N. 609 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno 2003
Ordinanza emessa il 6 giugno 2003 dal tribunale di Potenza nel procedimento civile tra Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico e Ministero dei beni culturali e ambientali Persone giuridiche - Fondazioni - Ente morale «Biblioteca e Pinacoteca Camillo d'Errico» - Ubicazione della sede - Trasferimento coattivo ope legis dal Comune di Palazzo San Gervasio (PZ) al Comune di Matera e adeguamento della relativa clausola dello statuto dell'ente - Disparita' di trattamento rispetto agli altri enti proprietari di cose di interesse artistico - Violazione dei canoni di logicita' e ragionevolezza - Vanificazione della disposizione testamentaria del fondatore - Lesione del diritto alla proprieta' privata - Compressione del diritto della fondazione ad ubicare la propria sede in ogni localita' del territorio nazionale - Violazione della liberta' di circolazione e soggiorno. - Legge 13 luglio 1939, n. 1082, artt. 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, 16 e 42.(GU n.35 del 3-9-2003 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 1423/1997 R.G., avente ad oggetto la rivendicazione di universalita' mobiliare e vertente tra la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico», con sede in Palazzo San Gervasio (PZ), in persona del legale rappresentante pro tempore, riconosciuta in ente morale con regio decreto 19 luglio 1914, n. 963, rappresentata e difesa dall'avv. Oreste Cantillo, con studio in Roma, e dall'avv. Giancarlo Viglione, con studio in Venosa (PZ), ove elettivamente domiciliata, giusta procura in margine alla citazione introduttiva del presente giudizio, attore; ed il Ministero dei beni culturali ed ambientali, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza, ove per legge domiciliato, convenuto. I) - Con citazione notificata in data 9 ottobre 1997, la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» conveniva in giudizio il Ministero dei beni culturali ed ambientali dinanzi al Tribunale di Potenza. L'attrice esponeva che, con testamento segreto redatto in data 16 ottobre 1897 e pubblicato con verbale rogato dal notaio Antonio Gasparrini da Palazzo San Gervasio (PZ) in data 2 novembre 1897, Camillo D'Errico aveva disposto l'erezione post mortem a suo nome di una fondazione avente lo scopo di raccogliere i quadri ed i libri della propria collezione, la cui sede era stata fissata nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), luogo di origine e di residenza della famiglia del testatore; che la fondazione era stata costituita per fini filantropici, essendo destinata a «garantire il godimento di detti beni alla comunita' palazzese» ed a «favorire la crescita culturale e morale, del paese», con l'auspicio di fornire «nuove occasioni di sviluppo»; che, con tale intento, il testatore aveva attribuito in dotazione alla costituenda fondazione il palazzo destinato a propria abitazione nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), «affinche' diventasse la sede della biblioteca e della pinacoteca», nonche' un altro fabbricato nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), «per la costituzione del patrimonio dell'ente»; che, con regio decreto 19 luglio 1914, n. 963, la raccolta artistica e bibliografica era stata eretta in ente morale sotto la denominazione di «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico»; che, con regio decreto 16 dicembre 1916 (recte: 16 dicembre 1915), n. 1926, lo statuto, della fondazione era stato approvato, stabilendosene la sede nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), presso il palazzo adibito ad abitazione del defunto fondatore; che, in tal modo, «dando ... attuazione alle volonta' del fondatore» era stato costituito «un vero e proprio diritto di uso pubblico della collezione «D'Errico» in favore della collettivita' di Palazzo San Gervasio» (PZ); che, essendo insorta una controversia tra gli eredi del fondatore in ordine alla ripartizione del patrimonio relitto, il funzionamento dell'ente morale era stato compromesso, provocando il trasferimento della sede della raccolta artistica e bibliografica nel comune di Matera, in forza della legge 13 luglio 1939 n. 1082, la quale aveva disposto che la raccolta artistica e bibliografica (nella sua consistenza materiale) fosse trasferita presso locali adatti da individuarsi nel comune di Matera a cura del Ministero per l'educazione nazionale, salva la facolta' di quest'ultimo di aggregarla ad altre istituzioni similari della citta' (art. 1), e che lo statuto dell'ente morale fosse riformulato, con un successivo decreto reale, nelle parti abbisognevoli di adeguamento in conseguenza del trasferimento della raccolta (art. 2); che, tuttavia, la sede della fondazione era rimasta, di fatto, sempre nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), non essendo stata mai adottata alcuna modificazione dello statuto; che, d'altra parte, la legge 13 luglio 1939, n. 1082 non aveva «... in alcun modo inciso sul patrimonio della fondazione e sulla proprieta' dei quadri e dei libri della collezione D'Errico, dei quali e' stato sempre proprietario l'ente, sicche' l'unico organo legittimato a disporne e' il consiglio di amministrazione dello stesso»; che, pertanto, la fondazione era rimasta in vita, senza essere privata «ne' della proprieta' delle collezioni ne' dei poteri gestionali connessi, che non furono affatto attribuiti ad un soggetto diverso, se non per la necessaria custodia nei nuovi locali», per cui «... le norme in questione assolutamente nulla dispongono - ne' avrebbero potuto farlo - circa la proprieta' o il possesso jure proprietatis dei beni, i quali non hanno mai cessato di «appartenere all'ente morale ..., ne' sono stati sottratti ope legis alla gestione del medesimo»; che, ancora, «la modifica dello statuto dell'ente, ai fini del trasferimento della sede in Matera, fu prevista manifestamente, proprio perche' l'ente -- la cui esistenza e' legata, anche sul piano dell'amministrazione del patrimonio immobiliare, al perseguimento dello scopo di fondazione, cioe' alla conservazione e gestione della biblioteca e pinacoteca - potesse continuare a svolgere i suoi compiti istituzionali in Matera, dal momento che, «... se lo scopo della legge fosse stato diverso, di privare, cioe', l'ente di tale essenziale funzione, esso avrebbe dovuto essere messo in liquidazione, per il venir meno dello scopo»; che, cio' nonostante, la Soprintendenza per i beni artistici e storici di Matera, la quale ha l'attuale detenzione della collezione, non ha dato alcun riscontro alle richieste di restituzione da parte della «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico», ma, viceversa, «... ha manifestato al comune di Matera la "volonta' di allestire e gestire" una mostra permanente comprendente, tra l'altro, le opere della collezione D'Errico»; che, a tal fine, si e' pervenuti all'elaborazione di uno schema di convenzione tra la Soprintendenza per i beni artistici e storici di Matera, il comune di Matera, la «Fondazione Carlo Levi» ed il «Centro Carlo Levi». Su tali premesse, essa chiedeva al giudicante, in via principale, di riconoscere alla «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» la proprieta' della pinacoteca «Camillo D'Errico» e' di condannare il Ministero dei beni culturali ed ambientali alla restituzione in suo favore delle opere artistiche, e, in via secondaria, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 13 luglio 1939, n. 1082 per violazione degli artt. 2 e 42 Cost. Con comparsa depositata in data 9 gennaio 1998, il Ministero dei beni culturali ed ambientali si costituiva in giudizio, eccependo, nel rito, l'improponibilita' e l'inammissibilita', e, nel merito, l'infondatezza, in fatto ed in diritto, delle domande attoree. All'udienza di trattazione del 17 aprile 1998, l'attrice emendava i petita proposti in sede introduttiva, chiedendo, in via secondaria, nel caso di riconoscimento in capo al convenuto della detenzione della pinacoteca «Camillo D'Errico», con le funzioni di custodia e manutenzione, di condannare lo stesso a non compiere alcun atto di disposizione della pinacoteca «Camillo D'Errico», nonche' a consentirle di godere e disporre liberamente della pinacoteca «Camillo D'Errico», seppure con il limite di non potere trasferire la collezione dalla sede di Matera. Con ordinanza resa dal giudice istruttore in data 30 giugno 1999, l'istanza proposta dall'attrice per il sequestro giudiziario della collezione era rigettata. Con ordinanza resa dal collegio in data 29 ottobre 1999, il reclamo proposto avverso il provvedimento denegativo della tutela cautelare era respinto. Indi, la causa era rimessa in decisione sulle conclusioni rassegnate all'udienza dal 17 maggio 2002. Con sentenza non definitiva emessa in data 28 ottobre 2002 e depositata in data 19 dicembre 2002, la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» era riconosciuta unica ed esclusiva proprietaria della pinacoteca «Camillo D'Errico». Contestualmente, si disponeva la prosecuzione del giudizio per valutare la conformita' della legge 13 luglio 1939, n. 1082 ai parametri sanciti - in epoca successiva - dall'ordinamento costituzionale in tema di liberta' e proprieta' degli enti privati, nella prospettiva di rimetterne d'ufficio - in relazione al petitum principale e non al petitum secondario (come prospettato dall'attrice) - il vaglio al giudice delle leggi. II) - Cio' detto circa lo sviluppo dell'iter processuale, si impone un dettagliato ed accurato riepilogo degli antefatti extragiudiziali. Con testamento segreto redatto in data 16 ottobre 1897 e pubblicato con verbale rogato dal notaio Antonio Gasparrini da Palazzo San Gervasio (PZ) in data 2 novembre 1897, il cav. Camillo D'Errico disponeva la costituzione a suo nome di una fondazione avente lo scopo di raccogliere i quadri ed i libri della propria collezione («E' mia esclusiva volonta' ... che l'intero palazzo di mia attuale e costante abitazione, nel quale visse e mori' il mio adorato e compianto genitore, e nel quale si contengono tanti preziosi dipinti, opera di celebrati pittori e tanti libri tutti da me acquistati, rimanga esclusivamente destinata per uso di biblioteca e pinacoteca, nel modo come si trovera' all'epoca del mio decesso»), stabilendone la sede nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ) («La Pinacoteca e la Biblioteca saranno in perpetuo allogate nel detto mio palazzo di abitazione come ora lo sono»). Contestualmente, il testatore conferiva in dotazione alla costituenda fondazione, oltre al palazzo destinato a propria abitazione nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), anche un altro fabbricato nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ) («Per dotazione in perpetuo della pinacoteca e biblioteca, oltre al Palazzo intero, assegno l'altro palazzo che sta di fronte, e che ora e' sede della pretura e del municipio ...»). Inoltre, per assicurare l'attuazione della disposizione testamentaria, il fondatore designava esecutore testamentario il congiunto Vincenzo Lichinchi, incaricandolo di curare gli adempimenti necessari all'acquisto della personalita' giuridica («Il ... mio congiunto Vincenzo Lichinchi rimane specialmente incaricato di provocare il decreto regio, per la erezione in ente morale della pinacoteca e della biblioteca, che porteranno il mio nome e cognome; «Esso mio congiunto provvedera' ad iniziare ed espletare tutte le pratiche necessarie per conseguire il detto decreto di erezione in ente morale della pinacoteca e della biblioteca»). Indi, con regio decreto 19 luglio 1914, n. 963, la raccolta artistica e bibliografica era eretta in ente morale sotto la denominazione di «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico». Ancora, con regio decreto 16 dicembre 1915, n. 1926, si dava corso all'approvazione dello statuto della fondazione, con il quale: si sanciva l'istituzione nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ), «per lascito del cav. Camillo D'Errico», di una «Biblioteca e Pinacoteca che prende il nome di "Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» ...» (art. 1); si fissava la sede della fondazione «nel Palazzo del cav. Camillo D'Errico a tale scopo destinato in Palazzo San Gervasio al corso Manfredi ... », nei cui locali «... il cav. D'Errico ha raccolto a proprie spese nell'interesse dell'arte e delle lettere quadri e libri, gia' di sua proprieta' e da lui donati al nuovo Ente» (art. 2); si stabiliva la dotazione della fondazione, individuandosi le singole componenti del suo patrimonio (art. 3); si affidava la gestione della fondazione ad «... un Consiglio di amministrazione di cinque membri ...», il quale era composto dal sindaco del comune di Palazzo San Gervasio (PZ), in qualita' di Presidente, dal «locale regio ispettore per i monumenti», dal conservatore della pinacoteca e della biblioteca, nonche' «da due altre persone, tra le quali uno dei successori del fondatore, scelte dal consiglio del comune», in qualita' di consiglieri, per la durata di un biennio e con la possibilita' di conferma (art. 4); si ponevano limitazioni nella composizione dell'organo amministrativo (art. 5); si regolamentavano le attribuzioni ed il funzionamento dell'organo amministrativo (artt. 6, 7, 8 e 9); si disciplinavano la nomina e le funzioni del conservatore della pinacoteca e della biblioteca (artt. 10 e 11); si prevedeva il riconoscimento di compensi per il conservatore della pinacoteca e della biblioteca, nonche' per il personale di custodia (art. 12). Indi, a causa del suo scarso funzionamento, il consiglio di amministrazione della fondazione era sciolto con decreto ministeriale 8 luglio 1931, nominandosi in sua vece, una prima volta, nel 1931, e, una seconda volta, nel 1938, un commissario straordinario (leggasi la «relazione ministeriale sulle vicende storico-giuridiche della collezione D'Errico» nel fascicolo di parte convenuta). Tuttavia, sul presupposto che la disposizione testamentaria fosse stata frustrata, in parte, dal contegno ostile degli eredi del fondatore e, in parte, dalle condizioni del luogo ove era stata posta la sede dell'ente morale (leggansi i lavori preparatori negli atti della Camera dei fasci e delle corporazioni nel fascicolo di parte attrice), il legislatore perveniva alla determinazione di trasferire l'intera raccolta artistica e bibliografica dal comune di Palazzo San Gervasio (PZ) al comune di Matera. Cio' considerando che, «per quanto ci si debba dolere che le volonta' del benemerito fondatore, vengano cosi' alterate, nondimeno si deve pure riconoscere che in tal modo, sia la biblioteca che la pinacoteca verranno di certo meglio conservate e potranno trovare chi le tenga nel debito pregio, cio' che non accadeva in Palazzo San Gervasio, come e' dimostrato dal fatto che per ben due volte il Ministero per l'educazione nazionale dovette sciogliere la commissione amministratrice dell'Ente» (leggansi i lavori preparatori negli atti della Camera dei fasci e delle corporazioni, di cui trovasi annessa una copia nel fascicolo di parte attrice). Peraltro, «essendo Palazzo San Gervasio un centro prevalentemente agricolo, la biblioteca e la pinacoteca non avevano richiamato larga attenzione da parte degli studiosi e dei cultori d'arte» (leggansi i lavori preparatori negli atti della Camera dei fasci e delle corporazioni nel fascicolo di parte attrice). Conseguentemente, veniva approvata la legge 13 luglio 1939 n. 1082, la quale disponeva che la raccolta artistica e bibliografica (nella sua consistenza materiale) fosse trasferita presso i locali adatti da individuarsi nel comune di Matera a cura del Ministero per l'educazione nazionale, salva la facolta' di quest'ultimo di aggregarla ad altre istituzioni similari della citta' (art. 1), e stabiliva che con un successivo decreto reale si provvedesse alla riformulazione dello statuto dell'ente morale nelle parti abbisognevoli di adeguamento in conseguenza del trasferimento della raccolta (art. 2). In seguito, si provvedeva all'emanazione del regio decreto 2 ottobre 1940 n. 1588, il quale portava il regolamento di esecuzione della citata legge 13 luglio 1939 n. 1082, dettando una piu' capillare disciplina in ordine alla conservazione ed alla amministrazione dei beni appartenenti all'ente morale. Per la precisione, al Ministero per l'educazione nazionale (ora al Ministero dei beni culturali ed ambientali) erano conferiti i «poteri di gestione e di amministrazione» limitatamente al patrimonio dell'ente morale, diverso da quello artistico e bibliografico, al punto da stabilire la destinazione ritenuta piu' conveniente nell'interesse dell'ente morale e procedere ad atti di disposizione, con l'obbligo, in caso di alienazione, di tramutare il corrispettivo in titoli del debito pubblico vincolati a favore dell'ente morale. Quanto, invece, al complesso artistico e bibliografico, era assicurata la riserva di una «distinta amministrazione e gestione», anche quando si fosse verificata l'ipotesi dell'«aggregazione» ad altre istituzioni similari della citta' di Matera. In esecuzione delle cennate disposizioni di rango legislativo e regolamentare, si procedeva al trasferimento della collezione artistica e della collezione bibliografica dal comune di Palazzo San Gervasio (PZ) al Comune di Matera (da cui, all' epoca, era stabilita la dipendenza sul piano amministrativo), ove era depositata presso il Museo «Domenico Ridola». III) - Con la sentenza non definitiva resa tra le parti nel presente giudizio, si e' riconosciuto che la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» e' l'unica ed esclusiva proprietaria della collezione artistica e della collezione bibliografica, risalendone l'acquisto alla costituzione della fondazione del testamento. Ad avviso del giudicante, la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» non era stata affatto privata dell'appartenenza della universalita' mobiliare ad opera della legge 13 luglio 1939 n. 1082, la quale aveva disposto che la raccolta artistica e bibliografica (nella sua consistenza materiale) fosse trasferita presso i locali adatti da individuarsi nel comune di Matera a cura del Ministero per l'educazione nazionale, salva la facolta' di quest'ultimo di aggregarla ad altre istituzioni similari della citta' (art. 1), e che lo statuto dell'ente morale fosse riformulato, con un successivo decreto reale, nelle parti abbisognevoli di adeguamento in conseguenza del trasferimento della raccolta (art. 2). Stando al tenore delle norme richiamate, l'intenzione legislativa non era stata nel senso di provocare un'anomala ablazione ex lege della proprieta' della collezione artistica e della collezione bibliografica, con l'apprensione della pubblica amministrazione e la spoliazione dell'ente privato. Invero, i poteri riconosciuti alla pubblica amministrazione erano limitati alla materiale conservazione, della pinacoteca e della biblioteca, concernendo la collocazione in locali idonei e l'aggregazione ad altre istituzioni similari nel comune di Matera. Ne' il regio decreto 2 ottobre 1940 n. 1588, portante il regolamento di esecuzione della legge 13 luglio 1939 n. 1082, aveva in qualche modo dilatato (contra legem o praeter legem) le competenze ministeriali in ordine alla custodia della collezione artistica e della collezione bibliografica. Anzitutto, il regolamento aveva conferito alla pubblica amministrazione il potere di «... dare al patrimonio dell'ente, diverso da quello artistico e bibliografico, la destinazione ...» ritenuta «... piu' conveniente nell'interesse stesso dell'ente e procedere ad atti di disposizione del patrimonio stesso con l'obbligo, in caso di vendita, di tramutare il corrispettivo in titoli di debito pubblico vincolati a favore dell'ente». Quanto, invece, al complesso artistico e bibliografico, era stata assicurata la riserva di una «distinta amministrazione e gestione», anche quando si fosse verificata l'ipotesi dell'«aggregazione» «ad altre istituzioni similari della citta' di Matera». A ben vedere, la dizione letterale della norma regolamentare aveva previsto la coesistenza e la concorrenza delle facolta' dominicali della «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» e delle potesta' autoritative del Ministero dell'educazione nazionale (ora del Ministero dei beni culturali ed ambientali), delineando una netta separazione ed una chiara delimitazione delle rispettive sfere di attribuzione. Difatti, mentre l'amministrazione e la gestione delle raccolte - anche in ipotesi di aggregazione ad altre istituzioni similari della citta' di Matera - era (e non poteva che essere) riconosciuta all'ente privato, costituendo una modalita' di esercizio del diritto di proprieta', presupponente la disponibilita' giuridica dell'universitas rerum, la manutenzione e la conservazione delle raccolte - in ipotesi diversa dall'aggregazione ad altre istituzioni similari della citta' di Matera con l'assenso all'utilizzo del relativo personale - era (e non poteva che essere) riconosciuta alla pubblica amministrazione, costituendo una modalita' di esercizio del potere di custodia, presupponente la detenzione materiale dell'universitas rerum. In tal senso, non puo' tralasciarsi la considerazione - del resto, evidenziata anche nella «relazione ministeriale sulle vicende, storico-giuridiche della collezione D'Errico» nel fascicolo di parte convenuta - che la legge 13 luglio 1939, n. 1082 («Trasferimento dell'ente «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» da Palazzo San Gervasio a Matera») era coeva alla legge 1° giugno 1939, n. 1059 («Tutela delle cose d'interesse artistico e storico»), ricalcandone l'ispirazione tesa alla conformazione del contenuto della proprieta' privata agli interessi pubblici nel settore del godimento e della disposizione dei beni artistici. Onde, tenendo conto che l'art. 14 della legge 1° giugno 1939, n. 1059 ha contemplato la facolta' della pubblica amministrazione di provvedere direttamente alle opere necessarie ad assicurare la conservazione e ad impedire il deterioramento delle cose appartenenti ad enti od istituti legalmente riconosciuti e, ove trattasi di cose mobili, di farle anche asportare e temporaneamente custodire in pubblici istituti, appare evidente che la peculiarita' della legge 13 luglio 1939, n. 1082 e' consistita nell'anomala attribuzione alla pubblica amministrazione della funzione di custodire la pinacoteca e la biblioteca nel luogo ove era stata trasferita ex lege la sede della fondazione, con una sorta di presunzione juris et de jure circa la necessita' dell'intervento pubblico per soddisfare le esigenze di manutenzione e di conservazione della collezione artistica e della collezione bibliografica. Pertanto, al di la' di tale singolarita', lo statuto dominicale della pinacoteca «Camillo D'Errico» non poteva (e non puo) che ricalcare il regime introdotto dalla legge 1° giugno 1939, n. 1059 per la generalita' degli «enti o istituti legalmente riconosciuti». Per cui, tenuto conto che la legge 1° giugno 1939, n. 1059 ha dettato una speciale regolamentazione dell'appartenenza a soggetti privati delle cose d'interesse artistico e storico, senza comportare alcuna privazione dei diritti individuali, non si puo' che riconoscere alla «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» la piena ed esclusiva proprieta' della collezione-artistica. IV) - Su tali premesse in punto di diritto, l'adito giudicante valuta, comunque, di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 13 luglio 1939, n. 1082 denunciando la violazione degli artt. 3, 18 e 42 Cost. V) - La questione appare senz'altro rilevante ai fini della decisione. Invero, oltre al riconoscimento della proprieta', della pinacoteca e della biblioteca, la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» ha chiesto la condanna del Ministero dei beni culturali ed ambientali alla restituzione della collezione artistica. Come e' noto, l'azione di rivendicazione (art. 948 cod. civ.) e', al contempo, ricognitiva della proprieta' e recuperatoria del possesso di un bene. Piu' precisamente, l'accertamento della proprieta' e' il presupposto della condanna alla restituzione del possesso. Comunque, cio' non esclude la configurabilita' di un'azione di rivendicazione meramente ricognitiva della proprieta' (benche' con assoluta immutatezza dell'onus probandi - ex plurimis: Cass., 21 febbraio 1994, n. 1650; Cass., 9 giugno 2000, n. 7894), essendo possibile che l'attore non abbia un immediato interesse ad essere reimmesso nel possesso del bene. Nella specie, la «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» ha proposto entrambe le forme di rei vindicatio, subordinando l'esame del petitum meramente ricognitivo alla reiezione del petitum recuperatorio. Ora, la restituzione alla fondazione della collezione artistica postula la materiale trasferibilita' dei beni controversi dal comune di Matera al comune di Palazzo San Gervasio (PZ). Ma l'eseguibilita' in siffatti termini di un'eventuale pronunzia di condanna viene ad essere preclusa, allo stato attuale, dall'art. 1 della Legge 13 luglio 1939 n. 1082, il quale ha statuito, per l'appunto, che la pinacoteca e la biblioteca debbano essere conservate nel comune di Matera, ove e' stata trasferita ex lege anche la sede della fondazione. In proposito e' significativo che il Consiglio di Stato, adito in sede consultiva sulla odierna contesa, abbia ritenuto (con parere espresso in data 27 febbraio 1970) che l'abrogazione della legge 13 luglio 1939, n. 1082 sia la condizione imprescindibile per il trasferimento della collezione artistica e della collezione bibliografica dal comune di Matera al comune di Palazzo San Gervasio (PZ) (vedasi la «relazione ministeriale sulle vicende storico-giuridiche della collezione D'Errico» nel fascicolo di parte convenuta). VI) - La questione non e' manifestamente infondata. Come si e' detto l'art. 1 della legge 13 luglio 1939, n. 1082 ha disposto che «la "Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico", con sede in Palazzo San Gervasio, eretta in ente morale con regio decreto 8 luglio 1914, n. 963, e' trasferita a Matera» e che «il Ministero dell'educazione nazionale destinera' all'uopo i locali adatti in Matera, ed ha facolta' di aggregare la pinacoteca e la biblioteca ad altre istituzioni similari della citta». Posto che la legge 1° giugno 1939, n. 1059 era stata approvata in epoca pressocche' contestuale alla legge 13 luglio 1939, n. 1082, non si comprende l'esigenza di dettare (peraltro, con una sorta di «legge-provvedimento») una disciplina diversificata ad hoc per la gestione di una singola raccolta artistica e bibliografica, tenendo conto che le motivazioni illustrate nei lavori preparatori (di cui pure si e' data contezza nella esposizione delle vicende storiche) non giustificavano l'apposita introduzione di un regime speciale in deroga alla disciplina generale dei beni artistici. D'altra parte, quantunque sulla base di una valutazione operata all'indomani dei sopravvenuti mutamenti dell'ordinamento costituzionale (d'altronde, e' pacifica l'assoggettabilita' al giudizio di legittimita' costituzionale delle norme risalenti ad epoca anteriore alla svolta repubblicana), l'eccezionalita' della regolamentazione riservata alla «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» viene ad integrare - rispetto agli altri enti privati proprietari di cose di interesse artistico - una palese disparita' di trattamento, la quale viola i canoni della logicita' e della ragionevolezza (art. 3 Cost.), non trovando alcuna giustificazione nell'esigenza di diversificare il trattamento normativo di fattispecie eterogenee. Difatti, la configurazione di statuti speciali nelle forme di appartenenza e di godimento dei beni privati (nella specie, si e' di fronte ad un singolare regime di carattere eccezionale per una raccolta artistica e bibliografica nel contesto di una peculiare categoria di beni privati di interesse pubblico, per i quali il legislatore ha inteso dettare un complesso organico di regole commisurate alla loro specificita' funzionale) postula la consacrazione normativa di circostanze idonee a sorreggere la tipizzazione di una deroga alla disciplina generale. Ancora, e' indubbio che la disposizione censurata ha comportato l'introduzione ex lege di una modificazione statutaria dal contenuto destinato a stravolgere la volonta' testamentaria del defunto fondatore, il quale aveva stabilmente fissato la sede della «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» nel comune di Palazzo San Gervasio (PZ) («La Pinacoteca e la Biblioteca saranno in perpetuo allogate nel detto mio palazzo di abitazione come ora lo sono»). Ora, per quanto si sia ritenuto fino a qualche anno or sono che lo statuto delle fondazioni e' immodificabile sia da parte del fondatore che da parte degli amministratori, ritenendosi che l'art. 16, terzo comma, cod. civ. sia riferito alle sole associazioni, la piu' recente tendenza interpretativa e' orientata nel senso che la possibilita' di apportare modifiche agli statuti delle fondazioni e' consentita nei ristretti limiti delle variazioni organizzative che non pregiudicano lo scopo programmato (in tal senso, si citano esemplificativamente le ipotesi della creazione di ulteriori fondazioni accessorie, in caso di esuberanza del patrimonio, dell'ampliamento della gamma delle attivita' finalizzate al raggiungimento dello scopo, della trasformazione, nel caso di esiguita' del patrimonio, attraverso la limitazione del campo di attivita' o attraverso la fusione con una fondazione avente fini analoghi). In questa prospettiva, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che, «per quanto concerne le modifiche statutarie ..., in linea di principio, queste sono ammissibili per le fondazioni, come risulta espressamente dall'art. 16, ultimo comma, cod. civ., sempre che siano giustificate e, fermo l'interesse che il fondatore ha inteso realizzare, non siano tali da pregiudicare lo scopo programmato e da travolgere i connotati inderogabili della fattispecie, quali voluti dal fondatore» (Cons. Stato, 23 marzo 1996, n. 123). Su tali premesse, l'art. 1 della legge 13 luglio 1939, n. 1082, disponendo il trasferimento coattivo della sede della fondazione dal comune di Palazzo San Gervasio (PZ) al comune di Matera, si mostra lesivo, al contempo, dell'art. 42 Cost. (il diritto di disporre per testamento del proprio patrimonio e' un corollario del diritto alla proprieta' privata), per la parte in cui adotta una determinazione diretta a vanificare la disposizione testamentaria del fondatore, e dell'art. 16 Cost. (il diritto di stabilire senza limitazioni territoriali, la sede di un ente privato e' un corollario del diritto alla liberta' di circolazione e di soggiorno nel territorio nazionale), per la parte in cui comprime (se non sopprime) l'autonomia della fondazione nell'individuare l'ubicazione della propria sede in qualsivoglia localita' del territorio nazionale. Ne' e' plausibile che la ratio, sottesa alla legge 13 luglio 1939, n. 1082 si possa inserire - subendo, cosi', ex post un adattamento conformativo ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico - nella sfera dei limiti posti all'esercizio dei diritti tutelati dalle norme costituzionali, essendone irravisabili le condizioni delineate per ciascuna delle disposizioni vulnerate. Inoltre, e' evidente che siffatte censure di incostituzionalita' non possono che riverberarsi sull'art. 2 della legge 13 luglio 1939, n. 1082, trattandosi di disposizione destinata a dare mera attuazione all'art. 1 della legge 13 luglio 1939, n. 1082, attraverso la previsione complementare di una modifica, adeguativa dello statuto della «Biblioteca e pinacoteca Camillo D'Errico» nella clausola relativa alla collocazione geografica della sede. VII) - Pertanto, sussistendo i presupposti stabiliti dall'art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 il giudicante dispone la sospensione del presente procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione incidentale della questione pregiudiziale.
P. Q. M. Cosi' provvede: 1) solleva d'ufficio, ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 13 luglio 1939, n. 1082 per violazione degli artt. 3, 16 e 42 Cost.; 2) dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 3) sospende il presente procedimento; 4) ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' venga comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in camera di consiglio in data 28 ottobre 2002. Il giudice unico: Lo Sardo 03C0911