N. 53 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2002
Ordinanza emessa il 30 ottobre 2002 dal tribunale di Termini Imerese nel procedimento penale a carico di Sali Habib Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento nel territorio dello Stato - Emissione automatica, conseguente alla convalida dell'arresto, di nulla osta, al provvedimento di espulsione sotto forma di accompagnamento immediato alla frontiera - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto alla difesa e sui principi del giusto processo nonche' sui diritti dello straniero. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, lett. a) e b), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3, 10, 24 e 111.(GU n.8 del 26-2-2003 )
IL TRIBUNALE Pronunziando nel procedimento n. 928/2002 a carico di Sali Habib, arrestato in data 23 ottobre 2002, ed imputato ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 286/1998 in relazione all'art. 13, comma 5-ter e 5-quinquies legge n. 189/2002; Sciogliendo la riserva assunta in data 24 ottobre 2002 in ordine alla ilegittimita' costituzionale dell'art. 13, primo comma, lettere a) e b), del decreto legislativo 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002 in relazione agli artt. 10 e 24 della Costituzione; Avuto riguardo alle allegazioni del pubblico ministero dott.ssa Pandolfi e del difensore dell'imputato avv. Incandela, Rilevato sul processo In data 23 ottobre 2002 in Caccamo veniva effettuato l'arresto, in applicazione delle previsioni di cui alla legge n. 189/2002, di Sali Habib; I carabinieri operanti in particolare evidenziavano come lo stesso si trovasse nelle condizioni di cui all'art. 14, decreto legislativo 286/1998, comma 5-ter e 5-quinquies, in quanto gia' oggetto di provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato italiano allo stesso notificato in data 4 ottobre 2002; Il Sali Habib veniva conseguentemente trattenuto in camera di sicurezza e condotto davanti al giudice monocratico per il rito direttissimo "obbligatorio" di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, come modificato decreto legislativo 286/1998; In sede di udienza il pubblico ministero chiedeva la convalida dell'arresto in quanto effettuato nella ricorrenza dei requisiti di legge con immediata liberazione del Sali in considerazione della natura contravvenzionale della ipotesi per la quale era stato disposto l'arresto, e dunque della oggettiva impossibilita' di disporre misura cautelare nei confronti dello stesso; Sollevava altresi' il pubblico ministero questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, del decreto legislativo 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede la emissione, conseguente alla convalida dell'arresto, di provvedimento di nulla osta da parte del giudice per violazione all'art. 24 della Costituzione; con particolare riferimento alla impossibilita' per l'imputato - derivante dalla attuazione del provvedimento di espulsione nella forma dell'accompagnamento immediato alla frontiera - di essere presente alla celebrazione del processo nei suoi confronti; ed ancora in considerazione della obbligatorieta' del rito direttissimo con pregiudizio delle attivita' istituzionalmente previste sia per l'accusa che per la difesa (dirette anche alla ricerca di cause di giustificazione dell'operato dell'imputato); La difesa si associava alla richiesta del pubblico ministero evidenziando in aggiunta una violazione dell'art. 10 della Costituzione in relazione alla oggettiva impossibiita' per l'imputato di svolgere nel proprio paese le liberta' democratiche garantite dalla Costituzione in quanto componente di una minoranza etnica perseguitata (e in tal senso allegava documentazione), nonche' in ordine alla violazione del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione in quanto essendo stato proposto reclamo avverso il provvedimento di espulsione ricorrevano ed erano da ritenere ancora pendenti i termini per il ricorso in Cassazione avverso il predetto provvedimento; Veniva convalidato l'arresto, disposta l'immediata liberazione dell'imputato con rinvio del procedimento e riserva sulla questione sollevata. Sulla rilevanza della questione La previsione di cui all'art. 13, comma 3, decreto legislativo 286/1998, cosi' come sostituito dalla legge n. 189/2002, dispone che "... quando lo straniero e' sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguirne l'espulsione, richiede il nulla osta alla autorita' giudiziaria, che puo' negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilita' di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa...". Il comma 3-bis, a sua volta prevede che "nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'art. 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per il quale il nulla osta puo' essere negato ai sensi del comma 3". Nel caso in esame e' stata contestata all'imputato la fattispecie di cui all'art. 14, comma 5-ter, decreto legislativo 286/1998 (come modificato dalla legge n. 189/2002). Lo stesso e' dunque stato tratto in arresto, e l'arresto e' stato convalidato nella ricorrenza dei requisiti di legge. Dalla rigorosa applicazione del disposto di cui al comma 3-bis, dell'art. 13, del decreto legislativo 286/1998, consegue l'obbligo, per il giudice che ha convalidato l'arresto, del rilascio del nulla osta al questore affinche' venga disposta l'espulsione dell'imputato. Espulsione che, nel caso in esame, consistera' nell'accompagnamento dello straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Il Sali Habib, soggetto di nazionalita' iugoslava (e in particolare appartenente a minoranza etnica perseguitata nel luogo di provenienza, come d'altra parte dimostra l'avvenuta concessione di asilo politico al padre dello stesso, tra l'altro gravemente malato come allegato dalla difesa), ove venisse rilasciato il nulla osta dovrebbe essere immediatamente espulso con accompagnamento alla frontiera. L'art. 17 del decreto legislativo n. 286/1998, intitolato "diritto di difesa" dispone che "lo straniero parte offesa ovvero sottoposto a procedimento penale e' autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali e' necessaria la sua presenza. L'autorizzazione e' rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte offesa o dell'imputato o del difensore". Tanto premesso, ritiene questo giudice la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione sollevata. La disciplina richiamata determina infatti un automatismo nel rilascio del nulla osta, al quale consegue la espulsione immediata dello straniero eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera. Tale disciplina contrasta con la possibilita' e il diritto (costituzionalmente garantito) per l'imputato di difendersi, e dunque di fare emergere anche ed eventualmente il proprio diritto ad essere nel territorio dello Stato italiano. La questione sollevata deve essere ritenuta rilevante sia con riferimento all'art. 10 della Costituzione, e dunque in considerazione della condizione giuridica dello straniero (soprattutto ove vengano in rilievo, a seguito della applicazione della normativa censurata, lesioni di diritti e liberta' fondamentali democratiche garantite dalla nostra Costituzione, e cio' nel senso che una immediata espulsione potrebbe portare il soggetto straniero a rientrare in uno Stato dove appunto per la sua condizione personale tali liberta' non siano attribuite e garantite), che quanto all'art. 24 (correlato per i motivi che seguono all'art. 111) della Costituzione. Difatti la applicazione rigorosa della disciplina di legge di cui all'art. 13 del decreto legislativo 286/1998 comporterebbe una sostanziale e concreta lesione del diritto dell'imputato in un procedimento penale, qualunque sia la nazionalita' dello stesso ad una piena difesa ex art. 24 della Costituzione e ad un giusto processo (con pieno svolgimento delle funzioni connesse alla difesa) ex art. 111 della Costituzione. In particolare, quanto all'art. 10, occorre considerare come sebbene sia stata per lungo tempo sostenuta la teoria del dominio riservato dello Stato quanto alla gestione della condizione giuridica dello straniero, tuttavia tale principio abbia subito una costante e progressiva erosione in virtu' di interpretazione sopravvenuta secondo la quale lo Stato italiano e' tenuto a parificare la condizione giuridica dello straniero a quella dei cittadini tutte le volte che cio' non contrasti con i suoi preminenti interessi. Tale principio e' chiaramente deducibile dalla previsione di cui all'art. 10, comma secondo e comma terzo della Costituzione, che richiama la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo e il diritto all'asilo, con l'unico limite rappresentato dalla impossibilita' per lo straniero di esercitare diritti e doveri politici, ovvero situazioni giuridiche strettamente connesse alla qualita' di cittadino. Dalla applicazione di tali principi consegue il riconoscimento del diritto dello straniero a soggiornare nello Stato italiano sia alle condizioni ordinarie previste dalla legge (per effetto del rilascio del permesso di soggiorno) che in considerazione del riconoscimento di eventuale diritto di asilo (o diritto al ricongiungimento familiare o altre ipotesi previste dalla legge). Tali principi interpretativi risultano, tra l'altro, recepiti nell'ordinamento giuridico italiano anche nella previsione di cui all'art. 2 del decreto legislativo 286/1998, nonche' dall'art. 10, comma 4, decreto legislativo 286/1998, secondo il quale le norme sul respingimento alle frontiere e sulla espulsione non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero la adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari. Quanto alla violazione dell'art. 24 della Costituzione, occorre considerare come l'automatismo processuale previsto dalle norme contestate in ordine al rilascio del nulla osta al questore determina una compressione della facolta' e diritti difensivi dell'imputato straniero. In tal senso si ritiene rilevante la questione di legittimita' costituzionale proposta nel senso che occorra verificare la irragionevolezza di una disposizione che mediante un automatismo "irrazionale" (Corte cost. 174/1997) impedisce al giudice una verifica del bilanciamento degli interessi coinvolti (ovvero gestione efficace dei flussi di immigrazione clandestina e diritto di difesa e partecipazione dello straniero al processo, anche per fare valere la ricorrenza di diritti tutelati ex art. 10 della Costituzione). Inoltre si valuta in senso positivo la fondatezza della questione sollevata poiche' l'automatismo previsto appare limitativo e avulso dal contesto dei diritti fondamentali del nostro ordinamento, mentre sembrerebbe opportuno riscontrare la necessita' o meno che sia il giudice in sede giurisdizionale, sulla base del suo apprezzamento prudente, a distinguere le diverse condotte da assumere nella astratta previsione di legge (Corte cost. 24/1989), od eventualmente per assicurare in caso di vuoto normativo adeguata tutela dei diritti costituzionali. Sulla non manifesta infondatezza della questione. Quanto agli elementi dai quali desumere una non manifesta infondatezza della questione sollevata si osserva quanto segue: La previsione di cui all'art. 17 del decreto legislativo n. 286/1998 non appare adeguata allo scopo di garantire un pieno diritto di difesa del soggetto straniero oggetto di nuovo provvedimento di espulsione (art. 14, comma 5-ter, decreto legislativo 286/1998); La espulsione, con conseguente accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, e' effetto immediato e diretto dell'obbligo di rilascio del nulla osta da parte del giudice a seguito di convalida dell'arresto (art. 13, comma 3-bis, decreto legislativo 286/1998); L'art. 17 predetto sembra predisporre una garanzia di difesa meramente formale e non volta a rendere possibile una sostanziale ed effettiva difesa e partecipazione del soggetto straniero imputato al processo; In tal senso non puo' non essere rilevato come dalla espulsione con accompagnamento alla frontiera conseguano per lo straniero una serie di effetti onerosissimi e tali da rendere di fatto impossibile la partecipazione dell'imputato al processo e la predisposizione di una valida difesa dello stesso; Sara' difatti estremamente improbabile che i soggetti arrestati, perche' nelle condizioni di cui all'art. 14, comma 5-ter, decreto legislativo 286/1998, come il Sali Habib, riescano ad essere nelle condizioni economiche e materiali necessarie per ottenere il permesso dal questore, mediante rappresentanza diplomatica e consolare e previa adeguata giustificazione, per rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa (concetto questo quanto mai vago e con cio' suscettibile di interpretazioni varie e in senso restrittivo quanto al rientro) o per gli altri incombenti previsti dalla norma; L'interprete della norma non puo' non considerare le condizioni materiali dei soggetti coinvolti e destinatari della disciplina del presente procedimento, e dunque la oggettiva impossibilita' degli stessi, una volta espulsi, di trovare adeguata protezione e tutela nel disposto di cui all'art. 17 del decreto legislativo 286/2002, contrariamente a quanto previsto per ogni cittadino o straniero comunitario ai sensi degli artt. 24 e 111 della Costituzione; Le previsioni costituzionali citate appunto prevedono per l'imputato la possibilita' di essere informato nel piu' breve tempo possibile della natura e dei motivi della accusa elevata a suo carico, di avere a disposizione tempo e condizioni tali da rendere possibile una adeguata difesa, di essere interrogato o rendere dichiarazioni al giudice, di interrogare o fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di riuscire ad acquisire ogni altro mezzo di prova a suo favore; Ne' si puo' ritenere concretamente realizzabile una tale ipotesi per il tramite del mandato espletato dal difensore (molto spesso nominato d'ufficio ai sensi della legge n. 60/2001), che dovrebbe dunque assumersi l'onere di ricercare il soggetto imputato (nella maggioranza dei casi privo di fissa dimora e di mezzi di sussistenza), di predisporre i contatti tra lo stesso imputato e la rappresentanza consolare o diplomatica, di apportare una adeguata motivazione allo scopo del rientro con conseguenti oneri economici (che poi probabilmente andrebbero a gravare in capo allo Stato ove lo straniero goda dei requisiti per accedere al patrocinio a spese dello Stato ex art. 1, comma 6, della legge n. 217/1990 e seguenti modifiche, con ulteriore irragionevolezza evidente quanto all'aumento esponenziale dei costi di un tale procedimento penale); Ancora occorre evidenziare come la disposizione di cui all'art. 17 si presenti in contrasto, e dunque foriera di equivoci e difficolta' per il destinatario quanto all'esercizio del proprio diritto di difesa, con la previsione di cui all'art. 13, comma 13, come modificato dalla legge 189/2002 secondo il quale "lo straniero espulso non puo' rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno"; Emerge dunque una disciplina ambigua o comunque contraddittoria con la conseguenza che lo straniero potrebbe trovarsi a chiedere l'autorizzazione al questore e poi essere ritenuto in difetto e dunque passibile di nuova e piu' grave sanzione per non aver richiesto l'autorizzazione anche al Ministro dell'interno; Una ulteriore previsione di legge vale a rendere non manifestamente infondata a parere di questo giudice la questione sollevata quanto all'automatismo del meccanismo di concessione del nulla osta, dal quale consegue la espulsione con accompagnamento alla frontiera; L'art. 13, comma 3-quater, prevede infatti che "nei casi previsti dai commi 3, 3-bis (caso in esame) e 3-ter, il giudice, acquisita la prova della avvenuta espulsione, se non e' ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere"; La norma sembra quasi prevedere un obbligo per il giudice e per il pubblico ministero di bloccare l'esercizio dell'azione penale ove sia stata effettivamente eseguita la espulsione, e dunque una impossibilita' per lo straniero arrestato di accedere ad un giusto processo quanto ai fatti contestati con chiara violazione dell'art. 111 della Costituzione, dell'art. 24 della Costituzione quanto al diritto di difesa, ed ancora dell'art. 3 della Costituzione in relazione al disposto di cui agli artt. 5, comma 4 e 6, della legge n. 848/1955 (ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali), che appunto prevedono il diritto per ogni persona privata della propria liberta' con un arresto a presentare un ricorso davanti ad un tribunale affinche' decida sulla legittimita' della sua detenzione, ed ancora il diritto a che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente e in un tempo ragionevole da parte di un tribunale indipendente e imparziale costituito dalla legge quanto al fondamento di ogni accusa penale; In sostanza la previsione predetta sembra superare tali principi giungendo, tra l'altro, a configurare anche un'ipotesi di contrarieta' alla previsione di cui all'art. 13 della Costituzione ipotizzando un caso di restrizione della liberta' personale (arresto obbligatorio) che non trova il suo naturale sbocco nel vaglio giurisdizionale e nell'esercizio della azione penale, che viene invece sostituita da una pronunzia di non luogo a procedere conseguente alla avvenuta esecuzione dell'espulsione che consegue dal rilascio, obbligatorio e sostanzialmente automatico, del nulla osta da parte della autorita' giudiziaria; La norma predetta poi rivela la sua irragionevolezza e incongruenza, con conseguenti difficolta' applicative e lesione del diritto di difesa, anche in relazione al disposto dell'art. 14 come modificato comma 5-quinquies del decreto legislativo 286/1998, il quale prevede che "per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto e si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'espulsione il questore puo' disporre i provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo"; La scelta del legislatore con la quale si impone la adozione di un anomalo rito direttissimo "obbligatorio" si presenta in contrasto non solo con il principio di uguaglianza come sopra richiamato, ma anche con il diritto di difesa; La previsione predetta infatti non consente in concreto da una parte l'esercizio dell'azione penale secondo i canoni ordinamentali generali (il pubblico ministero ex art. 449, c.p.p. "Se ritiene di dover procedere" puo' presentare direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, cosa che potrebbe anche non accadere ove, acquisite le necessarie informazioni, sentiti i soggetti coinvolti, si renda conto che ricorrono circostanze concrete che possano in effetti far ritenere giustificata la presenza sul territorio dello Stato del soggetto arrestato straniero), e dall'altra un pieno esercizio del diritto di difesa con la conseguente possibilita' di svolgere quelle indagini difensive (che trovano poi il loro referente e fondamento normativo nell'art. 111 della Costituzione) che potrebbero condurre l'autorita' giudiziaria a riscontrare la presenza di una serie di cause giustificative quanto alla imputazione contestata; Quanto osservato evidenzia come la disciplina richiamata si presenti lesiva delle garanzie fondamentali dell'imputato per come sancite dalla Costituzione, situazione certamente aggravata dall'automatismo del meccanismo di concessione del nulla osta e conseguente espulsione dell'imputato; Ed ancora e a conforto di quanto sopra esposto occorre rilevare come la disciplina di cui all'art. 13, comma 3-quater non appare coordinata con quanto previsto dall'art. 14, comma 3-quinquies in ordine alla eventuale necessita' di pronunziare sentenza di non luogo a procedere quando non e' ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio; Appare infatti fuorviante, e certamente crea incertezza, la coesistenza tra questa previsione e la disciplina appena richiamata di rito obbligatorio direttissimo, con la conseguenza che il soggetto straniero imputato ed arrestato si trova a confronto con norme contraddittorie che rallentano la possibilita' di un effettivo esercizio del diritto di difesa per come costituzionalmente garantito; E in tal senso e concludendo non puo' in generale non essere nchiamata da questo giudice la irragionevolezza della norma presupposto della disciplina oggetto di questione di legittimita' costituzionale; infatti la concessione del predetto nulla osta, in sostanza automatica, consegue alla previsione di una ipotesi di arresto obbligatorio per un reato contravvenzionale (art. 14, comma 5-ter) al quale non potra' mai conseguire alcuna misura cautelare per come previsto dal nostro ordinamento, con l'effetto che l'espulsione dello straniero e' una conseguenza necessaria del rilascio sostanzialmente dovuto da parte del giudice del nulla osta con evidente impossibilita' per l'imputato di difendersi adeguatamente; In concreto a fronte di una previsione quanto mai anomala che dispone (contrariamente a quanto in generale previsto nel nostro ordinamento) un arresto obbligatorio per un reato contravvenzionale solo perche' reato "proprio" dello straniero, il soggetto arrestato avrebbe avuto maggiori possibilita' di difesa ove fosse stata prevista anche l'applicazione di una misura cautelare... piuttosto che con l'espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera; Ad ulteriore conforto della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione occorre poi ricordare come secondo il disposto di cui all'art. 13, comma 3, decreto legislativo come modificato dalla legge n. 189/2002 "il nulla osta si intende concesso qualora l'autorita' giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data del ricevimento della richiesta" (e conseguentemente dalla data dell'arresto per interpretazione analogica e secondo criteri generali della norma); Quanto alle finalita' della normativa citata, e dunque alla efficace realizzazione dell'allontanamento dei soggetti sottoposti a provvedimento di espulsione, si deve osservare come appare suscettibile di considerazione una normativa con la quale nuove ipotesi di reato a carico degli stranieri vengono ipotizzate senza pero' apprestare quelle forme minime di tutela e garanzie di difesa che il nostro ordinamento attribuisce ad ogni soggetto sottoposto a procedimento penale; E dunque si pone il problema di una composizione di interessi e formalita' ordinamentali sancite sia nella legge che nei principi costituzionali, e relativi da una parte alla concreta ed efficace gestione dei flussi di immigrazione clandestina e dall'altra alla tutela dell'imputato a partecipare al proprio processo e a predisporre una adeguata difesa; Tale finalita' sarebbe ovviamente frustrata a causa dell'automatismo del meccanismo di concessione del nulla osta previsto e oggetto della odiema censura, considerato altresi' che al giudice penale adito con rito direttissimo obbligatorio non e' presentata la documentazione relativa al provvedimento di espulsione e di tutti gli atti del procedimento relativo, con la conseguente e oggettiva impossibilita' di valutarne la legittimita' e di rendere possibile al riguardo l'esercizio un completo diritto di difesa; Da cio' consegue che l'accertamento del giudice designato si risolverebbe nel mero riscontro della ricorrenza di un provvedimento di espulsione e nella impossibilita' di vagliare, quale conseguenza dell'esercizio del diritto di difesa, la esistenza di eventuali elementi e cause di giustificazione quanto alle nuove ipotesi di reato introdotte, con emissione obbligatoria del nulla osta e conseguente espulsione dello straniero arrestato.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, in riferimento agli artt. 3, 10, 24, 111 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e la immediata trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale; Dispone la sospensione di ogni effetto e conseguenza allo stato legato alla emissione del nulla osta nei confronti dell'imputato Sali Habib e dispone che del presente disposto venga data immediata comunicazione alla autorita' preposta (Questura di Palermo); Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata all'imputato, al difensore e al pubblico ministero, e che venga altresi' comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Termini Imerese, addi' 30 ottobre 2002. Il Presidente: Minutillo Turtur 03C00139