N. 36 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 2002
Ordinanza emessa il 30 novembre 2002 dal tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Simic Milica Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Lesione del principio di ragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu' gravi - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale. - D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3 e 13, terzo comma.(GU n.7 del 19-2-2003 )
IL TRIBUNALE Sulla richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di Simic Milica, nata a Belgrado il 21 aprile 1969 per la contravvenzione prevista e punita dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002; Premesso che l'arrestata e' stata espulsa con regolare provvedimeto del prefetto di Bologna in data 10 ottobre 2002, che successivamente in data 10 ottobre 2002 il questore di Bologna le ha ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 449/2002, e che ella non ha ottemperato all'ordine, venendo arrestata a Bologna il 29 novembre 2002 ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998; Dato atto che l'arrestata e' priva di documenti di identificazione validi ed e' stata sottoposta a rilievi dattiloscopici per la sua identificazione, in base ai quali si e' accertato che la stessa - con le generalita' con le quali e' stata arrestata o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti penali definitivi a carico, ne' pendenze giudiziarie, ne' segnalazioni di polizia relative a fatti di reato rilevati a suo carico; Osservato che sussistono dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'arresto obbligatorio come previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 - come modificato dalla legge n. 189/2002 - e che la questione di legittimita' di tale norma appare non manifestamente infondata e va sollevata d'ufficio per le ragioni che seguono, con essenziale riferimento ai parametri costituzionali di cui agli articoli 13 e 3 della Costituzione; Quanto al parametro dell'art. 13, terzo comma, Costituzione, che consente provvedimenti limitativi della liberta' personale da parte della p.s. solo "in casi eccezionali di necessita' ed urgenza indicati tassativamente dalla legge", la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies, appare contrastarvi per le seguenti ragioni: la tutela costituzionale della liberta' personale e' assoluta: essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e' consentita la limitazione solo con provvedimento dell'autorita' giudiziaria e nei casi previsti dalla legge al secondo comma, al terzo comma ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea ad opera della p.s. solo se successivamente convalidata dall'autorita' giudiziaria e nei casi "eccezionali di necessita' ed urgenza" previsti dalla legge, al terzo comma - diversamente dal secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche' al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi in cui la liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata dalla p.s., ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed urgenza. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito le nozioni di eccezionalita' necessita' ed urgenza che giustificano l'arresto obbligatorio. Proprio perche' l'art. 14, comma 5-quinquies, prevede l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza della contravvenzione dell'art. 14 comma 5-ter, le condizioni di eccezionale necessita' ed urgenza della misura precautelare debbono essere valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata la previsione dell'arresto obbligatorio e non ne e' consentita una modulazione in relazione al caso concreto. La condotta contravvenzionale a cui e' collegato l'arresto obbligatorio e' quella dello straniero gia' espulso dal territorio nazionale in quanto clandestino ed inottemperante al successivo ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di mera condotta, di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita', dato prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine di allontanamento. La struttura del reato non prevede quindi ne' la lesione o la messa in pericolo di un bene costituzionalmente protetto, ne' una condizione soggettiva di pericolosita' specifica dell'autore, che non e' gia' imputato o condannato per altri reati, non e' socialmente pericoloso (vedi C. Cost. n. 64/1977 in cui la legittimita' dell'arresto era collegata al preesistente accertamento giudiziale delle condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in una condizione di pericolosita' specifica per le sue condizioni personali (vedi C. Cost. n. 126/1972 in cui la legittimita' dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello Stato, cioe' la permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che la legittimano formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione ma che non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se' di una specifica pericolosita' del soggetto (si pensi all'innumerevole numero di "badanti" che per periodi lunghissimi lavorano irregolarmente nelle famiglie italiane in condizioni di clandestinita', per i quali e' evidente l'assenza di ogni pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica del reato, ne' la condotta punita ne' le condizioni dell'agente appaiono quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed urgenza che giustificano il potere limitativo della liberta' personale da parte della p.s. ai sensi dell'art. 13, Cost. L'arresto e' in questo caso obbligatoriamente previsto per una contravvenzione punita con l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il sistema processuale vigente non consente l'applicazione di misure cautelari personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il che rende evidente come in questo caso l'arresto non sia in alcun modo collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare. Esso si affianca ad altri eccezionali casi in cui e' consentito l'arresto a prescindere dalla successiva applicazione di misura cautelare, ma si discosta da tali ipotesi per aspetti molto rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in flagranza previsto per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s., (la cui pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di misure cautelari) e per le contravvenzioni p.p. dai commi primo e secondo, art. 4, legge n. 110/1975, o dai commi quarto e quinto dello stesso articolo, in questo caso se aggravate dalla finalita' di discriminazione o odio etnico, razziale ecc. Nella prima ipotesi l'arresto e' consentito per consentire "la possibilita' di un intervento immediato su chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato le vittime di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo in pericolo la sicurezza individuale e collettiva" (C. Cost. n. 305/1996). Nel secondo caso l'arresto consente che le forze di p.s. limitino la liberta' personale di soggetti in possesso di armi o oggetti atti ad offendere nel corso di riunioni pubbliche (commi quarto e quinto) o con armi od oggetti atti ad offendere fuori dalla propria abitazione il cui possesso sia destinato specificamente a finalita' di discriminazione o odio razziale (commi primo e secondo, aggravati dall'art. 3, comma primo, d.l. n. 122/1993), condotte entrambe evidentemente riconducibili ad un pericolo per la sicurezza individuale e collettiva, evitabile soltanto con la materiale apprensione del soggetto armato ed il suo allontanamento dal luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e' previsto come facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma sesto, c.d.s., e art. 6 comma secondo, legge n. 654/1975). In entrambe le ipotesi citate di arresto consentito a prescindere dalla conseguente applicabilita' di misura cautelare si tratta di condotte attive (lesioni personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni o con finalita' non consentite), che concretamente pongono in pericolo la sicurezza individuale, collettiva e necessariamente dolose, mentre l'arresto previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la negligente non ottemperanza all'ordine. Mentre nelle prime due ipotesi l'arresto e' quindi previsto per casi in cui appare necessario ed urgente bloccare l'autore di condotte pericolose da parte della p.s. che lo sorprenda in flagranza, nel caso di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, non emerge alcuna necessita' ed urgenza di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa e priva di concreta pericolosita'. Sul punto va aggiunto che il Giudice delle Leggi nella sentenza n. 305/1996 ha confermato la legittimita' dell'arresto previsto dall'art. 189, c.d.s., ancorandola alla sua facoltativita', in quanto tale arresto "richiede pur sempre la sussistenza, nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali l'art. 381 comma quarto subordina in via generale l'adozione di tale misura". Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto prescinde da ogni valutazione sulla concreta pericolosita' della condotta, con la conseguenza che la misura puo' essere costituzionalmente rientrante nella previsione dell'art. 13, terzo comma, Cost., solo se si ritiene eccezionalmente necessario ed urgente limitare la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui egli abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo alla sua espulsione dal territorio nazionale. L'arresto obbligatorio non potrebbe neppure trovare ragione nell'eccezionale necessita' ed urgenza di poter procedere al rito direttissimo imposto dallo stesso art. 14, comma 5-quinquies, per l'accertamento della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter. Il rito direttissimo nel nostro ordinamento non e' infatti vincolato alla necessaria presenza dell'imputato in udienza, come appare dall'art. 449, c.c.p., che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non arrestato ne' detenuto - abbia reso confessione, nei casi previsti dall'art. 450, c.p.p., comma secondo, che espressamente dispone le regole processuali per l'ipotesi di citazione a giudizio dell'imputato a piede libero, oltre che nei casi previsti dallo stesso d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, che all'art. 13, comma 13-ter, prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in ogni caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non sia stata esercitata e quindi l'imputato resti libero - contro l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo. Non puo' infine ritenersi che l'eccezionale necessita' ed urgenza dell'arresto sia collegata alla necessita' di eseguire l'espulsione dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con accompagnamento alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto autonomo ed indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma quarto, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. l89/2002. Quanto al parametro dell'art. 3 della Costituzione, che impone al legislatore il rispetto del limite della ragionevolezza come qualificato nelle sentenze C. Cost. n. 26/1979; n. 103/1982; n. 409/1989; n. 341/1994 (vedi anche C. Cost. n. 53/1958 secondo cui "non si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il legislatore assoggetta ad una indiscriminata disciplina situazioni che esso stesso considera e dichiara diverse), la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies, appare contrastarvi per le seguenti ragioni: l'art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002 prevede la contravvenzione dello straniero che, espulso e' materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno (si tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la condotta di rientro e attiva e manifesta una intenzionalita' particolarmente forte dello straniero poiche' segue alla materiale attivita' della pubblica amministrazione che lo ha accompagnato alla frontiera coattivamente, con rilevante impegno di risorse umane e materiali). Tale contravvenzione e' punita con l'arresto nella stessa misura rispetto alla contravvenzione prevista dall'art 14, comma 5-ter, (disobbedienza reiterata di due ordini, ma con condotta meramente omissiva e anche colposa), il che e' indice inequivoco della valutazione del legislatore di pari gravita' delle condotte considerate. Mentre nel primo caso l'arresto e' previsto come facoltativo (art. 13, comma 13), nel secondo caso esso e' previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies). l'art. 13, comma 13-bis del d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero che rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale, punendolo con la reclusione da 1 a 4 anni. In questo caso di delitto con pena edittale fino a 4 anni e' previsto l'arresto come facoltativo dall'art. 13, comma 13-ter, mentre nel caso piu' lieve della contravvenzione dell'art. 14, comma 5, punita con l'arresto fino a 1 anno l'arresto e' previsto come obbligatorio dal citato art. 14, comma 5-quinquies. Dall'esame delle disposizioni sopra citate emerge quindi che anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. l89/2002 la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nel comma 5-quinquies dell'art. 14 e' irragionevole, sia poiche' a situazioni di analoga gravita' (art. 13, comma 13) conseguono modalita' d'arresto facoltative e quindi piu' lievi, senza che emergano apprezzabili ragioni che giustifichino il differente trattamento della liberta' personale dell'arrestato nelle due ipotesi, sia perche' a situazioni di maggiore gravita' (art. 13, comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative e quindi piu' lievi, senza che vi siano ragioni specifiche che giustifichino il piu' lieve trattamento di reati piu' gravi nella fase della previsione delle misure precautelari; che la questione e' rilevante per la pronuncia sulla convalida dell'arresto poiche' l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale dello stesso farebbe venir meno il fondamento normativo della richiesta di convalida proposta dal p.m. Infatti nella fattispecie Simic Milica e' stata tratta in arresto perche' tale misura e' prevista come obbligatoria dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, mentre ella non sarebbe stata passibile di arresto se tale misura fosse stata prevista come facoltativa in quanto non sussistono nella fattispecie le condizioni richieste dall'art. 381, comma 6, della gravita' del fatto (il reato contestato e' una contravvenzione punita da 6 mesi a 1 anno), ne' della pericolosita' del soggetto desunta dalla sua pericolosita' (l'arrestata e' priva di pregiudizi penali ed e' qui per la prima volta accusata di una contravvenzione; il fatto che ella sia clandestina sul territorio nazionale non e' previsto come reato dal nostro ordinamento) o dalle circostanze del fatto (la condotta contestata e' meramente passiva, di disobbedienza ad un ordine dell'autorita). Ritenuto quindi conclusivamente la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede come obbligatorio l'arresto per il reato previsto dall'art. 14, comma 5, appare non manifestamente infondata e rilevante nel giudizio di convalida in corso, per cui va sollevata d'ufficio per le ragioni sopra esposte.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953; Ritenuta non manifestamente infondata e rilevante nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, per contrasto con gli artt. 13, terzo comma e 3 Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere. Bologna, addi' 30 novembre 2002 Il giudice: Betti 03C0112