AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

DETERMINAZIONE 15 luglio 2003 

Cause  di  esclusione dalle gare d'appalto per l'esecuzione di lavori
pubblici.  Profili  interpretativi ed applicativi. (Determinazione n.
13/2003).
(GU n.196 del 25-8-2003)

                            IL CONSIGLIO
  Con le precedenti determinazioni n. 16/23, del 5 dicembre 2001 e n.
10  del  29 maggio 2002, questa Autorita', in risposta a richieste di
chiarimenti  di  alcune  stazioni  appaltanti  e  nell'intento di far
conseguire   un'applicazione   uniforme   delle   norme,  ha  fornito
indicazioni  interpretative in merito ai requisiti generali richiesti
alle  imprese  per  la  partecipazione  alle  gare  di  appalto  e di
concessione  di  lavori  pubblici  e per la stipulazione dei relativi
contratti.
  Successivamente,  sono  stati  formulati  nuovi  quesiti  e portate
all'esame     dell'Autorita'     ulteriori     questioni     relative
all'applicazione  dell'art.  75  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  21  dicembre  1999, n. 554, e successive modificazioni, e
sono,  altresi', sopravvenute sostanziali modificazioni legislative e
significative indicazioni giurisprudenziali riguardanti la disciplina
di settore.
  Si  e' ritenuto, pertanto, opportuno riesaminare la materia con una
nuova  determinazione  che,  sostituendo  le  precedenti, da un lato,
consolidi   quanto   in   precedenza  affermato  ed  ancora  attuale,
dall'altro,  fornisca  ulteriori  chiarificazioni e suggerimenti agli
operatori del settore.
                                  I
  In  base  al  disposto  di  cui all'art. 8, comma 9, della legge 11
febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, a decorrere dal 1°
gennaio   2000,   i   lavori   pubblici   possono   essere   affidati
esclusivamente  a soggetti qualificati ai sensi dei commi 2 e 3 dello
stesso  articolo e non esclusi dalle gare per inaffidabilita' morale,
finanziaria e professionale.
  Gia'  all'atto  della  qualificazione,  le  imprese, in conformita'
all'art.  17  del  decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio
2000,   n.   34,   oltre   che   requisiti   economico-finanziari   e
tecnico-organizzativi,  che qui non interessano, devono dimostrare di
possedere   requisiti  di  carattere  generale  che  attengono,  piu'
propriamente,   all'indicata   affidabilita'   morale,   economica  e
professionale  dell'esecutore. Con determinazione 12 ottobre 2000, n.
47,  l'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici stabiliva quale
dovesse  essere  la  «documentazione mediante la quale i soggetti che
intendono   qualificarsi   dimostrano   l'esistenza   dei  prescritti
requisiti d'ordine generale».
  Questi  requisiti, inerenti all'affidabilita' del contraente, oltre
a  dover  sussistere alla data di sottoscrizione del contratto per il
rilascio  dell'attestazione  di  qualificazione,  devono permanere al
momento della partecipazione alle specifiche procedure di affidamento
e  di  stipulazione  dei contratti. Ai sensi dell'art. 75 del decreto
del  Presidente  della  Repubblica  n. 554/1999, nel testo introdotto
dall'art.  2  del  decreto  del Presidente della Repubblica 30 agosto
2000,  n.  412,  vanno,  infatti,  «esclusi dalla partecipazione alle
procedure  di  affidamento  degli  appalti  e delle concessioni e non
possono stipulare i relativi contratti» le imprese che versano in una
delle situazioni di incompatibilita' ivi elencate.
  Situazioni  di incompatibilita' le quali, in caso di partecipazione
di  imprese  associate  ovvero  tra  loro consorziate o che intendano
associarsi  o  consorziarsi,  rilevano  per  tutte le imprese facenti
parte  dell'associazione o consorzio, in quanto la collaborazione tra
le  imprese,  tipica di detti fenomeni, non puo' implicare una deroga
alla  regola  della  necessaria affidabilita' morale, professionale e
tecnica  di  tutti  i  soggetti  contraenti  a  qualsiasi  titolo con
l'amministrazione.
  In  base  al  disposto  di  cui al gia' richiamato art. 8, comma 7,
della  legge  n.  109/1994,  e successive modificazioni, il potere di
esclusione  dalle gare, a decorrere dal 1° gennaio 2000, compete alle
stazioni appaltanti.
  Va  poi  richiamata,  per  completezza  di  analisi,  la disciplina
relativa  al  «Casellario informatico delle imprese qualificate», nel
quale  vanno  inseriti  dati  e  notizie  concernenti  le  imprese  e
rilevanti   al  fine  della  ammissione  alle  gare  e  che  «sono  a
disposizione  di  tutte  le  stazioni appaltanti per l'individuazione
delle  imprese nei cui confronti sussistono cause di esclusione dalle
procedure  di  affidamento  di  lavori  pubblici»  (art. 27, comma 5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000).
                                 II
  Cio' premesso si forniscono, di seguito, chiarimenti in ordine alle
condizioni  di  cui  all'art.  75  del  decreto  del Presidente della
Repubblica  n. 554/1999, ovvero alle ulteriori situazioni previste da
specifiche disposizioni di legge.
  Vanno  esclusi  dalla  partecipazione alle procedure di affidamento
degli  appalti  e  delle concessioni di lavori pubblici e non possono
stipulare i relativi contratti i soggetti di seguito indicati.

A  -  «che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta,
di  amministrazione  controllata o di concordato preventivo o nei cui
riguardi  sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di
tali situazioni» [art. 75, comma 1, lettera a)].

  Appare evidente come la disposizione riportata faccia riferimento a
due   distinte   fattispecie:   la  prima  attinente  all'ipotesi  di
conclamato  dissesto  economico  dell'impresa,  la  seconda,  invece,
concernente  il  caso  in cui sia in corso un procedimento, ancorche'
non  concluso,  per  l'accertamento  di tale situazione; procedimento
che,   sulla   base  della  prevalente  giurisprudenza,  puo'  essere
considerato  in  corso qualora vi sia stata presentazione di apposita
istanza da parte del creditore.
  Con  riferimento,  invece, alla liquidazione coatta amministrativa,
e'  da  ricordare che essa puo' conseguire ad accertamento giudiziale
dello  stato  d'insolvenza  con  sentenza  del  tribunale,  ai  sensi
dell'art. 195 o dell'art. 202 della legge fallimentare (regio decreto
16  marzo  1942,  n.  267),  ovvero a provvedimento amministrativo di
liquidazione emanato ai sensi dell'art. 197 della legge medesima.
  L'amministrazione  controllata  (art.  187 e s.s.), poi, presuppone
una  temporanea  difficolta'  dell'impresa  ad adempiere alle proprie
obbligazioni,  e  con  il concordato preventivo (art. 160 e s.s.), e'
data  all'imprenditore  insolvente  la  possibilita'  di  evitare  il
fallimento quando pure ne sussistono gli estremi.
  Si  osserva, infine, che la possibilita' di esclusione dalle gare e
dalla  stipulazione dei contratti dovrebbe ritenersi sussistere anche
nell'ipotesi  dell'amministrazione  straordinaria,  di cui al decreto
legislativo  8  luglio 1999, n. 270, anche se a tale situazione, come
gia'  rilevato, l'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica
n.  554/1999 non fa espresso riferimento; e cio' in quanto, come pure
gia'  rilevato, vi fa riferimento implicito l'art. 24 della direttiva
comunitaria   93/37/CE   secondo   cui   puo'  essere  escluso  dalla
partecipazione  all'appalto  ogni  imprenditore  che  sia in stato di
fallimento,   di   liquidazione,  di  cessazione  dell'attivita',  di
regolamento  giudiziario  o  di concordato preventivo o in ogni altra
analoga  situazione  risultante  da una procedura della stessa natura
prevista dalle legislazioni e regolamentazioni nazionali

B - «nei cui confronti e' pendente procedimento per l'applicazione di
una  delle  misure  di  prevenzione  di cui all'art. 3 della legge 27
dicembre  1956,  n.  1423;  (tale)  divieto  opera se la pendenza del
procedimento  riguardi  il  titolare  o  il  direttore tecnico, se si
tratta  di impresa individuale, il socio o il direttore tecnico se si
tratta  di societa' in nome collettivo o in accomandita semplice, gli
amministratori  muniti  di  potere  di  rappresentanza o il direttore
tecnico  se  si  tratta  di altro tipo di societa» [art. 75, comma l.
lettera b)].

  La  norma  contiene  una  dettagliata  specificazione  degli organi
dell'impresa  nei  cui  confronti  va  verificato  il requisito della
pericolosita'   sociale,   che   costituisce   il   presupposto   del
procedimento.  Le misure di prevenzione di cui all'art. 3 della legge
n.  1423/1956  sono:  l'applicazione  di  una  misura  di prevenzione
personale (sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con eventuale
obbligo  o  divieto  di  soggiorno) ai sensi della normativa relativa
alle   persone   pericolose  per  la  sicurezza  pubblica  (legge  n.
1423/1956,  art.  3),  ovvero  ai  sensi delle disposizioni contro la
mafia  (legge  31  maggio  1965,  n. 575, articoli 1 e 2), o a tutela
dell'ordine  pubblico  (legge  22  maggio 1975, n. 152, articoli 18 e
19).
  Il  procedimento  e'  da  ritenersi  pendente  quando  sia avvenuta
l'annotazione  della  richiesta  di  applicazione  della  misura  nei
registri  di  cui  all'art.  34 della legge 19 marzo 1990, n. 55, nel
quale  e'  stabilito  che  presso  le  segreterie delle procure della
Repubblica  e  presso  le  cancellerie  dei  tribunali sono istituiti
appositi  registri  per  le  annotazioni  relative ai procedimenti di
prevenzione.
  L'incapacita'  alla  partecipazione  alle gare ed alla stipulazione
dei contratti e' prevista per la pendenza del procedimento, in quanto
nel  caso  di avvenuta irrogazione di una delle misure di prevenzione
e'  applicabile  l'art.  10, comma 2, della legge n. 575/1965 secondo
cui  il  provvedimento  definitivo  di  applicazione  della misura di
prevenzione   determina   la  decadenza  di  diritto  dalle  licenze,
autorizzazioni,  concessioni,  iscrizioni, abilitazioni ed erogazioni
di  cui  al  comma  1,  nonche' il divieto di concludere contratti di
appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi
riguardanti  la  pubblica  amministrazione  e relativi sub-contratti,
compresi  i  cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture
con  posa  in  opera.  Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni
sono  ritirate  e  le  iscrizioni sono cancellate a cura degli organi
competenti.
  L'incapacita'  a  contrarre  con  la  pubblica amministrazione, che
deriva  dall'applicazione di una misura di sicurezza, non colpisce il
solo destinatario, ma si puo' estendere ai conviventi ed agli enti di
cui il soggetto e' rappresentante o gestore: ai sensi del comma 4 del
citato  art.  10  della legge n. 575/1965, il tribunale dispone che i
divieti  e  le  decadenze  previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei
confronti  di  chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura
di   prevenzione  nonche'  nei  confronti  di  imprese,  associazioni
societa'  e  consorzi  di  cui  la  persona  sottoposta  a  misura di
prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e
indirizzi.  In  tal  caso  i  divieti sono efficaci per un periodo di
cinque  anni.  Ai  sensi  della suddetta disposizione sembra potersi,
quindi,  ritenere  che  l'estensione  dell'incapacita'  in esame, con
durata  quinquennale,  agli  indicati  ulteriori  soggetti  non operi
automaticamente, ma necessiti di un'apposita pronuncia del tribunale.
  L'art.  10,  comma  5-ter,  della  legge  n.  575/1965,  stabilisce
altresi'  che  le  disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche
nei  confronti  delle  persone  condannate con sentenza definitiva o,
ancorche' non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei
delitti  di  cui  all'art.  51,  comma 3-bis, del codice di procedura
penale.  L'incapacita'  a  contrarre con la pubblica amministrazione,
dunque,  si  verifica  anche  nel  caso  di  condanna  con  pronunzia
cosiddetta  doppia  conforme, per uno dei delitti di cui all'art. 51,
comma  3-bis,  c.p.p., ossia per delitti, consumati o tentati, di cui
agli  articoli  416-bis (associazione a delinquere di tipo mafioso) e
630  (sequestro  di persona a scopo di estorsione) del codice penale,
per  i  delitti  commessi  avvalendosi  delle condizioni previste dal
predetto  art.  416-bis ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle
associazioni  previste  dallo  stesso articolo, nonche' per i delitti
previsti   dall'art.   74  testo  unico  approvato  con  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  9  ottobre  1990, n. 309 (associazione
finalizzata  al  traffico  illecito  di  sostanze  stupefacenti).  Ad
integrazione  delle disposizioni commentate va, infine, richiamato il
disposto  di cui all'art. 4 del decreto legislativo 8 agosto 1994, n.
490, in base al quale le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici
e  gli  altri  soggetti  aggiudicatori  devono acquisire informazioni
prima  di  stipulare,  approvare  o autorizzare i contratti d'importo
superiore  alla  soglia  comunitaria  ovvero,  per  i  sub-contratti,
d'importo  superiore  a 200 milioni di euro. La stessa norma prevede,
poi,  due  tipi  di informative c.d. interdittive, che impediscono la
contrattazione:
    a)  l'informazione  prefettizia  che  comunica  la sussistenza, a
carico  dei  soggetti  responsabili  dell'impresa ovvero dei soggetti
familiari,  anche  di  fatto,  conviventi nel territorio dello Stato,
delle  cause  di  divieto  o di sospensione dei procedimenti indicate
nell'allegato   I   (vale  a  dire  cause  di  divieto,  sospensione,
decadenza, previste dall'art. 10 della indicata legge n. 575/1965);
    b)   l'informazione   prefettizia   da  cui  risultino  eventuali
tentativi  di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte
e gli indirizzi delle societa' o imprese interessate.
  Da   considerare,   poi,   che   la   prassi  dell'amministrazione,
sviluppatasi  sulla  base dell'esegesi delle norme vigenti, sostenuta
dall'elaborazione  giurisprudenziale,  conosce  anche  un  terzo tipo
d'informativa prefettizia, la c.d. informativa supplementare atipica,
fondata  sull'accertamento  di  elementi  i  quali,  pur denotando il
pericolo di collegamento tra l'impresa e la criminalita' organizzata,
non  raggiungono  la  soglia  di  gravita'  prevista  dall'art. 4 del
decreto legislativo n. 490/1994, per dar vita ad un effetto legale di
divieto a contrarre.
  Detto  potere  d'informazione  trova  fondamento positivo nell'art.
1-septies  del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629 convertito, con
modificazioni,  dall'art.  1  della legge 12 ottobre 1982, n. 726, ai
sensi  del  quale  l'Alto commissario per la lotta alla mafia (le cui
competenze   nelle   more  sono  state  devolute  ai  prefetti)  puo'
comunicare   alle   autorita'  competenti  al  rilascio  di  licenze,
autorizzazioni, concessioni, in materia di armi ed esplosivi e per lo
svolgimento  di  attivita'  economiche  elementi  di  fatto  ed altre
indicazioni     utili    alla    valutazione,    nell'ambito    della
discrezionalita'   ammessa  dalla  legge,  dei  requisiti  soggettivi
richiesti  per  il  rilascio,  il rinnovo, la sospensione o la revoca
delle   licenze,   autorizzazioni   ed   altri   titoli   menzionati.
L'applicazione  di  questa norma ai contratti ad evidenza pubblica ha
un  suo  riscontro nell'art. 113 del regio decreto 23 maggio 1924, n.
827,  secondo  il quale per gravi motivi d'interesse pubblico o dello
Stato,  il Ministro o l'autorita' delegata puo' negare l'approvazione
ai  contratti anche se riconosciuti regolari. In breve, l'informativa
supplementare  o  atipica non ha l'effetto interdittivo, non preclude
assolutamente   e  inderogabilmente  la  stipula  del  contratto  con
l'aggiudicatario,   ma  consente  all'amministrazione  appaltante  di
negare  l'approvazione  sulla  base  di ragioni d'interesse pubblico.
Tale  potere  d'informazione  atipica  e' espressione di un principio
generale  di  collaborazione fra pubbliche amministrazioni, principio
che  viene  in  rilievo  soprattutto  quando siano in gioco interessi
delicati  alla  tutela  della sicurezza, dell'ordine pubblico e dello
svolgimento  legale  delle  attivita'  economiche.  Esso  assolve  la
funzione  di  arricchire  la conoscenza dell'amministrazione circa la
posizione  ed i collegamenti dell'impresa e non arreca a quest'ultima
alcun nocumento immancabile, fermo il profilo della riservatezza che,
nella  materia  in  esame,  resta  servente alla primaria esigenza di
tutela  dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza (Cons. Stato,
sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 149).

C.  -  «nei  cui  confronti e' stata pronunciata sentenza di condanna
passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta,
ai  sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per reati che
incidono  sull'affidabilita'  morale  e  professionale»;  «il divieto
opera se la sentenza e' stata emessa nei confronti del titolare o del
direttore  tecnico,  se si tratta di impresa individuale; del socio o
del  direttore  tecnico, se si tratta di impresa in nome collettivo o
in  accomandita  semplice;  degli  amministratori muniti di potere di
rappresentanza  o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di
societa'  o  consorzio».  «In  ogni  caso  il divieto opera anche nei
confronti  dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente
la  data  di  pubblicazione  del bando di gara, qualora l'impresa non
dimostri  di  avere  adottato atti o misure di completa dissociazione
della  condotta  penalmente  sanzionata».  «Resta  salva in ogni caso
l'applicazione  dell'art.  178  del  codice  penale  (concernente  la
concessione  della  riabilitazione)  e  dell'art.  445,  comma 2, del
codice  di  procedura penale» (riguardante l'estinzione del reato per
decorso  del  termine)  [art. 75, comma 1, lettera c) del decreto del
Presidente della Repubblica n. 554/1999, e successive modificazioni].

  Per  quanto  riguarda l'ambito oggettivo di applicazione valgono le
seguenti precisazioni.
  A  parte  la  disposta equiparazione della sentenza di applicazione
della  pena  su  richiesta,  emessa  ai sensi dell'art. 444 codice di
procedura   penale  (cosiddetto  patteggiamento),  alla  sentenza  di
condanna    vera    e    propria,    particolarmente   complessa   e'
l'individuazione   dei   reati   che   sono   considerati   incidenti
sull'affidabilita'  morale  e professionale dell'imprenditore e delle
modalita'  attraverso  le  quali  puo'  essere  dimostrata la mancata
ricorrenza della condizione in esame.
  Quanto  alla  prima  delle  indicate  questioni,  va  richiamata la
determinazione   dell'Autorita'  n.  56  del  13 dicembre  2000  che,
concordando  con  le  indicazioni di cui alla circolare del Ministero
dei lavori pubblici del 1° marzo 2000, n. 182/400/93, ha ritenuto che
influiscono  sull'affidabilita' morale e professionale del contraente
i  reati  contro  la  pubblica amministrazione, l'ordine pubblico, la
fede  pubblica  ed il patrimonio, se relativi a fatti la cui natura e
contenuto   siano  idonei  ad  incidere  negativamente  sul  rapporto
fiduciario  con  le  stazioni  appaltanti  per  la loro inerenza alle
specifiche obbligazioni dedotte in precedenti rapporti con le stesse.
La  mancanza,  tuttavia,  di  parametri  fissi  e predeterminati e la
genericita'  della  prescrizione  normativa lascia un ampio spazio di
valutazione  discrezionale  per  la  stazione appaltante che consente
alla  stessa  margini  di  flessibilita'  operativa  al  fine  di  un
apprezzamento  delle singole concrete fattispecie, con considerazione
di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia
contrattuale,  quali  ad. es. l'elemento psicologico, la gravita' del
fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive.
  Siffatta  discrezionalita'  e', tuttavia, limitata dalla previsione
della  norma secondo cui e' fatta salva, in ogni caso, l'applicazione
degli  articoli  178  del codice penale e 445 del codice di procedura
penale,    riguardanti,    rispettivamente,   la   riabilitazione   e
l'estinzione del reato per decorso del tempo nel caso di applicazione
della pena patteggiata.
  Analogamente   ed  all'opposto,  non  potra'  essere  fatta  alcuna
valutazione   discrezionale  della  concreta  fattispecie,  dovendosi
automaticamente  escludere  il  concorrente,  nel  caso di ricorrenza
delle ipotesi di cui all'art. 32-quater codice penale (malversazione,
corruzione,  ecc.), implicante una «incapacita' di contrattare con la
pubblica  amministrazione»,  nonche'  di  quella  di  irrogazione  di
sanzione interdittiva nei confronti della persona giuridica emessa ai
sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per reati contro
la pubblica amministrazione o il patrimonio commessi nell'interesse o
a vantaggio della persona giuridica medesima.
  La disposizione in esame non fa riferimento esplicito alle condanne
inflitte   con   decreto   penale.   Al   riguardo,   in  conformita'
all'orientamento  del giudice amministrativo di appello (Cons. Stato,
sez.  V,  12  ottobre  2002,  n.  5523),  le  condanne  che  incidono
sull'affidabilita'  morale  e  professionale, indipendentemente dalla
modalita'  di  irrogazione della sanzione, stante la formula generica
adoperata  dall'art.  75,  consentono  all'Amministrazione  una  lata
valutazione   discrezionale   del  caso  concreto  per  stabilire  la
rilevanza  o  meno  di una data condanna penale, ancorche' questa sia
estranea  alla qualita' dell'imprenditore. Dal che consegue l'obbligo
per il partecipante alle gare di dichiarare anche i decreti penali di
condanna.  Dell'esercizio,  da parte dell'Amministrazione, del potere
discrezionale  di  valutazione  dei  reati degli interessati, si deve
dare  contezza  con  idonea  e congrua motivazione; motivazione ancor
piu'  puntuale  nei  casi  di  decreto penale di condanna ex art. 459
c.p.p.,  atteso che in tale ipotesi l'applicazione della pena avviene
eccezionalmente  per  reati  di  particolare  tenuita' che comportano
l'irrogazione   di   una   pena  pecuniaria,  anche  se  inflitta  in
sostituzione  di  pena detentiva, per cui la condanna inflitta con il
rito  del  decreto  penale  non  fa emergere elementi particolarmente
sintomatici di una scarsa moralita' professionale. (Cons. Stato, sez.
V, 18 ottobre 2001, n. 5517).
  Quanto,  poi,  all'estinzione dei reati va segnalato l'avviso della
Cassazione secondo cui la situazione di fatto da cui origina la causa
di estinzione del reato per divenire condizione di diritto abbisogna,
per  espressa  statuizione  di legge, dell'intervento ricognitivo del
giudice  dell'esecuzione  il quale e' tenuto, nell'assolvimento di un
suo  preciso dovere funzionale, ad emettere il relativo provvedimento
di  estinzione ai sensi dell'art. 676 c.p.p. (Cass., sez. IV pen., 27
febbraio 2002, n. 11560).
  Sotto  il  profilo soggettivo giova ricordare che il divieto di cui
al  punto in esame opera se la sentenza e' stata emessa nei confronti
del  titolare  o  del  direttore  tecnico  se  si  tratta  di impresa
individuale,  del  socio  o  del  direttore  tecnico, se si tratta di
societa'   in  nome  collettivo  o  in  accomandita  semplice,  degli
amministratori  muniti  del  potere di rappresentanza o del direttore
tecnico  se  si  tratta  di  altro  tipo  di societa' o consorzio. Il
divieto medesimo opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla
carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di
gara,  qualora l'impresa non dimostri di avere adottato atti o misure
di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.
  Deve  precisarsi  che  risulta  irrilevante  la  circostanza che la
condanna  dell'amministratore o del direttore tecnico sia intervenuta
per  fatti  antecedenti alla data di assunzione nell'incarico, ovvero
per   fatti   non   correlati  ad  eventuale  interesse  o  vantaggio
dell'impresa.  Ne'  risulta  ostativa  a  questa  interpretazione  la
normativa  sulla  c.d.  responsabilita'  amministrativa delle persone
giuridiche  (decreto  legislativo  n. 231/2001). Se e' vero, infatti,
che   per   tale  legge  la  responsabilita'  dell'ente  puo'  essere
riconosciuta  soltanto  con  riferimento  a  reati  commessi  nel suo
interesse  od  a suo vantaggio, e' altrettanto vero, tuttavia, che di
una  tale  limitazione non vi e' traccia nel citato art. 75, comma 1,
lettera  c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999,
e    seguenti    modificazioni,    il   quale   estende   all'impresa
l'affievolimento,  derivante dalla sentenza penale di condanna, della
moralita' occorrente per la partecipazione alle gare d'appalto.
  Cio'  in  quanto  la condanna penale dei titolari, amministratori o
del  direttore tecnico delle imprese, ai sensi dell'art. 75, comma 1,
lettera  c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999,
e   seguenti   modificazioni,   costituisce   circostanza   incidente
sull'affidabilita'  morale  dell'impresa nel suo complesso, nel senso
che,  dalla  stessa,  stante  la rilevanza ed il ruolo del condannato
nell'organizzazione  aziendale  e  delle  decisioni  da esso assunte,
deriva  un'attenuazione  della  moralita' complessiva dell'impresa ed
una limitazione della capacita' di essa alla partecipazione alle gare
ed  alla  stipulazione  dei contratti di appalto. Come rilevato dalla
giurisprudenza, tale limitazione si protrae per i tre anni successivi
dalla  cessazione  della  carica  del  soggetto  condannato,  con  la
possibilita', tuttavia, per l'impresa interessata e con riferimento a
detto  triennio di interrompere il nesso di identificazione adottando
«atti  o  misure  di completa dissociazione dalla condotta penalmente
sanzionata»   tenendo   conto,   in   particolare,  che  il  recupero
dell'affidabilita'   dell'impresa  non  avviene  automaticamente  per
effetto   della   semplice   sostituzione   del  soggetto  inquisito,
occorrendo   al  riguardo  anche  una  completa  dissociazione  dalla
condotta  penalmente sanzionata al fine di evitare una considerazione
negativa  per  il  triennio  antecedente la data di pubblicazione del
bando  di gara come precisato nella seconda parte dell'art. 75, comma
1,  lettera c),  decreto  del Presidente della Repubblica n. 554/1999
(Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2002, n. 5523).
  Alla   luce   di   quanto   esposto   sussiste   preclusione   alla
partecipazione  alle  gare anche in ipotesi di condanne del direttore
tecnico  o amministratore in epoca anteriore all'assunzione in carica
nell'impresa,  ritenendosi,  quindi,  ininfluente  il  fatto  che  la
condanna  dello  stesso  sia  o  meno  temporalmente e funzionalmente
correlata  alla  carica  ricoperta  in  seno  all'impresa. Cosi' come
sembra  ininfluente  la  circostanza  che  l'impresa abbia cessato di
avvalersi  dell'amministratore  o del direttore tecnico condannati, a
meno   che  non  dimostri  di  averli  per  tale  ragione  estromessi
dall'incarico,  dando  cosi'  prova  di  dissociazione dalla relativa
condotta criminosa.

D.  - «che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria, posto
all'art.  17,  comma  3,  della  legge  19  marzo  1990, n. 55» sulla
prevenzione  della  delinquenza  di  tipo  mafioso [art. 75, comma 1,
lettera d)].

  Come  e' noto, la disciplina in tema di intestazione fiduciaria dei
soggetti  appaltatori  si  ricollega  all'esigenza  di evitare che la
stazione  appaltante  perda il controllo del vero imprenditore che ha
partecipato  alla gara; sicche', tranne il caso in cui l'intestazione
fiduciaria concerna societa' appositamente autorizzate ai sensi della
legge  23  novembre  1939,  n.  1966, le quali, a loro volta, abbiano
comunicato   alla   amministrazione   l'identita'   dei   fiducianti,
l'acclarata   intestazione  fiduciaria  comporta  l'esclusione  dalla
partecipazione  alle  gare  e  la  preclusione  alla stipulazione dei
contratti.
  Con  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri 11 maggio
1991,  n.  187,  e'  stato  emanato  l'apposito  «regolamento  per il
controllo  delle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatori di
opere  pubbliche»  al  quale  va fatto rinvio per quanto attiene agli
obblighi specifici posti a carico delle societa' aggiudicatrici ed ai
controlli  sui relativi adempimenti. Puo', poi, essere osservato che,
per  la  configurazione  dell'ipotesi  in  esame,  come  ritenuto  in
giurisprudenza,  non  e'  necessario  il  trasferimento  di  beni dai
fiducianti   al   soggetto  fiduciario,  essendo  sufficiente  che  a
quest'ultimo sia conferita, attraverso idonei strumenti negoziali, la
legittimazione  ad  esercitare i diritti o le facolta', necessari per
la  gestione  dei  beni,  che possono rimanere formalmente in capo al
fiduciante.

E.  - «che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle
norme  in  materia di sicurezza e ad ogni altro obbligo derivante dal
rapporto di lavoro» [art. 75, comma 1, lettera e)].

  L'espressione  «debitamente  accertate»  non  puo' essere letta nel
senso   di  «definitivamente  accertate»,  ma  sta  ad  indicare  che
dell'infrazione  deve esservi stato accertamento nelle forme previste
dalla normativa di settore. Questo assegna gli accertamenti alla sede
amministrativa  la  cui  attestazione  appare,  quindi, sufficiente a
legittimare   la  valutazione  delle  stazioni  appaltanti  circa  la
gravita'  dell'infrazione.  Possono valere sotto quest'ultimo profilo
le  indicazioni date, circa la natura discrezionale delle valutazioni
e  l'obbligo  di motivazione, alla precedente lettera c). Si aggiunga
che  la  «gravita»  della  violazione  puo'  desumersi da parte della
stazione   appaltante   dalla   specifica  tipologia  dell'infrazione
commessa,  sulla  base anche del tipo di sanzione (arresto o ammenda)
per  essa  irrogata,  dall'eventuale reiterazione della condotta, del
grado  di  colpevolezza  e delle ulteriori conseguenze dannose che ne
sono  derivate  (es.  infortunio  sul  lavoro).  Va  tenuto presente,
inoltre,  che  per infrazioni alle norme in materia di sicurezza ed a
ogni   altro   obbligo  derivante  dal  rapporto  di  lavoro  debbono
intendersi  non  soltanto  le omissioni inerenti il mancato pagamento
dei relativi contributi, quanto anche le infrazioni alle prescrizioni
di  cui  al  decreto  legislativo  19 settembre 1994, n. 626, decreto
legislativo  14 agosto 1996, n. 494 e decreto legislativo 19 novembre
1999,  n. 528, sulla sicurezza nei cantieri. Ad avviso dell'Autorita'
e'  da  considerare  grave  la violazione agli obblighi derivanti dal
rapporto  di  lavoro  in  caso  di  omesso  versamento dei contributi
assicurativi,  qualunque  ne sia l'importo e fino a che la situazione
contributiva non venga completamente regolarizzata.

F.  - «che hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione
di  lavori  affidati  dalla stazione appaltante che bandisce la gara»
[art. 75, comma l, lettera f)].

  L'esclusione   dalle  gare  puo'  aver  luogo  in  presenza  di  un
accertamento  in  sede  amministrativa,  di regola, anche se non puo'
escludersi  che la negligenza o malafede possano emergere da pronunce
giurisdizionali.
  A  differenza  della  normativa comunitaria che considera rilevante
qualsiasi  errore  professionale  commesso dall'appaltatore, la norma
limita  l'esclusione  dalle  procedure  di  gara  ai  soli  fatti  di
inadempimento  dell'impresa  in  pregressi  rapporti  con la stazione
appaltante,  il  che  attenua  la  problematicita' della percezione e
della  valutazione  della  gravita' che piu' agevolmente sono stimati
dalla  stazione  appaltante.  Rimangono anche in questo caso ferme le
indicazioni  date,  circa la natura discrezionale della valutazione e
l'obbligo di motivazione, con riferimento alla precedente lettera c).
  Giova  precisare  che, per la configurazione dell'ipotesi in esame,
non  basta  che  i  lavori  non  siano stati eseguiti a regola d'arte
ovvero  in  maniera  non  rispondente  alle esigenze del committente,
occorrendo,   invece,   una   violazione   del  dovere  di  diligenza
nell'adempimento qualificata da un atteggiamento psicologico doloso o
comunque  gravemente  colposo dell'appaltatore. Pacifico il ricorrere
della  gravita'  nel caso di dichiarazione di non collaudabilita' dei
lavori ovvero di risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 119 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999.
  Come, poi, ritenuto in giurisprudenza, i comportamenti compiuti dai
dipendenti dell'impresa in danno della stazione appaltante si pongono
in  stretta  connessione  con  l'esecuzione  dei  lavori ed integrano
l'ipotesi  di  negligenza  dell'impresa  appaltatrice  che  abbia  al
riguardo  omesso  ogni  dovuto  e  preventivo  controllo (anche nella
scelta  delle  maestranze e collaboratori che non diano dimostrazione
di affidabilita' sia sul piano tecnico che su quello morale).

G.  -  «coloro  che  abbiano  commesso irregolarita', definitivamente
accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte
e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui
sono stabiliti» [art. 75, comma 1, lettera g)].

  La    norma    richiede    la    definitivita'    dell'accertamento
dell'irregolarita'  tributaria; definitivita' che puo' conseguire sia
ad  una  decisione  giurisdizionale, sia da un atto amministrativo di
accertamento tributario non impugnato e divenuto incontestabile.

H. - «che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di
gara  hanno  reso  false dichiarazioni in merito ai requisiti ed alle
condizioni  rilevanti  per  la partecipazione alle procedure di gara,
risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio».

  La   corrispondente   disposizione  regolamentare  sul  sistema  di
qualificazione   [art.  17,  comma  1,  lettera m)  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  34/2000],  non  pone  alcun limite
temporale  alla  rilevanza  delle  dichiarazioni rese, per l'evidente
necessaria maggior gravita' della falsita' delle dichiarazioni quando
si collegano ad un procedimento per il rilascio di un certificato con
validita' nel tempo.
  E'  utile precisare le conseguenze sulle procedure di gara in corso
o  da  avviare  o  sulle  fasi successive all'aggiudicazione del dato
relativo  ad  una  falsa dichiarazione resa in merito ai requisiti ed
alle  condizioni  rilevanti  ai  fini  della partecipazione alle gare
d'appalto.
  Nel  momento  in  cui ricorre la fattispecie di cui alla lettera h)
del  citato  art.  75  e la sua conoscenza da parte di altre stazioni
appaltanti,  le  procedure  di  affidamento  dei lavori presso queste
altre stazioni possono trovarsi in una delle seguenti fasi:
    a)  prima  che  venga  indetta  una  gara per l'affidamento di un
appalto o di una concessione di lavori pubblici;
    b) dopo  la  pubblicazione del bando di gara per l'affidamento di
un  appalto  o  di  una  concessione di lavori pubblici, ma prima che
scada il termine per la presentazione delle offerte;
    c) dopo  che  sia  scaduto  il termine per la presentazione delle
offerte, ma prima dell'aggiudicazione;
    d) dopo l'aggiudicazione, ma prima della stipula del contratto;
    e) dopo la stipula del contratto;
    f) dopo la consegna dei lavori.
  Prima  dell'aggiudicazione dell'appalto - fasi a), b) e c) - non vi
sono  effetti  sulla  regolarita'  della  procedura di gara una volta
esclusa  l'impresa  non in possesso dei requisiti richiesti. Solo nel
caso  in  cui  la  sua offerta abbia gia' contribuito alla formazione
della graduatoria provvisoria, occorrera' determinare la nuova soglia
di anomalia.
  Dopo  l'aggiudicazione  della  gara,  ma  prima  della  stipula del
contratto  -  fase  d)  -  va distinto se aggiudicataria e' la stessa
impresa  nei  cui  confronti sussista la causa preclusiva di cui alla
lettera h) del citato art. 75 o altro concorrente non aggiudicatario.
Nel  primo  caso  la  stazione  appaltante  procede  all'annullamento
dell'aggiudicazione  e  alla  determinazione  della  nuova  soglia di
anomalia  e  alla  conseguente nuova aggiudicazione. Nel secondo caso
occorre effettuare una prova di resistenza ed eventualmente procedere
alla  nuova  aggiudicazione.  Identica  soluzione va seguita se vi e'
stata consegna anticipata dei lavori.
  Dopo  la stipula del contratto ed eventualmente a lavori in corso -
fasi  e)  ed f) - puo' ugualmente distinguersi a seconda che la causa
preclusiva  di  cui  alla  let-tera h)  del  citato  art. 75 riguardi
l'impresa  aggiudicataria oppure altra impresa, ma va sempre valutato
concretamente,   quindi,   caso  per  caso,  l'eventuale  sussistente
interesse    al    proseguimento    del    rapporto   o   l'interesse
all'annullamento  dell'aggiudicazione  congiuntamente all'esigenza di
un ripristino della legalita' violata.
                                 III
  Va  considerato,  infine,  che,  in  base  al  disposto del comma 2
dell'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999,
i  concorrenti  devono  dichiarare,  ai  sensi  delle  vigenti leggi,
l'inesistenza delle situazioni di cui al comma 1, lettere a), d), e),
f),  g) e h) e dimostrare, mediante la produzione del certificato del
casellario  giudiziale  o  dei carichi pendenti, che non ricorrono le
condizioni prescritte dal medesimo comma 1, lettere b) e c).
  Tale   disposizione,   tuttavia,  e'  da  ritenersi  implicitamente
abrogata  a  seguito della riforma di cui alla legge 16 gennaio 2003,
n.  3,  in  tema di disposizioni ordinamentali in materia di pubblica
amministrazione,  il cui art. 15, comma 1, lettera b), ha introdotto,
nel  corpo  del  decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000,  n.  445,  l'art.  77-bis,  in base al quale le disposizioni in
materia  di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III
si  applicano  a  tutte  le  fattispecie  in  cui  sia  prevista  una
certificazione  o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti
le  procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di
pubblica  utilita',  di servizi e di forniture, ancorche' regolate da
norme  speciali  salvo  che  queste  siano  espressamente  richiamate
dall'art.  78.  Ne  consegue che, a seguito dell'indicata novella, la
presentazione  di dichiarazione sostitutiva e' ormai consentita anche
con riferimento alla cause di esclusione di cui all'art. 75, comma 1,
lettere b) e c).
  Saranno,  pertanto,  le  stazioni appaltanti a dover effettuare, ai
sensi  del  disposto  di  cui  all'art.  71, comma 1, del decreto del
Presidente  della Repubblica n. 445/2000, i necessari controlli sulla
veridicita'  delle  autodichiarazioni;  controlli  che, se relativi a
dichiarazioni  sostitutive di certificazione, andranno effettuati con
le  modalita'  di  cui  all'art. 43 dello stesso indicato decreto del
Presidente  della  Repubblica,  e  cioe' consultando direttamente gli
archivi  dell'amministrazione  certificante,  oppure  chiedendo  alla
stessa, anche a mezzo di strumenti informatici o telematici, conferma
scritta  della  rispondenza  tra quanto autodicharato alle risultanze
dei registri da essa custoditi. Da tener presente al riguardo che, ai
sensi  dell'art.  43  del  decreto del Presidente della Repubblica n.
445/2000,  le  stazioni  appaltanti  non  possono  richiedere  atti o
certificati  concernenti stati, qualita' personali e fatti, di cui al
successivo art. 46, che risultino attestati in documenti gia' in loro
possesso  o  che  comunque  esse  stesse  siano  tenute a certificare
dovendo   acquisirli  d'ufficio  previa  indicazione  all'interessato
dell'amministrazione   competente   e  degli  elementi  necessari  al
relativo reperimento.
  Il  sopravvenire  del  decreto  del  Presidente della Repubblica 14
novembre  2002, n. 313, ha portato all'emanazione della circolare del
17 giugno 2003 del Ministero della giustizia, che ha riconosciuto che
«il  protrarsi  della  situazione  (mancata attuazione del sistema di
interconnessione   centralizzato)   intralcerebbe   in   maniera  non
indifferente  l'espletamento  di  rilevanti  attivita' della pubblica
amministrazione    dando   luogo   ad   una   rilevante   disfunzione
dell'apparato  amministrativo». Per cui «al fine di evitare che detto
evento si verifichi», l'Ufficio centrale del Casellario ha realizzato
sull'attuale sistema informativo (S.I.C.) una procedura che anticipa,
con  una modalita' transitoria, l'applicazione contenuta nell'art. 39
T.U.,  il  quale  prevede un sistema di interconnessione che permette
una  consultazione diretta del sistema da parte delle amministrazioni
pubbliche  e  dei gestori di servizi pubblici. In modo che, in attesa
della  realizzazione  del  detto  sistema,  la  nuova procedura rende
possibile  la  consultazione  del  Sistema informativo del casellario
tramite l'intermediazione dell'Ufficio centrale e degli Uffici locali
che  «rilasceranno, a richiesta delle amministrazioni pubbliche e dei
gestori  di pubblici servizi, apposita certificazione» concernente il
certificato  generale  contenente, pero', non talune, ma la totalita'
delle iscrizioni riguardanti una determinata persona.
    Roma, 15 luglio 2003
                                                 Il presidente: Garri