N. 275 SENTENZA 8 - 24 luglio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Termini  normativi  della  questione  -  Errore  materiale  contenuto
  nell'ordinanza   di   rimessione   -   Evidenza   -   Eccezione  di
  inammissibilita' - Rigetto.
Ordinanza di rimessione - Formulazione in termini ambigui e perplessi
  - Insussistenza - Eccezione di inammissibilita' - Rigetto.
Petitum  -  Richiesta  di  pronuncia  di  tipo additivo - Carenza dei
  presupposti    necessari    -    Insussistenza   -   Eccezione   di
  inammissibilita' - Infondatezza.
Oggetto   della   questione   -  Interpretazione  della  disposizione
  denunciata  adottata dal rimettente - Inammissibilita' per eccepito
  difetto di motivazione - Insussistenza.
Rilevanza  della  questione - Influenza di un'eventuale dichiarazione
  di incostituzionalita' sull'esito del giudizio a quo - Sussistenza.
Farmacia - Farmacie comunali - Gestione societaria - Incompatibilita'
  della  partecipazione  a  societa'  di gestione con qualsiasi altra
  attivita'    nel    settore    della   produzione,   distribuzione,
  intermediazione  e  informazione  scientifica del farmaco - Mancata
  previsione  -  Irragionevole  disparita' di trattamento rispetto ai
  farmacisti  titolari  o  gestori di farmacie private, incidente sul
  diritto alla salute - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Legge 8 novembre 1991, n. 362, art. 8, comma 1, lett. a).
- Costituzione, artt. 3 e 32.
(GU n.30 del 30-7-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Franco  BILE, Giovanni Maria FLICK, Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 8, comma 1,
lett.  a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del
settore  farmaceutico),  in  relazione  all'art. 9 della stessa legge
[recte:  della  legge  2 aprile  1968,  n. 475  (Norme concernenti il
servizio  farmaceutico)],  promosso  con ordinanza del 26 luglio 2002
dal  Tribunale  amministrativo  regionale della Lombardia sul ricorso
proposto  da Federfarma ed altri contro il comune di Milano, iscritta
al  n. 461  del  registro  ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  costituzione della Federfarma ed altri, del
Comune  di  Milano  e  della  Gehe  Italia  S.p.a., nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  febbraio  2003 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi  gli avvocati Lorenzo Acquarone, Agostino Gambino e Massimo
Luciani  per  la  Federfarma  ed  altri,  Luca Radicati di Brozolo ed
Elisabetta  D'Auria  per  il  comune  di  Milano, Nicola Alessandri e
Costantino  Tessarolo  per  la Gehe Italia S.p.a., nonche' l'Avvocato
dello  Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo regionale della Lombardia, con
ordinanza depositata il 26 luglio 2002, ha sollevato, con riferimento
agli  artt. 3  e  32  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre
1991,  n. 362  (Norme  di  riordino  del  settore  farmaceutico),  in
relazione   all'art. 9  della  medesima  legge  [recte:  della  legge
2 aprile  1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico)],
nella  parte in cui non estende alle societa' che prendono parte alla
gestione   delle   farmacie  comunali  il  divieto,  previsto  per  i
farmacisti  privati,  di  partecipare  all'attivita'  di  produzione,
distribuzione,   intermediazione   e   informazione  scientifica  del
farmaco.
    2. - Il  remittente  espone,  in fatto, che alcune organizzazioni
rappresentative  di  farmacisti  e  consumatori,  e altri ricorrenti,
hanno  impugnato  gli atti della sequenza procedimentale con la quale
il  Comune  di  Milano:  1)  ha  trasformato l'azienda municipale che
gestiva  le farmacie di proprieta' comunale prima in azienda speciale
e  poi  in  societa'  per  azioni;  2)  ha  approvato  lo statuto, il
contratto  di  servizio  e  il  piano  di  fattibilita'  dell'azienda
speciale  e  della societa' per azioni; 3) ha fissato le modalita' di
cessione  del  pacchetto  azionario  della societa' per azioni; 4) ha
approvato  il  bando  di  gara per la cessione dell'80% del pacchetto
azionario  della  predetta  societa';  5) ha  ceduto alla Gehe Italia
S.p.a.,   societa'  operante  nel  settore  della  distribuzione  del
farmaco, la suddetta quota del pacchetto azionario.
    In  particolare,  il  giudice  a quo rappresenta che i ricorrenti
hanno  contestato la partecipazione alla predetta gara delle societa'
distributrici  di  farmaci, eccependo l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 8, comma 1, della legge n. 362 del 1991.
    3. - In  diritto,  il  remittente,  ritenuta  la  rilevanza della
questione,   afferma  potersi  desumere  dalla  norma  denunciata  un
principio   fondamentale   che   vieta   il  contemporaneo  esercizio
dell'attivita' di gestione della farmacia privata e dell'attivita' di
produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica
del farmaco.
    Analogo  divieto non sussisterebbe, secondo il giudice a quo, per
le societa' che prendono parte alla gestione delle farmacie comunali,
le quali potrebbero, pertanto, contemporaneamente operare nel settore
della produzione e della commercializzazione del farmaco.
    Poiche',  tuttavia,  il  divieto sancito dalla norma censurata e'
posto,  ad  avviso  del  remittente, a tutela dell'interesse generale
alla  salute,  in  quanto  diretto  ad evitare la commistione tra gli
interessi  correlati  alla produzione ed alla commercializzazione del
farmaco   e   quelli   relativi  alla  gestione  delle  farmacie,  la
limitazione di esso alle sole farmacie private sarebbe irragionevole,
onde  il  giudice  a  quo  ne  invoca  l'estensione alle societa' che
partecipano alla gestione delle farmacie comunali.
    4. - Con unica memoria dell'11 novembre 2002, si sono costituite,
quali  parti  ricorrenti nel giudizio a quo, la Federfarma nazionale,
la   Federfarma  Lombardia,  l'Associazione  chimica  e  farmaceutica
lombarda  fra  titolari  di farmacie, l'Unione nazionale consumatori,
una farmacista libera professionista e una cittadina milanese.
    Nella  memoria,  le  parti  costituite osservano, in primo luogo,
richiamando  una  sentenza  del  Tribunale  amministrativo  regionale
Lombardia,  che  la  norma  censurata  e' diretta ad impedire, in via
generale,  il  conflitto di interessi derivante dalla sovrapposizione
dell'attivita'    di    distribuzione    del   farmaco   all'ingrosso
all'attivita'  di  gestione  della farmacia. Essa detta, pertanto, un
principio  di  incompatibilita'  cui  non  puo'  sfuggire, per i suoi
rilevanti    e   prevalenti   aspetti   pubblicistici,   neppure   la
privatizzazione del servizio delle farmacie comunali.
    Ne  consegue  che la norma denunciata, ove interpretata nel senso
anzidetto, dovrebbe ritenersi legittima.
    Viceversa,  qualora  dovesse  condividersi  l'interpretazione del
giudice remittente, nel senso che la disposizione censurata non vieta
la partecipazione alla gestione delle farmacie comunali alle societa'
di  grande  distribuzione  del farmaco, essa sarebbe in contrasto, in
primo   luogo,   con   l'art. 3   della   Costituzione,   in   quanto
irragionevolmente  consentirebbe  di far gestire le predette farmacie
da  soggetti  cui  e'  precluso  l'esercizio  delle farmacie private,
nonostante  la  ratio  dell'incompatibilita'  prevista in ordine alle
farmacie private sia quella di impedire il conflitto di interessi.
    Essa violerebbe, inoltre, l'art. 32 della Costituzione, in quanto
il   conflitto   di   interessi   tra   attivita'   di  produzione  e
commercializzazione  del  farmaco  e  di  gestione  delle farmacie si
risolverebbe in una minor tutela del bene salute.
    5. - Con  memoria del novembre 2002 si e' costituito il comune di
Milano     che    ha    chiesto    dichiararsi    l'improcedibilita',
l'inammissibilita'   o   comunque   l'infondatezza   della  sollevata
questione, con riserva di integrare e sviluppare la propria difesa in
sede di memoria illustrativa.
    6. - Con  memoria  del novembre 2002 si e' altresi' costituita la
Gehe  Italia  S.p.a.  la  quale,  in  via  preliminare,  ha  eccepito
l'inammissibilita'  della  questione per carenza di motivazione e per
irrilevanza.  Nel  merito,  la  predetta  societa' ha concluso per la
manifesta infondatezza.
    In  particolare,  ha  osservato,  quanto alla asserita violazione
dell'art. 3  Cost.,  che  il  divieto  posto  dalla  norma denunciata
riguarda  esclusivamente  i  farmacisti che siano soci di societa' di
persone  e  che,  pertanto, non sussisterebbe alcuna incompatibilita'
fra  la titolarita' individuale di una farmacia privata e l'attivita'
di distribuzione del farmaco.
    La  disposizione  denunciata,  secondo  la  predetta societa', si
limita  a  prevedere  una  deroga  alla titolarita' individuale delle
farmacie  private, consentendo la creazione di societa' di persone di
cui  possono  far parte solo soci farmacisti e il cui oggetto sociale
riguardi esclusivamente l'attivita' di gestione della farmacia.
    In  ordine  alla asserita lesione dell'art. 32 Cost., la societa'
costituita  ha  osservato  che  la  censura  si  risolverebbe  in una
apodittica e indimostrata petizione di principio.
    7. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
deducendo,   preliminarmente,   l'inammissibilita'   della  sollevata
questione   per   difetto  o  perplessita'  della  motivazione  sulla
rilevanza e, nel merito, l'infondatezza della stessa in ragione della
non assimilabilita' delle situazioni poste a confronto.
    8. - In  prossimita'  della pubblica udienza le parti interessate
hanno  provveduto  a  depositare  memorie  scritte con le quali hanno
dedotto in ordine agli argomenti esposti negli atti di costituzione e
di intervento.
    In particolare, la Federfarma e gli altri ricorrenti nel giudizio
a  quo  hanno  evidenziato  come  le farmacie comunali debbano essere
soggette  alla  stessa  disciplina  dettata  per le farmacie private,
stante l'identita' dell'attivita' svolta.
    Il  Comune  di  Milano  ha  insistito  per  l'inammissibilita' ed
irrilevanza  della  questione  e,  nel merito, ha evidenziato come il
divieto  posto  dalla  norma  denunciata  non  possa  estendersi alle
farmacie  comunali in ragione della diversita' obiettiva delle stesse
rispetto a quelle private.
    La   Gehe   Italia   S.p.a.,  a  sua  volta,  ha  osservato  come
l'incompatibilita'  posta  dalla  norma  denunciata  riguardi solo un
ristretto  novero  di farmacisti (soci di societa' in nome collettivo
titolari  di farmacia privata) e come, essendo la somministrazione di
farmaci   normalmente  conseguente  a  prescrizioni  mediche,  nessun
concreto  pericolo  per  la  salute  pubblica  possa  derivare  dalla
circostanza  che  societa'  di distribuzione all'ingrosso di prodotti
farmaceutici  si  occupino  della  gestione  delle farmacie comunali,
peraltro  costituenti  in Italia solo una minima parte delle farmacie
aperte al pubblico.
    L'Avvocatura    generale    dello    Stato   ha   insistito   per
l'inammissibilita'  della questione, evidenziando come l'ordinanza di
remissione  non  contenga  alcuna  spiegazione  dei  motivi che hanno
indotto  il remittente a ritenere la norma denunciata non applicabile
in via interpretativa anche alle farmacie comunali.

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della Lombardia ha
sollevato,  con  riferimento  agli  artt. 3  e 32 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett.
a),  della  legge  8 novembre  1991,  n. 362  (Norme  di riordino del
settore  farmaceutico),  in relazione all'art. 9 della medesima legge
[recte:  della  legge  2 aprile  1968,  n. 475  (Norme concernenti il
servizio farmaceutico)].
    2. - Ad  avviso  del  remittente, la norma denunciata, al fine di
evitare  un conflitto di interessi, vieta a chi ha la gestione di una
farmacia  privata  qualsiasi  attivita' nel settore della produzione,
distribuzione,   intermediazione   e   informazione  scientifica  del
farmaco, mentre non prevede analogo divieto per le farmacie comunali,
alla  cui  gestione  possono  partecipare anche societa' operanti nel
settore  della  produzione  e  commercializzazione  del  farmaco.  Il
giudice  a quo assume il contrasto della disposizione censurata con i
parametri  invocati,  in  quanto  del  tutto irragionevole sarebbe la
mancata   estensione   del   suddetto   divieto,   posto   a   tutela
dell'interesse  generale  alla  salute,  alla gestione delle farmacie
comunali.
    3. - In   via   preliminare,  vanno  esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita' sollevate da alcune delle parti in causa.
    3.1.  -  Va  in  primo  luogo  disattesa  l'eccezione,  sollevata
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   circa  l'oscurita'  del
dispositivo   dell'ordinanza   di   remissione,  che,  nel  censurare
l'art. 8,  comma 1,  lettera  a),  della  legge  n. 362  del 1991, «a
sproposito»  fa riferimento all'art. 9 della legge n. 362 del 1991. A
ben   vedere,  infatti,  e'  proprio  la  palese  inconferenza  della
disposizione da ultimo citata a rendere evidente che il remittente e'
caduto   in   un  mero  errore  materiale,  in  quanto  dal  contesto
complessivo dell'ordinanza si evince chiaramente che il giudice a quo
intendeva fare riferimento all'art. 9 della legge n. 475 del 1968.
    D'altra   parte,   e'   da   sottolineare  che  l'indicazione  di
quest'ultimo  articolo  non  appare  affatto necessaria ai fini della
prospettazione  della  questione di legittimita' costituzionale, che,
nella  sostanza,  si  incentra esclusivamente sull'art. 8 della legge
362 del 1991.
    3.2. - Da respingere e' altresi' l'eccezione, anch'essa sollevata
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  oltre che dalla Gehe Italia
S.p.a.,  secondo  la  quale  il  remittente  avrebbe  prospettato  la
questione in termini ambigui e perplessi.
    Infatti,  il  giudice  a  quo,  mira  ad  ottenere, attraverso la
dichiarazione   di   incostituzionalita'   della   norma   censurata,
l'estensione  alle  societa'  che  prendono parte alla gestione delle
farmacie  comunali  del  divieto previsto per i farmacisti privati di
partecipare     all'attivita'     di    produzione,    distribuzione,
intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
    3.3.   -  Sono  da  disattendere  anche  le  ulteriori  eccezioni
sollevate  dall'Avvocatura  generale  dello Stato e dalla Gehe Italia
S.p.a.,  circa  la  insussistenza  dei  presupposti per una pronuncia
della Corte di tipo additivo.
    La Corte, infatti, ben puo' estendere l'ambito di applicazione di
una  norma quando, in relazione al valore costituzionale tutelato, lo
esiga, secondo il criterio della ragionevolezza, la ratio della norma
stessa.
    3.4.  - Del pari sono infondate le eccezioni, anch'esse formulate
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  e  dalla Gehe Italia S.p.a.,
secondo  cui  il  remittente  si  sarebbe  immotivatamente discostato
nell'interpretazione  della  disposizione  denunciata dai discordanti
precedenti  del  Tribunale amministrativo regionale della Lombardia e
del Consiglio di Stato.
    E'  evidente,  infatti,  che il remittente non e' necessariamente
tenuto  ad  esplicitare  le  ragioni  per  le quali abbia ritenuto di
discostarsi   da  isolati  precedenti  giurisprudenziali  riguardanti
fattispecie analoghe.
    3.5.  -  Va infine disattesa la eccezione sollevata dal Comune di
Milano  secondo  la  quale  la  questione  sarebbe  inammissibile per
irrilevanza.
    Infatti  e'  fuor  di  dubbio  che  l'eventuale  dichiarazione di
incostituzionalita'  della norma in questione determinerebbe riflessi
diretti  sui  requisiti soggettivi dei partecipanti alla gara indetta
dal  Comune  di  Milano,  influendo, per questa via, sull'esito della
stessa.
    4. - Nel merito la questione e' fondata.
    Al  riguardo appare opportuno accennare preliminarmente al quadro
normativo    di    riferimento   ed   al   correlato   regime   delle
incompatibilita'.
    Nell'attuale  sistema normativo, il servizio farmaceutico risulta
fondamentalmente  assicurato  mediante  la  gestione  delle  farmacie
private e comunali.
    La  legge prevede che ogni comune debba avere una pianta organica
delle  farmacie,  nella  quale  deve  essere  indicato  il numero, le
singole  sedi  farmaceutiche  e  la  zona di ciascuna di esse (art. 2
della legge n. 475 del 1968).
    Sulla  base della pianta organica si realizza l'affidamento delle
farmacie  ai  privati  cittadini  iscritti all'albo professionale dei
farmacisti  (art. 4 della legge n. 362 del 1991) o ai comuni (art. 9,
primo comma, della legge n. 475 del 1968).
    In  particolare, l'art. 9 della legge n. 475 del 1968 prevede che
la  titolarita'  delle farmacie che si rendano vacanti e di quelle di
nuova  istituzione  a  seguito  della revisione della pianta organica
puo' essere assunta per meta' dal Comune.
    5. - Per  quanto riguarda le modalita' di gestione delle farmacie
private,  l'art. 7  della  legge  n. 362  del  1991  prevede  che  la
titolarita'  dell'esercizio  della  farmacia  privata sia riservata a
persone  fisiche  o  a  societa'  di  persone,  nonche' alle societa'
cooperative   a   responsabilita'  limitata  che  gestivano  farmacie
anteriormente alla data di entrata in vigore della legge. Nel caso di
gestione  societaria,  il medesimo art. 7 stabilisce che la direzione
della farmacia sia affidata ad uno dei soci che ne e' responsabile.
    6. - Quanto  alle  modalita' di gestione delle farmacie comunali,
la normativa ha avuto nel corso del tempo una serie di modificazioni.
In  origine si e' fatto ricorso allo strumento delle aziende speciali
e  delle  gestioni  in  economia  (come prevedeva il r.d. n. 2578 del
1925) ed in un secondo momento e' stato introdotto lo strumento delle
societa' di capitali a prevalente capitale pubblico (legge n. 142 del
1990).   Al   riguardo,  il  legislatore,  dapprima  ha  previsto  la
possibilita'  di  costituire  societa'  per azioni tra il comune ed i
farmacisti  che  prestassero  servizio  presso  la farmacia di cui il
comune avesse acquisito la titolarita' (art. 9 della legge n. 475 del
1968,  come  modificato  dall'art. 10  della legge n. 362 del 1991) e
successivamente,  come  sottolineato  dal  remittente, ha previsto la
costituzione  di  societa'  per  azioni anche con prevalente capitale
privato  e  senza  predeterminazione  legale  dei  soci (art. 116 del
decreto legislativo n. 267 del 2000).
    7. - Quanto  al regime delle incompatibilita' per l'attivita' del
singolo  farmacista privato, deve anzitutto rilevarsi che queste sono
state  poste  dal  legislatore  al  fine di salvaguardare l'interesse
pubblico  al  corretto  svolgimento  del  servizio farmaceutico ed in
ultima analisi alla salvaguardia del bene salute.
    Si  tratta  di  norme  che riguardano i settori della produzione,
distribuzione ed intermediazione dei farmaci.
    Carattere  di  divieto  generale  ha l'art. 102 del regio decreto
27 luglio  1934,  n. 1265  (Approvazione  del testo unico delle leggi
sanitarie),  secondo  il  quale  «L'esercizio della farmacia non puo'
essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie».
    Si riferisce invece piu' propriamente al settore della produzione
l'art. 144  del  medesimo  testo  unico,  nel  quale si legge che «e'
vietato il cumulo della direzione di una farmacia con la direzione di
una  officina,  a  meno  che  non  si  tratti  di  una  officina gia'
autorizzata  di  proprieta' del farmacista e in diretta comunicazione
con la farmacia».
    Riguarda  poi il settore della distribuzione un'altra norma dello
stesso  testo unico, quella di cui all'art. 171, secondo il quale «il
farmacista  che  riceva  per  se' o per altri danaro o altra utilita'
ovvero  ne  accetti  la promessa allo scopo di agevolare in qualsiasi
modo  la  diffusione  di  specialita' medicinali ... a danno di altri
prodotti  dei  quali  abbia  pure  accettato la vendita e' punito con
l'arresto   fino   ad   un  anno  e  con  l'ammenda  da  Euro  206,58
aEuro 516,46».
    Ed  occorre  in proposito ricordare che per il singolo farmacista
dipendente  delle  farmacie  comunali,  l'art. 372  del  citato  r.d.
n. 1265 del 1934 prevede che ai farmacisti addetti a tali farmacie si
applica  quanto  previsto  per i sanitari condotti dal predetto testo
unico  delle  leggi  sanitarie,  il  quale,  all'art. 78,  stabilisce
l'incompatibilita'   dell'ufficio   di   sanitario  condotto  con  la
professione di commerciante.
    Concerne  infine  il settore dell'intermediazione l'art. 13 della
legge  n. 475 del 1968, secondo il quale «il titolare di una farmacia
ed  il  direttore  responsabile  ...  non  possono  ... esercitare la
professione di propagandista di prodotti medicinali».
    8. - Illuminante,  nel  descritto  quadro  normativo,  appare  il
divieto  di cui al citato art. 8 della legge n. 362 del 1991, secondo
il  quale  la  partecipazione  a  societa'  di  persone ed a societa'
cooperative   a   responsabilita'   limitata,   che   siano  titolari
dell'esercizio   di  una  farmacia  privata,  e'  incompatibile  «con
qualsiasi  altra  attivita'  esplicata  nel settore della produzione,
distribuzione,   intermediazione   e   informazione  scientifica  del
farmaco».  La  formulazione usata, come e' agevole osservare, risulta
indicativa  e  comprensiva  delle varie incompatibilita' che sopra si
sono enumerate e che riguardano i singoli farmacisti.
    Di  qui scaturisce chiara la ratio della norma: quella di rendere
applicabile  anche  nei  confronti  dei partecipanti alle societa' di
persone  o  alle  societa'  cooperative a responsabilita' limitata le
incompatibilita' previste per i farmacisti persone fisiche titolari o
gestori  di  farmacie,  incompatibilita'  che, come si e' visto, sono
disseminate in numerose disposizioni di legge.
    In  questa  prospettiva,  come si nota, l'utilizzo di una formula
onnicomprensiva per le incompatibilita' in questione, conferisce alla
norma  il  valore  di  un  principio  generale  applicabile a tutti i
soggetti  che, in forma singola o associata, siano titolari o gestori
di farmacie.
    9. - E  deve  pertanto riconoscersi che la mancata previsione per
le  farmacie  comunali di un tale tipo di incompatibilita' appare del
tutto  irragionevole,  specie  ove  si  consideri  che  il divieto in
questione  e'  stato posto dal legislatore proprio al fine di evitare
eventuali   conflitti   di   interesse,   che  possano  ripercuotersi
negativamente  sullo svolgimento del servizio farmaceutico e, quindi,
sul diritto alla salute.
    Per    tali   ragioni,   la   norma   censurata   va   dichiarata
costituzionalmente  illegittima nella parte in cui non prevede che la
partecipazione  a  societa'  di  gestione  di  farmacie  comunali  e'
incompatibile   con  qualsiasi  altra  attivita'  nel  settore  della
produzione,    distribuzione,    intermediazione    ed   informazione
scientifica del farmaco.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 1,
lettera  a),  della  legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino
del  settore  farmaceutico),  nella  parte  in cui non prevede che la
partecipazione  a  societa'  di  gestione  di  farmacie  comunali  e'
incompatibile   con  qualsiasi  altra  attivita'  nel  settore  della
produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica
del farmaco.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: Maddalena
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C0872