N. 78 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2002
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Lavori pubblici - Regione Sardegna - Norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori che si svolgono nell'ambito territoriale regionale - Previsto obbligo per i committenti e concedenti di applicare, per la validita' dell'intero procedimento, le disposizioni della legge regionale - Prevista attribuzione della qualificazione da parte di apposita Commissione permanente - Prevista iscrizione delle imprese qualificate in un apposito casellario denominato "Albo regionale appaltatori" - Denunciata inosservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario - Conseguente violazione delle regole comunitarie imposte alle amministrazioni aggiudicatrici - Violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. - Legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14. - Costituzione, art. 117, primo comma e comma secondo, lettera e); Statuto speciale della Regione Sardegna, art. 3; direttiva 93/37/CEE, art. 6; legge 11 febbraio 1994, n. 109, art. 8; d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34. Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12 Roma, nei confronti della Regione Sardegna per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge regionale 9 agosto 2002, n. 14, nuove norme in materia di qualifcazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell'ambito territoriale regionale (B.U.R. n. 24 del 17 agosto 2002).(GU n.48 del 4-12-2002 )
La legge impugnata da', in pratica, veste legislativa alla disciplina regolamentare che, sempre per la qualificazione delle imprese, la Regione aveva adottato con decreto del suo Presidente n. 1/L in data 9 marzo 2001, annullato dal Tribunale amministrativo regionale della Sardegna con sentenza n. 892/2002. L'obiettivo della disciplina, emerso in sede di elaborazione della legge, e' risultato quello di far si' che le imprese sarde non siano escluse dal mercato degli appalti che si svolgono nella regione. L'obiettivo e' chiaramente anticoncorrenziale ed esso, anche se non dichiarato, sarebbe comunque stato desumibile dalla legge. L'art.1, nel definire l'ambito di applicazione, dispone che i committenti ed ai concedenti, che vi sono indicati, "sono tenuti all'applicazione delle seguenti disposizioni per la validita' dell'intero procedimento". Detto in altre parole: i committenti ed i concedenti debbono richiedere ai partecipanti la qualificazione nelle forme previste dalla legge; in caso contrario, l'intero procedimento sara' invalido. La qualificazione e' attribuita da una apposita Commissione permanente (art. 3) il cui provvedimento positivo comporta l'iscrizione in un apposito casellario, definito come "Albo regionale degli appaltatori". La Regione Sardegna ha, dunque, ritenuto di derogare alla disciplina nazionale per la qualificazione delle imprese, prevedendo un proprio procedimento che, sotto questo profilo, rende autonomo il mercato regionale dei lavori pubblici. E', pertanto, evidente la deroga all'art. 8.2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 che ha previsto un sistema di qualificazione unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici, attuato poi con il d.P.R. 25 gennaio 2000, n.34. La legge regionale nel suo complesso e' illegittima sotto diversi punti di vista. In primo luogo dal punto di vista dell'ordinamento comunitario il cui rispetto e' imposto alla legislazione regionale dall'art. 117, primo comma, Cost. L'art. 6 della Direttiva 93/37/CEE dispone che "le amministrazione aggiudicatrici non possono esigere condizioni diverse da quelle previste agli artt. 26 e 27 allorche' domandano informazioni sulle condizioni di carattere economico e tecnico che esse esigono dagli imprenditori per la loro selezione". Per non violare la liberta' di prestazione dei servizi (artt. 49-55 TUE) nell'art.8 della legge n. 109/1994 e' disposto che, anche dopo l'entrata in vigore del sistema unico di qualificazione, le imprese dei Paesi appartenenti alla Comunita' europea possono essere tenute solo a presentare le certificazioni conformi alle normative vigenti nei rispettivi Paesi. Prevedendo un sistema di qualificazione di applicazione generale, senza eccezioni, che richiede, tra l'altro, la iscrizione alla Camera di commercio (art. 9.1, lettera f), la legge impugnata e' incorsa, pertanto, in una palese violazione della normativa comunitaria. La legge e', peraltro, illegittiina anche sotto un diverso punto di vista. La piena potesta' legislativa in materia di lavori pubblici, attribuita alla Regione Sardegna dall'art. 3 del suo Statuto, e' oggi di tutte le regioni. Una volta che fosse ritenuta legittima la legge impugnata, la stessa conclusione andrebbe tratta a proposito di tutte le altre leggi che ciascuna regione si dovesse dare in materia. In mancanza di qualsiasi mezzo di coordinamento, si arriverebbe a quella che la giurisprudenza comunitaria, nel condannarla, ha chiamato la compartimentalizzazione del mercato. In altre parole ogni Regione introdurrebbe una disciplina differenziata, come ha fatto la Sardegna, per creare alle imprese residenti una posizione concorrenziale piu' favorevole. Non e' una previsione teorica perche', se non fosse questo l'obiettivo reale della disciplina regionale differenziata, che si sta esaminando, non ci sarebbe stata alcuna ragione per derogare al sistema unico nazionale. In questo modo, mentre un'impresa che opera all'interno di una singola Regione dovrebbe sottoporsi ad un solo procedimento di qualificazione, regolato con criteri di favore particolare, una seconda impresa che operasse su tutto il territorio nazionale si dovrebbe sottoporre a numerosi e diversi procedimenti, con questo risultato: che potrebbe essere qualificata in una Regione ed esclusa in un'altra, e, anche in caso di tutti esiti positivi, dovrebbe affrontare oneri economici e di tempo che la pongono in condizione di sfavore tenuto conto anche della necessita' di provvedere alle variazioni (art. 29) e con l'eventualita' di essere sottoposta alla revisione generale (art. 32), con tutti gli oneri conseguenti. Questa compartimentalizzazione dei mercati e' uno dei casi tipici di violazione dei principi della concorrenza, la cui tutela e' assegnata alla legislazione esclusiva dello Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost. In proposito anche il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna non ha avuto perplessita'. Nella sentenza richiamata si legge: "Non vi ha dubbio che la problematica relativa alla qualificazione delle imprese rientri nella materia della regolamentazione della concorrenza. Invero, le direttive comunitarie che, con precisione inusuale per tale fonte normativa, hanno regolato, nel dettaglio, i meccanismi d'aggiudicazione degli appalti pubblici, trovano la propria giustificazione nella necessita' di evitare comportamenti discriminatori in uno dei settori d'attivita' economica di maggiore impatto, quale quello dei contratti delle pubbliche amministrazioni..... Afferma in conclusione il collegio che la regolamentazione dei sistemi di partecipazione alle gare ed aggiudicazione dei pubblici contratti attiene alla materia della tutela della concorrenza, che l'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, nel nuovo testo, attribuisce allo Stato...... conclude il collegio affermando che l'art.117, secondo comma, lettera e) della Costituzione impedisce alle regioni di dettare proprie norme di qualificazione delle imprese, aspiranti agli appalti che ricadono nel loro ambito di competenza".
P. Q. M. Si conclude perche' sia dichiarata la illegittimita' costituzione dell'intera legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14. Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 11 ottobre 2002. Avvocato dello Stato: Glauco Nori 02C0989