N. 629 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2003
Ordinanza emessa il 5 maggio 2003 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di El Sayed Tawfik Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Attribuzione alla polizia giudiziaria di un potere autonomo e superiore rispetto a quello riconosciuto alla autorita' giudiziaria - Irragionevole disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi di reato analoghe o piu' gravi - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta' personale - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3, 13, comma terzo e 97.(GU n.35 del 3-9-2003 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. L'imputato Tawfik veniva tratto in arresto in flagranza del reato di cui all'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e presentato all'odierna udienza per il giudizio di convalida. L'arrestato, in Italia senza regolare permesso dichiarava di non aver compreso l'ordine di espulsione. Il p.m. chiedeva la convalida dell'arresto obbligatorio. La difesa si opponeva alla convalida sollevando eccezione d'incostituzionalita' della norma. Il giudice, chiamato a convalidare l'operato della polizia giudiziaria, rileva profili di incostituzionalita' rilevanti e non manifestamente infondati e che, quindi, devono essere sottoposti al vaglio della Corte costituzionale. 1. - Contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies cit. e art. 13 della Costituzione. L'art. 13 della Costituzione, secondo la lettura che ne e' sempre stata data dalla Corte costituzionale (si vedano, per tutte, le pronunce n. 173 del 1971 e n. 503 del 1989) e dalla Corte di cassazione (cfr. sentenza n. 297 del 1973), legittima il potere di limitazione della liberta' personale da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza solo in quanto anticipazione e supplenza del potere dell'autorita' giudiziaria. Ed infatti, ai sensi dell'art. 386 c.p.p., la polizia giudiziaria deve dare immediata notizia al pubblico ministero di ogni arresto e deve porre a disposizione del p.m. l'arrestato entro 24 ore; e il p.m. ha il potere/dovere di sindacare immediatamente l'operato della polizia giudiziaria, sia sotto il profilo della legittimita' che sotto quello delle esigenze cautelari, ex art. 389 c.p.p. e 121 disp. att. c.p.p. Nel caso di specie, e' invece attribuito alla polizia giudiziaria il dovere di procedere all'arresto - obbligatorio - dell'indagato per un illecita contravvenzionale, cui non puo' seguire l'applicazione di alcuna misura cautelare (ex art. 272 e ss. c.p.p. ed in mancanza di previsione speciale). Viene cosi' riconosciuto alla polizia giudiziaria, in materia di liberta' personale, un potere autonomo e superiore rispetto a quello di cui dispone l'autorita' giudiziaria, in contrasto con l'art. 13 comma 2 della Costituzione. L'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. citato, poi, prevede che si proceda con rito direttissimo: con cio' parrebbe risultare limitato il potere/dovere del p.m. di porre immediatamente in liberta' l'indagato ex art. 121 disp. att. c.p.p. (infatti nel caso in esame non esercitato), in contrasto con il dovere di controllo dell'operato della p.g. ex art. 13, secondo comma Cost. 2. - Contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies e l'art. 3 della Costituzione. L'arresto obbligatorio, previsto dall'art. 380 c.p.p. e' istituto previsto per delitti di particolare gravita' puniti con l'ergastolo ovvero con la pena non inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione, ovvero altri casi riguardanti delitti certamente molto gravi quanto alle conseguenze sanzionatorie. Al contrario, il reato per cui si procede e' una contravvenzione giudicata dal legislatore stesso di modesta gravita', atteso il tenore sanzionatorio della stessa norma (da sei mesi a un anno di arresto) e dunque ben lontana dalle caratteristiche degli altri casi di arresti obbligatori. Il fatto che poi all'arresto debba necessariamente seguire la liberazione non potendosi applicare alcuna misura cautelare, comporta un'ulteriore profilo di stridente ed ingiustificata differenza rispetto agli altri casi di arresto obbligatorio dove la restrizione della liberta' puo' seguire a dimostrazione della necessita' di privare la liberta' personale dell'arrestato. Infine, e' stridente la disparita' di trattamento tra cittadini extracomunitari non in regola con la normativa relativa al soggiorno: l'art. 13, comma 13-ter dello stesso decreto legislativo non impone l'arresto obbligatorio dello straniero espulso che rientri nel territorio dello Stato (punito con pena identica a quella prevista per lo straniero che non ottempera all'ordine di allontanarsi), neppure se l'espulsione era stata disposta dall'autorita' giudiziaria (delitto per il quale e' prevista una pena ben piu' grave e che consente l'applicazione di misure cautelari). 3. - Contrasto con l'art. 97 della Costituzione. La nuova norma ha comportato un rilevante aggravio di lavoro per ufficiali ed agenti di p.g. che sono obbligati a procedere all'arresto, con tutti gli incombenti conseguenti, cui si aggiunge l'impegno di uomini e mezzi dell'amministrazione penitenziaria prima e giudiziaria poi, senza che quest'attivita' porti a risultati apprezzabili dato che all'arresto deve necessariamente conseguire la liberazione dell'arrestato in quanto non e' possibile applicare alcuna misura cautelare. In realta' la finalita' del legislatore, volta ad ottenere l'espulsione, potrebbe essere piu' direttamente essere perseguita mediante l'accompagnamento coattivo alla frontiera, per altro gia' previsto dall'ordinamento, senza dover passare tramite un arresto obbligatorio che non porta alcun contributo al fine, soprattutto tenuto conto del dispendio di energia della p.a. Che la questione e' rilevante nel caso di specie, incidendo sulla convalida dell'arresto che questo giudice e' chiamato ad operare, questione del tutto indipendente rispetto alla necessaria liberazione comunque conseguente all'impossibilita' di applicazione di misure cautelari. Sussistendo, quindi, seri dubbi di legittimita' della norma in esame in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione, va disposta la sospensione del procedimento per le valutazioni della Corte. In mancanza di titolo detentivo, va altresi' disposta l'immediata rimessione in liberta' dell'indagato, se non detenuto per altra causa.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. n. 87/1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies L. 189/2002, nella parte in cui prevede, per il reato previsto al comma 5-ter, l'arresto obbligatorio dell'indagato, per violazione degli artt. 3 e 13 comma terzo della Costituzione; Dispone l'immediata remissione in liberta' dell'imputato Tawfik, se non detenuto per altra causa; Sospende il presente procedimento ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Milano, addi' 5 maggio 2003 Firma Illeggibile 03C0936