N. 481 ORDINANZA 26 novembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Competenza  e  giurisdizione  -  Controversie in materia di imposte e
  tasse  - Competenza esclusiva del tribunale - Competenza per valore
  del  giudice  di pace, nelle cause di valore non superiore a cinque
  milioni,   non  attribuite  alla  competenza  di  altro  giudice  -
  Prospettato  contrasto  con  i principi del giusto processo e della
  sua ragionevole durata, con irragionevole disparita' di trattamento
  tra cittadini - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., artt. 9, secondo comma, e 7, primo comma.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 113.
(GU n.48 del 4-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 9, secondo
comma,  del  codice  di procedura civile, e dell'art. 7, primo comma,
del  medesimo codice, promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 2001
dal giudice di pace di Lecce nel procedimento civile Mocavero Rosaria
contro  Consorzio  Speciale di Bonifica dell'Arneo ed altra, iscritta
al  n. 896  del  registro  ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 44, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Mocavero  Rosaria  e  del
Consorzio   Speciale   di   Bonifica  dell'Arneo  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2002 il giudice relatore
Fernanda Contri;
    Uditi  l'avvocato  Claudio  Martino  per il Consorzio Speciale di
Bonifica  dell'Arneo e l'avvocato dello Stato Giancarlo Mando' per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che il giudice di pace di Lecce, con ordinanza emessa il
24 maggio 2001, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 111
e  113  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 9,  secondo  comma,  del  codice di procedura civile, nella
parte  in cui attribuisce alla competenza funzionale del tribunale le
controversie  in  materia  di  imposte e tasse di qualunque valore, e
dell'art. 7,  primo  comma,  del  medesimo codice, nella parte in cui
stabilisce  che  la devoluzione al giudice di pace delle controversie
di  importo non eccedente i cinque milioni di lire incontra un limite
nelle cause attribuite dalla legge alla competenza di altro giudice;
        che,  ad  avviso  del rimettente, la devoluzione al tribunale
delle  controversie in materia di imposte e tasse anche di valore non
superiore  a lire cinque milioni determinerebbe un pregiudizio per il
cittadino,  costretto  a  sostenere  spese processuali e di difesa di
importo superiore al tributo contestato e a subire la dilatazione dei
tempi  processuali  e maggiori  tecnicismi procedurali, senza nemmeno
poter agire dinanzi all'organo giurisdizionale ad esso piu' prossimo;
        che,  secondo  la  prospettazione del giudice a quo sarebbero
violati  i  principi  del  giusto  processo  e  della sua ragionevole
durata,  in  quanto  controversie  di  tenue valore sono demandate al
tribunale,   determinando  un  inevitabile  allungamento  dei  tempi,
anziche'  essere  affidate  al  giudice dinanzi al quale si svolge un
processo semplificato;
        che   vi  sarebbe  infine  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento tra cittadini, i quali "pur azionando pretese di identico
valore agiscono in un caso nei confronti di un ente o amministrazione
che  impone tasse o tributi, in un altro nei confronti di un soggetto
appartenente alla generalita' dei consociati";
        che  nel  giudizio  innanzi  a  questa Corte si e' costituita
l'attrice  del  giudizio  a  quo  concludendo  per la declaratoria di
illegittimita'  costituzionale  delle  norme impugnate, sulla base di
argomentazioni   analoghe   a   quelle  contenute  nell'ordinanza  di
rimessione;
        che  nelle  note  depositate  in  prossimita' dell'udienza la
predetta  parte  ha  chiesto che siano restituiti gli atti al giudice
rimettente   per   un  nuovo  esame  della  rilevanza  della  dedotta
questione, a seguito delle modifiche apportate all'art. 2 del decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546,  in  tema  di  giurisdizione
tributaria;
        che   si  e'  costituito  anche  il  Consorzio  di  Bonifica,
convenuto    nel    giudizio    a   quo   sostenendo   la   manifesta
inammissibilita',  oltre  che  la  infondatezza,  della  questione  e
riservandosi di illustrarne successivamente le ragioni;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale  ha  concluso  per la infondatezza della questione,
sostenendo  che non puo' invocarsi alcun principio costituzionale che
imponga  al  legislatore  criteri  in  base  ai  quali distribuire la
competenza   tra  giudici  diversi  all'interno  della  giurisdizione
ordinaria;  che  anche  dinanzi  al tribunale e' assicurato il giusto
processo  nel  rispetto  del  principio  della ragionevole durata; ed
infine  che  la  garanzia  costituzionale  del  diritto di difesa non
esclude che possano essere diversamente regolate le modalita' del suo
esercizio.
    Considerato   che   il  giudice  di  pace  di  Lecce  dubita,  in
riferimento  agli articoli 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 9,  secondo comma, cod. proc.
civ.,  che  stabilisce  la  competenza esclusiva del tribunale per le
cause  in materia di imposte e tasse, e dell'art. 7, primo comma, del
medesimo  codice,  che limita la competenza per valore del giudice di
pace,  quando le cause relative a beni mobili di valore non superiore
a  cinque milioni "dalla legge non sono attribuite alla competenza di
altro giudice";
        che  il  rimettente  censura,  giudicandola  irragionevole  e
lesiva  dei citati principi costituzionali, la scelta del legislatore
di   affidare   le   controversie  in  materia  di  imposte  e  tasse
esclusivamente  alla competenza del tribunale, anziche' ripartirle in
ragione del valore tra giudice di pace e tribunale;
        che la questione appare manifestamente infondata;
        che  il rimettente muove dall'erroneo presupposto secondo cui
"per  esplicita  scelta  del legislatore il criterio alla cui stregua
valutare la "natura delle controversie e' quello del valore";
        che   con   tale   affermazione  il  rimettente  trascura  di
considerare  che la ripartizione della competenza avviene non solo in
base al criterio del valore ma anche ratione materiae;
        che,   come  questa  Corte  ha  ripetutamente  affermato,  il
legislatore  gode  della  piu'  ampia discrezionalita' nel dettare le
regole  di ripartizione della competenza, purche' si tratti di scelte
non manifestamente irragionevoli;
        che  la  opzione di privilegiare il criterio della competenza
per  materia,  anziche'  quello  basato  sul  valore,  si fonda sulla
valutazione  della  particolare  natura  delle controversie in esame,
attinenti  alla  pretesa  impositiva  dello  Stato  nei confronti del
cittadino ed involgenti comunque un interesse pubblico;
        che  la peculiarita' della materia in questione ha di recente
indotto  il  legislatore  ad  una nuova e diversa scelta, consistente
nell'attribuire  alla  giurisdizione tributaria tutte le controversie
aventi  ad  oggetto  i  tributi di ogni genere e specie, come dispone
l'art. 12  della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato, legge
finanziaria 2002);
        che  la predetta norma non e' tuttavia applicabile ai giudizi
in   corso,   restando   irrilevante   l'intervenuto   mutamento   di
giurisdizione, ai sensi dell'art. 5 cod. proc. civ;
        che  le diverse modalita' di svolgimento del processo dinanzi
al tribunale rispetto a quelle semplificate previste nei procedimenti
innanzi  al  giudice  di  pace  non  determinano alcun pregiudizio al
diritto  di difesa, il quale permane integro ed e' garantito in tutte
le sue esplicazioni;
        che neppure la maggiore durata del processo puo' integrare la
lamentata  disparita' di trattamento, non costituendo essa un effetto
giuridico   derivante   dalle   norme  impugnate,  ma  una  ipotetica
conseguenza  di  mero  fatto,  e, come tale, irrilevante nel giudizio
costituzionale;
        che   per   le   anzidette   ragioni   la  questione  risulta
manifestamente infondata.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 9,  secondo comma, e 7, primo
comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli
articoli 3,  24, 111 e 113 della Costituzione, dal giudice di pace di
Lecce con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.

                       Il Presidente: Ruperto

                        Il redattore: Contri

                      Il cancelliere: Di Paola

    Depositata in cancelleria il 26 novembre 2002.

              Il direttore della cancelleria: Di Paola

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