N. 53 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2002

Ordinanza  emessa il 30 ottobre 2002 dal tribunale di Termini Imerese
nel procedimento penale a carico di Sali Habib

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio  dello  Stato  -  Emissione automatica, conseguente alla
  convalida   dell'arresto,   di  nulla  osta,  al  provvedimento  di
  espulsione  sotto forma di accompagnamento immediato alla frontiera
  -  Irragionevolezza  -  Incidenza  sul  diritto  alla  difesa e sui
  principi del giusto processo nonche' sui diritti dello straniero.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, lett. a) e b),
  come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3, 10, 24 e 111.
(GU n.8 del 26-2-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Pronunziando nel procedimento n. 928/2002 a carico di Sali Habib,
arrestato  in data 23 ottobre 2002, ed imputato ai sensi dell'art. 14
d.lgs.   n. 286/1998   in   relazione   all'art. 13,  comma  5-ter  e
5-quinquies legge n. 189/2002;
    Sciogliendo  la riserva assunta in data 24 ottobre 2002 in ordine
alla  ilegittimita' costituzionale dell'art. 13, primo comma, lettere
a) e b), del decreto legislativo 286/1998 come modificato dalla legge
n. 189/2002 in relazione agli artt. 10 e 24 della Costituzione;
    Avuto  riguardo  alle allegazioni del pubblico ministero dott.ssa
Pandolfi e del difensore dell'imputato avv. Incandela,

                        Rilevato sul processo

    In  data  23 ottobre 2002 in Caccamo veniva effettuato l'arresto,
in  applicazione  delle  previsioni di cui alla legge n. 189/2002, di
Sali Habib;
    I  carabinieri  operanti  in  particolare  evidenziavano  come lo
stesso  si  trovasse  nelle  condizioni  di  cui all'art. 14, decreto
legislativo  286/1998,  comma  5-ter  e  5-quinquies,  in quanto gia'
oggetto  di  provvedimento  di  espulsione dal territorio dello Stato
italiano allo stesso notificato in data 4 ottobre 2002;
    Il  Sali  Habib  veniva  conseguentemente trattenuto in camera di
sicurezza  e  condotto  davanti  al  giudice  monocratico per il rito
direttissimo  "obbligatorio"  di  cui all'art. 14, comma 5-quinquies,
come modificato decreto legislativo 286/1998;
    In  sede  di  udienza il pubblico ministero chiedeva la convalida
dell'arresto  in  quanto effettuato nella ricorrenza dei requisiti di
legge  con  immediata  liberazione  del  Sali in considerazione della
natura  contravvenzionale  della  ipotesi  per  la  quale  era  stato
disposto  l'arresto,  e  dunque  della  oggettiva  impossibilita'  di
disporre misura cautelare nei confronti dello stesso;
    Sollevava   altresi'   il   pubblico   ministero   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 13,  del  decreto legislativo
286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui
prevede  la  emissione,  conseguente  alla convalida dell'arresto, di
provvedimento  di  nulla  osta  da  parte  del giudice per violazione
all'art. 24  della  Costituzione;  con  particolare  riferimento alla
impossibilita'  per  l'imputato  -  derivante  dalla  attuazione  del
provvedimento   di   espulsione   nella   forma  dell'accompagnamento
immediato  alla  frontiera - di essere presente alla celebrazione del
processo  nei  suoi  confronti;  ed  ancora  in  considerazione della
obbligatorieta' del rito direttissimo con pregiudizio delle attivita'
istituzionalmente  previste  sia  per  l'accusa  che  per  la  difesa
(dirette  anche alla ricerca di cause di giustificazione dell'operato
dell'imputato);
    La  difesa  si  associava  alla  richiesta del pubblico ministero
evidenziando   in   aggiunta   una   violazione   dell'art. 10  della
Costituzione in relazione alla oggettiva impossibiita' per l'imputato
di  svolgere  nel  proprio  paese  le liberta' democratiche garantite
dalla  Costituzione  in  quanto  componente  di  una minoranza etnica
perseguitata  (e  in  tal  senso allegava documentazione), nonche' in
ordine alla violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 della
Costituzione  in  quanto  essendo  stato  proposto reclamo avverso il
provvedimento  di  espulsione ricorrevano ed erano da ritenere ancora
pendenti  i  termini per il ricorso in Cassazione avverso il predetto
provvedimento;
    Veniva  convalidato  l'arresto,  disposta l'immediata liberazione
dell'imputato  con  rinvio del procedimento e riserva sulla questione
sollevata.

                   Sulla rilevanza della questione

    La  previsione  di  cui all'art. 13, comma 3, decreto legislativo
286/1998,  cosi' come sostituito dalla legge n. 189/2002, dispone che
"... quando lo straniero e' sottoposto a procedimento penale e non si
trova  in  stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima
di  eseguirne  l'espulsione,  richiede  il  nulla osta alla autorita'
giudiziaria,  che  puo'  negarlo  solo  in  presenza  di inderogabili
esigenze  processuali  valutate  in  relazione all'accertamento della
responsabilita'  di  eventuali  concorrenti  nel  reato o imputati in
procedimenti  per  reati  connessi,  e  all'interesse  della  persona
offesa...".
    Il  comma  3-bis, a sua volta prevede che "nel caso di arresto in
flagranza  o  di  fermo,  il  giudice rilascia il nulla osta all'atto
della   convalida,  salvo  che  applichi  la  misura  della  custodia
cautelare  in  carcere ai sensi dell'art. 391, comma 5, del codice di
procedura  penale,  o  che  ricorra una delle ragioni per il quale il
nulla osta puo' essere negato ai sensi del comma 3".
    Nel caso in esame e' stata contestata all'imputato la fattispecie
di  cui  all'art. 14, comma 5-ter, decreto legislativo 286/1998 (come
modificato dalla legge n. 189/2002).
    Lo stesso e' dunque stato tratto in arresto, e l'arresto e' stato
convalidato nella ricorrenza dei requisiti di legge.
    Dalla  rigorosa  applicazione del disposto di cui al comma 3-bis,
dell'art. 13,  del  decreto legislativo 286/1998, consegue l'obbligo,
per  il  giudice che ha convalidato l'arresto, del rilascio del nulla
osta al questore affinche' venga disposta l'espulsione dell'imputato.
Espulsione  che,  nel caso in esame, consistera' nell'accompagnamento
dello straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
    Il   Sali   Habib,  soggetto  di  nazionalita'  iugoslava  (e  in
particolare appartenente a minoranza etnica perseguitata nel luogo di
provenienza,  come  d'altra  parte dimostra l'avvenuta concessione di
asilo  politico  al padre dello stesso, tra l'altro gravemente malato
come  allegato  dalla  difesa),  ove venisse rilasciato il nulla osta
dovrebbe  essere  immediatamente  espulso  con  accompagnamento  alla
frontiera.
    L'art. 17   del   decreto   legislativo  n. 286/1998,  intitolato
"diritto  di  difesa"  dispone  che "lo straniero parte offesa ovvero
sottoposto a procedimento penale e' autorizzato a rientrare in Italia
per  il  tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di
difesa,  al  solo  fine di partecipare al giudizio o al compimento di
atti  per  i quali e' necessaria la sua presenza. L'autorizzazione e'
rilasciata  dal  questore  anche per il tramite di una rappresentanza
diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte offesa o
dell'imputato o del difensore".
    Tanto  premesso,  ritiene  questo  giudice  la  rilevanza  e  non
manifesta infondatezza della questione sollevata.
    La  disciplina  richiamata  determina  infatti un automatismo nel
rilascio  del  nulla  osta, al quale consegue la espulsione immediata
dello  straniero  eseguita dal questore mediante accompagnamento alla
frontiera.
    Tale  disciplina  contrasta  con  la  possibilita'  e  il diritto
(costituzionalmente garantito) per l'imputato di difendersi, e dunque
di  fare emergere anche ed eventualmente il proprio diritto ad essere
nel territorio dello Stato italiano.
    La  questione  sollevata  deve  essere ritenuta rilevante sia con
riferimento    all'art. 10    della   Costituzione,   e   dunque   in
considerazione    della    condizione   giuridica   dello   straniero
(soprattutto  ove  vengano  in  rilievo, a seguito della applicazione
della normativa censurata, lesioni di diritti e liberta' fondamentali
democratiche  garantite  dalla  nostra Costituzione, e cio' nel senso
che una immediata espulsione potrebbe portare il soggetto straniero a
rientrare  in  uno Stato dove appunto per la sua condizione personale
tali   liberta'   non  siano  attribuite  e  garantite),  che  quanto
all'art. 24  (correlato  per i motivi che seguono all'art. 111) della
Costituzione.
    Difatti la applicazione rigorosa della disciplina di legge di cui
all'art. 13   del  decreto  legislativo  286/1998  comporterebbe  una
sostanziale  e  concreta  lesione  del  diritto  dell'imputato  in un
procedimento  penale,  qualunque  sia la nazionalita' dello stesso ad
una  piena  difesa  ex  art. 24  della  Costituzione  e  ad un giusto
processo  (con pieno svolgimento delle funzioni connesse alla difesa)
ex art. 111 della Costituzione.
    In  particolare,  quanto  all'art. 10,  occorre  considerare come
sebbene  sia  stata  per  lungo tempo sostenuta la teoria del dominio
riservato dello Stato quanto alla gestione della condizione giuridica
dello  straniero, tuttavia tale principio abbia subito una costante e
progressiva   erosione  in  virtu'  di  interpretazione  sopravvenuta
secondo  la  quale  lo  Stato  italiano  e'  tenuto  a  parificare la
condizione  giuridica dello straniero a quella dei cittadini tutte le
volte che cio' non contrasti con i suoi preminenti interessi.
    Tale  principio e' chiaramente deducibile dalla previsione di cui
all'art. 10,  comma  secondo  e  comma  terzo della Costituzione, che
richiama  la  tutela  dei  diritti inviolabili dell'uomo e il diritto
all'asilo,  con l'unico limite rappresentato dalla impossibilita' per
lo   straniero  di  esercitare  diritti  e  doveri  politici,  ovvero
situazioni   giuridiche   strettamente   connesse  alla  qualita'  di
cittadino.
    Dalla  applicazione  di  tali principi consegue il riconoscimento
del  diritto  dello  straniero a soggiornare nello Stato italiano sia
alle  condizioni  ordinarie  previste  dalla  legge  (per effetto del
rilascio  del  permesso  di  soggiorno)  che  in  considerazione  del
riconoscimento   di   eventuale   diritto  di  asilo  (o  diritto  al
ricongiungimento familiare o altre ipotesi previste dalla legge).
    Tali  principi  interpretativi  risultano,  tra l'altro, recepiti
nell'ordinamento  giuridico  italiano  anche  nella previsione di cui
all'art. 2  del  decreto  legislativo 286/1998, nonche' dall'art. 10,
comma  4, decreto legislativo 286/1998, secondo il quale le norme sul
respingimento  alle frontiere e sulla espulsione non si applicano nei
casi  previsti  dalle  disposizioni  vigenti che disciplinano l'asilo
politico,  il  riconoscimento  dello  status  di  rifugiato ovvero la
adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
    Quanto  alla  violazione dell'art. 24 della Costituzione, occorre
considerare  come  l'automatismo  processuale  previsto  dalle  norme
contestate in ordine al rilascio del nulla osta al questore determina
una  compressione  della  facolta'  e diritti difensivi dell'imputato
straniero.
    In  tal  senso  si ritiene rilevante la questione di legittimita'
costituzionale   proposta   nel   senso  che  occorra  verificare  la
irragionevolezza  di  una  disposizione  che  mediante un automatismo
"irrazionale"   (Corte  cost.  174/1997)  impedisce  al  giudice  una
verifica del bilanciamento degli interessi coinvolti (ovvero gestione
efficace dei flussi di immigrazione clandestina e diritto di difesa e
partecipazione  dello straniero al processo, anche per fare valere la
ricorrenza di diritti tutelati ex art. 10 della Costituzione).
    Inoltre si valuta in senso positivo la fondatezza della questione
sollevata  poiche'  l'automatismo previsto appare limitativo e avulso
dal  contesto dei diritti fondamentali del nostro ordinamento, mentre
sembrerebbe  opportuno  riscontrare  la  necessita' o meno che sia il
giudice  in  sede  giurisdizionale,  sulla base del suo apprezzamento
prudente,  a  distinguere  le  diverse  condotte  da  assumere  nella
astratta  previsione di legge (Corte cost. 24/1989), od eventualmente
per assicurare in caso di vuoto normativo adeguata tutela dei diritti
costituzionali.
    Sulla non manifesta infondatezza della questione.
    Quanto  agli  elementi  dai  quali  desumere  una  non  manifesta
infondatezza della questione sollevata si osserva quanto segue:
    La   previsione   di  cui  all'art. 17  del  decreto  legislativo
n. 286/1998  non  appare  adeguata  allo  scopo di garantire un pieno
diritto   di   difesa   del   soggetto  straniero  oggetto  di  nuovo
provvedimento   di   espulsione   (art. 14,   comma   5-ter,  decreto
legislativo 286/1998);
    La  espulsione,  con conseguente accompagnamento alla frontiera a
mezzo   della   forza   pubblica,  e'  effetto  immediato  e  diretto
dell'obbligo  di  rilascio  del  nulla  osta  da  parte del giudice a
seguito  di  convalida  dell'arresto  (art. 13,  comma 3-bis, decreto
legislativo 286/1998);
    L'art. 17  predetto  sembra  predisporre  una  garanzia di difesa
meramente  formale e non volta a rendere possibile una sostanziale ed
effettiva  difesa e partecipazione del soggetto straniero imputato al
processo;
    In  tal  senso non puo' non essere rilevato come dalla espulsione
con  accompagnamento  alla  frontiera conseguano per lo straniero una
serie  di effetti onerosissimi e tali da rendere di fatto impossibile
la  partecipazione  dell'imputato al processo e la predisposizione di
una valida difesa dello stesso;
    Sara'  difatti estremamente improbabile che i soggetti arrestati,
perche'  nelle  condizioni  di  cui all'art. 14, comma 5-ter, decreto
legislativo  286/1998,  come  il Sali Habib, riescano ad essere nelle
condizioni economiche e materiali necessarie per ottenere il permesso
dal  questore,  mediante  rappresentanza  diplomatica  e  consolare e
previa adeguata giustificazione, per rientrare in Italia per il tempo
strettamente   necessario  per  l'esercizio  del  diritto  di  difesa
(concetto   questo  quanto  mai  vago  e  con  cio'  suscettibile  di
interpretazioni varie e in senso restrittivo quanto al rientro) o per
gli altri incombenti previsti dalla norma;
    L'interprete  della  norma non puo' non considerare le condizioni
materiali  dei  soggetti coinvolti e destinatari della disciplina del
presente  procedimento,  e  dunque  la oggettiva impossibilita' degli
stessi,  una  volta  espulsi, di trovare adeguata protezione e tutela
nel  disposto  di  cui  all'art. 17 del decreto legislativo 286/2002,
contrariamente  a  quanto  previsto  per  ogni  cittadino o straniero
comunitario ai sensi degli artt. 24 e 111 della Costituzione;
    Le   previsioni   costituzionali  citate  appunto  prevedono  per
l'imputato  la  possibilita' di essere informato nel piu' breve tempo
possibile  della  natura  e  dei  motivi  della  accusa elevata a suo
carico,  di  avere  a disposizione tempo e condizioni tali da rendere
possibile  una  adeguata  difesa,  di  essere  interrogato  o rendere
dichiarazioni  al  giudice,  di  interrogare  o  fare  interrogare le
persone  che  rendono  dichiarazioni  a  suo  carico,  di riuscire ad
acquisire ogni altro mezzo di prova a suo favore;
    Ne'  si puo' ritenere concretamente realizzabile una tale ipotesi
per  il  tramite  del  mandato  espletato dal difensore (molto spesso
nominato  d'ufficio  ai  sensi  della legge n. 60/2001), che dovrebbe
dunque  assumersi  l'onere  di  ricercare il soggetto imputato (nella
maggioranza   dei   casi   privo  di  fissa  dimora  e  di  mezzi  di
sussistenza),  di  predisporre i contatti tra lo stesso imputato e la
rappresentanza  consolare  o  diplomatica,  di apportare una adeguata
motivazione  allo  scopo  del rientro con conseguenti oneri economici
(che poi probabilmente andrebbero a gravare in capo allo Stato ove lo
straniero goda dei requisiti per accedere al patrocinio a spese dello
Stato  ex  art. 1,  comma  6,  della  legge  n. 217/1990  e  seguenti
modifiche, con ulteriore irragionevolezza evidente quanto all'aumento
esponenziale dei costi di un tale procedimento penale);
    Ancora   occorre   evidenziare   come   la  disposizione  di  cui
all'art. 17  si presenti in contrasto, e dunque foriera di equivoci e
difficolta'  per  il  destinatario  quanto  all'esercizio del proprio
diritto  di  difesa,  con la previsione di cui all'art. 13, comma 13,
come  modificato  dalla legge 189/2002 secondo il quale "lo straniero
espulso  non  puo'  rientrare  nel  territorio  dello Stato senza una
speciale autorizzazione del Ministro dell'interno";
    Emerge  dunque  una disciplina ambigua o comunque contraddittoria
con  la  conseguenza  che  lo  straniero potrebbe trovarsi a chiedere
l'autorizzazione  al  questore  e  poi  essere  ritenuto in difetto e
dunque  passibile  di  nuova  e  piu'  grave  sanzione  per  non aver
richiesto l'autorizzazione anche al Ministro dell'interno;
    Una   ulteriore   previsione   di   legge   vale  a  rendere  non
manifestamente  infondata  a  parere  di  questo giudice la questione
sollevata  quanto  all'automatismo  del meccanismo di concessione del
nulla osta, dal quale consegue la espulsione con accompagnamento alla
frontiera;
    L'art. 13, comma 3-quater, prevede infatti che "nei casi previsti
dai  commi 3, 3-bis (caso in esame) e 3-ter, il giudice, acquisita la
prova  della  avvenuta  espulsione,  se non e' ancora stato emesso il
provvedimento  che  dispone  il  giudizio,  pronuncia sentenza di non
luogo a procedere";
    La  norma  sembra quasi prevedere un obbligo per il giudice e per
il  pubblico ministero di bloccare l'esercizio dell'azione penale ove
sia  stata  effettivamente  eseguita  la  espulsione,  e  dunque  una
impossibilita'  per  lo  straniero arrestato di accedere ad un giusto
processo   quanto   ai   fatti   contestati   con  chiara  violazione
dell'art. 111  della  Costituzione,  dell'art. 24  della Costituzione
quanto al diritto di difesa, ed ancora dell'art. 3 della Costituzione
in  relazione  al  disposto  di  cui agli artt. 5, comma 4 e 6, della
legge n. 848/1955 (ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti   dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali),  che  appunto
prevedono  il diritto per ogni persona privata della propria liberta'
con  un  arresto  a  presentare  un  ricorso  davanti ad un tribunale
affinche'  decida  sulla legittimita' della sua detenzione, ed ancora
il   diritto  a  che  la  sua  causa  sia  esaminata  imparzialmente,
pubblicamente  e  in  un  tempo  ragionevole da parte di un tribunale
indipendente e imparziale costituito dalla legge quanto al fondamento
di ogni accusa penale;
    In  sostanza la previsione predetta sembra superare tali principi
giungendo,   tra   l'altro,   a   configurare   anche  un'ipotesi  di
contrarieta'  alla  previsione  di cui all'art. 13 della Costituzione
ipotizzando  un caso di restrizione della liberta' personale (arresto
obbligatorio)  che  non  trova  il  suo  naturale  sbocco  nel vaglio
giurisdizionale  e  nell'esercizio  della  azione  penale,  che viene
invece   sostituita  da  una  pronunzia  di  non  luogo  a  procedere
conseguente alla avvenuta esecuzione dell'espulsione che consegue dal
rilascio,  obbligatorio  e sostanzialmente automatico, del nulla osta
da parte della autorita' giudiziaria;
    La   norma   predetta   poi  rivela  la  sua  irragionevolezza  e
incongruenza,  con  conseguenti difficolta' applicative e lesione del
diritto  di  difesa, anche in relazione al disposto dell'art. 14 come
modificato  comma  5-quinquies  del  decreto legislativo 286/1998, il
quale  prevede che "per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater e'
obbligatorio  l'arresto  dell'autore  del fatto e si procede con rito
direttissimo.  Al  fine  di  assicurare l'espulsione il questore puo'
disporre i provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo";
    La  scelta  del legislatore con la quale si impone la adozione di
un  anomalo rito direttissimo "obbligatorio" si presenta in contrasto
non  solo  con  il principio di uguaglianza come sopra richiamato, ma
anche con il diritto di difesa;
    La  previsione  predetta  infatti non consente in concreto da una
parte  l'esercizio  dell'azione penale secondo i canoni ordinamentali
generali  (il  pubblico  ministero ex art. 449, c.p.p. "Se ritiene di
dover  procedere" puo' presentare direttamente l'imputato in stato di
arresto  davanti al giudice del dibattimento, cosa che potrebbe anche
non  accadere  ove,  acquisite  le necessarie informazioni, sentiti i
soggetti coinvolti, si renda conto che ricorrono circostanze concrete
che  possano  in  effetti  far  ritenere giustificata la presenza sul
territorio   dello   Stato   del  soggetto  arrestato  straniero),  e
dall'altra   un   pieno  esercizio  del  diritto  di  difesa  con  la
conseguente  possibilita'  di svolgere quelle indagini difensive (che
trovano  poi  il  loro referente e fondamento normativo nell'art. 111
della Costituzione) che potrebbero condurre l'autorita' giudiziaria a
riscontrare  la  presenza di una serie di cause giustificative quanto
alla imputazione contestata;
    Quanto  osservato  evidenzia  come  la  disciplina  richiamata si
presenti  lesiva  delle  garanzie fondamentali dell'imputato per come
sancite   dalla   Costituzione,   situazione   certamente   aggravata
dall'automatismo  del  meccanismo  di  concessione  del  nulla osta e
conseguente espulsione dell'imputato;
    Ed  ancora  e a conforto di quanto sopra esposto occorre rilevare
come  la  disciplina  di  cui  all'art. 13, comma 3-quater non appare
coordinata  con  quanto  previsto  dall'art. 14, comma 3-quinquies in
ordine alla eventuale necessita' di pronunziare sentenza di non luogo
a  procedere  quando  non e' ancora stato emesso il provvedimento che
dispone il giudizio;
    Appare  infatti  fuorviante,  e  certamente  crea  incertezza, la
coesistenza  tra  questa previsione e la disciplina appena richiamata
di rito obbligatorio direttissimo, con la conseguenza che il soggetto
straniero  imputato  ed  arrestato  si  trova  a  confronto con norme
contraddittorie  che  rallentano  la  possibilita'  di  un  effettivo
esercizio   del   diritto   di  difesa  per  come  costituzionalmente
garantito;
    E  in  tal  senso  e  concludendo non puo' in generale non essere
nchiamata   da   questo   giudice  la  irragionevolezza  della  norma
presupposto  della  disciplina  oggetto  di questione di legittimita'
costituzionale;  infatti  la  concessione del predetto nulla osta, in
sostanza  automatica,  consegue  alla  previsione  di  una ipotesi di
arresto  obbligatorio  per un reato contravvenzionale (art. 14, comma
5-ter) al quale non potra' mai conseguire alcuna misura cautelare per
come  previsto dal nostro ordinamento, con l'effetto che l'espulsione
dello   straniero   e'   una   conseguenza  necessaria  del  rilascio
sostanzialmente  dovuto  da  parte  del  giudice  del  nulla osta con
evidente impossibilita' per l'imputato di difendersi adeguatamente;
    In  concreto  a  fronte  di una previsione quanto mai anomala che
dispone  (contrariamente  a  quanto  in  generale previsto nel nostro
ordinamento)  un  arresto obbligatorio per un reato contravvenzionale
solo  perche'  reato "proprio" dello straniero, il soggetto arrestato
avrebbe  avuto  maggiori  possibilita'  di  difesa  ove  fosse  stata
prevista  anche  l'applicazione  di una misura cautelare... piuttosto
che con l'espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera;
    Ad   ulteriore   conforto   della   rilevanza   e  non  manifesta
infondatezza  della  questione  occorre poi ricordare come secondo il
disposto  di  cui  all'art. 13,  comma  3,  decreto  legislativo come
modificato dalla legge n. 189/2002 "il nulla osta si intende concesso
qualora  l'autorita'  giudiziaria  non provveda entro quindici giorni
dalla data del ricevimento della richiesta" (e conseguentemente dalla
data  dell'arresto  per  interpretazione  analogica e secondo criteri
generali della norma);
    Quanto  alle  finalita'  della  normativa  citata,  e dunque alla
efficace  realizzazione dell'allontanamento dei soggetti sottoposti a
provvedimento   di   espulsione,   si   deve  osservare  come  appare
suscettibile  di  considerazione  una  normativa  con  la quale nuove
ipotesi  di  reato  a carico degli stranieri vengono ipotizzate senza
pero'  apprestare  quelle forme minime di tutela e garanzie di difesa
che  il  nostro ordinamento attribuisce ad ogni soggetto sottoposto a
procedimento penale;
    E  dunque  si pone il problema di una composizione di interessi e
formalita'  ordinamentali  sancite  sia  nella legge che nei principi
costituzionali,  e  relativi  da  una parte alla concreta ed efficace
gestione  dei  flussi  di  immigrazione clandestina e dall'altra alla
tutela   dell'imputato   a   partecipare  al  proprio  processo  e  a
predisporre una adeguata difesa;
    Tale    finalita'    sarebbe   ovviamente   frustrata   a   causa
dell'automatismo   del  meccanismo  di  concessione  del  nulla  osta
previsto  e oggetto della odiema censura, considerato altresi' che al
giudice  penale  adito  con  rito  direttissimo  obbligatorio  non e'
presentata  la documentazione relativa al provvedimento di espulsione
e  di  tutti gli atti del procedimento relativo, con la conseguente e
oggettiva  impossibilita'  di  valutarne la legittimita' e di rendere
possibile al riguardo l'esercizio un completo diritto di difesa;
    Da  cio'  consegue  che  l'accertamento  del giudice designato si
risolverebbe  nel mero riscontro della ricorrenza di un provvedimento
di  espulsione  e nella impossibilita' di vagliare, quale conseguenza
dell'esercizio  del  diritto  di  difesa,  la  esistenza di eventuali
elementi  e  cause  di  giustificazione  quanto alle nuove ipotesi di
reato  introdotte,  con  emissione  obbligatoria  del  nulla  osta  e
conseguente espulsione dello straniero arrestato.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13,
lettere a) e b), del decreto legislativo n. 286/1998, come modificato
dalla  legge  n. 189/2002,  in  riferimento agli artt. 3, 10, 24, 111
della Costituzione;
    Dispone   la   sospensione   del   procedimento  e  la  immediata
trasmissione   degli   atti  del  presente  procedimento  alla  Corte
costituzionale;
    Dispone  la  sospensione di ogni effetto e conseguenza allo stato
legato alla emissione del nulla osta nei confronti dell'imputato Sali
Habib  e  dispone  che  del  presente  disposto  venga data immediata
comunicazione alla autorita' preposta (Questura di Palermo);
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  all'imputato, al difensore e al pubblico ministero, e che
venga  altresi'  comunicata al Presidente della Camera dei deputati e
al Presidente del Senato della Repubblica.
    Cosi' deciso in Termini Imerese, addi' 30 ottobre 2002.
                   Il Presidente: Minutillo Turtur
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