N. 52 ORDINANZA 10 - 13 febbraio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Donazione  - Donazione con riserva - Facolta' del donante di disporre
  a proprio favore, a carico del donatario, un obbligo di prestazione
  (non   pecuniaria)  di  assistenza  morale  e  materiale  -  Omessa
  previsione  - Prospettato contrasto con il principio di eguaglianza
  e  ragionevolezza  e con la tutela dell'autonomia privata - Carenza
  dei  requisiti  soggettivi  e oggettivi per la rimessione, da parte
  del notaio rogante, della questione di costituzionalita - Manifesta
  inammissibilita'.
- Cod. civ., art. 790.
- Costituzione, artt. 2, 3 e 41.
(GU n.7 del 19-2-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici: Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 790 del codice
civile, promosso con atto dell'11 marzo 2002 dal notaio di Giulianova
nel  procedimento  relativo ad Andrea Costantini e altro, iscritta al
n. 326  del  registro  ordinanze  2002  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 28, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto l'atto di costituzione di Andrea Costantini e altro nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che il notaio di Giulianova, chiamato a formare un atto
pubblico  di donazione, con atto ("ordinanza") dell'11 marzo 2002, ha
sollevato,  in  riferimento  agli artt. 2, 3 e 41 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 790 del codice
civile, nella parte in cui non prevede la possibilita' per il donante
di  riservare  a  proprio favore la facolta' - non trasmissibile agli
eredi  -  di  disporre discrezionalmente, per la durata della propria
vita,  la  costituzione  a  carico  del  donatario  di  un obbligo di
prestazione  di assistenza morale e materiale per la soddisfazione di
ogni esigenza di vita del donante medesimo;
        che   il   dubbio   di  costituzionalita'  e'  formulato  sul
presupposto  secondo  cui  la  volonta'  manifestata nella specie dal
donante,  con  l'accordo  del  donatario,  per  la  conclusione di un
contratto  di donazione avente il contenuto sopra detto, non potrebbe
trovare   alcuna   forma   di  "traduzione"  giuridica,  ne'  secondo
l'art. 793  cod. civ.,che regola la donazione modale (poiche' in esso
l'imposizione del peso legittima chiunque ad agire per l'adempimento,
anche oltre la vita del donante), ne' secondo lo schema del contratto
di  mantenimento (poiche' la causa dell'attribuzione patrimoniale non
sarebbe  quella  della  liberalita),  ne',  infine e particolarmente,
secondo   la   forma   della   donazione  con  riserva  di  disporre,
disciplinata  dall'art. 790  cod.  civ.  (poiche' in esso e' prevista
solo  la  possibilita' per il donante di riservarsi qualche bene o di
disporre  di  una  determinata  somma,  non  quella  di  dedurre  una
prestazione  non  pecuniaria  condizionata  alla  mera  potesta'  del
donante  stesso),  con  la  conseguenza  che,  anche per il carattere
eccezionale  del  citato  art. 790, preclusivo di una interpretazione
analogica  (art. 14  disp.  prel.  cod.  civ.),  il  notaio  dovrebbe
rifiutare  il  rogito dell'atto di donazione configurato dalle parti,
in quanto non riconducibile ad alcuna disposizione di legge;
        che,  appunto  per  l'anzidetta  ritenuta  impossibilita'  di
formare  un  atto di donazione dal contenuto pienamente conforme alla
volonta'  in  concreto  manifestata  dalle parti, il notaio prospetta
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 790  cod.  civ.  (a)  per
violazione  del  principio  di  uguaglianza  e ragionevolezza (art. 3
della  Costituzione) e (b) per contrasto con la tutela dell'autonomia
privata,  in  materia  patrimoniale (art. 41 della Costituzione) e in
materia  non  patrimoniale  (art. 2 della Costituzione), giacche' non
sussisterebbe  "alcuna  plausibile  ragione"  per  non  consentire il
perfezionamento  di  una  donazione  con  riserva  della  facolta' di
disporre nei termini sopra esposti;
        che  nell'atto  di  rimessione  il  notaio  esamina quindi il
profilo relativo alla propria legittimazione a sollevare la questione
di   costituzionalita',   osservando  in  primo  luogo  come  a  cio'
legittimati  non  siano  soltanto i giudici facenti parte dell'ordine
giudiziario, ma anche altri soggetti, che l'ordinamento individua per
demandare  loro  "l'esercizio  di funzioni giudicanti per l'obiettiva
applicazione  della legge" e che a tale scopo sono posti in posizione
di  terzieta',  quali titolari di un controllo super partes "a tutela
del   solo   diritto   oggettivo"  e  a  garanzia  del  principio  di
effettivita' della Costituzione;
        che   la   stessa  esigenza  si  manifesterebbe,  secondo  il
rimettente,  in  relazione all'attivita' di documentazione a mezzo di
atto pubblico notarile dei negozi tra privati, poiche' questi ultimi,
non   essendo  ancora  insorta  tra  loro  alcuna  controversia,  non
avrebbero  altro  modo  per  far  eliminare dall'ordinamento la norma
sospettata di incostituzionalita', se non denunciare, per omissione o
rifiuto  di  atti d'ufficio (art. 328 cod. pen.), il notaio che abbia
rifiutato  il  rogito  dell'atto  non  conforme  alla  legge,  ovvero
provocare  un  procedimento disciplinare a carico dello stesso notaio
(con  esiti, in ogni caso, assai problematici, poiche' il rifiuto del
notaio non potrebbe certo dirsi ingiustificato, essendo basato su una
disposizione  legislativa,  benche'  incostituzionale);  mentre,  per
altro verso, non appare neppure praticabile la via della proposizione
della questione nell'ambito di un eventuale procedimento disciplinare
a  carico  del  notaio  che  abbia  effettuato il rogito contra legem
richiedendosi   al   notaio  di  correre  un  rischio  obiettivamente
eccessivo;
        che,  sotto  altro profilo, il rimettente reputa, da un lato,
che  l'art. 23  della  legge  (ordinaria) 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla  costituzione  e sul funzionamento della Corte costituzionale),
con  il  richiedere  che  la  questione sia proposta "nel corso di un
giudizio  dinanzi ad una autorita' giurisdizionale", abbia "eluso" la
riserva  di  legge  costituzionale  di cui all'art. 137, primo comma,
della  Costituzione, che non porrebbe alcuna limitazione in ordine ai
soggetti   legittimati   a  sollevarla  e  che  rinvia  a  una  legge
costituzionale   per   "le   condizioni,   le  forme,  i  termini  di
proponibilita'   dei   giudizi   di   legittimita'   costituzionale",
dall'altro  che  non sarebbe sufficiente a "decostituzionalizzare" la
materia  il rinvio che alla legge ordinaria viene fatto dalla "scarna
formula"  dell'art. 1  della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1
(Norme   integrative   della   Costituzione   concernenti   la  Corte
costituzionale), secondo cui "la Corte costituzionale esercita le sue
funzioni nelle forme, nei limiti ed alle condizioni di cui alla Carta
costituzionale,  alla  legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, ed
alla  legge  ordinaria emanata per la prima attuazione delle predette
norme costituzionali";
        che   il   notaio   rimettente   sostiene   poi   la  propria
legittimazione  a  sollevare  la  questione  anche alla stregua della
giurisprudenza  costituzionale (sentenze n. 226 del 1976 e n. 376 del
2001)  che ha reputato sufficiente, a tal fine, il fatto che l'organo
eserciti  obiettivamente  funzioni  giudicanti,  o a queste analoghe,
dirette  all'applicazione obiettiva della legge nel caso concreto, in
una  posizione  super  partes  anche  se si tratti di organo estraneo
all'organizzazione della giurisdizione, e cio' in vista della duplice
esigenza,  per  un  verso,  di  evitare che dalle distinzioni, spesso
incerte,  tra  le  diverse categorie di "giudizio" si possa trarre la
grave   conseguenza   dell'incertezza  del  diritto  come  dubbio  di
incostituzionalita'  (e  a  tale  riguardo  e' richiamata la sentenza
n. 129  del 1957), e, per l'altro, di garantire comunque l'osservanza
della  Costituzione,  in  un  sistema  in  cui  e'  precluso  sia  di
disapplicare  le leggi (incostituzionali) sia di definire il giudizio
applicando leggi di dubbia costituzionalita';
        che pertanto, sotto questo aspetto, la funzione notarile, pur
se  non qualificabile come giurisdizionale in senso proprio - perche'
priva  di "quei poteri irrefragabili di cui e' investito il giudice e
che  costituiscono  l'essenza della giurisdizione" - avrebbe, secondo
il   rimettente,   una  "profonda  essenza  giurisdizionale",  per  i
seguenti, concorrenti, motivi: (a) in quanto il notaio e' tenuto a un
controllo   di   liceita'   ("giudizio  giuridico")  del  regolamento
negoziale,  al  fine  di  prevenire la lite giudiziaria, svolgendo un
compito  talora definito in dottrina come "antiprocessuale" ovvero di
"tutela  stragiudiziale dei diritti soggettivi in formazione"; (b) in
quanto  a  diversi  atti  notarili  e' attribuita efficacia di titolo
esecutivo  (art. 474  cod.  proc.  civ.)  o  probatoria  privilegiata
(art. 2700  cod.  civ., per gli atti pubblici), "simile" a quella del
giudicato  che  caratterizza le decisioni della giurisdizione; (c) in
quanto  il  notaio  si  trova  in  posizione di terzieta', data anche
l'analogia  tra  l'art. 28  della  legge  notarile  16 febbraio 1913,
n. 89,  e  l'art. 51  cod.  proc.  civ;  (d) in quanto al notaio sono
affidati compiti gia' in precedenza attribuiti al giudice, ad esempio
in  materia  di  esecuzione  immobiliare forzata e di omologazione di
atti  societari;  (e) in quanto il notaio soddisfa pienamente, "anche
piu'  del  giudice", l'esigenza che il sindacato di costituzionalita'
si  applichi  in  relazione  a concrete situazioni di fatto, giacche'
esso e' chiamato a indagare sulla volonta' delle parti (art. 47 della
legge  n. 89 del 1913); (f) infine, in quanto la funzione notarile si
manifesta   attraverso   un   "procedimento"   (di  cui  il  processo
costituisce  una  species),  inteso come sequenza di norme, posizioni
soggettive  ed atti, a partire da un impulso di parte, seguito da una
"istruttoria  notarile", sino a una "decisione" finale costituita dal
rogito  - o dal rifiuto di rogito - dell'atto, secondo uno schema che
evocherebbe  la  sequenza  propria  del  processo civile ordinario di
cognizione (domanda, istruzione, decisione della causa);
        che  nel giudizio cosi' promosso e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che ha dedotto in via preliminare il difetto
dei  requisiti  prescritti  dall'art. 23  della legge n. 87 del 1953,
osservando che il notaio non e' chiamato a risolvere una controversia
- cio' che costituisce il proprium della giurisdizione, anche secondo
la sentenza n. 376 del 2001 evocata dal rimettente - bensi' e' tenuto
solo a raccogliere la volonta' delle parti e a trasfonderla nell'atto
da  rogare,  che rimane atto negoziale di volonta' e non si trasforma
in  atto  accertativo  di  giudizio,  concludendo  per la "assoluta e
manifesta  inammissibilita'"  della questione e comunque, nel merito,
per l'infondatezza della stessa;
        che   le  parti  dell'atto  oggetto  del  rogito  (donante  e
donatario)   hanno  depositato  atto  di  costituzione  nel  presente
giudizio  in  data 11 settembre 2002, oltre il termine previsto dagli
artt. 25 della legge n. 87 del 1953 e 3 delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.
    Considerato  che  e' stata sollevata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 790  del  codice civile, nella parte in cui
non   prevede  la  possibilita'  per  il  donante  di  riservarsi  la
costituzione  a  proprio  favore di una prestazione non pecuniaria di
assistenza  morale  e materiale per la soddisfazione di ogni esigenza
di  vita,  a  carico  del  donatario,  tale da non assorbire l'intero
valore  del  bene  donato, per violazione degli artt. 2, 3 e 41 della
Costituzione;
        che  tale questione e' stata proposta da un notaio chiamato a
redigere  un  atto  pubblico di donazione, a norma dell'art. 782 cod.
civ;
        che il soggetto rimettente svolge numerosi argomenti a favore
della  propria  legittimazione  a  sollevare questione incidentale di
legittimita'  costituzionale,  in  applicazione  degli  artt. 1 della
legge  costituzionale  9 febbraio  1948,  n. 1  (Norme sui giudizi di
legittimita'  costituzionale  e  sulle  garanzie d'indipendenza della
Corte  costituzionale),  e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale);
        che   tali   argomenti,  sviluppati  anche  alla  stregua  di
affermazioni  contenute  nelle  sentenze n. 226 del 1976 e n. 376 del
2001   di  questa  Corte,  ad  avviso  del  rimettente  mostrerebbero
l'assimilabilita'  (a)  del notaio rogante al giudice o all'autorita'
giurisdizionale,   (b)   del  procedimento  di  formazione  dell'atto
notarile  al  processo  e  (c)  della funzione del notaio, in sede di
formazione  del  rogito,  alla  funzione  giurisdizionale,  con  cio'
dovendosi   ritenere  adempiute  le  condizioni  che  le  due  citate
disposizioni  di  legge costituzionale e di legge ordinaria prevedono
ai  fini  della  valida  instaurazione  del  giudizio  incidentale di
legittimita' costituzionale sulle leggi;
        che,  in  contrario  senso,  vale la considerazione che nella
funzione   notarile,   come   disciplinata  dall'art. 1  della  legge
16 febbraio  1913,  n. 89  (Ordinamento del notariato e degli archivi
notarili), consistente essenzialmente nel "ricevere gli atti tra vivi
e  di  ultima volonta', attribuire loro pubblica fede, conservarne il
deposito,  rilasciarne  le  copie,  i certificati e gli estratti", e'
assente   quella   connotazione   decisoria  che,  anche  secondo  la
giurisprudenza  di questa Corte (sentenze n. 387 del 1996, n. 158 del
1995,  n. 492  del  1991,  n. 17 del 1980, n. 12 del 1971, n. 114 del
1970;  ordinanza  n. 104  del 1998), e' condizione necessaria, pur se
non  sufficiente,  per  riconoscere  la  natura giurisdizionale della
funzione   ed   ammettere  quindi  la  proposizione  della  questione
incidentale di legittimita' costituzionale;
        che,  ai  fini  della  pretesa qualificazione giuridica della
funzione  notarile  come  decisoria, non rileva la circostanza che il
notaio  abbia da "decidere" se procedere o non procedere al rogito di
un  atto,  a  seconda  che cio' gli sia consentito ovvero precluso da
norme  di  legge,  trattandosi  -  in  tal  caso  -  di  una  normale
valutazione  circa  la  legittimita'  della  prestazione  che  gli e'
richiesta e non del contenuto della funzione medesima;
        che  l'impossibilita' di ricondurre la funzione notarile alla
giurisdizione  e'  di per se' ragione sufficiente di inammissibilita'
della  questione,  cio'  che  rende superfluo l'esame degli argomenti
prospettati   per   sostenerne   l'ammissibilita'  sotto  il  profilo
soggettivo  - l'assimilabilita' del notaio al giudice - e oggettivo -
l'assimilabilita'  del  "procedimento"  che  si  svolge  di fronte al
notaio  al giudizio dinanzi ad un'autorita' giurisdizionale - secondo
le  citate  norme  di  legge  costituzionale e ordinaria che regolano
l'instaurazione  del  giudizio  incidentale  sulla  costituzionalita'
delle leggi;
        che   le   considerazioni  del  notaio  rimettente  circa  la
difficolta'  in  cui  verserebbe  il soggetto privato, interessato ad
adire  la  Corte  costituzionale  per  sottoporre a essa il dubbio di
costituzionalita'   su  norme  limitative  dell'autonomia  negoziale,
quando  -  come  nella  specie  - sia previsto a pena di nullita' che
l'atto  sia  ricevuto  in  forma pubblica dal notaio, si risolvono in
critiche  di  merito  alla  scelta  contenuta nell'art. 1 della legge
costituzionale  n. 1  del  1948,  che  ha  escluso  l'azione  diretta
d'incostituzionalita';
        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 790   del   codice  civile,
sollevata,  in  riferimento  agli artt. 2, 3 e 41 della Costituzione,
dal notaio di Giulianova, con l'atto indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 febbraio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C0135