N. 277 ORDINANZA 8 - 24 luglio 2003

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di
  un  parlamentare  per  il  reato  di  diffamazione a mezzo stampa -
  Deliberazione  di  insindacabilita'  della Camera di appartenenza -
  Ricorso della Corte d'appello di Roma per conflitto di attribuzione
  tra poteri dello Stato - Riproposizione del conflitto gia' ritenuto
  inammissibile - Inammissibilita'.
- Deliberazione della Camera dei deputati 23 marzo 1999.
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37.
(GU n.30 del 30-7-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  ammissibilita' di conflitto di attribuzione tra i
poteri  dello  Stato  sorto a seguito della delibera della Camera dei
deputati  del  23 marzo  1999  relativa  alla  insindacabilita' delle
opinioni  espresse  dall'on.  Vittorio Sgarbi nei confronti del dott.
Giancarlo  Caselli,  promosso  dalla Corte d'appello di Roma, sezione
quarta penale, con ricorso depositato il 27 marzo 2002 ed iscritto al
n. 215 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 15 gennaio 2003 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto che con «ordinanza» depositata il 27 marzo 2002 la Corte
d'appello  di  Roma,  nel corso del procedimento penale nei confronti
del  deputato  Vittorio  Sgarbi  per il reato di diffamazione a mezzo
stampa,  per  aver  offeso  nel  corso  di  un  dibattito pubblico la
reputazione  di un magistrato, Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale  di  Palermo  (affermando  che  «solo  la mente perversa di
alcuni   magistrati   puo'  permettere  di  attribuire  a  Berlusconi
l'associazione  mafiosa. Loro che arrivano dal Piemonte per inquinare
la   Sicilia»),   con   dichiarazioni  pubblicate  il  27 marzo  1996
dall'agenzia  di  stampa  AGI  e  dall'agenzia  di  stampa  ANSA,  ha
nuovamente sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato
nei  confronti della Camera dei deputati avverso la deliberazione del
23 marzo  1999 con la quale l'Assemblea, approvando la proposta della
Giunta  per  le  autorizzazioni  a procedere, ha dichiarato, ai sensi
dell'art. 68,  primo  comma, della Costituzione, che i fatti ascritti
al parlamentare concernono opinioni da questo espresse nell'esercizio
delle sue funzioni;
        che  la Corte d'appello ricorrente espone di essere investita
del  giudizio  a  seguito di rinvio della Corte di cassazione, che ha
annullato  la  sentenza di secondo grado di non luogo a procedere nei
confronti  dell'imputato «trattandosi dello stesso fatto [vale a dire
della  medesima  dichiarazione  resa  nel corso del dibattito] per il
quale  sono gia' stati iniziati in Milano e in Roma piu' procedimenti
penali»   [relativi   a   talune   delle   pubblicazioni   di  quelle
dichiarazioni,  effettuate  da  diversi organi di stampa - le agenzie
ANSA  e  AGI ed i quotidiani La Stampa, la Repubblica, il Messaggero,
il Corriere della Sera -, si legge nella delibera della Camera];
        che   sempre  secondo  la  Corte  ricorrente  il  giudice  di
legittimita' ha invece ritenuto che «il reato di diffamazione a mezzo
stampa si consuma con la pubblicazione e non con la dichiarazione che
la  precede»,  e che «la condotta penalmente rilevante viene posta in
essere   quanti   sono   i  mezzi  di  diffusione  (giornali,  radio,
televisioni) che riportano il fatto diffamatorio»;
        che  la  ricorrente premette ancora che nello stesso giudizio
in  sede  di  rinvio  il  conflitto  di  attribuzioni sollevato dalla
medesima    Corte   d'appello   avverso   la   stessa   delibera   di
insindacabilita'  delle dichiarazioni in esame e' stato dichiarato da
questa  Corte inammissibile con la sentenza n. 363 del 2001, sotto il
profilo  del  difetto  nell'atto  introduttivo della richiesta di una
declaratoria   di   non   spettanza   alla   Camera   del  potere  in
contestazione,  e  di  conseguente  annullamento  della deliberazione
impugnata,  ed  insieme  della lacunosa indicazione delle ragioni del
conflitto;
        che   ad   avviso   della  Corte  d'appello  la  delibera  di
insindacabilita'  della Camera dei deputati del 23 marzo 1999 avrebbe
varcato  il limite di demarcazione costituzionalmente previsto fra la
sfera   di   attribuzioni  spettanti  alla  stessa  Camera  e  quella
riconosciuta    all'Autorita'   giurisdizionale,   determinando   una
menomazione  di  quest'ultima,  in  conseguenza  dell'esercizio di un
potere  illegittimo  per  erronea  valutazione  dei presupposti; cio'
indurrebbe «a ritenere legittimo sollevare conflitto fra poteri dello
Stato, al fine dell'annullamento della delibera della Camera»;
        che secondo la ricorrente l'opinione manifestata dal deputato
Sgarbi  nel dibattito non sarebbe stata espressa nell'esercizio delle
funzioni  parlamentari, non si giustificherebbe quindi l'applicazione
del    divieto    posto    dall'art. 68    della    Costituzione   e,
conseguentemente, la decisione adottata dalla Camera.
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a delibare se il ricorso sia ammissibile;
        che,  in  via  preliminare,  occorre  osservare  che la Corte
d'appello  di  Roma,  in  riferimento  alla delibera della Camera dei
deputati  del  23 marzo  1999, ripropone il conflitto di attribuzione
che  questa  Corte  ha,  una  prima  volta, dichiarato inammissibile,
ritenendo  «del tutto prioritario il rilievo» del mancato adempimento
da  parte  del  ricorrente  dell'onere  «di  precisare  nell'atto  di
promovimento  del conflitto, l'oggetto della pretesa che intende fare
valere» (sentenza n. 363 del 2001);
        che  acquista  rilevanza  decisiva che il conflitto contro la
stessa   delibera   della   Camera   viene  riproposto  nel  medesimo
procedimento  giurisdizionale  dallo  stesso  giudice  per la seconda
volta,  cosicche'  si  pone  in essere una situazione processuale che
appare  in  oggettivo  contrasto con quanto stabilito da questa Corte
nella  sentenza  n. 116  del  2003,  secondo  cui  le  finalita' e la
particolarita'  dell'oggetto del conflitto di attribuzione tra poteri
fanno  emergere,  nel  quadro  della  disciplina della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  «l'esigenza  costituzionale che il giudizio, una volta
instaurato,  sia  concluso  in  termini  certi non rimessi alle parti
confliggenti»;
        che  non  e'  quindi ammissibile mantenere indefinitamente in
sede  processuale  una  situazione  di  conflittualita'  tra  poteri,
protraendo  cosi'  ad  libitum  il  ristabilimento  della «certezza e
definitivita'  di  rapporti»,  essenziale  ai  fini  di  un  regolare
svolgimento  delle  funzioni  costituzionali  (cfr. sentenza n. 116 e
ordinanze n. 153 e n. 188 del 2003);
        che   pertanto   deve   essere   esclusa,  sulla  base  delle
argomentazioni  gia' svolte da questa Corte e che qui si ribadiscono,
la  riproponibilita'  (dopo una dichiarazione di inammissibilita) del
conflitto   in   esame  e  conseguentemente  lo  stesso  deve  essere
dichiarato inammissibile (ordinanza n. 214 del 2003).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato proposto dalla Corte d'appello di Roma, nei
confronti della Camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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