N. 251 ORDINANZA 30 giugno - 15 luglio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Responsabilita'  civile - Circolazione dei veicoli soggetti a obbligo
  assicurativo - Azione per il risarcimento dei danni - Condizione di
  proponibilita' - Asserito contrasto con il principio di eguaglianza
  e  ragionevolezza,  con il diritto di difesa e con il principio del
  giusto processo - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.29 del 23-7-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
24 dicembre    1969,   n. 990   (Assicurazione   obbligatoria   della
responsabilita'  civile  derivante  dalla  circolazione dei veicoli a
motore  e  dei natanti), promosso con Ordinanza emessa il 31 dicembre
2001  dal  giudice  di pace di Osimo nel procedimento civile vertente
tra  Raffaella  Giovatore  contro  Mario Berre' ed altri, iscritta al
n. 561  del  registro  ordinanze  2002  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 2, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 18 giugno 2003 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  in  un  giudizio  civile di risarcimento dei danni
causati  da incidente stradale - nel corso del quale, a seguito della
difesa  svolta  dai  convenuti, deducenti l'integrale responsabilita'
nella  causazione  del  sinistro del conducente di una terza vettura,
l'attore  aveva chiamato in causa il conducente ed il proprietario di
tale   altro  veicolo,  nonche'  successivamente  anche  la  relativa
compagnia  di  assicurazione  -,  con ordinanza emessa il 31 dicembre
2001,   il   giudice   di   pace  di  Osimo  (in  sede  di  decisione
sull'eccezione  dei chiamati in causa di improcedibilita' dell'azione
nei   loro   confronti),   ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 22  della  legge  24 dicembre  1969, n. 990
(Assicurazione  obbligatoria  della  responsabilita' civile derivante
dalla  circolazione  dei veicoli a motore e dei natanti), che pone in
capo al   danneggiato,   prima   di  proporre  l'azione,  l'onere  di
richiedere   all'assicuratore,   almeno  sessanta  giorni  prima,  il
risarcimento del danno, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di
ricevimento;
        che, secondo il rimettente, la norma si porrebbe in contrasto
con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, «nella parte in cui non
prevede  che  l'atto  di  citazione  ritualmente  notificato al terzo
chiamato  in  causa  sia  equipollente,  ai fini della proponibilita'
dell'azione  per  il risarcimento di danni causati dalla circolazione
dei  veicoli  o  dei natanti, alla lettera raccomandata con avviso di
ricevimento»;
        che  il  giudice  di  pace osserva come - in riferimento alle
descritte  diverse  modalita' con cui hanno avuto ingresso i soggetti
del  giudizio  a  quo  -  la  disposizione impugnata non concederebbe
all'attore  la  possibilita'  concreta  di  dare attuazione all'onere
legislativamente  impostogli,  in quanto la necessita' della chiamata
in   giudizio   dell'altra   compagnia   di   assicurazione   sarebbe
processualmente  sorta  solo in conseguenza della ricostruzione della
dinamica dell'incidente operata dai convenuti;
        che  l'improcedibilita'  dell'azione [che andrebbe dichiarata
sulla   base   del   costante   orientamento   giurisprudenziale   di
legittimita',  in  ragione  appunto  del  mancato  assolvimento nella
fattispecie   dell'onere  in  questione]  costringerebbe  l'attore  a
proporre  un  autonomo  giudizio; la qual cosa - secondo il giudice a
quo  -  determinerebbe  un  contrasto  con il principio dell'economia
processuale  e  con  il  favor  del  legislatore  per  il simultaneus
processus;
        che,  in ragione di cio', si configurerebbe per il rimettente
il  contrasto della norma con gli evocati parametri, sotto il profilo
della  violazione  del  principio  di uguaglianza e di ragionevolezza
(stante  l'irrazionale  disparita'  di  trattamento,  a  seconda  che
l'azione  risarcitoria  venga  proposta  nei  confronti  di  soggetti
presenti  nel  processo fin dal suo inizio, ovvero di soggetti che vi
entrano  in  un  momento successivo), nonche' del diritto di difesa e
del  principio  del giusto processo (con riguardo anche all'ulteriore
svolgimento   del   giudizio,  che  cosi'  provocherebbe  distinzioni
penalizzanti);
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso   per   la  declaratoria  di  infondatezza  della  sollevata
questione.
    Considerato  che  le  censure  sollevate dal rimettente investono
l'art. 22  della  legge  n. 990 del 1969, secondo cui l'azione per il
risarcimento  dei  danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei
natanti,  per  i  quali  v'e'  obbligo  di assicurazione, puo' essere
proposta  solo  dopo  che  siano trascorsi sessanta giorni dall'invio
all'assicuratore,  a  mezzo  di  lettera  raccomandata  con avviso di
ricevimento, della richiesta risarcitoria da parte del danneggiato;
        che   questa   Corte   -   gia'   investita   del  vaglio  di
costituzionalita'  della  norma impugnata, la quale, anche secondo la
costante  giurisprudenza  di  legittimita',  pone  una  condizione di
proponibilita'   della   domanda  giudiziale -  ne  ha  affermata  la
legittimita',  in considerazione del soddisfacimento delle preminenti
esigenze  di  interesse  sociale  cui la disposizione tende (sentenza
n. 24 del 1973);
        che,  a  riguardo,  e'  stato sottolineato come la previsione
dello  spatium  deliberandi  tra  la  richiesta  stragiudiziale  e la
azionabilita'  del  diritto  miri  a  porre le imprese e gli istituti
assicuratori  della  r.  c.  auto  in  grado di istruire la pratica e
raccogliere   tutti   gli  elementi  di  valutazione  e  favorire  la
possibilita'  di  liquidazione dell'indennizzo in via di composizione
stragiudiziale;  cosi'  evitando una troppo sollecita proposizione di
giudizi,   le  cui  spese,  in  caso  di  soccombenza  della  impresa
convenuta,  si  risolverebbero  in  un  inutile aggravio del costo di
gestione  dell'impresa  medesima,  con  riflessi  pregiudizievoli per
l'intero  settore del servizio assicurativo (sentenza n. 19 del 1975)
e    conseguentemente    anche   per   gli   assicurati   a   cagione
dell'inasprimento di tariffe e premi;
        che  -  lungi  dal  costituire  un onere tale da vanificare o
pregiudicare  la  possibilita'  di  agire  in giudizio - la norma e',
dunque,  diretta  ad evitare un eccesso nell'esercizio del diritto, a
salvaguardia,   non  solo  della  posizione  soggettiva  della  parte
convenuta,  ma  anche  di  interessi  generali  che  con tale diritto
sostanzialmente non contrastano (ordinanza n. 132 del 1983);
        che  l'esigenza  di  favorire  la  soluzione preventiva della
lite,  con  l'auspicato  sollecito  soddisfacimento  di  entrambe  le
situazioni   sostanziali   (cosi'   anche  da  evitare  un  superfluo
sovraccarico  dell'apparato  giudiziario),  fa  si' che l'imposizione
dell'onere  di  richiesta  a  cio'  finalizzato,  e della conseguente
(limitata)   dilazione  temporale,  non  si  pone  in  contrasto  con
l'evocato  parametro  di  cui  all'art. 24  Cost.,  che  non comporta
necessariamente   l'assoluta   immediatezza   dell'esperibilita'  del
diritto di azione (sentenza n. 276 del 2000);
        che,  d'altronde,  anche  il  principio  del  giusto processo
(verosimilmente   richiamato  dal  rimettente  con  riferimento  alla
previsione  della sua ragionevole durata) deve essere letto alla luce
di   tali   considerazioni,   in   quanto,   anche  dopo  la  novella
dell'art. 111  Cost.,  il  legislatore  continua  a disporre di ampia
discrezionalita'  in  materia  processuale,  giacche'  la tendenziale
garanzia  della  maggiore  celerita'  possibile  dei  processi  deve,
tuttavia,  tendere  pur  sempre  ad  una  durata degli stessi che sia
appunto   «ragionevole»,   in   rapporto   anche  alle  altre  tutele
costituzionali  in  materia  (ordinanze  n. 137 e n. 519 del 2002), a
cominciare   da  quella  relativa  al  diritto  di  difesa  garantito
dall'art. 24  Cost.,  comprensivo  anche  del  diritto  di non essere
inutilmente chiamato in giudizio;
        che  nemmeno  vale  il richiamo alla mancata possibilita' - a
causa  della  specificita'  della fattispecie - di celebrare un unico
giudizio, in quanto questa Corte ha ripetutamente sottolineato che il
simultaneus processus non risulta elevato a regola costituzionale, ma
costituisce  mero  espediente  processuale,  non sempre conveniente o
realizzabile   (ordinanza   398   del   2000);  sicche'  la  sua  non
attuabilita' non riguarda il diritto di azione, ne' quello di difesa,
una  volta  che la pretesa sostanziale del soggetto interessato possa
essere  comunque fatta valere nella competente, pur se distinta, sede
giudiziaria,  con  pienezza di contraddittorio e di difesa (ordinanza
n. 18 del 1999);
        che,  infine,  quanto  alla  lamentata violazione dell'art. 3
Cost.,  e' proprio la pronuncia additiva auspicata dal rimettente che
provocherebbe  un'irragionevole  differenziazione della posizione dei
soggetti  convenuti,  in relazione ad un criterio meramente fattuale,
legato  esclusivamente  al  diverso  momento  della  loro  vocatio in
giudizio;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata sotto
tutti i profili evocati.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 22  della  legge  24 dicembre
1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile
derivante  dalla  circolazione  dei  veicoli a motore e dei natanti),
sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,
dal giudice di pace di Osimo, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 giugno 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 2003.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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