N. 491 ORDINANZA 20 - 26 novembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Reati  a  citazione diretta - Formulazione della
  imputazione, in caso di rigetto di richiesta di archiviazione (dopo
  la  scadenza dei termini delle indagini preliminari) - Mancanza del
  previo invio all'indagato dell'avviso di conclusione delle indagini
  -  Prospettato  contrasto  con  il  principio  del valido esercizio
  dell'azione  penale e con il diritto di difesa - Questione identica
  ad  altra  gia'  oggetto  di  esame  - Manifesta infondatezza della
  questione.
- Cod.  proc.  pen.,  artt.  409,  comma  5,  415-bis, e 552, comma 2
  (combinato disposto).
- Costituzione, artt. 24, 101 e 112.
(GU n.48 del 4-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 409,  comma  5,  415-bis,  e 552, comma 2, del codice di
procedura  penale,  promosso  con  ordinanza del 19 febbraio 2002 dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di Cuneo nel
procedimento penale a carico di B.G., iscritta al n. 293 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 25, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 6 novembre 2002 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Cuneo  ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma,
101,   secondo   comma,   e  112  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  del combinato disposto degli artt. 409,
comma  5,  552,  comma  2,  e 415-bis del codice di procedura penale,
nella  parte  in  cui prevede che, nei reati a citazione diretta - in
esito  a  richiesta di archiviazione, avanzata dal pubblico ministero
oltre  la  scadenza  dei  termini  delle  indagini  preliminari e non
accolta  dal  giudice  -,  il  pubblico  ministero,  a  seguito della
richiesta  di formulazione della imputazione, debba provvedere a tale
adempimento  senza  il  previo  invio,  all'indagato,  dell'avviso di
conclusione  delle  indagini di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen.,
per l'avvenuta scadenza del termine delle stesse;
        che  il giudice rimettente muove dal rilievo secondo il quale
l'art. 415-bis cod. proc. pen. "pare, di fatto, precludere al giudice
per  le  indagini  preliminari  il  concreto  esercizio  dell'obbligo
conferitogli  dalla disposizione di cui al quinto comma dell'art. 409
cod.  proc.  pen."  e  cioe'  l'ordine,  al  pubblico  ministero,  di
formulare  l'imputazione,  nel caso di richiesta di archiviazione non
accolta;
        che,  infatti,  secondo  il  giudice  a quo, il mancato invio
dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini  prima  della  relativa
scadenza   -   adempimento   la   cui   omissione  provoca,  a  norma
dell'art. 552,  comma  2, cod. proc. pen., la nullita' del successivo
decreto  di  citazione  a  giudizio  -  determinerebbe l'esercizio di
un'azione   penale   "geneticamente  viziata",  poiche'  il  pubblico
ministero,  richiesto di formulare dal giudice l'imputazione, sarebbe
tenuto ad emettere il decreto di citazione a giudizio senza aver dato
tempestivamente    all'imputato    l'obbligatorio   avviso   di   cui
all'art. 415-bis cod. proc. pen;
        che    risulterebbe   pertanto   violato   l'art. 112   della
Costituzione,  in  quanto  il pubblico ministero verrebbe determinato
"ad un esercizio dell'azione penale radicalmente nullo";
        che,   inoltre,   la  normativa  denunciata  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto
l'omissione   dell'avviso   previsto   dall'art. 415-bis  cod.  proc.
pen. priverebbe  l'indagato  "di  un  momento  difensivo  di assoluta
rilevanza";  e,  infine,  risulterebbe leso anche l'art. 101, secondo
comma,  della medesima Carta, in quanto il giudice - di fronte ad una
richiesta  di  archiviazione formulata dal pubblico ministero dopo la
scadenza  dei termini di indagine - "non potrebbe adempiere al dovere
di    sollecitare    l'esercizio   dell'azione   penale   validamente
esperibile";
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    Considerato  che  questa  Corte,  chiamata  a  pronunciarsi sulla
identica questione sollevata dal medesimo giudice, ha gia' avuto modo
di  disattendere la fondatezza delle censure (v. ordinanza n. 460 del
2002), osservando che, diversamente da quanto presupposto dal giudice
a  quo,  la lettera della legge e' chiara nell'affermare che l'avviso
di  cui  all'art. 415-bis  del  codice di rito deve essere notificato
all'indagato  soltanto nella ipotesi in cui il pubblico ministero non
debba  "formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli artt. 408
e 411";
        che,  d'altra  parte,  l'esigenza  di  assicurare una fase di
"contraddittorio"  tra  indagato  e pubblico ministero in ordine alla
completezza delle indagini - cui e' preordinato l'avviso in questione
-  in  tanto  si giustifica, in quanto "il pubblico ministero intenda
coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale"; giacche',
altrimenti, "si determinerebbe un anomalo "controllo dell'indagato in
vista  di  un'eventuale  richiesta di archiviazione, non soltanto del
tutto  superfluo  nel  quadro  delle  garanzie  che  il  sistema deve
approntare,   ma  addirittura  "anticipato  rispetto  allo  specifico
scrutinio riservato al giudice per le indagini preliminari";
        che,  viceversa,  ove ricorra - come nel procedimento a quo -
"una  ipotesi di esercizio della azione penale conseguente all'ordine
di  formulare  l'imputazione  a seguito di richiesta di archiviazione
non  accolta,  il contraddittorio sulla eventuale incompletezza delle
indagini  trova  necessariamente  sede  nella  udienza  in  camera di
consiglio,  che  il  giudice  e'  tenuto  a fissare ove la domanda di
"inazione del pubblico ministero non possa trovare accoglimento";
        che,    pertanto,    dalla    erroneita'    delle    premesse
interpretative, deriva la gia' affermata manifesta infondatezza della
questione.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma,  della legge 11 marzo 1953
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  del combinato disposto degli artt. 409,
comma  5,  415-bis  e  552,  comma 2, del codice di procedura penale,
sollevata,   in   riferimento   agli   artt. 24,   101  e  112  della
Costituzione,  dal  giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Cuneo con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 novembre 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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