N. 241 SENTENZA 30 giugno - 15 luglio 2003

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Parametro del giudizio - Decisione alla stregua del parametro vigente
  alla data della proposizione del ricorso.
Istituti di credito - Istituto per il credito sportivo - Rinnovazione
  del  consiglio  di amministrazione - Lamentata carenza di effettiva
  rappresentanza delle Regioni e delle autonomie locali - Ricorso per
  conflitto  di  attribuzione della Regione Toscana - Assunta lesione
  delle   attribuzioni  regionali  nonche'  del  principio  di  leale
  collaborazione   -  Insussistenza  -  Spettanza  allo  Stato  della
  competenza esercitata.
- Decreto   del   Ministro  per  i  beni  e  le  attivita'  culturali
  27 novembre 1999.
- Costituzione,  artt. 117  e  118;  d.P.R.  24 luglio  1977, n. 616,
  art. 56;  d.lgs.  31 marzo  1998,  n. 112, artt. 3, comma 7, e 157;
  legge 16 giugno 1998, n. 191.
(GU n.29 del 23-7-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
decreto  in  data  27 novembre  1999  del  Ministro  per  i beni e le
attivita'  culturali, emanato di concerto con il Ministro del tesoro,
del  bilancio  e  della  programmazione  economica,  con cui e' stato
ricostituito  il  consiglio  di  amministrazione dell'Istituto per il
credito  sportivo  per il quadriennio 1999-2000, promosso con ricorso
della  Regione  Toscana  notificato il 4 febbraio 2000, depositato in
cancelleria  il  14  successivo  ed  iscritto  al  n. 7  del registro
conflitti 2000.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5 novembre  2002  il  giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato  dello  Stato  Giancarlo  Mando'  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1. - Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  la
Regione  Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti
del  Presidente  del Consiglio dei ministri in riferimento al decreto
in  data  27 novembre  1999  del  Ministro  per i beni e le attivita'
culturali,  di  concerto  con  il Ministro del tesoro, del bilancio e
della  programmazione  economica,  con  cui  e' stato ricostituito il
consiglio  di  amministrazione  dell'Istituto per il credito sportivo
per   il   quadriennio   1999-2002,  chiedendone  l'annullamento  per
violazione  delle competenze garantite alla Regione nel settore dello
sport  dagli  articoli 117  e  118  della Costituzione e puntualmente
definite  dall'art. 56  del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione
della  delega  di  cui  all'articolo 1  della  legge  22 luglio 1975,
n. 382),  e  dagli  artt. 3,  comma 7,  e 157 del decreto legislativo
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
    La  ricorrente, descritte natura giuridica, finalita', competenze
dell'Istituto per il credito sportivo e precisato che il consiglio di
amministrazione di tale Istituto, prima dell'atto oggetto di ricorso,
era stato ricostituito con decreto dell'11 ottobre 1995, con scadenza
in  data  11 ottobre  1999,  ricorda  che  con  l'art. 161 del d.lgs.
1° settembre  1993  e'  stata  abrogata  la  legge  24 dicembre 1957,
n. 1295,  che aveva istituito l'ente, e che con l'art. 157 del d.lgs.
n. 112  del  1998  e'  stato  attribuito  al  Governo  il  compito di
provvedere  al suo riordino, con il preminente obiettivo di garantire
la  partecipazione  nell'organo  di amministrazione di rappresentanti
delle Regioni e delle autonomie locali.
    A  tal fine si sarebbe reso necessario un regolamento «delegato»,
ai  sensi  dell'art. 7,  comma 3,  della  legge  n. 59  del 1997, che
avrebbe  dovuto  provvedere  a  modificare  il  decreto  ministeriale
2 novembre  1959,  con  il  quale  era  stato  approvato  lo  statuto
dell'Istituto  per  il  credito  sportivo,  appunto per garantire una
adeguata  presenza  di  rappresentanti  delle  Regioni  e  degli enti
locali.
    1.2. - Nella   seduta   dell'11 novembre  1999  della  Conferenza
unificata Stato-Regioni ed enti locali - si prosegue nel ricorso - il
Ministro  per  gli  affari  regionali  aveva  assicurato che il nuovo
statuto   dell'Istituto  per  il  credito  sportivo,  in  conformita'
all'art. 157 del d.lgs. n. 112 del 1998, sarebbe stato adottato entro
il  25 novembre  1999  e  che  comunque,  attraverso  la nomina di un
commissario   straordinario,   si   sarebbe   potuto  successivamente
procedere  alla ricostituzione del consiglio di amministrazione sulla
base  delle  regole  nel  frattempo  approvate.  Nonostante l'impegno
assunto  -  lamenta  il  ricorrente  -  il 27 novembre 1999 era stato
adottato il decreto oggetto di ricorso, con il quale, in applicazione
delle vecchie regole, che non prevedevano alcuna rappresentanza delle
Regioni  e  degli enti locali, veniva nominato, con durata di quattro
anni, il consiglio di amministrazione dell'Istituto.
    1.3. - La  Regione  Toscana  ricorda  quindi che, nel definire il
settore  organico  della  materia  «Turismo e industria alberghiera»,
trasferita  alle  Regioni ai sensi dell'art. 117 Cost., l'art. 56 del
d.P.R.  n. 616  del 1977 vi aveva incluso anche lo sport, attribuendo
alle  Regioni  la  promozione di attivita' sportive e ricreative e la
realizzazione dei relativi impianti ed attrezzature e riservando allo
Stato le attribuzioni del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)
per l'organizzazione delle attivita' agonistiche ad ogni livello e le
relative attivita' promozionali.
    Successivamente, la legge n. 59 del 1997, nel delegare il Governo
ad  emanare  i decreti legislativi per il conferimento alle Regioni e
agli  enti  locali  di  funzioni  e  compiti  amministrativi,  non ha
riservato  allo  Stato  alcuna  competenza  in  materia di sport e ha
stabilito   il   principio   della   soppressione,  trasformazione  o
accorpamento  delle  strutture  centrali  e  periferiche  dello Stato
interessate  dal  conferimento  di  funzioni e compiti alle Regioni o
agli enti locali [art. 3, comma 1, lettera d)].
    Il  d.lgs. n. 112 del 1998, a sua volta, ha disposto che tutte le
funzioni  e  i  compiti non espressamente conservati dallo Stato sono
conferiti  alle  Regioni  o  agli  enti locali (art. 3, comma 7) e ha
trasferito  alle Regioni le competenze in merito all'approvazione dei
programmi relativi alla realizzazione, ampliamento e ristrutturazione
degli  impianti  sportivi  anche destinati ad ospitare manifestazioni
agonistiche  riferite  a  campionati  organizzati  secondo criteri di
ufficialita', riservando allo Stato la vigilanza sul CONI (art. 157).
    In  virtu'  delle  nuove  competenze  attribuite alle Regioni, il
legislatore  delegato  ha  ritenuto  necessario intervenire anche per
innovare  la disciplina dell'istituto finanziario che amministra gran
parte  delle  disponibilita'  prodotte e riutilizzate nel mondo dello
sport, stabilendo che con regolamento si debba provvedere al riordino
dell'Istituto  e  garantendo  una  adeguata  presenza delle Regioni e
delle autonomie locali nell'organo di amministrazione di tale ente.
    1.4. - Ad   avviso   della   ricorrente,   il  decreto  impugnato
violerebbe  quindi  le  previsioni contenute nell'art. 157 del d.lgs.
n. 112  del  1998,  in  quanto,  nel  ricostituire  il  consiglio  di
amministrazione  dell'Istituto,  sarebbe  stata disattesa la volonta'
espressa   dal   legislatore   delegato  di  innovare  la  disciplina
dell'organo  in  modo  da assicurare una effettiva rappresentanza, in
esso,  delle Regioni e delle autonomie locali. Poiche', poi, ai sensi
dell'art. 7,  comma 3,  della legge n. 59 del 1997, il regolamento di
riordino  avrebbe  dovuto  essere  adottato  «con  le  modalita' ed i
criteri  di  cui  al  comma 4-bis  dell'art. 17 della legge 23 agosto
1988,  n. 400  [...]  entro  novanta  giorni dall'adozione di ciascun
decreto  di  attuazione»,  il  decreto  impugnato violerebbe anche il
citato  art. 7,  comma 3,  in  quanto quel regolamento, a distanza di
quasi  due  anni  dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 112 del 1998,
non sarebbe stato adottato.
    1.5. - Ad   avviso   della   Regione   Toscana,   le   violazioni
dell'art. 157  del  d.lgs.  n. 112  del  1998 e dell'art. 7, comma 3,
della  legge  n. 59  del  1997,  determinerebbero  una  lesione delle
attribuzioni  regionali nel settore dello sport, cosi' come delineate
nella  legislazione  richiamata.  Le  Regioni,  infatti, pur titolari
delle   competenze  volte  ad  organizzare  e  programmare  rilevanti
interventi   di  promozione  di  attivita'  sportive,  che  implicano
l'acquisizione  di  notevoli  risorse  finanziarie, si vedrebbero del
tutto  estromesse,  in  violazione  del  comma 4 del citato art. 157,
dall'organismo preposto a decidere in concreto come e a favore di chi
ripartire  i  finanziamenti.  Si  determinerebbe,  di conseguenza, un
illegittimo  utilizzo  del potere dello Stato che verrebbe a menomare
la sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite alle Regioni in
materia di sport.
    In  effetti,  secondo  la  ricorrente, il d.lgs. n. 112 del 1998,
come gia' il precedente d.P.R. n. 616 del 1977, sarebbe qualificabile
come  legge  fondamentale di riforma, giacche' detta nuovi criteri di
riparto di competenze tra Stato e Regioni. Si tratterebbe, quindi, di
una  disciplina  organica  attuativa  di  norme  costituzionali sulle
competenze  che  sarebbe,  percio',  idonea  a  fungere  da parametro
interposto nei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni.
    1.6. - Secondo  la  Regione  Toscana,  nella  fattispecie sarebbe
stato  violato  anche  il  principio  della  leale  cooperazione.  Il
Governo,  infatti,  pur  avendo  a  disposizione  quasi  due anni per
adottare  il  regolamento  di  riordino  dell'Istituto per il credito
sportivo e pur avendolo gia' tecnicamente predisposto, avrebbe omesso
di approvarlo nonostante l'allora imminente scadenza del consiglio di
amministrazione   dell'ente,   che  avrebbe  imposto  una  tempestiva
approvazione  della  riforma  per  evitare  che il nuovo consiglio di
amministrazione  fosse ricostituito sulla base dei vecchi criteri. Si
lamenta inoltre nel ricorso che il Ministro per gli affari regionali,
in  sede  di  Conferenza unificata, avrebbe assicurato l'adozione del
nuovo  regolamento  entro  la  scadenza  del  25 novembre  1999 o, in
alternativa,  la  nomina  di  un  commissario,  mentre,  senza alcuna
informazione  preventiva  e  senza  motivazione,  sarebbe  poi  stato
adottato il decreto impugnato.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile e
comunque infondato.
    L'Avvocatura premette che, ai sensi del decreto interministeriale
2 novembre 1959 e successive modificazioni, recante l'attuale statuto
dell'Istituto  per  il  credito  sportivo, il precedente consiglio di
amministrazione  dell'ente (costituito con decreto in data 11 ottobre
1995)  cessava  dalla  carica  in  data 11 ottobre 1999, sicche' - in
vista  della  scadenza del regime di prorogatio e per non paralizzare
l'attivita'  dell'ente  -  era  stato  necessario provvedere alla sua
ricostituzione  con  il  decreto  27 novembre  1999,  impugnato dalla
Regione Toscana.
    La difesa erariale - rilevato che la ricorrente ancora l'asserita
lesione  delle  proprie attribuzioni costituzionalmente garantite nel
settore  dello  sport alla violazione dell'art. 157 del d.lgs. n. 112
del  1998  -  osserva  che questa disposizione in realta', dopo avere
previsto il trasferimento alle Regioni delle competenze in materia di
programmi degli interventi aventi ad oggetto impianti sportivi (comma
1)  e  dopo  avere  riservato  allo  Stato  le  funzioni di vigilanza
sull'Istituto  di  credito sportivo (comma 3), dispone che si proceda
al  riordino  di  tale  ente  «con  regolamento ai sensi dell'art. 7,
comma 3,  della legge 15 marzo 1997, n. 59 [...] anche garantendo una
adeguata  presenza  nell'organo  di amministrazione di rappresentanti
delle Regioni e delle autonomie locali» (comma 4).
    Ad   avviso   dell'Avvocatura   dello  Stato,  sarebbe  priva  di
fondamento   l'affermazione   della   ricorrente,   secondo   cui  il
provvedimento di riordino non sarebbe ancora stato emanato nonostante
l'avvenuto  decorso  del  termine di novanta giorni di cui al comma 3
dell'art. 7  della  legge  n. 59  del  1997,  in quanto detto termine
decorrerebbe  non  dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 112 del 1998,
ma  dall'adozione di «ciascun decreto di attuazione di cui al comma 1
del  medesimo  art. 7»;  decreto, quest'ultimo, che farebbe decorrere
l'esercizio  delle  funzioni  conferite  alle  Regioni  dalla data di
trasferimento dei beni e delle risorse all'uopo necessarie.
    Su  queste premesse la difesa dello Stato conclude che l'adozione
del   contestato   decreto   di   ricostituzione   del  consiglio  di
amministrazione   dell'Istituto  per  il  credito  sportivo  sarebbe,
nell'attuale  mancanza del citato regolamento di riordino, pienamente
legittima  e non potrebbe configurare una indebita interferenza o una
negativa  incidenza  sulla  sfera  di attribuzioni costituzionalmente
garantita  alla  Regione  Toscana,  neppure  sotto  il  profilo della
inosservanza del principio della leale cooperazione.
    3. - Nell'imminenza  dell'udienza pubblica del 9 ottobre 2001, il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato una memoria
illustrativa, nella quale ribadisce che il decreto impugnato e' stato
adottato  perche'  il  consiglio di amministrazione dell'Istituto era
scaduto  e  che,  non  essendo  decorso il termine per l'adozione del
regolamento  di riordino, il rinnovo del consiglio di amministrazione
non  avrebbe  potuto  essere  effettuato  se  non  sulla  base  delle
disposizioni dello statuto dell'ente allora vigente.
    Quanto  alla violazione del principio di leale collaborazione che
discenderebbe   dal   deliberato   ritardo   nella   emanazione   del
regolamento,   la   difesa   erariale  ne  contesta  la  sussistenza,
ricordando  che  le  Regioni  erano  a conoscenza della prevedibile e
necessaria  emanazione del decreto di ricostituzione del consiglio di
amministrazione  dell'Istituto  secondo le «vecchie» regole, nel caso
(in  effetti  verificatosi)  di mancata emanazione del regolamento di
riordino entro il 25 novembre 1999.
    4. - Con  ordinanza  in data 13 dicembre 2001, la Corte disponeva
il  rinvio  a nuovo ruolo del ricorso oggetto del presente conflitto,
il  quale  veniva  successivamente  discusso all'udienza pubblica del
5 novembre 2002.

                       Considerato in diritto

    1. - Oggetto del conflitto di attribuzione proposto dalla Regione
Toscana  e'  il decreto 27 novembre 1999 del Ministro per i beni e le
attivita'  culturali,  di  concerto  con  il Ministro del tesoro, del
bilancio  e  della  programmazione  economica,  con il quale e' stato
ricostituito  il  consiglio  di  amministrazione dell'Istituto per il
credito  sportivo  per  il  quadriennio  1999-2002.  Ad  avviso della
ricorrente   sarebbero  violate  le  attribuzioni  costituzionalmente
garantite  alle  Regioni nel settore dello sport dagli articoli 117 e
118   della  Costituzione,  come  definite  dall'art. 56  del  d.P.R.
24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'articolo 1
della  legge 22 luglio 1975, n. 382), e dagli artt. 3, comma 7, e 157
del  decreto  legislativo  31 marzo  1998,  n. 112  (Conferimento  di
funzioni  e  compiti  amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli
enti  locali,  in  attuazione  del  Capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59).    Nel   ricostituire   il   consiglio   di   amministrazione
dell'istituto,  sarebbe  stata  infatti  disattesa  la  volonta'  del
legislatore   delegato   di   assicurare   in   esso   una  effettiva
rappresentanza delle Regioni e delle autonomie locali.
    Sarebbe   stato   altresi'   violato  il  principio  della  leale
cooperazione,  in quanto il Governo non ha adottato, entro il termine
prescritto,  il  regolamento di riordino dell'Istituto per il credito
sportivo  previsto  dall'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998,
ed   ha   invece  nominato  il  nuovo  consiglio  di  amministrazione
dell'Istituto  stesso,  senza  fornire alcuna informazione preventiva
alle Regioni e senza alcuna motivazione.
    2. - Il   ricorso,   che  deve  essere  deciso  alla  luce  delle
disposizioni  costituzionali  evocate quale parametro di giudizio nel
testo vigente alla data della sua proposizione, e' infondato.
    3. - Ai   fini   dell'inquadramento  delle  questioni  poste  dal
presente  conflitto,  e'  utile  procedere  alla  ricognizione  della
normativa  relativa  all'Istituto  per  il credito sportivo nella sua
evoluzione  e,  parallelamente,  di  quella relativa al riparto delle
competenze tra Stato e Regioni in materia di sport e di credito.
    3.1. - L'Istituto  per il credito sportivo e' stato istituito con
legge  24 dicembre  1957, n. 1295 (Costituzione di un Istituto per il
credito  sportivo con sede in Roma), che, all'articolo 1, lo definiva
ente  di  diritto  pubblico  con  personalita'  giuridica  e gestione
autonoma, il cui patrimonio, ai sensi dell'art. 2, era costituito dal
fondo   di   dotazione  conferito  dai  partecipanti  nominativamente
individuati,  da  un fondo di garanzia di 2.500 milioni conferito dal
Comitato  olimpico nazionale italiano (CONI), dalla riserva ordinaria
di cui al successivo art. 13 e da eventuali riserve straordinarie.
    In  base alla legge istitutiva, l'Istituto esercitava il credito,
sotto  forma  di  mutui  a  medio  e  lungo termine, a favore di enti
pubblici  locali  e  di  altri  enti pubblici che, in base a progetti
approvati  secondo  le  norme  vigenti  in materia, sentito il parere
tecnico  del  CONI,  intendessero  costruire,  ampliare, attrezzare e
migliorare  impianti  sportivi,  ivi  compresa  l'acquisizione  delle
relative  aree, nonche' acquistare immobili da destinare ad attivita'
sportive.  Il  credito  poteva  essere  esercitato,  con  le medesime
modalita' e per le medesime finalita', anche in favore di federazioni
sportive nazionali riconosciute dal CONI, di societa' ed associazioni
sportive  e  di  enti  di  promozione  sportiva  aventi  personalita'
giuridica  e  riconosciuti  dal  CONI,  di  societa'  e  associazioni
sportive   affiliate   ai   predetti  enti  di  promozione  sportiva,
costituite  senza  fine  di  lucro,  aventi  personalita'  giuridica,
nonche'  a  favore  di  ogni  altro  ente  morale che perseguisse, in
conformita'   della   normativa   ad   esso   relativa   e  sia  pure
indirettamente, finalita' ricreative e sportive senza fine di lucro.
    Ai  sensi dell'art. 4, l'Istituto provvedeva alla concessione del
credito  con  i mezzi patrimoniali disponibili di cui all'art. 2, con
eventuali  anticipazioni degli enti partecipanti e con l'emissione di
obbligazioni  per  un importo massimo pari a trenta volte l'ammontare
del  patrimonio  formato  ai  sensi dell'art. 2. L'art. 5 autorizzava
l'Istituto  a  concedere contributi agli interessi sui mutui anche se
accordati  da  altre  aziende  di  credito  e  dalla Cassa depositi e
prestiti  per  le  finalita' della legge, con la disponibilita' di un
fondo speciale costituito presso l'istituto medesimo e alimentato con
il  versamento dell'aliquota dell'1 per cento calcolata sugli incassi
lordi  dei  concorsi  pronostici,  a  norma  dell'art. 6  del  d.lgs.
14 aprile  1948,  n. 496  (Disciplina  delle  attivita'  di  giuoco),
nonche'  con  l'importo  dei  premi  dei concorsi medesimi colpiti da
decadenza.
    L'attivita'  dell'Istituto  era  poi regolata, conformemente alle
disposizioni   legislative,  dallo  statuto,  approvato  con  decreto
ministeriale  2 novembre  1959,  piu'  volte modificato da successivi
decreti.  Lo  statuto riproduceva in larga misura le previsioni della
legge istitutiva, ora succintamente richiamate.
    La  legge  n. 1295  del  1957 e' stata abrogata dall'art. 161 del
d.lgs.  1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia
bancaria  e creditizia), ad eccezione degli artt. 2, quarto comma, 3,
settimo  comma,  e  5,  concernenti,  rispettivamente, una componente
della dotazione patrimoniale dell'Istituto, l'ammontare degli onorari
notarili  e  la  facolta' di concedere contributi sugli interessi sui
mutui  accordati da altre aziende di credito e dalla Cassa depositi e
prestiti.
    3.2. - Non  vi  e'  alcun dubbio che, sulla base della disciplina
ora  riguardata,  l'attivita'  dell'Istituto  per il credito sportivo
fosse  qualificabile  come  attivita' bancaria, che secondo il citato
d.lgs.  n. 385  del  1993 consiste nella raccolta di risparmio tra il
pubblico  e  nell'esercizio  del  credito, attivita' questa riservata
appunto  alle  banche (art. 10), le quali devono essere costituite in
societa'   per   azioni  o  in  societa'  cooperative  per  azioni  a
responsabilita'  limitata [art. 14, comma 1, lettera a)]. L'Istituto,
svolgendo  attivita'  di credito, attraverso la erogazione di mutui e
di contributi agli interessi su mutui contratti con altri istituti di
credito,  e  di  raccolta del risparmio, sia pure solo sotto forma di
emissione  di  prestiti  obbligazionari,  non  ha  assunto  la  forma
societaria:  esso pertanto rientra nell'ambito delle banche pubbliche
residue,  di  cui  all'art. 151  del  d.lgs.  n. 385 del 1993, la cui
operativita',  organizzazione e funzionamento sono disciplinate dallo
stesso  decreto  legislativo,  dagli  statuti e dalle norme in questi
richiamate.
    3.3. - Chiarita,   dunque,   la   natura   dell'attivita'  svolta
dall'Istituto  per  il  credito  sportivo, occorre procedere ora alla
ricognizione  della  normativa concernente il riparto di attribuzioni
tra Stato e Regioni in materia.
    L'art. 56  del  d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616, nel disporre il
trasferimento  alle  Regioni  a statuto ordinario delle competenze in
materia di turismo ed industria alberghiera, aveva incluso fra queste
«la  promozione di attivita' sportive e ricreative e la realizzazione
dei  relativi  impianti ed attrezzature, d'intesa, per le attivita' e
gli impianti di interesse dei giovani in eta' scolare, con gli organi
scolastici».  La  medesima disposizione, in ordine all'organizzazione
delle attivita' agonistiche ad ogni livello e alle relative attivita'
promozionali,  manteneva ferme le competenze del CONI e prevedeva che
le   Regioni   potessero   avvalersi   della  consulenza  tecnica  di
quest'ultimo per gli impianti e le attrezzature da esse promossi.
    La   legge  15 marzo  1997,  n. 59  (Delega  al  Governo  per  il
conferimento  di  funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per
la  riforma  della  Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa)  ha  delegato  il  Governo a conferire alle Regioni e
agli   enti   locali,  ai  sensi  degli  artt. 5,  118  e  128  della
Costituzione, nel testo allora vigente, tutte le funzioni e i compiti
amministrativi  relativi  alla cura degli interessi e alla promozione
dello  sviluppo delle rispettive comunita', nonche' tutte le funzioni
e  i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in
atto  esercitati  da  qualunque organo o amministrazione dello Stato,
centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.
Dal  suddetto  trasferimento  erano  esclusi  i compiti e le funzioni
riferibili alle materie specificamente indicate dall'art. 1, comma 3,
espressamente  riservate  allo Stato. Di particolare rilievo, ai fini
della  presente  controversia e' la constatazione che le funzioni e i
compiti riconducibili all'attivita' bancaria non erano riservate allo
Stato  e non erano dunque sottratte alla delega. Infatti, esclusi dal
trasferimento erano, ai sensi dell'art. 1, comma 3, lettera h), nella
sua  originaria  formulazione,  le funzioni e i compiti riconducibili
alla  materia  «moneta,  perequazione  delle  risorse  finanziarie  e
sistema valutario», non invece le banche.
    In   attuazione  della  delega,  era  stato  emanato  il  decreto
legislativo  31 marzo  1998,  n. 112,  il quale, per la parte che qui
interessa, aveva disposto, all'art. 157, sotto la rubrica «Competenze
in  materia  di  sport»,  al comma 3, che restavano salve le funzioni
statali  di  vigilanza  sul  CONI  e  sull'Istituto  per  il  credito
sportivo,  e  al  comma 4,  che  con  l'apposito  regolamento  di cui
all'art. 7,  comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e nei termini
ivi previsti, il Governo provvedesse al riordino dell'Istituto, anche
garantendo  una  adeguata presenza nell'organo di amministrazione dei
rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali.
    Ed  e'  appunto  questa la disposizione che si assume violata dal
decreto   ministeriale   impugnato,  con  conseguente  lesione  delle
attribuzioni regionali.
    4. - La  prospettazione della Regione non puo' essere accolta per
l'assorbente  rilievo  che  la  disposizione  su  cui  si  fondava la
previsione  della  necessaria  partecipazione di rappresentanti delle
Regioni  e  delle  autonomie  locali  al consiglio di amministrazione
dell'Istituto  per  il  credito  sportivo deve ritenersi superata per
effetto della legge 16 giugno 1998, n. 191 (Modifiche ed integrazioni
alle  leggi  15 marzo  1997, n. 59, e 15 maggio 1997, n. 127, nonche'
norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a
distanza  nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di
edilizia  scolastica),  promulgata  e  pubblicata dopo l'emanazione e
l'entrata  in  vigore  del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Tale legge ha infatti sostituito l'art. 1, comma 3, lettera h), della
legge  n. 59 del 1997, riformulando questa disposizione nel senso che
dal  conferimento  di  funzioni  alle Regioni e agli enti locali sono
escluse   non   solo   quelle  riconducibili  alla  materia  «moneta,
perequazione delle risorse finanziarie e sistema valutario», ma anche
quelle  afferenti  alla materia «banche». E poiche' l'Istituto per il
credito  sportivo  e'  una  banca,  il  principio della lex posterior
impedisce di ritenere tuttora vigente il precedente conferimento alle
Regioni e alle autonomie locali di funzioni ad esso relative.
    Si  e'  qui in presenza di un fenomeno in cui il legislatore, per
provocare  la  cessazione  di  vigenza  del  decreto  legislativo, ha
operato  sulla legge di delegazione nel momento in cui il termine per
l'esercizio della delega era scaduto, sicche' la complessa operazione
non  puo'  essere intesa come conferimento di una nuova delega valida
de futuro,  diretta  ad  escludere l'attribuzione alle Regioni e agli
enti   locali   di   compiti   e   funzioni  inerenti  alla  gestione
dell'Istituto  per  il credito sportivo, ma puramente e semplicemente
come  intervento  legislativo  mirante  a  rendere  priva di una base
legale   qualsiasi   attribuzione   medio  tempore  intervenuta,  con
immancabili  riflessi  sul piano della vigenza. La circostanza che il
Parlamento,  con  la legge n. 191 del 1998 abbia operato nominalmente
sulla  legge  di delegazione e sui poteri del Governo, anziche' agire
direttamente    sulle   corrispondenti   disposizioni   del   decreto
legislativo  attuativo  (art. 157 d.lgs. n. 112 del 1998, nella parte
in  cui,  regolando l'Istituto per il credito sportivo, attraeva alla
materia  dello  sport  anche  profili riguardanti una banca) non puo'
essere   altrimenti   interpretata   che  come  rimozione  di  queste
disposizioni  fin  dall'origine.  Una  ricostruzione,  questa, che e'
corroborata  da  quanto  disposto  dall'art. 10  della legge 6 luglio
2002, n. 137 (Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e
della   Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'  di  enti
pubblici),  il  quale,  nel quadro delineato dal nuovo titolo V della
parte seconda della Costituzione, ha nuovamente delegato il Governo a
riordinare   i   compiti   dell'Istituto  per  il  credito  sportivo,
assicurando  negli  organi  anche  la  rappresentanza delle Regioni e
delle  autonomie  locali.  A  ispirare  la piu' recente disciplina e'
stata  indubbiamente la considerazione che, anche se si tratta di una
«banca»,  tale istituto svolge una attivita' suscettibile di incidere
sull'«ordinamento   sportivo»   che,   in   forza   del  terzo  comma
dell'art. 117   Cost.,   forma   oggetto  di  competenza  legislativa
concorrente. Ma essa costituisce, nel medesimo tempo, conferma che la
partecipazione  delle  Regioni  e  delle autonomie locali agli organi
dell'ente non poteva piu' trovare fondamento nell'art. 157 del d.lgs.
n. 112  del  1998  proprio  a  causa  della  vicenda  normativa sopra
descritta.
    Il  decreto  impugnato,  che  ha  ricostituito  il  consiglio  di
amministrazione sulla base di quanto previsto dallo statuto dell'ente
all'epoca  vigente,  non  e'  dunque  lesivo  di  alcuna attribuzione
regionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  spetta  allo  Stato  provvedere,  con  il  decreto
impugnato,  alla  rinnovazione  della  composizione  del consiglio di
amministrazione dell'Istituto per il credito sportivo.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 giugno 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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