N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 2003

Ordinanza  emessa  il  23  gennaio  2003  dal tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Khadoun Kalid

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Reato di trattenimento nel
  territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento,
  entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto
  obbligatorio in flagranza - Lesione del principio di ragionevolezza
  - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o
  piu'  gravi - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per
  l'adozione  da  parte  della  polizia  giudiziaria di provvedimenti
  provvisori   destinati  ad  incidere  sulla  liberta'  personale  -
  Contrasto  con  il  principio  del  buon  andamento  della pubblica
  amministrazione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3, 13 e 97.
(GU n.15 del 16-4-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale nei
confronti  di  Khadoun  Kalid,  nato a Quadzemn (Marocco), in data 10
ottobre  1978,  attualmente  detenuto  presso  la  CC  di  Torino "Le
Vallette",  difeso  d'ufficio  dall'avv.  Alfonso Picardi del foro di
Torino,  sottoposto  ad  indagini  per  il  reato di cui all'art. 14,
comma 5-ter,   d.lgs.   n. 286/1998   come   modificato  dalla  legge
n. 189/2002.
    Alle  ore  17  del  21  gennaio 2003 il cittadino straniero sopra
indicato veniva arrestato nella flagranza del reato suddetto, perche'
sorpreso  nel  territorio  nazionale  dopo la scadenza del termine di
cinque  giorni entro cui gli era stato imposto dal questore di Torino
del 19 novembre 2002 di lasciare il territorio dello Stato; lo stesso
e'  stato  quindi  tempestivamente  posto a disposizione del pubblico
ministero   mediante   conduzione   nella   casa   circondariale,   e
successivamente  presentato  al  tribunale  per  la  convalida  ed il
successivo giudizio direttissimo.
    Poiche'  l'arresto  risulta essere stato eseguito in presenza dei
presupposti  richiesti  dalla norma di legge suddetta e, quindi, esso
dovrebbe   essere  convalidato,  appare  rilevante  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies,  del
d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002.
    Ne'  tale  rilevanza  viene  meno  solo  perche',  non  potendosi
provvedere  sulla  convalida  a  causa del rilievo della questione di
legittimita' costituzionale, l'arrestato deve comunque essere rimesso
in liberta', perche', come stabilito dalla Corte costituzionale nella
sentenza  n. 54/1993,  tale rilevanza permane, dovendosi stabilire se
la  liberazione  dell'arrestato  debba  considerarsi conseguente alla
applicazione   dell'art. 391,  settimo  comma,  c.p.p.,  ovvero  alla
caducazione  con  effetto retroattivo della disposizione in base alla
quale l'arresto e' stato eseguito.
    Il   disposto   dell'art. 14,   comma   5-quinquies,  del  d.lgs.
n. 286/1998,  come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in
cui   introduce   nell'ordinamento   una  nuova  ipotesi  di  arresto
obbligatorio  in  flagranza, pare confliggere con alcune disposizioni
costituzionali.
    1. - Violazione dell'art. 3 Cost.
    La previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza in relazione
ad  un  reato  di  natura contravvenzionale e sanzionato con una pena
detentiva  di  modesta  entita'  (da  sei mesi ad un anno di arresto)
appare  in  contrasto con i principi di ragionevolezza ed uguaglianza
stabiliti dalla norma costituzionale in questione.
    Nell'ordinamento  vigente  l'art. 380  c.p.p.  prevede  l'arresto
obbligatorio  di  chi sia colto nella flagranza di un delitto per cui
sia  prevista  la  pena  dell'ergastolo o quella della reclusione non
inferiore  nel minimo a venti anni, e quindi per reati di particolare
gravita'.
    La  medesima  norma  prevede poi l'arresto obbligatorio per altri
reati,  puniti  con pene inferiori, ma caratterizzati da una spiccata
pericolosita'  sociale (tra cui, ad esempio, il furto in abitazione e
quello  con  strappo,  di  cui  all'art. 625 c.p., puniti con la pena
della reclusione da uno a sei anni).
    Tutti  i  reati  per  i  quali  e' imposto l'arresto in flagranza
hanno,   inoltre,   natura   delittuosa,   e  sono  dunque  connotati
dall'elemento  psicologico  del  dolo,  perche'  la  privazione della
liberta'  personale  si  giustifica,  oltre  che  con la gravita' del
fatto,  con  l'atteggiamento psicologico dell'agente, consapevolmente
volto alla violazione della legge.
    La   norma   della  cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita
(art. 14,  comma  5-quinquies del d.lgs. n. 286/1998, come modificato
dalla  legge  n. 189/2002)  contempla  invece  una ipotesi di arresto
obbligatorio  in flagranza in relazione ad un reato contravvenzionale
(punito  quindi  anche a titolo colposo) per il quale e' stabilita la
modesta  sanzione  dell'arresto  da  sei  mesi ad un anno, che quindi
risulta  assai  difforme, per natura e trattamento sanzionatorio, dai
ben   piu'   gravi   delitti   per  i  quali  e'  previsto  l'arresto
obbligatorio.
    La norma in questione ha dunque introdotto per l'autore del reato
di  cui  al  comma  ter  un  trattamento diverso e ben piu' affittivo
rispetto   a  quelli  previsto  per  altri  reati  contravvenzionali,
sanzionati con pene anche piu' gravi.
    Benche'  rientri  nella  discrezionalita' propria del legislatore
determinare  le  ipotesi  nelle  quali  sia ineludibile la privazione
della  liberta'  personale, l'introduzione della previsione della cui
legittimita'  costituzionale  si  dubiti  appare  in contrasto con il
principio  di  eguaglianza  formale,  che  impone  un trattamento non
discriminatorio per situazioni omogenee.
    2. - Violazione dell'art. 13 Cost.
    L'arresto  obbligatorio  nella  flagranza  della  contravvenzione
suddetta  non sembra, inoltre, rispettare la riserva di legge imposta
da  tale  principio  costituzionale,  perche'  non  rientra  nei casi
eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza  nei  quali e' consentita la
privazione della liberta' personale.
    Poiche'  nella  impostazione  generale  del nostro sistema penale
l'arresto  in  flagranza  di  reato  e'  preordinato  alla  eventuale
applicazione  da  parte  del  Giudice  di  una  misura  cautelare nei
confronti  dell'arrestato,  mentre  nei confronti dello straniero che
non   abbia  ottemperato  all'ordine  del  questore  di  lasciare  il
territorio dello Stato non e' consentita (ne' dal codice di procedura
penale  ne'  dal  testo  unico  sulla immigrazione) l'applicazione di
alcuna  misura  cautelare  (tanto che sembra addirittura obbligatorio
per  il  pubblico ministero, informato dell'avvenuto arresto, dispone
l'immediata   liberazione  dell'arrestato,  secondo  quanto  previsto
dall'art. 121  disp.  att.  c.p.p.),  non  sembra  ravvisabile  alcun
connotato  di  necessita'  nell'arresto dello straniero che non abbia
ottemperato  a  tale  ordine del Questore, non essendo consentita nei
suoi   confronti  l'applicazione  di  una  misura  restrittiva  della
liberta'  personale  ed  essendo  pertanto  privo  tale  arresto  del
necessario nesso di strumentalita' in relazione alla misura cautelare
da applicare.
    Neppure  appare  ravvisabile il requisito dell'urgenza, parimenti
richiesto  dalla  norma costituzionale che appare violata, perche' il
giudizio  direttissimo  (cui  tale  arresto  appare  preordinato) non
richiede   necessariamente  un  precedente  arresto  (obbligatorio  o
facoltativo) in flagranza, ma piuttosto una situazione di particolare
evidenza   della   prova   (potendo,   ad  esempio,  essere  adottato
nell'ipotesi  in  cui l'imputato, mai arrestato e mai detenuto, abbia
confessato, secondo quanto previsto dall'art. 449 c.p.p.).
    Il  suddetto  requisito  di urgenza dell'arresto in flagranza non
appare  ravvisabile neppure in relazione alla sua preordinazione alla
successiva  esecuzione  dell'espulsione  dell'arrestato,  con  il suo
accompagnamento  alla  frontiera,  perche' l'autorita' amministrativa
puo'  sempre  ed  in qualunque momento, autonomamente dalla autorita'
giudiziaria, eseguire coattivamente l'espulsione.
    La  previsione  dell'arresto obbligatorio del cittadino straniero
che  non abbia ottemperato l'ordine del questore non sembra, inoltre,
possa  agevolare  l'esecuzione  di  tale  espulsione,  in  quanto  se
l'autorita'  di  polizia  e'  in  grado  di procedere alla espulsione
(avendo  identificato  il  clandestino,  accertato  il  suo  Paese di
origine e reperito un vettore) non vi e' alcuna utilita' nel condurre
lo  straniero  in carcere; mentre se la medesima autorita' di polizia
non  e'  in condizione di allontanare effettivamente lo straniero non
sara' agevolata nel suo compito dall'arresto del clandestino.
    3. - Violazione dell'art. 97 Cost.
    La previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza del reato di
cui  all'art. 14, comma 5-ter citato appare anche in contrasto con il
principio  di buon andamento della pubblica amministrazione stabilito
dall'art. 97 Cost.
    Alla   evidenziata  inutilita'  pratica  di  tale  previsione  si
aggiunge,  infatti,  il notevole aggravio che ne e' conseguito per la
polizia giudiziaria, ora obbligata a procedere all'arresto (con tutti
gli   incombenti   conseguenti:   redazione  del  verbale  d'arresto,
informativa  alle  autorita'  diplomatiche  o  consolari, al pubblico
ministero,   al   difensore,   conduzione   in   carcere,  ecc.  ...)
ogniqualvolta  si  imbatta in uno straniero che non abbia ottemperato
al suddetto ordine del questore.
    A    tale    aggravio    devono    aggiungersi    l'impegno   per
l'amministrazione  penitenziaria  (che  deve  curare le formalita' di
ingresso   in  carcere  e  le  successive  traduzioni  da  questo  al
tribunale) e per gli organi giudiziari, gravati da ulteriori numerose
udienze  di  convalida  e dai susseguenti giudizi direttissimi, con i
conseguenti  costi,  tra  cui la quasi sempre necessaria nomina di un
interprete.
    Tale  dispendio  di  energie e risorse appare dunque, se posto in
relazione  alla  ineludibile liberazione degli arrestati (non essendo
possibile  l'applicazione  di  misure  cautelari restrittive nei loro
confronti),  non  razionale  e  priva  di adeguata giustificazione ed
appare,    dunque,   in   contrasto   con   il   suddetto   principio
costituzionale.
    Non potendo la convalida aver luogo nei termini improrogabilmente
stabiliti  dalla  legge,  l'arrestato  dovra'  essere  immediatamente
liberato, se non detenuto per altra causa.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 14,  comma 5-quinquies  del
d.lgs.  n. 286/1998  come  sostituito  dalla legge n. 189/2002, nella
parte  in  cui  prevede che per il reato previsto dal comma 5-ter sia
obbligatorio  l'arresto  dell'autore  del fatto, per violazione degli
artt. 3, 13 e 97 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Ordina  l'immediata  liberazione di Khadoun Kalid se non detenuto
per altra causa;
    Sospende  il  giudizio  di  convalida sino all'esito del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza  al  Presidente  del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione  ai  Presidenti  del  Senato  della  Repubblica e della
Camera dei deputati.
    Concede il nulla osta all'espulsione.
        Torino, addi' 23 gennaio 2003.
                         Il giudice: Gallino
03C0302