N. 528 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 giugno 2001
Ordinanza 21 giugno 2002 (pervenuta alla Corte costituzionale il 12 novembre 2002) dalla Commissione tributaria provinciale di Ancona sul ricorso proposto da Enel distribuzione S.p.a. contro la Provincia di Ancona. Tributi locali - Tassa per l'occupazione degli spazi e delle aree pubbliche di pertinenza dei comuni e delle province (TOSAP) - Criteri di determinazione delle tasse per l'occupazione del sottosuolo e soprassuolo stradale con cavi e condutture - Contrasto con i criteri stabiliti dalla legge delega n. 421/1992 - Violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte. - D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 47, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 23 e 76.(GU n.48 del 4-12-2002 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 312/2000 R.G.R. proposto dall'Enel S.p.a. contro la Provincia di Ancona, in relazione alla T.O.S.A.P., annualita' 1996. Fatto e diritto La societa' Enel S.p.a. Distribuzione - Direzione distribuzione Marche e Umbria - con sede in Ancona piazzale della Liberta' n. 4, in persona del dr. Primo Carrara, procuratore della societa', come rappresentata e difesa, nella presente vertenza, dal avv. Walter Monachesi, come da procura in calce all'atto introduttivo del giudizio, premetteva che era stata corrisposta, sulla base delle disposizioni, di cui all'art. 46 del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, la somma di L. 7.450.000, per la tassa occupazione spazi ed aree pubbliche - da ora T.O.S.A.P. -, in relazione agli avvisi di accertamento n. 1, cod. 63; n. 2 cod. 372; n.3 cod. 562; n. 4 cod.1730; n. 6 cod. 3992; n. 11 cod. 5407 emessi con prot. n. 77836 tutti emessi il 16 dicembre 1999, per la questione di pagamento, la Provincia di Ancona aveva notificato gli avvisi di accertamento sopra meglio individuati, per mancato pagamento della T.O.S.A.P., anno 1996, assumeva determinando una maggiore imposta di L. 146.150.000, oltre soprattasse, interessi ed altri oneri per un totale complessivo di L. 233.840.000, senza considerare l'importo di L. 7.450.000, gia' versato, di cui in premessa. Tale pretesa di pagamento, pero', veniva contestata da detta societa'. Conseguentemente, attesa l'intervenuta emissione dei richiamati atti impositivi la nominata societa' contribuente proponeva ricorso alla commissione tributaria provinciale di Ancona con consegna di copia dell'atto introduttivo del giudizio allo stesso ente territoriale, appena sopra individuato; cio' avveniva con spedizione, in data 22 febbraio 2000, del ricorso, con plico raccomandato, a mezzo del servizio postale, ai sensi e per gli effetti, di cui al combinato disposto degli artt. 18 e seguenti del d.Lgs. n. 546/1992, attesa la documentazione prodotta in atti. La predetta societa', come rappresentata e difesa, provvedeva poi a depositare la copia di detto ricorso, presso la segreteria della commissione tributaria provinciale di Ancona in data 15 marzo 2000 (rif. n. 312/2000 del 15 marzo 2000) come da documentazione agli atti di causa. Tutto cio' avveniva nel termine di legge assegnato, di cui all'art. 22 d.lgs. n. 546/1992, cioe' il di' 15 marzo 2000, quindi, entro i trenta giorni successivi alla spedizione e/o consegna dell'atto introduttivo del giudizio, dando luogo, cosi', alla regolare costituzione della parte ricorrente. Con il proposto gravame la societa' contribuente, contestava integralmente la richiesta di pagamento, come operata, assumendo l'illegittimita' dello stesso atto impositivo. Con il primo motivo del ricorso eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47, comma 1 e 2 del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, per violazione dell'art. 76 della Costituzione della Repubblica italiana. La legge 23 ottobre 1992 n. 421, all'art. 4, comma 4, aveva delegato il Governo della Repubblica ad emanare uno o piu' decreti legislativi diretti alla revisione ed armonizzazione dei tributi degli enti locali, con effetto dal 10 gennaio 1994. La suddetta disposizione stabiliva che, per quanto riguardava la tassa occupazione spazi ed aree pubbliche di pertinenza dei comuni e delle province, la rideterminazione dovesse avvenire in modo da realizzare una piu' adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile, nonche' in relazione alla ripartizione dei comuni in non piu' di cinque classi; inoltre, la stessa disposizione stabiliva che, per le occupazioni permanenti, le variazioni in aumento non potessero superare il 50% delle misure massime di tassazione vigente. In applicazione di tale delega era stato emanato il decreto legislativo 15 novembre 1993 n. 507 che, agli artt. 46 e 47, determinava i criteri per l'applicazione della tassa per l'occupazione del sottosuolo e soprassuolo con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all'esercizio ed alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi. In particolare, poi, l'art. 47, ai commi 1 e 2, stabiliva che: "La tassa per le occupazioni del sottosuolo e soprassuolo stradale di cui all'art. 46 e' determinata forfettariamente in base alla lunghezza delle strade comunali o provinciali per la parte di esse effettivamente occupata, comprese le strade soggette a servitu' di pubblico passaggio"; cio', secondo i criteri nel comma 2 successivo. Infatti, l'art. 46 comma 2 affermava che "La tassa va determinata in base ai seguenti limiti minimi e massimi: a) strade comunali, da L. 250.000 a L. 500.000 per km. lineare o frazione; b) strade provinciali, da L. 150.000 a L. 300.000 per km. lineare o frazione". Confrontando le disposizioni del decreto legislativo, come sopra riportate, con quelle della legge delega, che definivano i principi e criteri direttivi che, ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, il governo avrebbe dovuto osservare, nell'esercizio del potere legislativo delegato, era facile constatare che nessuno di tali principi e criteri direttivi risultava essere stato, di fatto, rispettato. Infatti, la societa' ricorrente lamentava che non risultava rispettato il criterio della adeguata rispondenza della tassa al beneficio economico ritraibile, in quanto la misura massima e minima della tassazione era stata stabilita in modo identico per tutti i comuni e tutte le provincie, con l'assurda conseguenza che l'imposta de qua dovuta per le occupazioni con linee elettriche, potesse risultare piu' elevata di quella dovuta in altra localita'. Tutto cio' contrastava non solo con il principio contenuto nella legge delega, ma anche con il principio generale di ragionevolezza della imposizione. Infine, lamentava che utilizzando i criteri di tassazione, adottati dalla provincia, non risultava rispettato il principio, pure espressamente e chiaramente indicato nella nonna di delega, in base al quale la nuova disciplina avrebbe dovuto comportare un aumento della tassazione delle occupazioni permanenti che non superasse, alla data del 31 dicembre 1993, il 50% delle misure massime di tassazione vigenti alla riferita epoca. Con le motivazioni espresse con il ricorso, veniva evidenziato che la tassa iscritta a ruolo dalla Provincia di Ancona, per l'anno 1996, ammontava per tutte le occupazioni di suolo stradale, sia con linee elettriche con impianti ad esse accessori a L. 146.690.000, importo notevolmente superiore a quello pagato per anni precedenti; infatti, la tassa pagata per gli anni precedenti (anno 1995 L. 7.449.000), richiesta con l'avviso di accertamento, era notevolmente inferiore, senza considerare che tale aumento, peraltro, non poteva trovare giustificazione, in alcun modo, in nuove occupazioni realizzate. Evidentemente, da quanto sopra esposto, emergeva chiaramente che, utilizzando i criteri di tassazione adottati dalla provincia, si avrebbe una palese violazione del limite del 50%, sancito nella legge delega. Conseguentemente, la difesa della societa' ricorrente, affermava che la nuova normativa, adottata dalla provincia, comportava una chiara illegittimita' della disciplina, di cui al d.lgs. n. 507/1993, per eccesso di delega. In ogni caso, poi, riteneva che la prova dell'eccesso di delega poteva essere raggiunta anche in altro modo; cioe' attraverso un confronto fra le disposizioni del decreto delegato e del Testo unico della finanza locale (T.U.F.L.) approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175 e successive modifiche. La precedente normativa sui tributi locali, infatti, all'art. 198 (per le occupazioni con linee elettriche sotterranee) e all'art. 195, integrato con d.m. 26 febbraio 1933, aggiornato al di' 1 gennaio 1988 (per le occupazioni con linee elettriche aeree) fissava le tariffe massime, per le occupazioni con condutture e linee elettriche, nella seguente misura: L. 150 a metro lineare (pari a L. 150.000 a km) per le occupazioni con condutture elettriche sotterranee con un diametro inferiore a 20 cm.; L. 6.760 e L. 8.450 per km non frazionabile nel centro abitato per le occupazioni con linee elettriche aeree rispettivamente con sostegni e senza sostegni al suolo nei comuni della classe E-F, classe qui in esame per le occupazioni nelle altre zone del territorio comunale esistevano tariffe ancora piu' basse (fino a L. 4.225 a km per il "rimanente territorio"). Pertanto, o si riteneva che la legge delega, nell'indicare il limite del 50% all'aumento della tassa, non avesse stabilito un obbligo per il legislatore delegato, oppure si riteneva, viceversa, che il d.lgs. n. 507/1993 avesse violato i limiti della delega. Era evidente, peraltro, che la soluzione corretta non poteva essere che la seconda, perche' non vi era alcun motivo logico per ritenere che quel principio, espresso in modo chiaro e preciso nella legge delega, non costituisse un preciso obbligo per il governo nell'esercizio della funzione legislativa. Alla luce delle suesposte considerazioni, la societa' ENEL sollevava, percio', questione di legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 507/1993 per violazione dell'art. 76 della Costituzione. Tale questione era, ovviamente, da considerarsi pregiudiziale rispetto a tutti gli altri motivi. Con il secondo motivo del ricorso, poi, l'ENEL S.p.a. asseriva la carenza di motivazione dell'atto impositivo. Con il terzo ed ultimo motivo del ricorso, l'ENEL S.p.a. asseriva l'illegittimita' dell'avviso di accertamento, ai sensi dell'art. 47 comma primo, d.lgs. n. 507/1993. Conseguentemente, attese le suesposte ragioni, provvedeva a rassegnare le relative conclusioni. La difesa della societa' ricorrente chiedeva che la commissione tributaria provinciale di Ancona: in via pregiudiziale, volesse sollevare la questione di legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 507/1973, per violazione dell'art. 76 della Costituzione. In via principale e nel merito, poi, in ipotesi che non si provvedesse a proporre nelle opportune sedi la dedotta questione di legittimita', chiedeva che la Commissione tributaria di Ancona, constatata la carenza di motivazione dell'avviso, qui impugnato, volesse emettere la declaratoria di illegittimita' dell'atto impositivo e, conseguentemente annullarlo, perche' infondato con ogni altra idonea statuizione. Infine, ai sensi dell'art. 15 del d.lgs. n. 546/1992, chiedeva la condanna alle spese del presente giudizio, che venivano quantificate in L. 1.600.000, di cui L. 1.400.000 per onorari e competenze e L. 200.000 per spese. Con lo stesso atto introduttivo del giudizio, veniva richiesta, ai sensi dell'art. 47 del d.Lgs. n. 546/1992 la sospensione dell'atto impuguato, in quanto sussistevano sia il presupposto del fumus boni iuris, sia quello del periculum in mora. La provincia di Ancona, in persona del dirigente del 3o settore ragioneria dott. Franco Basso si costituiva in giudizio, quale parte resistente ai sensi dell'art. 23 del d.Lgs. n. 546/1992, pertanto, con apposita nota, depositata il di' 29 marzo 2000, presso la segreteria della commissione tributaria provinciale di Ancona, il predetto ente territoriale resisteva alla domanda, contestando hic et inde quanto addotto ex adverso, ribadendo la correttezza nell'operare, al momento della emissione dell'impugnato avviso di accertamento. In particolare deduceva nel senso che, la dedotta questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 47 commi 1 e 2 del d.lgs. n. 507/1993 sollevata dall'ENEL S.p.a. non riguardava, direttamente, l'autonomia impositiva della provincia e l'atto impugnato. Pertanto, atteso quanto sopra evidenziato si asteneva da qualsiasi considerazione in merito, chiedendo, in buona sostanza, la reiezione della stessa eccezione pregiudiziale, per infondatezza della stessa. Inoltre, assumeva che la motivazione dell'avviso di accertamento si evinceva in modo chiaro dalla semplice lettura sistematica dello stesso, attesa la denuncia di occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche dalla stessa societa', non revocata, ne' modificata successivamente, facendo presente, peraltro, che l'atto impugnato era stato notificato nei termini di legge ed era del tutto legittimo. L'ente territoriale resistente, poi, ribadiva che la consistenza della occupazione di spazi ed aree pubbliche era stata accertata proprio sulla base della citata denuncia. Infine, si evidenziava la correttezza dell'avviso di accertamento e, pertanto, attese le argomentazioni, come sopra svolte, rassegnava le relative conclusioni, come in atti. Pertanto, chiedeva che la commissione tributaria provinciale di Ancona, volesse dichiarare: in via preliminare, atteso che non si intravedevano i due indefettibili elementi per poter concedere la sospensiva cautelare degli atti impugnati, il non accoglimento della domanda di sospensione; in via pregiudiziale, attesa l'infondatezza della domanda di parte ricorrente, il rigetto della domanda pregiudiziale, tendente a sollevare la questione di legittimita' costituzionale del d.Lgs. n. 507/1973, per violazione dell'art. 76 della Costituzione; in via principale e nel merito, la declamatoria di conferma dell'impugnato avviso di accertamento, in quanto pienamente legittimo, con la totale reiezione della domanda di parte ricorrente, con vittoria di spese e competenze di giudizio, ex art. 15 d.lgs. n. 546/1992, come integrato dall'art. 12 della legge n. 566/1996; Tutto cio' allo stato degli atti. Interveniva, cosi', il giorno 21 settembre 2000, fissato per la trattazione della causa, relativamente alla domanda cautelare, nella quale la commissione tributaria adita accoglieva la domanda di sospensiva e fissava l'udienza del 14 dicembre 2000 ore 15.30, per la discussione della causa del merito, con riserva di decidere, in ordine alle spese, in tempo successivo, cioe' al momento della definizione del giudizio. All'udienza del 14 dicembre 2000, il presidente della commissione tributaria provinciale di Ancona, rilevata la regolarita' delle comunicazioni, invitava il relatore della causa ad esporre al collegio i fatti e le questioni della controversia; successivamente dava la parola al rappresentante della parte contribuente, al momento prescritto, come da verbale in atti. Il predetto difensore, riportandosi, ampiamente, alle argomentazioni, di cui al ricorso, insisteva per l'accoglimento della domanda pregiudiziale e, nel merito, per l'accoglimento del ricorso, come meglio evidenziato anche nel relativo verbale in atti. Nessuno era presente, invece, per la Provincia di Ancona. Ultimata la fase della discussione il collegio, nella medesima composizione, si ritirava in camera di consiglio, ma si riservava la decisione, attesa la complessita' delle questioni dedotte. In data 21 giugno 2001 la commissione tributaria provinciale di Ancona, nella medesima composizione, emetteva la seguente ordinanza, a scioglimento della riserva, in precedenza formulata. Motivi La commissione tributaria provinciale di Ancona, decidendo in via non definitiva sul ricorso, qui in esame, osserva che la questione pregiudiziale di illegittimita' costituzionale, sollevata dall'ENEL S.p.a., con la proposizione dell'atto introduttivo del giudizio, in relazione all'art. 47 d.lgs. n. 507/1993, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, sia rilevante in relazione alla causa di cui trattasi. Infatti, si ricorda che la difesa della societa' ENEL S.p.a. con cui e' stato sostenuto che la predetta disposizione del d.lgs. n. 507/1993 citata non abbia rispettato i criteri ed i principi, dettati dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421, con la quale il Parlamento ha delegato il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi diretti alla revisione ed armonizzazione dei tributi degli enti locali, con effetto dal 1 gennaio 1994, stabilendo tra l'altro che la rideterminazione della tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche di pertinenza dei comuni e province avvenga in modo da realizzare una piu' adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile, mediante la ripartizione dei comuni in non piu' di cinque classi ed in modo che, per le occupazioni permanenti, le variazioni in aumento non possano superare il 50% delle misure massime della tassazione vigente. Il collegio, peraltro, ritiene che la questione de qua, se accolta, determinerebbe il venire meno dei criteri di tassazione delle occupazioni del suolo delle linee elettriche, come applicati nel caso di specie dalla Provincia di Ancona, in relazione alla T.O.S.A.P., con conseguente illegittimita' dell'accertamento impugnato. Osserva la commissione tributaria adita che l'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 ha delegato, tra l'altro, il Governo della Repubblica ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della detta legge, uno o piu' decreti legislativi, diretti alla revisione ed armonizzazione, con effetto dal 1 gennaio 1994, di tributi locali vigenti, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: ". . .b) spazi ed aree pubbliche di pertinenza dei comuni e delle province: 1) rideterminazione della tariffe al fine di una piu' adeguata rispondenza al beneficio economico ritraibile nonche' in relazione alla ripartizione dei comuni in non piu' di cinque classi. Le variazioni in aumento, per le occupazioni permanenti, non potranno superare il 10 per cento di quelle stabilite, per ciascun anno, ai fini delle occupazioni permanenti ordinarie di cui all'art. 195 del testo unico per la finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 e successive modificazioni, e potranno essere graduate in relazione al tempo di occupazione; 2) introduzione di forme di determinazione forfettaria della tassa per le occupazioni di spazi soprastanti e sottostanti il suolo con linee elettriche, cavi, condutture e simili, tenendo conto di parametri significativi". L'art. 47 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, emanato per la "revisione ed annonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicita' e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle provincie nonche' della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale", ed avente a specifico oggetto "criteri di determinazione della tassa per l'occupazione del sottosuolo e soprassuolo", ai punti nn. 1 e 2 stabiliva che "1. - La tassa per le occupazioni del sottosuolo o soprassuolo stradale con condutture, cavi ed impianti in genere, di cui all'articolo precedente, e' determinata forfettariamente in base alla lunghezza delle strade comunali e provinciali occupate, comprese le strade soggette a servitu' di pubblico passaggio. 2. - La tassa va determinata in base ai seguenti limiti minimi e massimi: a) strade comunali, da L. 250.000 a L. 500.000 per km lineare o frazione; b) strade provinciali, da L. 150.000 a L. 300.000 per km lineare o frazione". Orbene: e' di tutta evidenza che il legislatore delegato, il quale pure all'art. 38 del decreto legislativo in commento e per la tipologia di occupazioni da quella norma previste si e' puntualmente attenuto al criterio direttivo indicato dal richiamato punto 1 della lett. b) dell'art. 4 della legge delega, nel procedere alla individuazione dei criteri dai quali enucleare la determinazione delle tasse per l'occupazione del sottosuolo e soprassuolo, ha, inspiegabilmente ed immotivatamente, ritenuto di poter disciplinare la fattispecie in assoluta liberta' e completa autonomia, cosi' omettendo, nella esplicitazione degli artt. 46 e 47, che qui ci occupano, in quanto base normativa in applicazione della quale e' stato emesso l'avviso di accertamento oggetto di impugnazione nel presente procedimento, di dividere i comuni in classi, di considerare il beneficio economico ritraibile e di rispettare il limite massimo della variazione in aumento del 50% rispetto alla tassazione precedentemente in vigore. Ne' puo' trascurarsi che la circolare della direzione centrale per la fiscalita' locale in data 25 marzo 1994 ha di poi dettato, giusta legge delegata, i criteri concreti cui i comuni in sede regolamentare dovevano attenersi, precisando che gli importi siccome determinati alla richiamate lettere a) e b) del piu' volte citato art. 47 rappresentano non gia' tariffe, bensi' misure di tassazione, non assoggettate ai criteri di cui al punto 1 del n. 4 dello stesso art. 4 della legge delega. Non puo' pertanto revocarsi in dubbio la necessita' di esaminare e valutare se il legislatore delegato si sia o meno posto in contrasto con i rappresentati principi di cui alla legge delega e, pertanto, con l'art. 76, primo comma, della Costituzione, laddove ha ritenuto di attenersi, ed infatti si e' attenuto, esclusivamente ad un criterio forfettario ed ha aumentato la tassazione previgente oltre ogni limite, siccome si evince ictu oculi dal confronto fra le attuali misure della tassa e quelle risultanti dalla precedente normativa, di cui al T.U.F.L. n. 1175 del 1931 e successive modifiche. Ora per converso, non appare a questa commissione tributaria, ch la legge delega, di assoluta chiarezza, possa lasciare e lasci spazio all'interprete, laddove, fissando i criteri di cui al piu' volte citato art. 1 ha stabilito dei principi di carattere generale, applicabili in ogni caso e per tutti i tipi di occupazione, demandando all'ulteriore criterio integrativo (ovvero quello dei c.d. "parametri significativi") l'esclusivo fine di specificare, in particolare, per le occupazioni del soprassuolo e del sottosuolo la modalita', che deve essere forfettaria, di determinazione, sempre nell'ambito e nel rispetto degli esplicitati principi, delle concrete misure di tassazione. A questo punto, poi, occorre ricordare, da parte del collegio, che in tempi recenti, vi sono state numerose ordinanze di remissione alla Corte Costituzionale, a seguito di pronunzie della commissione tributaria provinciale e regionale (cfr., ordinanze del 9 novembre 1996, commissione tributaria provinciale di Cagliari, 19 aprile 1997, commissione tributaria provinciale di Brindisi, 22 dicembre 1997 - n. 2 ordinanze - commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, 10 dicembre 1997 e 4 maggio 1998 commissione tributaria provinciale di Torino, 19 giugno 1998 - n. 3 ordinanze - commissione tributaria provinciale di Arezzo, rispettivamente iscritte ai nn. 167 e 556 del Registro Ordinanze 1997 ed ai nn. 357, 358, 648, 835, 844, 845 e 846 del Registro Ordinanze 1998, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15 e 37, 1a serie speciale dell'anno 1997 e nn. 21, 38, 45 e 47 1a serie speciale dell'anno 1998), che risultano ben conosciute dal collegio ed i cui assunti sono ancora condivisibili. Il collegio ritiene la non manifesta infondatezza, sulla dedotta questione, anche in relazione all'art. 23 della Costituzione, dove e' affermato il principio secondo il quale "nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge". Appare evidente, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale, che il contenuto e la finalita' dell'art. 23 della Costituzione si esaurisce nel prescrivere una riserva di legge. Tale affermazione deve essere vista nel senso che condizione essenziale ner la legittimita' costituzionale dell'imposizione di una prestazione patrimoniale e' che la stessa sia imposta in base alla legge. L'espressione "in base alla legge" si deve interpretare, peraltro, in relazione al fine della garanzia della liberta' e della proprieta' individuale. Pertanto la legge che attribuisca ad un ente il potere di imporre una prestazione patrimoniale non deve, comunque, lasciare all'arbitrio dell'ente impositore medesimo la determinazione della prestazione. Si ritiene, peraltro, che la soluzione prospettata con la recente ordinanza, emessa dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost. ord. 24 marzo - 2 aprile 1999, pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, del 14 aprile 1999, n. 120 pagg. 39 e seguenti) non risulta, allo stato, essere risolutiva del problema, perche' rimette, in ultima analisi, la decisione, sul presupposto dello jus superveniens, ai giudici tributari. Cio', perche' la stessa Corte costituzionale, non ha sicuramente risolto, una volta per tutte, la dedotta questione, in quanto solo alla luce dello stesso jus superveniens, di cui all'art. 31, comma 27, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha ritenuto di restituire gli atti ai giudici remittenti, affinche' gli stessi valutino "... sotto il profilo della perdurante rilevanza delle sollevate questioni di costituzionalita' l'eventuale incidenza della normativa sopravvenuta sui giudizi innanzi a loro pendenti ...". Tutto cio', pero', non viene ritenuto risolutivo da parte di questo collegio, principalmente per il fatto che proprio lo ius superveniens (cfr. art. 31 comma 27 della legge 23 dicembre 1998 n. 448) non sembra possa aver fatto cessare la rilevanza della dedotta questione nel caso di specie anche alla luce delle osservazioni sopra svolte. La commissione tributaria di Ancona, peraltro, ricorda che lo stesso collegio con altra ordinanza, in analoga materia cfr., per tutte, comm. trib. prov. di Ancona, Pres. dott. A. Rosellini, rel. avv. S. Gianni, ordinanza del 21 ottobre 1999-11 gennaio 2000) ha trasmesso gli atti della Corte costituzionale; non risulta essere intervenuta, allo stato, una pronuncia al riguardo. Conseguentemente, la commissione tributaria provinciale di Ancona ritiene di investire, nuovamente, della questione la Corte costituzionale, in accoglimento della eccezione pregiudiziale, come sollevata con il ricorso da parte dell'ENEL S.p.a., sospendendo il giudizio di merito.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47, commi 1 e 2 del d.Lgs. 15 novembre 1993 n. 507, in riferimento agli artt. 76 e 23 della Costituzione, dichiarando altresi' che la rilevanza della questione non e' cessata per effetto dello jus superveniens (legge 23 dicembre 1998, n. 448); Sospende conseguentemente il giudizio in corso dinanzi ad essa ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione sollevata, previa notifica della presente ordinanza alle parti in giudizio ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' previa comunicazione della medesima ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Manda la segreteria per gli adempimenti suddetti. Ancona, addi' 21 giugno 2001 Il Presidente: Rosellini Il relatore: Gianni 02c1094