N. 521 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 ottobre 2002

Ordinanza emessa il 9 ottobre 2002 dal giudice di pace di Ferrara nel
procedimento penale a carico di Ferrari Leonardo

Processo  penale  - Procedimento dinanzi al giudice di pace - Decreto
  di citazione a giudizio disposto dalla polizia giudiziaria - Avviso
  all'imputato, a pena di nullita' del decreto stesso, della facolta'
  di  presentare,  prima  dell'apertura  del dibattimento, domanda di
  oblazione  -  Mancata  previsione  -  Incidenza  sul  principio  di
  uguaglianza,  sul diritto di difesa e sui principi di imparzialita'
  e buon andamento della pubblica amministrazione.
- D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 20.
- Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 97, primo comma.
(GU n.48 del 4-12-2002 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    A    scioglimento    della    riserva    espressa    nell'udienza
predibattimentale  del 26 settembre 2002 nel procedimento penale R.G.
31/2002   contro   Ferrari   Leonardo,  imputato  del  reato  di  cui
all'art. 186, secondo comma, del codice della strada, sulla questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 20, d.lgs. 28 agosto 2000,
n. 274,  per  violazione  degli  articoli 3, 24, secondo comma, e 97,
primo  comma,  della Costituzione, nella parte in cui non prevede che
il  decreto di citazione a giudizio dinanzi al giudice di pace debba,
a  pena  di  nullita',  contenere l'avviso che l'imputato, qualora ne
ricorrano  i  presupposti,  prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento  ex art. 29, sesto comma, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274)
puo'   presentare  domanda  di  oblazione,  ha  emanato  la  seguente
ordinanza.

                           P r e m e s s o

    L'art. 52    del   decreto   legislativo   n. 274/2000,   mutando
radicalmente  - ad eccezione dei reati attribuiti alla competenza del
giudice  di  pace  per  cui  e'  prevista  la sola pena della multa o
dell'ammenda, per i quali continuano ad applicarsi le pene pecuniarie
vigenti  -  il  quadro  sanzionatorio,  privilegia la pena pecuniaria
ponendo  in  successione  alternativa  le  altre  pene. Cio' consente
l'applicazione oltre che della oblazione volontaria ex art. 162 c.p.,
anche   dell'obbligazione  discrezionale  ex  art. 162-bis,  fermi  i
requisiti  soggettivi,  alle  contravvenzioni  gia'  punite  con pena
congiunta  dell'arresto  e  dell'ammenda,  oggi  puniti,  dinanzi  al
giudice di pace, con pena alternativa dell'ammenda o della permanenza
domiciliare  o  del  lavoro  di pubblica utilita', considerati questi
ultimi, ai sensi dell'art 58, primo comma, "come pena detentiva della
specie corrispondente a quella della pena originaria".
    L'art. 20  del  richiamato  decreto legislativo che disciplina il
contenuto   della   citazione   a  giudizio  disposta  dalla  polizia
giudiziaria  omette  qualsiasi riferimento sulla possibilita' fornita
all'imputato   dall'art. 29   del  medesimo  decreto  legislativo  di
accedere,  qualora ne ricorrano i presupposti, all'oblazione ai sensi
degli  articoli 162  o  162-bis  c.p.  (cosi'  come omette anche ogni
riferimento  alla  possibilita'  di  accedere  a forme alternative di
definizione  del procedimento tipiche del giudizio dinanzi al giudice
di pace, disciplinate dall'art. 35).
    L'eccezione  di  incostituzionalita'  del  richiamato art. 20 del
decreto   legislativo   cosi'   come   sollevata,   si  appalesa  non
manifestamente  infondata  in  relazione  agli  articoli 3, 24, primo
comma e 97, primo comma, della Costituzione.
    Viola infatti:
        l'art. 3  della Costituzione, nella enunciazione dei principi
di  uguaglianza  e  di ragionevolezza cui debbono ispirarsi le scelte
normative,  venendo  cosi'  a  porre  in essere una ingiustificata ed
irragionevole    disparita'    di    trattamento    tra    situazioni
sostanzialmente identiche. L'art. 552 c.p.p. alla lettera f) sancisce
che  nel  decreto  di  citazione  a  giudizio avanti al Tribunale sia
contenuto:   "l'avviso  che,  qualora  ne  ricorrano  i  presupposti,
l'imputato,  prima  della dichiarazione di apertura del dibattimento,
puo'   presentare   domanda   di   oblazione".  In  assenza  di  tale
avvertimento,  per  quanto  espressamente  previsto dal secondo comma
della disposizione in esame, il decreto e' nullo.
    La  normativa  che  disciplina  il  processo avanti il giudice di
pace,   allorche'   non   prevede   analoga   prescrizione,  comporta
conseguenze   ingiustificatamente   discriminatorie   e   sfavorevoli
all'imputato  che  ivi  sia  citato a giudizio, rispetto all'imputato
citato  in  giudizio avanti al tribunale. Risultano cosi' lesi sia il
principio di uguaglianza tra le persone, sia quello di ragionevolezza
che  esige  che le disposizioni normative contenute nelle leggi siano
adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore;
        l'art. 24,    secondo   comma,   della   Costituzione   nella
enunciazione del diritto di difesa dell'imputato.
    La  disposizione  censurata  preclude  all'imputato, che non puo'
considerarsi  inerte  se  non  vi  e'  espresso  obbligo di avviso ed
informazione,  la  facolta'  di  decidere  se  aderire  o  meno  alla
richiesta  di  applicazione  della  procedura  di  oblazione,  con le
favorevoli  conseguenze  che ne derivano. L'oblazione, infatti, e' un
istituto che trova la sua ratio nell'interesse da parte dello Stato a
definire  (con risparmio di tempo e di spese) i procedimenti relativi
ai   reati  di  minore  importanza  ed  altresi'  nell'interesse  del
contravventore   di  evitare  la  lungaggine  di  un  procedimento  e
l'eventuale  condanna,  con  tutte  le  conseguenze  di  essa  (Corte
costituzionale n. 207 del 1974 e costantemente ribadito da successive
pronunce  della  Consulta  sul  punto,  anche sent. 530 del 1995). La
conseguenza  tipica  di  tale  istituto consiste nella estinzione del
reato.  Si  evince  quindi,  come la scelta da parte dell'imputato di
richiesta   d'essere   ammesso  all'oblazione  esprima  una  concreta
espressione del diritto di difesa.
    Il  legislatore,  nel procedimento avanti al giudice di pace mira
inoltre    palesemente   a   realizzare   i   principi   di   massima
semplificazione  e di deflazione del dibattimento. La disposizione de
quo  risulta  quindi  irragionevole,  in  quanto  in contrasto con le
suddette  esigenze  senza  che  sussista  un  apprezzabile  interesse
pubblico  che  giustifichi un trattamento differenziato rispetto alla
disciplina dettata per il procedimento avanti il tribunale. La stessa
Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 497 del 1995 ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 555 c.c.p. (i cui contenuti
sono  ora rifluiti nell'art. 552, secondo comma, c.p.p.), nella parte
in  cui  non  prevedeva  espressamente  la nullita' della citazione a
giudizio  in  caso di mancata indicazione nell'avviso di avvalersi di
riti  alternativi  al  dibattimento  -  lacuna  colmata  dalla  legge
n. 479/1999  con  il nuovo art. 552 c.p. - sostenendo che l'omissione
di tale avviso concretizzasse violazione dell'art. 24, secondo comma,
della  Costituzione  implicante  una  diminuzione irragionevole delle
potenzialita'  difensive  dell'imputato  rispetto alle quali non puo'
ritenersi sufficiente la garanzia dell'assistenza tecnica;
        l'art. 97,    primo    comma,   della   Costituzione,   nella
enunciazione  dei  criteri  di efficienza cui ogni attivita' pubblica
deve uniformarsi.
    La mancata previsione a pena di nullita' dell'obbligo di avvisare
l'imputato  nel  decreto  di  citazione  a giudizio della facolta' di
presentare   domanda   di  oblazione  (art. 20,  decreto  legislativo
28 agosto 2000, n. 274) comporta ritardi nella fase del dibattimento,
in quanto l'imputato, stante l'assenza dell'informazione non e' posto
nella  condizione  di  scegliere tale strada alternativa, in anticipo
rispetto  alla  fase  dibattimentale. Il dibattimento di conseguenza,
diviene in effetti una fase del procedimento del tutto obbligata.
                              P. Q. M.
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 20,  d.lgs.  28 agosto  2000,
n. 274,  in  riferimento  agli  articoli 3,  24, secondo comma, e 97,
primo  comma,  della Costituzione, nella parte in cui non prevede che
il decreto di citazione a giudizio avanti il giudice di pace debba, a
pena  di  nullita',  contenere  l'avviso  che  l'imputato, qualora ne
ricorrano  i  presupposti,  prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento (ex art. 29, sesto comma, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274)
puo' presentare domanda di oblazione;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
trasmessa alla cancelleria della Corte costituzionale, sia notificata
alle  parti  e  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e che sia
comunicata  ai  Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati;
    Dispone  la  sospensione  del  procedimento  in  corso  fino alla
decisione della Corte costituzionale.
        Ferrara, addi' 9 ottobre 2002
                   Il giudice di pace: Gianferrara
02C1087