N. 447 SENTENZA 24 ottobre - 12 novembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Termini  normativi  della  questione  -  Indicazione circoscritta nel
  dispositivo dell'atto di rimessione - Necessaria integrazione.
- Cod. proc. civ., artt. 319, primo comma, e 320.
Procedimento  davanti  al  giudice  di pace - Proposizione di domanda
  riconvenzionale,  da  parte  del  convenuto - Difetto di un congruo
  termine   per   la  propria  difesa  all'attore  convenuto  in  via
  riconvenzionale  -  Prospettata  deteriore  posizione  dell'attore,
  rispetto   a   quella  assegnatagli  nel  procedimento  davanti  al
  tribunale,  con  lesione  del diritto di difesa e del principio del
  giusto processo - Non fondatezza della questione.
- Cod.  proc.  civ.,  artt.  319,  primo  comma,  e 320 (in combinato
  disposto).
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.46 del 20-11-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 319, primo
comma,  del  codice  di  procedura civile, promosso con ordinanza del
28 dicembre 2001 dal Giudice di pace di Locri nel procedimento civile
vertente  tra  Tropea  Cosimo e la Bayerische Assicurazioni S.p.a. ed
altri,  iscritta  al  n. 103 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 12, 1a serie speciale,
dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 3 luglio 2002 il giudice
relatore Francesco Amirante.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di un procedimento civile per risarcimento dei
danni  conseguenti  ad  un incidente stradale nel quale il convenuto,
preteso  responsabile del danno, contestando in toto la ricostruzione
dei  fatti  operata dall'attore, ha chiesto in via riconvenzionale la
dichiarazione  della  totale soccombenza di quest'ultimo solidalmente
con quella della societa' assicuratrice per la responsabilita' civile
automobilistica   dell'attore   stesso   previa  autorizzazione  alla
relativa  evocazione  in  giudizio,  il  Giudice  di pace di Locri ha
sollevato,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 319, primo comma,
del  codice  di  procedura  civile,  in relazione all'art. 166, primo
comma, del codice di procedura civile, ove, da un lato, consente alle
parti   di   costituirsi   in  giudizio  il  giorno  dell'udienza  e,
dall'altro,  non consente che, in presenza di domanda riconvenzionale
o  di  richiesta  di  estensione  del  processo  al  terzo,  l'attore
costituito  possa  validamente  e  oculatamente esercitare la propria
attivita'   difensiva   giovandosi  di  un  congruo  termine  ad  hoc
"lasciando  cosi' libero il convenuto di promuovere, anche oralmente,
qualsiasi  iniziativa  processuale  a  discapito  delle  altre  parti
costituite".
    Il   giudice   remittente   osserva,  in  primo  luogo,  che  nel
procedimento   davanti   al   giudice   di   pace   e'  stabilita  la
concentrazione  in  un'unica  udienza  di  tutte le attivita' che nel
giudizio davanti al tribunale sono ripartite nella fase preliminare o
comunque nella udienza di prima comparizione e nella prima udienza di
trattazione,  prevedendo  preclusioni e decadenze (v. artt. 320, 180,
183   e   184   cod.   proc.  civ.).  Conseguentemente  nel  suddetto
procedimento,  non  essendo  -  a  differenza  di quel che accade nel
giudizio  davanti  al tribunale - l'ammissibilita' della proposizione
della domanda riconvenzionale del convenuto nei confronti dell'attore
disciplinata  in modo ben definito, tale domanda e' ammissibile anche
senza l'osservanza dei requisiti richiesti dagli artt. 166, 167 e 269
cod.  proc.  civ.  Ne',  dinanzi  al  giudice  di pace, assume alcuna
rilevanza,  ai  fini  della  tempestiva  costituzione delle parti, il
dettato  dell'art. 168-bis  quarto comma (che ricalca quanto disposto
dall'art. 82 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
civile)  e  quinto  comma,  cod. proc. civ., limitandosi il codice di
rito  a prevedere che se nel giorno fissato per la prima comparizione
il  giudice di pace non tiene udienza la comparizione delle parti e',
d'ufficio, rimandata all'udienza immediatamente successiva.
    Il   suddetto   quadro  normativo,  nel  quale  si  inserisce  la
disposizione  impugnata, dimostra che nel giudizio dinanzi al giudice
di  pace  la  difesa dell'attore e' svantaggiata rispetto a quanto si
verifica  nel  giudizio  davanti  al  tribunale, come si desume anche
dalla  facolta' concessa al convenuto esclusivamente per il primo dei
due procedimenti considerati di costituirsi in giudizio pure senza lo
strumento  processuale  della  comparsa  di  risposta  scritta  e  di
chiamare  anche  oralmente  in  causa  i  terzi  col  solo  onere  di
notificare loro il verbale di causa.
    Con  riguardo  al merito delle censure, il remittente precisa che
la  norma impugnata contrasta: a) con il principio di uguaglianza, di
cui  all'art. 3  della Costituzione, in quanto riserva all'attore nel
procedimento  davanti  al  giudice  di  pace  una posizione deteriore
rispetto  a  quella  del  convenuto  nonche'  a  quella  prevista nel
procedimento   davanti   al   tribunale;   b)   con  l'art. 24  della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  tale disposizione "riconosce al
cittadino  la  libera facolta' di agire in giudizio per la tutela dei
propri  diritti  ed interessi legittimi, essendo la difesa un diritto
inviolabile  sempre e dovunque"; c) con l'art. 111 della Costituzione
"nella  parte in cui non attua, mediante il giusto processo, le norme
sulla giurisdizione".
    Per  quel che riguarda la rilevanza della questione il remittente
osserva  che,  nella  controversia  di  cui  si  tratta,  la  pretesa
violazione  del  principio del contraddittorio - che si deve tradurre
nel  principio  della "uguaglianza fattiva" delle parti processuali -
subirebbe  una  profonda lesione in quanto, a fronte della articolata
domanda  riconvenzionale  proposta, non sarebbe consentito al giudice
di garantire all'attore di avere il tempo adeguato per approntare una
idonea difesa.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo una dichiarazione di non fondatezza della questione.
    La  difesa erariale, dopo aver posto l'accento sulla volonta' del
legislatore di dettare per il giudizio davanti al giudice di pace una
procedura   semplificata  "per  un  manifesto  e  dichiarato  intento
acceleratorio",  sottolinea  che  cio'  non  comporta  la lesione dei
parametri  costituzionali invocati. Infatti per quel che riguarda, in
particolare,  la  domanda  riconvenzionale, e' possibile che essa sia
proposta  -  a  differenza  di  quanto accade nel giudizio davanti al
tribunale  - in sede di prima udienza (anche oralmente) mentre non e'
espressamente  previsto che il giudice debba differire la trattazione
della  causa al fine di consentire all'attore di articolare meglio le
proprie  difese  (sicche'  ne  potrebbe conseguire che l'attore possa
trovarsi  esposto  al  rischio  di  dover  immediatamente  eccepire e
controdedurre  in  un  processo  nel quale, tendenzialmente, la parte
istruttoria dovrebbe concludersi in una sola udienza).
    Si deve, infatti, considerare, in primo luogo, che della facolta'
di  proporre  domande in prima udienza nel corso del giudizio davanti
al  giudice  di  pace  puo'  giovarsi non solo il convenuto, ma anche
l'attore,  essendo pacifico in giurisprudenza e in dottrina che anche
quest'ultimo  in  sede  di  udienza  ex art. 320 cod. proc. civ. puo'
proporre  domande  nuove ponendo il convenuto nelle stesse condizioni
di presunta disagiata difesa ipotizzate dal remittente.
    Va,   inoltre,   sottolineato   che   per   ovviare  ai  suddetti
inconvenienti  potrebbe  sempre  farsi  ricorso  all'art. 320, quarto
comma,  cod.  proc.  civ.,  il  quale  prevede  che  "quando sia reso
necessario  dalle  attivita'  svolte dalle parti in prima udienza, il
giudice  di  pace  fissa  per  una  sola volta una nuova udienza, per
ulteriori  produzioni  e  richieste di prova". E', infatti, evidente,
secondo  la  difesa  erariale, che, come si desume anche dalla prassi
seguita   dai  giudici  di  pace,  ancorche'  il  differimento  della
trattazione ad una udienza successiva sia testualmente previsto dalla
citata  disposizione "per ulteriori produzioni e richieste di prove",
esso ben puo' essere disposto - secondo il prudente apprezzamento del
giudice,  con  una valutazione che tenga conto delle peculiarita' del
giudizio,  della  sua  semplicita' e quindi della opportunita' di una
rapida  soluzione, pur nel rispetto del diritto di difesa di ciascuna
parte  -  "qualora  l'attivita'  delle  parti  si  sia  risolta nella
proposizione di domande nuove che impongano di riconoscere un termine
per opporre eventuali eccezioni e controdeduzioni".
    La  suggerita  interpretazione  della  normativa consentirebbe di
superare  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  prospettati dal
remittente.

                       Considerato in diritto

    1. - Nel corso di un processo civile di risarcimento dei danni da
incidente  stradale,  nel  quale  il  convenuto non si era limitato a
difendersi,  ma,  costituendosi  in  udienza,  aveva proposto domanda
riconvenzionale   assumendo  che  il  sinistro  era  stato  provocato
dall'attore   e   chiedendo  la  chiamata  in  causa  della  societa'
assicuratrice   della  responsabilita'  civile  di  quest'ultimo,  il
Giudice  di pace di Locri ha sollevato, con riferimento agli artt. 3,
24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 319,  primo  comma,  del  codice di procedura civile, nella
parte in cui, in caso di proposizione alla prima udienza da parte del
convenuto di domanda riconvenzionale o di richiesta di estensione del
processo   al   terzo,   non  prevede  la  concedibilita'  all'attore
costituito  di  un  congruo  termine per lo svolgimento della propria
attivita' difensiva.
    2.  -  In via preliminare si deve rilevare che, dalla valutazione
complessiva    dell'atto    di    promovimento    dell'incidente   di
costituzionalita',  si  desume  che  la  questione,  da  un lato, non
riguarda  specificamente  la  chiamata in causa di un terzo - essendo
tale  profilo,  ancorche'  menzionato,  sfornito di motivazione sulla
rilevanza e sulla non manifesta infondatezza - e che, dall'altro, per
quel   che   concerne  la  posizione  dell'attore  convenuto  in  via
riconvenzionale,  essa  non  va riferita esclusivamente all'art. 319,
primo  comma,  cod.  proc.  civ.  -  unica  disposizione indicata nel
dispositivo  dell'ordinanza  di  rimessione  - ma va estesa anche, in
combinato  disposto  con la norma suindicata, all'art. 320 cod. proc.
civ.,  nella  parte  in  cui  non  prevede che nell'ipotesi in cui il
convenuto  proponga  alla  prima  udienza  domanda riconvenzionale il
giudice di pace fissi una nuova udienza.
    3.  - Per quel che riguarda il merito della questione, il giudice
remittente  osserva  che  la  disciplina  del procedimento davanti al
giudice  di  pace,  mentre  con la previsione del termine a comparire
(art. 318,  secondo  comma, cod. proc. civ.) assicura al convenuto la
possibilita'   di   approntare   le   proprie   difese  con  adeguata
ponderazione   e   quindi   la   realizzazione   del   principio  del
contraddittorio,  stabilisce  un  trattamento  deteriore per l'attore
convenuto  in  riconvenzionale,  il  quale  ha l'onere di spiegare le
proprie  difese alla stessa udienza in cui la domanda riconvenzionale
e'  proposta,  dal  momento che l'art. 320 cod. proc. civ. stabilisce
che  alla  udienza  di prima comparizione e di trattazione il giudice
invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone
a fondamento delle domande, difese ed eccezioni.
    Tale    normativa,    riservando    all'attore    convenuto    in
riconvenzionale  nel  procedimento  davanti  al  giudice  di pace una
posizione  peggiore  rispetto a quella che gli viene riconosciuta nel
procedimento  davanti al tribunale, non soltanto non assicurerebbe la
parita' di trattamento tra le parti, ma lederebbe altresi' il diritto
di   difesa   di   quest'ultima   (art. 24   della   Costituzione)  e
contrasterebbe  con  il principio del giusto processo (art. 111 della
Costituzione).
    4.  -  La  questione  non  e'  fondata  per le considerazioni che
seguono.
    Le  norme  che  regolano  il processo davanti al giudice di pace,
informate al principio della massima possibile concentrazione al fine
di  assicurarne  il  rapido  svolgimento, hanno ad oggetto un tipo di
"controversia  semplice"  non soltanto con riferimento alla non ampia
competenza  dell'organo, ma anche con riguardo alla presenza dei soli
soggetti   litiganti   necessari   perche'   una   controversia   sia
configurabile (una parte attrice, ancorche' composta da piu' persone,
una  parte convenuta anch'essa eventualmente plurale) e alla relativa
attivita' processuale (che si presume limitata, per la parte attrice,
alla  proposizione  della  domanda  e,  per  la parte convenuta, alla
formulazione  delle  difese  ed  eccezioni  correlative  alla domanda
stessa).
    Il titolo II del libro II del codice di rito, dedicato appunto al
procedimento davanti al giudice di pace, non contiene, infatti, norme
relative   all'integrita'   del   contraddittorio  ed  agli  istituti
dell'intervento  in  causa  e  della chiamata di terzo, ne' contempla
l'evenienza  della  proposizione da parte del convenuto della domanda
riconvenzionale.
    Alle  lacune  della  disciplina  specifica  del  procedimento  in
questione  sopperisce  il  rinvio, contenuto nell'art. 311 cod. proc.
civ., alle norme che regolano il procedimento davanti al tribunale in
composizione monocratica, in quanto applicabili.
    Cosi',  in  virtu'  della  citata  norma  di rinvio non puo', fra
l'altro, dubitarsi che, in caso di chiamata di terzo, in applicazione
del  principio  sancito  dall'art. 101 cod. proc. civ., il giudice di
pace, per garantire l'instaurazione del contraddittorio nei confronti
del  chiamato in causa, debba, ai sensi dell'art. 269 cod. proc. civ.
e  con  i  dovuti  adattamenti  conseguenti  alla  peculiarita' della
normativa  relativa  alla  proposizione  della domanda davanti a lui,
fissare una nuova udienza.
    Le   suindicate  regole  sono  applicabili  anche  nei  confronti
dell'attore   convenuto   in  riconvenzionale  senza  che  rilevi  in
contrario  l'assunto  secondo  cui  questi,  in quanto gia' parte del
giudizio,  non possa essere equiparato al terzo chiamato in causa. La
domanda  va  considerata  sotto  i due profili della sua formulazione
nelle  componenti  della  editio actionis (causa petendi e petitum) e
della  chiamata  in  giudizio  (vocatio in jus); essendo tali profili
distinti   ma  connessi,  l'attore  puo'  considerarsi  presente  nel
giudizio  esclusivamente  per quanto concerne la propria domanda e le
difese ed eccezioni ad essa correlate del convenuto, ma non anche per
la  domanda  riconvenzionale  che,  ampliando l'oggetto del giudizio,
comporta  la  necessaria predisposizione di una conseguente attivita'
difensiva,  analogamente  a  quanto  si  verifica per il terzo cui si
richiede  di  estendere  il  processo.  Tale osservazione, del resto,
trova  conferma  nella  analogia  delle  norme  che, nel procedimento
davanti   al   tribunale,  regolano  la  proposizione  della  domanda
riconvenzionale  e  della chiamata del terzo, prevedendo che entrambe
debbano  essere  contenute nel medesimo atto (comparsa di risposta) e
debbano  quindi essere formulate entro lo stesso termine (artt. 166 e
167 cod. proc. civ).
    5.  -  Le  considerazioni  esposte  inducono  ad affermare che il
principio  del  contraddittorio  comporta  che  anche  nei  confronti
dell'attore  convenuto  in riconvenzionale davanti al giudice di pace
debba  essere assicurato "il leale svolgimento del procedimento" (cui
recentemente  questa Corte ha fatto riferimento nell'ordinanza n. 333
del  2002), sicche' la relativa normativa deve essere interpretata in
armonia con il suddetto principio.
    Ne  consegue che la norma dell'art. 320, quarto comma, cod. proc.
civ.,  la  quale  stabilisce  che  "quando  sia reso necessario dalle
attivita'  svolte  dalle  parti  in prima udienza, il giudice di pace
fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e
richieste di prova" ben puo' essere interpretata, al di la' della sua
letterale  formulazione, come espressiva di una direttiva generale da
applicare,  senza perdere di mira l'obiettivo di una rapida soluzione
del  processo, tutte le volte in cui il rituale ampliamento del thema
decidendum verificatosi nella prima udienza ne comporti la necessita'
in applicazione del principio del contraddittorio.
    E'  vero  che  la  norma sembra riferirsi soltanto alla attivita'
probatoria,  ma cio' deriva dal fatto che essa e' stata formulata con
riguardo  ad  una  controversia semplice intesa nel senso suindicato,
sicche'  tale  riferimento  testuale non impedisce di attribuire alla
disposizione un significato piu' ampio con riguardo alle controversie
che  non  corrispondono  al suddetto modello o perche' alle due parti
iniziali   debbano   aggiungersi   altri   contraddittori  o  perche'
l'attivita'   processuale  delle  parti  sia  piu'  complessa  e,  in
particolare,  il  convenuto  non  si limiti a contestare le richieste
avversarie.  In  tali evenienze sarebbe in contrasto con il principio
del  contraddittorio  ritenere  che  quando  l'attivita' svolta dalle
parti  in  prima  udienza renda necessaria la fissazione di una nuova
udienza  per lo svolgimento di attivita' assertiva il giudice di pace
possa  non procedere a tale fissazione, pur dovendo invece procedervi
quando  la  suindicata  necessita'  riguardi  un'ulteriore  attivita'
probatoria logicamente conseguente a quella assertiva.
    6.  -  La  suddetta  interpretazione dell'art. 320, quarto comma,
cod.  proc. civ. - secondo la quale il giudice di pace e' obbligato a
fissare  una  nuova  udienza  qualora  l'attore  abbia  necessita' di
apprestare  le  proprie  difese,  comprendenti non soltanto ulteriori
attivita'  probatorie  ma  anche  ulteriori  attivita'  assertive, in
conseguenza   della   proposizione   in   prima  udienza  di  domanda
riconvenzionale  da  parte  del  convenuto  -  consente  di escludere
l'ipotizzato  contrasto  delle  norme censurate con tutti i parametri
costituzionali  evocati.  Essa, pertanto, e' da privilegiare rispetto
alle  altre  opzioni  ermeneutiche  che  inducano  a  dubitare  della
conformita'  della  norma impugnata alla Costituzione (v. ex plurimis
da ultimo, sentenze n. 336 e n. 197 del 2002).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
del combinato disposto degli artt. 319, primo comma, e 320 del codice
di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della  Costituzione,  dal  Giudice  di  pace di Locri con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 novembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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