N. 326 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 marzo 2003
Ordinanza emessa l'8 marzo 2003 dal tribunale di Saluzzo nel procedimento penale a carico di Igiebor Gladys Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu' gravi - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.(GU n.23 del 11-6-2003 )
IL TRIBUNALE All'esito della udienza di convalida dell'arresto di Igiebor Gladys, nata a Kano il 3 aprile 1981, domiciliata in Torino, via Padova n. 10; difesa di ufficio dall'avv. Domenico Anfossi del foro di Saluzzo; indagata per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dall'art. 13, legge n. 189/2000, perche', senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di espulsione impartito dal questore di Cuneo il 24 febbraio 2003 ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 e notificatole nella stessa data in Casalgrasso, il 7 marzo 2003, ha pronunciato la seguente ordinanza. Alle ore 12,35 del 7 marzo 2003 una pattuglia dei Carabinieri di Murello procedeva all'arresto di Igiebor Gladys nella flagranza del reato sopra rubricato; a seguito di controllo, infatti, si accertava che la predetta era destinataria di provvedimento di espulsione del prefetto di Cuneo n. 39/2003 e di ordine del questore di Cuneo n. 7/2003 del 24 febbraio 2003 di uscire dallo Stato ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, entrambi notificati in data 24 febbraio 2003. Il pubblico ministero disponeva che l'arrestata fosse condotta avanti al giudice per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo per il giorno 8 marzo 2003. Dubita il giudice scrivente di poter convalidare l'arresto perche' ritiene che il disposto di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 (come modificato dallo legge n. 189/2002) si ponga in conflitto con alcune norme costituzionali. Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Nel nostro ordinamento l'arresto obbligatorio in flagranza di reato e' previsto dall'art. 380 c.p.p. in correlazione a due categorie di reati: a) genericamente per tutti i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti; b) per una serie di reati specificamente elencati i quali, pur essendo puniti con una pena detentiva inferiore, sono manifestazione, nella valutazione del legislatore, di una spiccata pericolosita' sociale. Puo' dunque affermarsi che l'obbligatorieta' dell'arresto e' correlata a reati che hanno natura di delitti (e quindi sono caratterizzati dall'elemento psicologico del dolo) e che rappresentano un grave attentato ai valori e agli interessi giuridici sociali. L'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 (dopo la modifica apportata dalla legge n. 189/2002) ha introdotto l'arresto obbligatorio per un reato che: nella stessa valutazione del legislatore e' di modesta gravita', tanto da essere punito con l'arresto da sei mesi a un anno; e' un reato contravvenzionale, punito pertanto anche a titolo di mera colpa. Queste due caratteristiche allontanano la fattispecie incriminatrice in esame da tutte le altre ipotesi per le quali e' stabilito l'arresto obbligatorio, avvicinandola invece alle numerosissime contravvenzioni per le quali e' escluso non solo l'obbligo, ma anche la facolta' di procedere all'arresto in flagranza. E' dunque indubitabile che la norma in oggetto introduca, per l'autore del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, un trattamento diverso - e ben piu' afflittivo - da quello previsto per tutti gli altri autori di reati contravvenzionali anche piu' gravi, equiparando invece la sua posizione processuale e sostanziale a quella degli autori di gravi delitti contemplati dall'art. 380 c.p.p. Tale disparita' di trattamento risulta inoltre confermata dal confronto della norma incriminata con l'altra ipotesi di arresto per contravvenzione introdotto dalla legge n. 189/2002; l'art. 13, tredicesimo comma, punisce con la medesima pena (arresto da sei mesi a un anno) lo straniero espulso che trasgredisca al divieto di rientrare nel territorio dello Stato in difetto di speciale autorizzazione del Ministro dell'interno; ebbene, in questo caso, caratterizzato da un piu' forte elemento soggettivo e punito con la medesima sanzione penale, l'arresto e' soltanto facoltativo. Se dunque e' vero che spetta al legislatore stabilire i casi in cui e' imprescindibile incidere sulla liberta' personale dell'imputato, e' ugualmente vero che la nuova ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza rappresenta un elemento di rottura del sistema normativo che si ritiene debba conservare una sua coerenza intrinseca al fine di salvaguardare il principio costituzionale di eguaglianza che esige un trattamento non discriminatorio di situazioni omogenee. Violazione dell'art. 13, terzo comma della Costituzione. Poiche' la previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza incide, comprimendola, la liberta' personale di un individuo, la sua legittimita' e' corretto vada confrontata anche e soprattutto con la disposizione costituzionale che detta i parametri da rispettare nell'adozione di provvedimenti provvisori in tema appunto di liberta' personale. Con la disposizione di cui all'art. 13, terzo comma, si e' dettato un preciso e chiarissimo limite alla discrezionalita' del legislatore ordinario, stabilendo che l'intervento degli organi di P.S. sia giustificato dalla ricorrenza di «casi eccezionali di necessita' ed urgenza». Orbene, l'arresto obbligatorio in flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, tenuto conto della complessiva disciplina processuale e sostanziale, si presenta non solo estraneo alla categoria dei «casi eccezionali di necessita' ed urgenza», ma del tutto inutile. E' indubitabile che l'istituto dell'arresto in flagranza e' caratterizzato da una evidente finalita' anticipatoria degli effetti della applicazione, da parte del giudice, di una misura cautelare coercitiva: cio' emerge con chiarezza dal disposto dell'art. 391, quinto comma c.p.p. che consente al giudice della convalida l'applicazione di misure coercitive anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, primo comma lett. c), e 280 c.p.p. Orbene, nel caso in esame questa finalita' difetta del tutto: non vi e' infatti alcuna norma che consenta al giudice, dopo la convalida dell'arresto, di applicare una misura cautelare; dunque, il sistema delineato dal legislatore comporta che all'arresto obbligatorio in flagranza consegue necessariamente la liberazione dell'arrestato o da parte del g.i.p. all'esito della fase di convalida dell'arresto oppure, ancora prima, dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p., come avvenuto doverosamente nel caso di specie. L'utilita' dell'arresto in flagranza in tali ipotesi di reato non puo' essere giustificato altrimenti: non con la esigenza di procedere immediatamente a giudizio direttissimo: la previsione di un processo rapido nel quale all'arresto segua il processo, la condanna, l'espulsione e l'accompagnamento alla frontiera e' incompatibile con il sistema processuale che consente all'arrestato, dopo la convalida, di ottenere un termine a difesa e gli da diritto di lasciare l'aula libero nella persona e di presentare nelle successive udienze ogni prova a sostegno della sussistenza di un giustificato motivo alla inottemperanza all'ordine del questore; per altro verso, deve evidenziarsi che non e' necessario l'arresto in flagranza per poter procedere con il rito direttissimo, essendo sufficiente una situazione di particolare evidenza della prova (art. 449, 450 c.p.p.). non con l'esigenza di garantire con l'arresto la successiva esecuzione della espulsione con accompagnamento alla frontiera: premesso infatti che l'autorita' amministrativa puo' sempre, autonomamente dalla autorita' giudiziaria, eseguire l'espulsione coattivamente e che puo' fare affidamento su un periodo di complessivi 60 giorni per risolvere le difficolta' pratiche che si interpongano alla esecuzione coattiva, e' evidentemente utopistico pensare che l'arresto in flagranza faciliti la procedura: se la polizia e' in grado di eseguire l'espulsione al momento dell'arresto dello straniero la miglior soluzione sarebbe eseguirla subito senza dover mettere l'arrestato a disposizione del p.m. e del giudice; se non e' in grado per difficolta' oggettive di procedervi al momento dell'arresto certamente non lo sara' neppure dopo 48 ore. In conclusione ritiene il remittente che non siano ravvisabili nella fattispecie in esame gli estremi costituzionalmente previsti per una limitazione della liberta' personale, dimostrandosi l'arresto in flagranza una previsione sostanzialmente inutile perche' priva di finalita' processuali e sostanziali e non giustificata dalla ricorrenza di un caso eccezionale di necessita' o urgenza. Poiche' la convalida dell'arresto non puo' avere luogo nei termini perentori stabiliti dalla legge, l'arrestata dovra' essere immediatamente liberata se non detenuta per altra causa. La liberazione non fa peraltro venire meno l'utilita' di una pronuncia della Corte costituzionale sulla questione sopra esposta perche' permane la sua rilevanza ai fini dell'accertamento della legittimita' dell'operato della P.G. e della conseguente convalida dell'arresto. Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede che per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, sia obbligatorio l'arresto in flagranza dell'autore del fatto, per violazione degli articoli 3 e 13, terzo comma, della Costituzione; Sospende il giudizio di convalida sin visto l'esito del giudizio incidentale di legittimita'; Ordina la immediata liberazione dell'arrestata se non detenuta per altro; Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale in Roma; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Saluzzo, addi' 8 marzo 2003 Il giudice: Bonaudi 03C0563