N. 551 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 2002

Ordinanza   emessa   il   28   marzo   2002   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  27  novembre  2002)  dal tribunale di Messina nel
procedimento esecutivo promosso da A.T.I. ing. Nino Ferrari - Impresa
Costruzioni  Generali  S.r.l.  ed  altro  contro comune di Messina ed
altro

Enti  locali  -  Esecuzione forzata nei confronti degli enti locali -
  Limiti  -  Impignorabilita'  delle somme di pertinenza dei medesimi
  enti  destinate  a  specifiche  finalita' - Condizioni - Necessaria
  quantificazione    preventiva,    con    deliberazione   semestrale
  dell'organo  esecutivo,  degli  importi  delle  somme  destinate  -
  Mancata  previsione  che l'impignorabilita' non opera qualora, dopo
  la  deliberazione,  siano  emessi  mandati  di  pagamento  a titoli
  diversi  da  quelli  vincolati,  senza seguire l'ordine cronologico
  delle  fatture e degli impegni di spesa - Disparita' di trattamento
  fra  creditori  degli enti locali e delle unita' sanitarie locali -
  Violazione   dei   principi   di  uguaglianza  e  ragionevolezza  -
  Compressione  del  diritto  di  agire in giudizio - Contrasto con i
  principi  di  imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione -
  Richiamo alla sentenza n. 69/1998 della Corte costituzionale.
- Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 159, commi 2 e 3.
- Costituzione,  artt. 3, primo comma, 24, comma secondo, e 97, primo
  comma.
(GU n.1001 del 27-12-2002 )
                            IL TRIBUNALE

    1. - Letti gli atti, scioglie la riserva ed osserva quanto segue.
    Con  atto  di  pignoramento  notificato il 5 marzo 2002, l'A.T.I.
costituita  tra  le  imprese "ing. Nino Ferrari - Impresa Costruzioni
Generali S.r.l." e "Puglisi Antonino Giovanni", in persona del legale
rappresentante pro tempore, in forza di lodo arbitrale definitivo del
1  settembre 2001, reso esecutivo il 10 ottobre 2001 ed in tale forma
notificato  al  comune  di  Messina, parte soccombente, il 29 ottobre
2001,  nel  rispetto dei termini dilatori di cui all'art. 14 del d.l.
n. 669/1996    convertito   con   legge   n. 30/1997   e   modificato
dall'art. 147  della  legge  23  dicembre  2000,  n. 388, iniziava la
presente  procedura  esecutiva  ai  sensi  degli  articoli 543  e ss.
c.p.c.,  sottoponendo  a  vincolo  somme  giacenti presso il Banco di
Sicilia   S.p.a.  -  Tesoriere  del  comune  esecutato  -  fino  alla
concorrenza di Euro 6.000.000,00.
    II  terzo  pignorato  rendeva  dichiarazione  ex  art. 547 c.p.c.
sostanzialmente  positiva,  dando  atto  di  un  saldo attivo di Euro
12.192.660,10,  di  cui  Euro 5.003.834,67  impegnati  per precedenti
pignoramenti    (escluso   il   presente).   Al   contempo   opponeva
l'impignorabilita'  delle  somme  per effetto della delibera comunale
n. 875 del 13 dicembre 2001 relativa al primo semestre 2002.
    Il  comune  di  Messina  si  costituiva  a  verbale  e  proponeva
opposizione  all'esecuzione, deducendo l'impignorabilita' delle somme
staggite.    Produceva    copia    della   menzionata   delibera   di
impignorabilita'.
    2.  -  La  normativa di riferimento va individuata nell'art. 159,
secondo terzo e quarto comma, del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) -
certamente  applicabile  al caso di specie per l'espressa indicazione
di cui all'art. 2 del medesimo decreto legislativo - che testualmente
dispone: "Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullita'
rilevabile  anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli
enti locali destinate a:
        a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei
conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
        b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari
scadenti nel semestre in corso;
        c) espletamento dei servizi locali indispensabili.
    Per  l'operativita'  dei  limiti all'esecuzione forzata di cui al
comma   2  occorre  che  l'organo  esecutivo,  con  deliberazione  da
adottarsi  per  ogni  semestre e notificata al tesoriere, quantifichi
preventivamente  gli  importi  delle  somme  destinate  alle suddette
finalita'.
    Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del
comma   2   non  determinano  vincoli  sulle  somme  ne'  limitazioni
all'attivita' del tesoriere".
      La  citata  disposizione  riproduce,  pressoche'  testualmente,
l'art. 113,  commi  secondo  e  terzo,  del  decreto  legislativo  25
febbraio  1995,  n. 77,  come  modificato  dal d.lgs. n. 336 del 1996
(Ordinamento  finanziario  e  contabile  degli enti locali), abrogato
dall'art. 274  del  d.lgs  n. 267  del  2000.  In sostanza, l'attuale
disciplina  si  discosta  da quella previgente solo per la previsione
che l'impignorabilita' e' ora rilevabile dal giudice anche d'ufficio.
    3.  -  Quest'ultima precisazione consente di superare agevolmente
le  difese  articolate  dalla  societa'  creditrice  in  ordine  alla
tardivita'  dell'opposizione ed al difetto di valido conferimento del
mandato   difensivo   da   parte  dell'Ente  opponente.  Entrambe  le
questioni,  infatti,  risultano  superate  dalla  circostanza  che il
giudice  e' chiamato, anche d'ufficio, a dichiarare la nullita' della
procedura esecutiva.
    Parimenti  inconducenti  risultano  anche le altre tesi difensive
prospettate dalla societa' creditrice. Non vi e' dubbio, infatti, che
la  delibera  di  impignorabilita'  prodotta  in  atti  si  riferisce
esattamente  al  semestre  nel  corso  del  quale e' stato notificato
l'atto   di  pignoramento.  Inoltre,  non  assume  alcun  rilievo  la
circostanza  che  l'adozione della stessa e' successiva alla notifica
del lodo arbitrale spedito in forma esecutiva.
    4.  - Sgombrato il campo dalle questioni preliminari, va tuttavia
posto  in  evidenza  che  l'art. 113  d.lgs.  n. 77/1995  - di cui il
vigente  art. 159  d.lgs. n. 267/00 ripropone il medesimo contenuto -
era  stato  dichiarato costituzionalmente illegittimo "nella parte in
cui  non prevede che l'impignorabilita' delle somme destinate ai fini
ivi  indicati non opera qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo
esecutivo  della  delibera  semestrale  di quantificazione preventiva
degli  importi  delle  somme  stesse,  siano  emessi mandati a titoli
diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle
fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se non e' prescritta
fattura,  delle  deliberazioni  di impegno da parte dell'ente" (Corte
costituzionale, 20 marzo 1998, n. 69).
    5.  - In quella sede la Corte costituzionale ha posto a confronto
la  normativa  denunciata  con  la  disciplina valevole per le unita'
sanitarie  locali (art. 1, comma quinto, del decreto-legge 18 gennaio
1993, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993,
n. 67).
    Quest'ultima   disposizione,   a   sua   volta,   nell'originaria
formulazione   risultava  sostanzialmente  diversa  da  quella  coeva
applicabile agli enti locali, per i quali l'art. 11, comma primo, del
decreto-legge  18  gennaio 1993, n. 8 (convertito, con modificazioni,
nella   legge   19   marzo  1993,  n. 68),  poneva  quale  condizione
dell'impignorabilita'  delle  somme  destinate  ai  fini indicati dal
legislatore,  oltre  la  deliberazione trimestrale di quantificazione
degli  importi  delle somme di cui sopra, la mancata emissione, dalla
data di adozione della predetta delibera, di mandati a titoli diversi
da  quelli  vincolati,  se  non  seguendo  l'ordine cronologico delle
fatture  cosi'  come  pervenute per il pagamento o, se si trattava di
somme  non soggette a fattura, della data di deliberazione di impegno
da parte dell'ente.
    La  Corte costituzionale, con sentenza n. 285 del 1995 - premesso
che  le  due  posizioni  giuridiche  (delle unita' sanitarie locali e
degli  enti locali) messe a confronto erano omogenee e che, pertanto,
la  diversita'  di  disciplina  delle  stesse  risultava  lesiva  del
principio  di  eguaglianza  e  di ragionevolezza - ha fatto giustizia
della   disparita'   di   trattamento,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale  del  citato  art. 1,  comma quinto, del d.l. n. 9 del
1993  (conv. legge n. 67 del 1993), nella parte in cui, per l'effetto
della inassoggettabilita' ad esecuzione forzata delle somme destinate
ai  fini  ivi  indicati,  non  prevede  la condizione che l'organo di
amministrazione  dell'unita'  sanitaria  locale, con deliberazione da
adottare  per ogni trimestre, quantifichi preventivamente gli importi
delle  somme  innanzi  destinate  e  che dall'adozione della predetta
delibera  non  siano  emessi  mandati  a  titoli  diversi  da  quelli
vincolati,  se  non seguendo l'ordine cronologico delle fatture cosi'
come  pervenute  per  il  pagamento  o, se non e' prescritta fattura,
della data di deliberazione di impegno da parte dell'ente.
    Pertanto,  venuta  meno  in seguito l'identita' di disciplina tra
unita'  sanitarie  locali  ed  enti  locali  per  via  della  diversa
previsione  contenuta  nell'art. 113  del  d.lgs. n. 77 del 1995 (che
subordinava  l'operativita'  dei  limiti  all'esecuzione forzata alla
sola   condizione   della   preventiva  adozione  della  delibera  di
impignorabilita),  anche  quest'altra  disposizione  e'  stata infine
dichiarata  costituzionalmente  illegittima,  nella  parte in cui non
prevedeva  che  l'impignorabilita'  delle somme destinate ai fini ivi
indicati  non  operasse qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo
esecutivo  della  delibera  semestrale  di quantificazione preventiva
degli  importi  delle  somme  stesse,  fossero stati emessi mandati a
titoli   diversi   da   quelli   vincolati,  senza  seguire  l'ordine
cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se
non  era  prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte
dell'ente.
    In  particolare,  con la citata sentenza n. 69 del 1998, la Corte
costituzionale  -  richiamando  le  considerazioni  gia' svolte nella
citata  sentenza  n. 285  del 1995 riguardo sia all'omogeneita' delle
due  giuridiche  (delle  unita' sanitarie locali e degli enti locali)
poste in confronto sia all'irragionevole disparita' di trattamento in
cui  si traduce la diversita' di disciplina di tali categorie di enti
(e  dei rispettivi creditori) - concludeva rilevando che la norma che
accordava   ai   soli   enti   locali   la  possibilita'  di  opporre
l'impignorabilita'    di    somme    di    denaro   indipendentemente
dall'osservanza  di  un determinato ordine cronologico nell'emissione
di   mandati   a   titoli   diversi  da  quelli  vincolati  risultava
immotivatamente  diversa  da quella in vigore per le unita' sanitarie
locali  ed  in  quanto  tale  lesiva  del principio costituzionale di
eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Veniva,  inoltre,  disattesa  l'obiezione  posta  dall'Avvocatura
dello  Stato,  secondo  cui  la  sentenza  n. 285  del  1995  avrebbe
disposto,  per  le  unita' sanitarie locali, un rinvio non ricettizio
alla    disciplina   degli   enti   locali,   sicche'   l'intervenuta
modificazione  di  quest'ultima si sarebbe comunicata automaticamente
anche   alla   normativa   posta  in  comparazione,  con  conseguente
eliminazione in radice della possibilita' di una qualsiasi diversita'
tra  le  due  discipline. L'erroneita' della tesi era rinvenuta dalla
Corte  nella  circostanza  che  il  preteso rinvio non ricettizio non
trova al conforto nella lettera e nel contenuto della sentenza n. 285
del 1995.
    6.   -   Tutto  cio'  premesso,  occorre  dunque  concludere  che
l'art. 159,  secondo terzo e quarto comma, del decreto legislativo 18
agosto  2000,  n. 267,  reintroduce nell'ordinamento una disposizione
gia'  dichiarata  costituzionalmente  illegittima, con sentenza della
Corte  costituzionale del 20 marzo 1998, n. 69, aggravandone peraltro
la  portata  con  la  previsione  della rilevabilita' d'ufficio della
nullita'  della  procedura  esecutiva  posta  in essere nei confronti
dell'ente pubblico.
    Pertanto,   gli   stessi  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
prospettati  in  riferimento all'art. 113, commi secondo e terzo, del
d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, devono essere ora riproposti.
    La  questione di legittimita' costituzionale - gia' positivamente
decisa  dal  giudice  delle  leggi  in  riferimento  alla  previgente
disciplina - non ha perso attualita'.
    Difatti, e' tutt'ora vigente il tertium comparationis vale a dire
la  disciplina  valevole  per  le  aziende  sanitarie  locali  di cui
all'art. 1,  comma  quinto,  del  d.l.  n. 9 del 1993, convertito con
legge  n. 67  del  1993, quale risulta a seguito della sentenza della
Corte costituzionale n. 285 del 1995.
    Consegue  che il creditore che abbia proceduto al pignoramento di
somme di pertinenza di un ente locale delega ex art. 287 c.p.c. del 2
aprile  2002  verrebbe  a  trovarsi,  per  effetto  della  disciplina
denunciata,  in una situazione deteriore rispetto al creditore di una
unita'  sanitaria  locale:  mentre al primo l'ente esecutato potrebbe
limitarsi ad opporre, agli effetti dell'impignorabilita', la delibera
semestrale   di   quantificazione   delle   somme,   per  il  secondo
l'impignorabilita' sarebbe condizionata anche all'osservanza da parte
dell'ente esecutato, nell'emissione dei mandati di pagamento a titoli
diversi  da quelli vincolati, dell'ordine cronologico delle fatture e
degli impegni di spesa.
    Tale  situazione  determina,  ad  avviso  di  questo  giudice, la
violazione  dei  principi  di  uguaglianza  e  ragionevolezza  di cui
all'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione ed un'insopportabile
compressione  del  diritto  di  agire in giudizio a difesa dei propri
diritti garantito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
    I  medesimi  principi  costituzionali appaiono altresi' vulnerati
dal momento che - premessa la rilevabilita' ex officio della sanzione
di  nullita' del processo esecutivo prevista dall'art. 159 del d.lgs.
n. 267  del  2000  -  le  pretese  del  creditore  di  un ente locale
potrebbero essere frustrate anche in mancanza di opposizione da parte
del  debitore,  diversamente  da  quanto  avviene per il creditore di
un'unita' sanitaria locale.
    Inoltre, la disciplina in commento, solleva dubbi di legittimita'
costituzionale   anche   in   relazione   all'art. 97   della   Carta
Fondamentale.  Infatti,  la  mancata  riproposizione  della  clausola
condizionante  il  regime  di  impignorabilita'  che  venne  aggiunta
all'art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995 dalla Corte costituzionale con
la  sentenza  n. 69  del  1998, si presta, quantomeno in astratto, ad
agevolare  condotte della pubblica amministrazione poste in essere in
violazione   dei   principi   di   imparzialita'   e  buon  andamento
dell'amministrazione,  in  relazione  alle diverse conseguenze che la
inosservanza  dell'ordine  cronologico  nell'emissione dei mandati di
pagamento comporterebbe per i creditori variamente soddisfatti.
    In  sostanza  art. 113 del d.lgs. n. 77 del 1995 (come modificato
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 69 del 1998), imponendo
la   dimostrazione   del   rispetto  del  rigido  ordine  cronologico
nell'emissione   dei  mandati  di  pagamento  per  titoli  vincolati,
sottraeva  all'ente  la  possibilita'  di  opporre  ai  creditori  in
executivis  l'impignorabilita'  delle  proprie  dotazioni  economiche
qualora non fosse stata fornita la prova che tali somme, in concreto,
venivano  destinate  a  quei fini superiori che soli giustificano una
deroga  al  principio generale di cui all'art. 2740 c.c. ed a quello,
d'ordine pubblico, della par condicio creditorum.
    7. - Per quanto osservato in precedenza, non residua alcun dubbio
sulla  rilevanza  della  questione  ai fini della presente decisione,
posto  che  -  superate  tutte le difese preliminari approntate dalla
societa' creditrice - in alternativa alla proposizione della denunzia
di    sospetta   illegittimita'   costituzionale   non   residuerebbe
alternativa  che  non  sia  quella  di  dichiarare  - dapprima in via
sospensiva  ex  art. 624 c.p.c. e quindi nel merito, con sentenza, ai
sensi dell'art. 616 c.p.c. - la nullita' della procedura esecutiva in
oggetto.
                              P. Q. M.
    Visti gli articoli 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante  ai fini della decisione e non manifestamente
infondata,   ai   sensi  di  cui  in  motivazione,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 159,  secondo  terzo e quarto
comma,  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle   leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali),  in  relazione
all'art.  3,  primo  comma,  art. 24,  secondo comma, e art. 97 primo
comma,  della  Costituzione,  nella  parte  in cui non prevede, quale
condizione ulteriore per l'impignorabilita' delle somme di pertinenza
degli  enti  locali,  che l'impignorabilita' delle somme destinate ai
fini  ivi  indicati  non  opera  qualora,  dopo  l'adozione  da parte
dell'organo  esecutivo  della  delibera semestrale di quantificazione
preventiva  degli  importi delle somme stesse, siano emessi mandati a
titoli   diversi   da   quelli   vincolati,  senza  seguire  l'ordine
cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se
non  e'  prescritta  fattura, delle deliberazioni di impegno da parte
dell'ente.
    Sospende  il  presente  processo  esecutivo ed ordina l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Manda,  alla Cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e per la comunicazione al
Presidente  del  Senato della Repubblica e al Presidente della Camera
dei deputati.
        Messina, addi' 28 marzo 2002.
                        Il giudice: D'Arrigo
02C1171