  che la Corte con la
sentenza  27  ottobre  1988,  n. 1002,  in  relazione alla previgente
legge-quadro  sulla  caccia  n. 968/1977, ha avuto modo di ribadire -
escludendo il carattere invasivo della competenza normativa esclusiva
della  Provincia  delle  norme  della  legge  quadro  che individuano
"l'oggetto  minimo  inderogabile della protezione che lo Stato, anche
in   adempimento   di  obblighi  assunti  in  sede  internazionale  e
comunitaria,  ha  ritenuto  di  dover  offrire  al proprio patrimonio
faunistico", mediante la individuazione delle specie cacciabili e non
cacciabili  -  che  "anche l'esercizio della potesta' esclusiva della
Provincia" rimane "subordinata al rispetto dei limiti posti dall'art.
4  dello  Statuto"  e  cosi'  anche delle norme statali che esprimono
principi  dell'ordinamento  o  rispondono  a  "esigenze  di carattere
unitario".
    Il  richiamo a detta decisione introduce alla ulteriore questione
di  costituzionalita'  del comma 2 dell'art. 29 L.P. n. 24/1991 (come
sostituito  con  l'art. 32 L.P. n. 3/1998 nella parte in cui dilata i
periodi  in  cui  e'  ammesso l'esercizio dell'attivita' venatoria in
Trentino  rispetto  a  quelli  tracciati dall'art. 18, comma 1, legge
n. 157/1992  (il mero slittamento del periodo di cui al comma 1 cit.,
purche'  nel  rispetto  dell'arco  temporale massimo ivi indicato e',
invece,   ammesso  dallo  stesso  art. 18,  comma  2,  previo  parere
favorevole  dell'I.N.F.S.)  e  nella parte in cui ammette la caccia a
specie che la norma nazionale non menziona (vedi gallo cedrone).
    Anche tale questione risulta non manifestamente infondata, tenuto
conto  dei rilievi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 323/1998   (richiamandosi  a  orientamento  gia'  esposto  con  le
sentenze  nn. 577/1990, 35/1995, 372/1996) secondo cui "la disciplina
statale  vincola  anche  le  Regioni  speciali e le Province autonome
nella  parte  in  cui delimita il nucleo minimo di salvaguardia della
fauna   selvatica,   nel   quale   deve   includersi  - accanto  alla
enucleazione  delle specie cacciabili - la disciplina delle modalita'
di  caccia,  nei  limiti  in  cui  prevede  misure indispensabili per
assicurare   la   sopravvivenza   e   la  riproduzione  delle  specie
cacciabili.  Al  novero di tali misure va ascritta la disciplina che,
in  funzione  di  adeguamento  agli  obblighi comunitari, delimita il
periodo   venatorio".   E'   stato  infatti  rilevato  che  non  puo'
"disconoscersi   il  rapporto  di  coessenzialita'  e  di  necessaria
integrazione  intercorrente  tra  le  disposizioni che individuano le
specie  ammesse  al prelievo venatorio e quelle ... che tale prelievo
delimitano dal punto di vista temporale".
    La   possibilita'  della  Provincia  autonoma  di  modificare  le
indicazioni  della norma statale e' stata in tale ottica riconosciuta
(v.  sentenza  n. 1002/1998  cit.)  "al  fine  di  limitare  e non di
ampliare il numero delle eccezioni al divieto generale di caccia".
    Per   quanto   detto   il   Collegio   ritiene  rilevante  e  non
manifestamente  infondata la questione di costituzionalita' dell'art.
29  L.P.  n. 24/1991  nella  parte in cui prevede specie cacciabili e
periodi  venatori  maggiori  di  quelli  previsti  dall'art. 18 legge
n. 157/1992  e  nella  parte in cui non prevede l'obbligatorieta' del
parere  dell'I.N.F.S. preliminare all'adozione di provvedimenti sulla
regolazione della caccia.
    Deve   pertanto   disporsi  la  sospensione  del  giudizio  e  la
rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Il  Tribunale  regionale di giustizia amministrativa del Trentino
Alto-Adige, sede di Trento;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 29, commi 2,4, 7 e 9 della L.P.
9  dicembre  1991,  n. 24,  in  riferimento all'art. 18, commi 1 e 4,
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e agli artt. 4 e 8 dello Statuto
T.A.A. e 1, comma 1, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279.
    Sospende  il  giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  alla  segreteria  di  questo Tribunale di provvedere alla
notifica   della  presente  ordinanza  alle  parti  in  causa  ed  al
Presidente  della  Giunta provinciale di Trento ed alla comunicazione
della stessa al Presidente del Consiglio provinciale.
    Cosi'  deciso  in Trento, nella camera di consiglio del 18 luglio
2002.
                       Il Presidente: Numerico
                             Il consigliere estensore: La Guardia
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