N. 21 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 6 giugno 2003
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 6 giugno 2003 (del Tribunale di Roma) Parlamento - Immunita' parlamentari - Deliberazione della Camera dei deputati in data 6 marzo 2001, con la quale si dichiara che i fatti per cui si procede penalmente nei confronti dell'on. Filippo Mancuso per il reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti del dott. Giancarlo Caselli concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal G.I.P. del Tribunale di Roma per la ritenuta mancanza di nesso tra i fatti attribuiti e l'esercizio delle funzioni parlamentari. - Deliberazione della Camera dei deputati del 6 marzo 2001. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.30 del 30-7-2003 )
Il giudice dell'udienza preliminare, dott. Marco Mancinetti, sentito il pubblico ministero, la difesa e la parte civile, all'udienza in camera di consiglio del 7 novembre 2001 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura la seguente ordinanza-ricorso nel procedimento instaurato nei confronti di Mancuso Filippo, nato a Palermo l'11 luglio 1922, difeso dagli avvocati di fiducia Franco Luberti e Giovanni Guazzotti del foro di Roma imputato del reato di cui agli artt. 81, 595 comma tre c.p. ed art. 13 della legge n. 47/1948 perche', nel corso di una intervista del giornalista Roberto Iezzi, mandata in onda in data 31 luglio 1997 dall'emittente radiofonica radio radicale, intervista che qui si intende integralmente riportata, offendeva la reputazione del dott. Giancarlo Caselli, anche in qualita' di procuratore capo della Procura della Repubblica di Palermo, pronunciando le seguenti affermazioni: «Ma lei tra Brusca e Caselli e tra i Brusca e i Caselli vede vere differenze?» E' gia' provato che parte della magistratura di Palermo e' criminale ... vi sono a Palermo criminali vestiti da giudici. Questo e' piu' sconvolgente ancora. Molte inchieste di Palermo sono inchieste criminali e sono condotte da criminali vestiti da giudici, oltre che dissennati». In Roma, il 31 luglio 1997. A seguito di querela tempestivamente presentata dalla persona offesa Giancarlo Caselli il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale nei confronti dell'allora deputato Filippo Mancuso in ordine al reato di cui in epigrafe, con richiesta di rinvio a giudizio depositata il 7 febbraio 2001. In data 6 marzo 2001 la Camera dei deputati ha approvato la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere, relatore on. Filippo Berselli, affermando che le dichiarazioni dell'on. Mancuso oggetto del presente procedimento concernono opinioni espresse dal deputato nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari e pertanto ricadono nell'ambito di applicazione del primo comma dell'art. 68 della Costituzione. Nella relazione svolta in aula dell'on. Caremigna, sostituto del relatore in giunta on. Berselli, premesso che il procedimento trae origine da una trasmissione radiofonica andata in onda su radio radicale il 31 luglio 1997 e che la giunta e' stata investita della deliberazione in materia di insindacabilita' su richiesta dallo stesso deputato Mancuso, si afferma che «come emerge dal capo di imputazione, l'onorevole Mancuso avrebbe affermato: E' gia' provato che parte della magistratura di Palermo e' criminale, vi sono a Palermo criminali vestiti da giudici. Questo e' piu' sconvolgente ancora. Molte inchieste di Palermo sono inchieste criminali e sono condotte da criminali vestiti da giudici, oltre che dissennati». Per tali affermazioni Mancuso e' stato querelato da Giancarlo Caselli, procuratore della Repubblica di Palermo pro tempore ... . Dall'analisi dei fatti e' emerso che - secondo la maggior parte dei membri della giunta che si sono espressi sul punto - il fatto oggetto del procedimento e' in connessione con l'esercizio del mandato parlamentare. Nella trasmissione radiofonica in questione l'onorevole Mancuso ha inteso rivolgere, sia pure con toni aspri, una critica ai metodi investigativi di taluni magistrati che prestano servizio nel capoluogo siciliano, peraltro senza fare riferimento esplicito a nessun magistrato in particolare. In tale contesto, egli - in qualita' di parlamentare e di persona che ha rivestito la carica di Ministro guardasigilli - si e' inserito nella perdurante polemica politica nel nostro paese inerente ai rapporti tra potere legislativo e potere giudiziario e al modo di procedere della magistratura. Deve essere inoltre rilevato che l'intervista a radio radicale era stata rilasciata a proposito del processo in corso a Palermo nei confronti del senatore Giulio Andreotti, che ha destato, come e' noto, grande interesse e scalpore nell'opinione pubblica, restando di attualita' politica per molto tempo. Da quanto esposto, emerge con evidenza il carattere politico parlamentare delle affermazioni del deputato Mancuso» (cfr. relazione Ceremigna). Va premesso che esulano dall'oggetto del presente ricorso tutte le questioni attinenti la natura eventualmente diffamatoria delle affermazioni contenute nell'articolo in esame, quali riportate nell'imputazione agli atti del presente processo, cosi' come la eventuale configurabilita' delle scriminanti del diritto di cronaca e del diritto di critica. Trattasi di profili riguardanti il merito dell'accusa formulata dal pubblico ministero, il cui esame e' allo stato precluso, dovendosi primariamente affrontare la questione relativa al conflitto di attribuzioni che con la presente ordinanza si intende sollevare. Cio' posto, ritiene il giudice che nella fattispecie in esame, non spettasse alla Camera dei deputati, per difetto del nesso funzionale tra opinioni espresse dal parlamentare Mancuso ed esercizio delle relative funzioni, dichiarare che i fatti oggetto della imputazione in epigrafe riportata concernono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare, ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. Per costante giurisprudeuza della Corte costituzionale la prerogativa di cui all'art. 68 comma primo Cost. non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attivita' politica, ma solo quelle legate da nesso funzionale con le attivita' svolte nella qualita' di membro delle Camere (cfr. da ultimo Cort. cost. n. 10/2000, n. 11/2000 n. 56/2000 e n. 58/2000). In particolare, nelle ipotesi di opinioni espresse al di fuori dell'ambito dei lavori parlamentari, come e' nella fattispecie in esame, «... il nesso funzionale deve consistere non gia' in una semplice forma di collegamento - di argomento o di contesto - fra attivita' parlamentare e dichiarazioni, ma piu' precisamente nella identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare» (cfr. Cort. cost. n. 58/2000). «La semplice comunanza tematica fra la dichiarazione che si assume lesiva e le opinioni espresse in sede parlamentare, ne' la ricorrenza di un contesto genericamente politico cui la dichiarazione inerisca sono infatti sufficienti a legittimare l'estensione alla prima della immunita' che copre le seconde. Occorre accertare la sostanziale corrispondenza di contenuti Ira le dichiarazioni oggetto di esame e la opinione espressa in sede parlamentare (Cort. cost. n. 10/2000). «La prerogativa costituzionale rileva, infatti, non soltanto per l'occasione specifica in cui l'opinione e' espressa in ambito parlamentare, ma riguarda il contenuto storico di essa, pure quando ne sia realizzata la diffusione pubblica. Perche' la pubblicita' accompagna l'attivita' parlamentare, necessariamente, assicurando il ruolo fondamentale delle camere nella libera dialettica politica» ( Cort. cost. n. 56/2000). Ritiene il giudice che nella fattispecie in esame non siano riscontrabili i requisiti sopra indicati e, conseguentemente, che la deliberazione adottata dalla Camera dei deputati esorbitando dall'ambito derogatorio consentito dall'art. 68, comma primo Cost., determini una violazione della sfera di attribuzione dell'autorita' giudiziaria procedente costituzionalmente garantita ai sensi degli artt. 101, secondo comma, 102 primo comma e 104 primo comma Cost., che assegnano la titolarita' della funzione giurisdizionale alla magistratura e tutelano le legalita' e l'indipendenza del suo esercizio. A parere di questo giudice, nella relazione della giunta per le autorizzazioni a procedere, ripresa integralmente nella esposizione in aula, non si individua un collegamento tra le espressioni contestate al deputato come diffamatorie e la sua attivita' parlamentare. Innanzitutto, il riferimento contenuto nella delibera alla pregressa attivita' di Ministro di grazia e giustizia non appare idonea a motivate il necessario nesso con le funzioni di parlamentare. Sul punto, deve osservarsi che la pregressa attivita' svolta in passato dal parlamentare Mancuso quale Ministro, non puo' valere di per se' a giustificare l'applicazione di una prerogativa, quella di cui all'art, 68 comma primo Cost., che viene riconosciuta al singolo membro delle Camere esclusivamente in relazione alla tutela dell'esercizio della funzione legislativa. E' appena il caso di rilevare che, diversamente opinando, si verrebbe a creare tra l'altro anche una ingiustificabile disparita' di trattamento nei confronti di quei parlamentari che, non avendo ricoperto precedenti funzioni di governo, si troverebbero, in relazione alla applicazione dell'art. 68 comma primo Cost., in posizione di tutela «attenuata» rispetto ai loro colleghi che hanno invece assunto in passato funzioni di Ministro. In secondo luogo, giova evidenziare, comunque, che nella relazione non e' richiamato alcun atto svolto dall'on. Mancuso in tale sua veste, da cui possa emergere in qualche modo la dimostrazione del collegamento funzionale con le espressioni oggetto del capo di imputazione. Ne' alcun elemento di chiarificazione si ricava dal seguito della relazione, ove si fa riferimento alla «perdurante polemica nel nostro paese inerente ai rapporti tra potere legislativo e potere giudiziario e al modo di procedere della magistratura»; ed all'interesse «politico» del processo svolto a Palermo nei confronti del senatore Andreotti. In ordine a tale passaggio della motivazione, non possono che essere richiamati i principi piu' volte espressi dalla Corte costituzionale sopra indicati: non ha rilievo invocate l'esistenza di un contesto «politico» in cui la dichiarazione si inserisce, giacche' siffatto tipo di collegamenti non vale, di per se', a conferire il carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estranee ad essa ( Corte cost., 56/2000 cit.). Deve appena soggiungersi che nella motivazione della Giunta delle autorizzazioni a procedere sembrerebbe evidenziarsi anche un errore su un presupposto di fatto inerente il presente procedimento penale. Si legge infatti che nell'intervista per cui e' processo l'on. Mancuso avrebbe omesso ogni riferimento esplicito a un magistrato in particolare. In realta' e' vero il contrario, atteso che come e' di chiara evidenza nel capo di imputazione, l'intervista incriminata inizia con un riferimento alla persona offesa Giancarlo Caselli. Il collegamento funzionale con atti parlamentari non emerge neanche sulla base dei documenti prodotti dalla difesa dell'on. Mancuso innanzi a questo giudice. Trattasi di documenti divisi in tre gruppi. Il primo raccoglie comunicati stampa riguardanti «l'incessante e generalizzato protagonismo politico della Procura della Repubblica di Palermo». Il secondo le «attivita' dell'on. Filippo Mancuso in comimissione parlamentare antimafia sulla Procura della Repubblica di Palermo»; Il terzo si riferisce alle «Attivita' dell'on. Filippo Mancuso nell'Aula della camera dei Deputati sulla Procura della Repubblica di Palermo». Relativamente al primo gruppo di documenti, osserva il giudicante che gli stessi non assumono rilevanza in ordine alla questione oggetto del presente ricorso, riguardante la sussistenza o meno dei presupposti di applicazione dell'art. 68 comma primo Cost. alla fattispecie oggetto di imputazione. La qualita' e le condotte della persona offesa, la esposizione di al magistrato o di un ufficio giudiziario su un piano politico, che con tale produzione si intende evidenziare, attengono a questioni che - senza alcun giudizio di merito - potrebbero avere un rilievo in ordine alla sussistenza o meno dei presupposti della scriminante del diritto di critica in ordine al delitto di diffamazione. Involgendo pero' il merito del processo, appare evidente che non possano allo stato essere sottoposte alla cognizione di questo giudice. In relazione al resto della documentazione, conformemente agli indirizzi espressi dalla Corte costituzionale, si osserva che non puo' essere attribuito rilievo ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza del «nesso funzionale» richiesto come condizione di applicabiita' dell'art. 68, primo comma, Cost., a quegli atti ed attivita' parlamentari svolte dall'interessato in epoca anteriore al fatto oggetto di imputazione penale. «Diversamente opinando, qualsiasi affermazione potrebbe diventare insindacabile a seguito della semplice presentazione in data successiva al fatto di un'interrogazione ad hoc» ( Corte cost. 289/98). Invero, dall'esame delle pronunce della Corte in materia sembra potersi enucleare principio secondo cui l'estensione della immunita' prevista dall'art. 68 Cost. alle affermazioni rese dal parlamentare al di fuori dei luoghi e delle sedi proprie e specifiche della sua funzione richieda quale ulteriore requisito che tali affermazioni siano riproduttive di contenuti storici gia' espressi nelle sedi istituzionali (cfr. sent. nn. 10; 11; 56 e 58 2000). Nell'ambito della produzione richiesta, conseguentemente, deve essere valutata soltanto quella documentazione afferente ad attivita'. parlamentari dell'on. Mancuso anteriori alla data del 31 luglio 1997, data del reato ipotizzato, e precisamente: a) intervento in data 5 febbraio 1997 dell'on. Mancuso in seno alla «Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari» pres. on Del Turco, in occasione dell'audizione del procuratore della Repubblica di Palermo dott. Giancarlo Caselli, e dei procuratori aggiunti, dott. Vittorio Aliquo, dott. Luigi Croce, dott. Paolo Giudici e dott. Guido Lo Forte; b) intervento in data 18 febbraio 1997 dell'on. Mancuso in seno alla stessa Commissione in occasione dell'audizione del procuratore della Repubblica di Caltanissetta dott. Giovanni Tinebra e del procuratore aggiunto, dott. Francesco Paolo Giordano. a) In tale prima circostanza l'intervento dell'on. Mancuso si e' limitato ad un eccezione procedurale. Questo il resoconto prodotto, come risulta dagli alti parlamentari: (Il deputato Mancuso fa il suo ingresso nell'aula della commissione). Mancuso. E' cominciata? Devo sollevare una eccezione. Presidente: Dopo. Mancuso: No, no, la sollevo adesso. Presidente: Lo decide il Presidente quando la puo sollevare. Mancuso: No, il Presidente deve presiedere razionalmente. Presidente: Va bene. Puo' continuare dott. Caselli. Mancuso: Se non accetta la mia eccezione io vado fuori. Presidente: lei deve avere pazienza onorevole Mancuso. (Il deputato Mancuso abbandona l'Aula)». Si osserva che nell'attivita' descritta non si ravvisa alcuna manifestazione di prerogative parlamentari cui, anche implicitamente, possano ritenersi collegate funzionalmente le espressioni di cui all'imputazione. b) In questa seconda occasione, l'on. Mancuso rivolge al procuratore Tinebra alcune domande: «Mancuso. Al signor procuratore e al suo collega rivolgo un complimento sentito per essere venuto qui non con aria di padreternismo intimidatorio ed ideologico ma parlando e proponendo con la sensibilita' e la razionalita' dell'uomo di legge e del magistrato. Detto questo, faro' quattro brevi domande. La Procura di Caltanissetta e' titolare del potere di competenza prorogata ai sensi dell'art. 11 del. codice di procedura penale rispetto al comportamenti del magistrati del distretto di Palermo. Le chiedo di volermi rispondere, ove non ostino ragioni di riserbo processuale, se vi siano casi processuali nei confronti, appunto, di magistrati del distretto di Palermo, sia giudicanti sia requirenti e, se le e' possibile precisarlo, a quale titolo di reato e nel confronti di quali persone. In secondo luogo, le chiedo di indicarci le implicazioni eventualmente criminogene o criminali del neosistema bancario siciliano nei suoi riflessi coi collegamenti nazionali e interni azionali. Terza domanda: il «Giornale di Sicilia» del 30 gennaio 1997, con riferimento alla notizia dell'attentato, sventato o comunque acclarato, nel confronti del Procuratore della Repubblica di Palermo, che sarebbe stato progettato nel 1995, riporta, o meglio le attribuisce, procuratore Tinebra, questa dichiarazione: «Io ho saputo di questo progetto dai giornali, il che vuol dire che al mio ufficio non era arrivata nessuna notizia... ». Notizia che, peraltro, era gia' nota, da questo periodo sembrerebbe che era gia' stata diffusa altrimenti. Nell'ambito di questo stesso piccolo problema le chiedo se e' stato instaurato finalmente a Caltanissetta il procedimento penale di competenza prorogata e quali provvedimenti, eventualmente, siano stati adottati nei confronti di colui cui si attribuisce la veste di concorrente in quell'attentato; si tratterebbe di un dipendente dell'amministrazione giudiziaria ancora in servizio, malgrado questa posizione di concorrente nell'attentato. Quarta e ultima domanda Sul «Corriere della Sera» del 14 ottobre 1996 il professor Coppi, impegnato in un processo a Palermo, riferisce - e non ho raccolto smentita a questa indicazione - quanto segue: «A un certo punto entra Salvatore Cancemi. E Caselli e Lo Forte saltano in piedi: «Come sta? Ha viaggiato bene? Ha bisogno di niente?» Quello aveva gia' confessato Capaci». Questa dichiarazione del professor Coppi le e' nota? E se le e' stata fatta nota o lei l'abbia rilevata, quali implicazioni il suo ufficio puo' aver tratto o potra' trarre da questo tipo di comportamento, se e' vero ed accettabile, nei confronti degli autori?» Esclusa la rilevanza ai fini che qui occupano delle seconda domanda, riguardante fatti che almeno in apparenza sono estranei alla attivita' della Procura di Palermo e del dott. Caselli; nonche' della prima domanda, che non contiene alcun riferimento critico nei confronti dei magistrati ne' sul loro operato, deve esaminarsi il contenuto degli altri due quesiti. In ordine al terzo, si osserva che lo stesso si riferisce a notizie di stampa diffuse nel 1997 relative ad un presunto attentato progettato nei confronti del Procuratore di Palermo nel 1995 nel quale sarebbe stato coinvolto un dipendente dell'amministrazione pubblica. Nel richiedere informazioni circa le iniziative eventualmente seguite a tali notizie, l'on. Mancuso non esprime alcun giudizio circa l'operato del dott. Caselli e della Procura della Repubblica di Palermo, ne' vi sono elementi da cui si possa inferire che dietro tale domanda si celassero implicite critiche verso qualsivoglia magistrato. Invece, con la quarta domanda rivolta al dottor Tinebra, narrando l'intervista dell'avv. Coppi, all'epoca difensore del senatore Andreotti nel processo che vedeva quest'ultimo imputato innanzi al Tribunale di Palermo, ed appuntando la sua attenzione sullo stupore dell'avv. Coppi medesimo al momento in cui i due magistrati Caselli e Lo Forte erano balzati in piedi all'arrivo di Cancemi, accogliendolo cordialmente («come sta?» «ha viaggiato bene» ha bisogno di niente?» stupore motivato dallo stesso avv. Coppi con la circostanza che si trattava di un soggetto gin indagato per gravissimi fatti di sangue («quello aveva gia' confessato Capaci»), l'on. Mancuso pone all'attenzione del procuratore e delle persone presenti in commissione un fatto che, oggettivamente valutato, appare contenere in se' un apprezzamento di disvalore nei confronti del contegno dei due magistrati. La connotazione critica che assume il racconto sull'intervista dell'avv. Coppi e' testimoniata dal quesito rivolto al procuratore circa le eventuali, consequenziali implicazioni che l'episodio, evidentemente come possibile «notitia criminis», aveva avuto per l'ufficio della Procura di Caltanissetta, competente funzionalmente per fatti riguardanti magistrati del distretto di Palermo. Si tratta di stabilire se nel contenuto di tale domanda, rivolta agli interlocutori dall'on. Mancuso nella sua veste di membro della commissione e quindi nel pieno esercizio delle sue funzioni parlamentari, sia ravvisabile o meno l'atto parlamentare tipico cui le espressioni contestate come diffamatorie di cui all'imputazione debbano ritenersi avvinte da un nesso funzionale idoneo a giustificare un giudizio di insindacabiita' di queste ultime ex art. 68 comma 1 Cost. A parere di questo giudice, a tale quesito deve darsi risposta negativa. Invero, la riproduzione all'estemo delle camere delle dichiarazioni gia' espresse in un atto parlamentare e' insindacabile soltanto ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche» (Cfr. sentenze art. 11/2000 e 58/2000 Corte cost.). Nella specie, puo ritenersi che entrambe le affermazioni, quella in sede parlamentare e quella oggetto dell'intervista a radio radicale del 31 luglio 1997, riguardino il tema dei rapporti tra magistrati inquirenti e soggetti «collaboratori di giustizia». Tale comunanza di tema, tuttavia, non puo far ritenere un rapporto di sostanziale corrispondenza tra le due affermazioni, in quanto nella prima, quella espressa in sede parlamentare, la critica rivolta ai magistrati, legata ad un episodio specifico, e' quella implicita di non mantenere il necessario distacco nei confronti di soggetti comunque implicati in gravi fatti criminali, addebito questo che puo' avere una rilevanza sul piano deontologico ma che, in difetto di prove su fatti e condotte ulteriori, non assurge al livello di accusa di reato. Nella seconda invece, la critica e' generalizzante ed e' costituita da un addebito rivolto ai magistrati di essere dei veri e propri criminali vestiti da giudici, nei quali si utilizza una domanda, per rispondere ad un altra domanda, il cui contenuto non puo' che essere letto come un giudizio di equivalenza tra un soggetto, il Brusca, appartenente alla mafia, ed il magistrato Caselli (Intervistatore: «Filippo Mancuso, deputato di Forza Italia, gia' Ministro della giustizia, vice presidente della Commissione Antimafia. - Onorevole Mancuso, destano inevitabile clamore le dichiarazioni dei cosiddetti dichiaranti ... fratelli Brusca nel processo Andreotti, in qualche misura in questo procedimento penale si sta riscrivendo, un po', la storia d'Italia. Ieri vi e' stato anche un singolare episodio, dinanzi all'avv. Coppi (?), difensore di Andreotti, che chiedeva a Brusca di dire quali magistrati, a sua conoscenza, erano collusi o in contatto con la criminalita' organizzata, vi e' stata l'opposizione dei pubblici ministeri presenti in aula, ma anche un intervento del tutto inusuale, telefonico, del Procuratore Caselli. Nonostante cio', il Presidente ha chiesto a Brusca, ugualmente, di fare i nomi. Ecco, su queste due ... su questi due aspetti, che sono di livello molto diverso, le vorrei chiedere una valutazione». Mancuso: «Io le daro una risposta unica, con la sola premessa che il Presidente di quel collegio, che a me pare un uomo assolutamente inadeguato agli enormi compiti che sta svolgendo, ha fatto, in quel caso, bene. Ma le rivolgo, come risposta, una domanda - Ma lei, tra Brusca e Caselli ... tra i Brusca e Caselli vede vere differenze?»: cfr. trascrizione dell'intervista effettuata sulla audiocassetta in atti da parte della Questura di Torino, in atti). Alla luce delle esposte considerazioni, ritiene il giudicante che la Camera dei deputati abbia ilegittimamente esercitato i suoi poteri, avendo erroneamente valutato il presupposto del collegamento tra le opinioni espresse dall'on. Mancuso nell'intervista a Radio Radicale del 31 luglio 1997 e l'esercizio della funzione parlamentare. Unico strumento riservato dall'ordinamento in tale ipotesi a tutela della funzione giurisdizionale costituzionalmente garantita e' l'elevazione del conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale nei confronti della delibera adottata dalla Camera dei deputati.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Solleva conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, chiedendo che la Corte costituzionale: dichiari che non spettava alla Camera dei deputati affermare che i fatti di cui all'imputazione sopra riportata concernono opinioni espresse dall'on. Filippo Mancuso nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, comma 1 Cost.; annulli la relativa delibera adottata dalla Camera dei deputati in data 6 marzo 2001. Sospende il processo in corso. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale Roma, addi' 7 novembre 2001 Il giudice dell'udienza preliminare: dott. Marco Mancinetti 03C0695