N. 791 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 luglio - 19 giugno 2003

Ordinanze  791 e 792 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse
il  22  luglio  e  il  19  giugno  2003  dal  Tribunale di Trento nei
procedimenti penali a carico di Amin Mouhamed (R.O. 791/2003), Bechir
Abdelkarim (R.O. 792/2003)

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato, in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Irragionevole  ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
  all'analogo  reato di rientro, senza autorizzazione, nel territorio
  dello Stato a seguito di espulsione amministrativa, per il quale e'
  previsto l'arresto facoltativo in flagranza - Lesione del principio
  della riserva di giurisdizione in materia di liberta' personale.
- Decreto    legislativo    25 luglio    1998,    n. 286,    art. 14,
  comma 5-quinquies, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13.
(GU n.40 del 8-10-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Il  giudice, letti gli atti del procedimento penale nei confronti
di Amin Mouhamed nato a Koudess (Israele) il 4 giugno 1984, arrestato
dal  nucleo  operativo  Carabinieri  - Compagnia di Trento in data 12
luglio  2003  per  violazione  dell'art. 14,  comma  5-ter del d.lgs.
n. 286/1998,  come  modificato  dalla  legge 30 luglio 2002, n. 189 e
presentato  direttamente dal p.m. all'udienza in stato di arresto per
il contestuale giudizio direttissimo;
    Considerato  che  il  p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto
dello  straniero  e  il  difensore di quest'ultimo si e' rimesso alla
decisione del tribunale;
    Esaminata  d'ufficio  la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14,  comma  5-ter  del d.lgs. n. 286/1998, modificato dalla
legge n. 189/2002, in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione;

                            O s s e r v a

    La  normativa  in  materia  di immigrazione e di asilo, di cui al
d.lgs.  n. 286/1998,  come  modificato  dalla  legge  30 luglio 2002,
n. 189,  nel  disciplinare  l'espulsione  in via amministrativa dello
straniero,  statuisce che la stessa e' eseguita dal questore mediante
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13,
comma 4) oppure (art. 13, comma 5), quando lo stesso si e' trattenuto
nel  territorio  dello  Stato con il permesso di soggiorno scaduto di
validita'  da  piu' di 60 giorni, tramite l'intimazione a lasciare il
territorio  dello  Stato  entro  il  termine  di  quindici giorni (in
quest'ultimo  caso,  quando  si  rilevi  il  concreto pericolo che lo
straniero si sottragga all'esecuzione del provvedimento, si da' luogo
parimenti al suo accompagnamento immediato alla frontiera).
    La  straniero  espulso  non  puo'  rientrare nel territorio dello
Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno.
    A) In caso di trasgressione, lo straniero e' punito con l'arresto
da sei mesi ad un anno (art. 13, comma 13).
    B)  Il  reiterato  comportamento  trasgressivo  e'  punito con la
reclusione da uno a quattro anni (art. 13, comma 13-bis).
    Per entrambi i reati di cui sopra, per quello contravvenzionale e
per  il  delitto,  l'arresto  e'  consentito  ed  e'  imposto il rito
direttissimo.
    Quando  non  sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione
mediante  accompagnamento  alla  frontiera  ovvero  il respingimento,
perche'   occorre   procedere   al   soccorso   dello  straniero,  ad
accertamenti   supplementari   in   ordine   alla   sua  identita'  o
nazionalita',  ovvero  all'acquisizione  di documenti per il viaggio,
ovvero  per  l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto
idoneo,  il  questore  dispone che lo straniero sia trattenuto per il
tempo   strettamente   necessario  presso  il  centro  di  permanenza
temporanea e assistenza piu' vicino.
    Il   provvedimento  del  questore  deve  essere  convalidato  dal
tribunale  in  composizione  monocratica  entro le 48 ore successive,
pena la perdita di ogni effetto (art. 14, comma 1).
    Quando  non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un
centro  di permanenza temporanea (ovvero siano trascorsi i termini di
permanenza   senza   che  siano  stati  eseguiti  l'espulsione  o  il
respingimento),  il  questore  ordina  allo  straniero di lasciare il
territorio entro il termine di cinque giorni.
    C)  Lo  straniero  che senza giustificato motivo si trattiene nel
territorio  dello  Stato  in  violazione di tale ordine e' punito con
l'arresto da sei mesi ad un anno (art. 14, comma 5-ter).
    D)  Lo  straniero gia' espulso ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter
(di  cui appena sopra), che viene trovato nel territorio dello Stato,
e'  punito  con  la  reclusione da uno a quattro anni (art. 14, comma
5-quater).
    Per  entrambi  i  reati,  per  quella  contravvenzionale e per il
delitto,  l'arresto  dell'autore  del  fatto  e'  obbligatorio  ed e'
imposta il rito direttissimo.
    Ebbene,  la disciplina dell'art. 14, comma 5-quinquies del d.lgs.
n. 286/1998,  come  modificato  dalla  legge  n. 189/2002,  appare in
patente contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    I  due  reati contravvenzionali (quello di cui all'art. 13, comma
13,  descritto  sub  a),  e  quello  di cui all'art. 14, comma 5-ter,
descritto  sub c),sono di pari gravita' e sanzionati, per questo, con
la medesima pena edittale.
    Come  e'  gia'  stato  evidenziato,  e  come appare a una lettura
approfondita  della  norma,  si  puo'  dire, anzi, che la fattispecie
criminosa  di  cui  aIl'art. 13,  comma  13 (descritta sub A) e' piu'
grave di quella di cui all'art. 14, comma 5-ter (descritta sub C).
    Valgano in tal senso le parole spese dal giudice del tribunale di
Modena  che,  sollevando  con  ordinanza  del 31 ottobre 2002 analoga
eccezione  di  incostituzionalita'  della  norma  de qua, cosi' si e'
espresso:
        «La  fattispecie  descritta  dall'art. 14, comma 5-ter appare
ontologicamente  meno  grave  rispetto  quella inserita nell'art. 13,
comma 13.
    Lo   straniero  che  rientra  nel  territorio  dello  Stato  dopo
l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica pone in
essere una condotta attiva.
    Piu'  esattamente,  trasgredisce ad un ordine non solo legalmente
impartito  dalla  pubblica autorita' italiana ma addirittura eseguito
in  modo  coattivo, con impiego da parte dello Stato di risorse umane
ed economiche.
    Una  simile  condotta  e'  certamente  poco  compatibile  con  un
atteggiamento colposo.
    La   contravvenzione  di  cui  al  comma  5-ter  dell'art. 14  si
realizza, invece, con una condotta meramente omissiva.
    La  trasgressione  posta  in  essere  dallo straniero non ha alle
spalle  un accompagnamento coatto alla frontiera ma un ordine scritto
del  questore di lasciare il territorio dello Stato nel breve termine
di cinque giorni.
    La disobbedienza e' sicuramente compatibile in questo caso con un
atteggiamento colposo, negligente.
    La   mancata  esecuzione  dell'ordine  non  vanifica  uno  sforzo
compiuto  dallo  Stato  per  attuare  in  maniera  forzata  i  propri
provvedimenti».
    E, pero', a ritenuta parita' di situazioni normative, in presenza
di due fatti criminosi sanzionati con la stessa pena edittale, con un
effetto  certamente  a  sorpresa  ed  inaspettata  il  legislatore ha
previsto,  in  un  caso (art. 13, comma 13), l'arresto facoltativo e,
nell'altro caso (art. 14, comma-ter) l'arresto obbligatorio.
    L'esito  inevitabile  e'  nel  senso  che la previsione normativa
(art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato
dalla    legge   n. 89/2002)   dell'arresto   obbligatorio   per   la
contravvenzione  di  cui  all'art. 4, comma 5-ter, concretizzando una
palese  disparita' di trattamento rispetto all'art. 13, comma 13 che,
per  una fattispecie di pari se non addirittura maggiore gravita', si
limita a consentire il mero arresto facoltativo, si pone in sensibile
ed insanabile contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    Ma  la  ingiustificata disparita' di trattamento si delinea ancor
piu'   evidente   solo   che   si   consideri   che,  mentre  per  la
contravvenzione  di  cui all'art. 14, comma 5-ter (che corrisponde al
tipo   di   reato   cui  meno  grave)  e'  stata  previsto  l'arresto
obbligatorio,   per   il   delitto  di  all'art. 13,  comma  13  (che
corrisponde  al tipo di reato piu' grave) e' stato previsto solamente
l'arresto facoltativo.
    Ora,  l'arresto  obbligatorio in flagranza di reato e' previsione
(art. 380,  c.p.p.)  che si configura esclusivamente in rapporto alla
commissione  di  un  delitto non colposo, e non di ogni delitto ma di
quelli  di  particolare gravita', puniti con la pena dell'ergastolo o
della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo
a  venti anni, oppure facenti parte di quelli elencati specificamente
nel comma secondo dello stesso articolo.
    L'averlo  analogamente esteso, fatto unico nel nostro ordinamento
giuridico,  a  una fattispecie contravvenzionale (ad una fattispecie,
cioe',  che lo stesso legislatore ritiene di notevole minore gravita)
non  puo'  che  essere  stigmatizzato come violatore del principio di
uguaglianza.
    E'  pacifico  che alla discrezionalita' legislativa appartenga la
scelta  dei presupposti di applicabilita' delle misure precautelari e
cautelari.
    E,  tuttavia,  allorquando tale discrezionalita' venga utilizzata
per  dar luogo ad esiti di irragionevole ed ingiustificata disparita'
di  trattamento,  la  norma  presupposta puo' e deve essere censurata
sotto  il profilo della vulnerazione costituzionale («Non si compiono
valutazioni  di  natura  politica  e  nemmeno  si controlla l'uso del
potere  discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio
dell'uguaglianza  e'  violato quando il legislatore assoggetta ad una
indiscriminata  disciplina  situazioni  che esso considera e dichiara
diverse» Corte cost. n. 53/1958).
    L'art. 14  comma  5-quinquies si pone, peraltro, in contrasto con
l'art. 13  della  Costituzione  che,  dopo  avere  affermato  che  la
liberta'  e'  inviolabile, assume che non e' ammessa nessuna forma di
restrizione  della  liberta'  personale,  se  non  per  atto motivato
dell'autorita' giudiziaria.
    E vero che il terzo comma di detto art. 13 statuisce che, in casi
eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza,  l'autorita'  di P.S., puo'
adottare provvedimenti provvisori.
    Ma  essi  devono  essere  comunicati  entro  48 ore all'autorita'
giudiziaria ai fini della convalida.
    Il  sintagma  suggerisce  che,  fermo il potere esclusivamente in
capo  all'autorita'  giudiziaria  di restringere con atto motivato la
liberta'  personale,  quello  affidato  all'iniziativa  della  pg, in
quanto   meramente   anticipatorio  o  sostitutivo  o  derogatorio  o
residuale  che dir si voglia del primo in ragione dell'eccezionalita'
e dell'urgenza, non puo' mai superarlo o eccederlo.
    L'affermazione,  in  chiave  processuale,  sta a significare che,
ogni  volta che alla p.g., e' affidato il potere di procedere in modo
precautelare  all'arresto,  obbligatorio  (o  anche solo facoltativo,
anche  se  e'  tema  estraneo  alla  materia che qui si tratta), deve
corrispondere   un   analogo  potere  dell'autorita'  giudiziaria  di
disporre  in  via cautelare la stessa misura privativa della liberta'
personale.
    Ed,   infatti,   se   si   vanno   ad   analizzare  gli  istituti
dell'applicazione  della  misura cautelare della custodia in carcere,
si  ha  modo  di  verificare che effettivamente tutte le volte in cui
alla   pg   e'   consentita  l'iniziativa  di  procedere  all'arresto
obbligatorio  (o,  anche  solo,  facoltativo)  corrisponde  l'analogo
potere  dell'autorita'  giudiziaria  di applicare la misura cautelare
della custodia in carcere.
    Nel caso che ci interessa, per contro, alla pg viene conferito il
potere  di  procedere  all'arresto  obbligatorio  della  persona  che
commette  una mera contravvenzione (peraltro, eccedendo la previsione
degli  artt. 272  e  segg.  c.p.p,  e  delle norme speciali), pur non
corrispondendo un analogo potere in capo all'autorita' giudiziaria.
    Alla  prima,  ad una autorita' amministrativa, dunque, e' dato il
potere  di  privare della liberta' personale una persona che non puo'
essere attinta da analoga misura da parte dell'autorita' giudiziaria.
Ne'  vale  sostenere  che  all'autorita' giudiziaria viene attribuito
comunque il potere di convalidare la misura restrittiva in questione.
    Rimane,  infatti,  che  alla  pg,  viene conferito un potere che,
configurandosi  autonomo  e  addirittura  superiore rispetto a quello
della  magistratura, viola il precetto costituzionale che affida solo
a questa la possibilita' della privazione della liberta' personale.
    La questione sollevata e' da ritenere rilevante.
    Lo straniero e' stato arrestato ai sensi della norma di cui viene
sollevato il sospetto di incostituzionalita'.
    La  questione  e',  altresi',  rilevante  ai fini della convalida
dell'arresto, procedura che e' non e' stata esaurita ed anzi e' stata
sospesa   proprio   al  fine  di  trasmettere  gli  atti  alla  Corte
costituzionale.
    Sotto  tale  aspetto,  e'  irrilevante  che  l'imputato  si stato
rimesso   in   liberta'  ai  sensi  dell'art. 391,  u.c.  c.p.p.  (si
confronti,  a  tal proposito, sentenza Corte costituzionale n. 54 del
1993).
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23, legge 87/1953;
    Dichiara  rilevante,  e non manifestamente infondata la questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter e quinquies
legge  286/1998  (cosi'  come  modificato dalla legge 189/2002) nella
parte  in  cui  prevede,  per  il  reato previsto dall'art. 14, comma
5-ter,  l'arresto  obbligatorio  dell'indagato,  per violazione degli
artt. 3 e 13 della Costituzione.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Dispone   che,   a   cura   della   cancelleria,  l'ordinanza  di
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  in notificata
all'imputato,  al  difensore  e  al  p.m.,  nonche' al Presidente del
Consiglio   dei  ministri  e  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
        Trento, addi' 22 luglio 2003
                        Il giudice: Raimondi
03C1070