N. 306 SENTENZA 1 - 3 ottobre 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Oggetto   del   giudizio   -   Disposizioni   regionali  in  tema  di
  eleggibilita' alle cariche elettive regionali - Permanente vigenza.
Rilevanza  della  questione - Sussistenza - Riferibilita' della norma
  contestata  alla  vicenda  processuale a giudizio - Motivazione non
  implausibile del giudice rimettente in merito.
Regione   Siciliana   -   Elezioni   -   Ineleggibilita'  a  deputato
  dell'Assemblea regionale dei capi servizio degli uffici statali che
  svolgono attivita' nella Regione - Lamentata indeterminatezza della
  disposizione  legislativa  regionale, in contrasto con il principio
  del  libero  accesso  dei  cittadini, in condizioni di eguaglianza,
  alle cariche elettive - Non fondatezza della questione.
- Legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29, art. 8, secondo
  comma, n. 7.
- Costituzione, art. 51.
(GU n.40 del 8-10-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 8, comma 2,
n. 7,  della  legge  Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione
dei   deputati   all'Assemblea  regionale  Siciliana),  promosso  con
ordinanza  del  6 marzo  2003  dalla  Corte di cassazione sul ricorso
proposto  da  Gennuso  Giuseppe  contro  Sbona  Sebastiano  ed altri,
iscritta al n. 291 del registro ordinanze e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 16, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Gennuso Giuseppe e di Sbona
Sebastiano;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  1° luglio  2003  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  gli avvocati Girolamo Rubino e Filippo Lubrano per Gennuso
Giuseppe e Giovanni Pitruzzella per Sbona Sebastiano.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La  Corte di Cassazione, prima sezione civile, con ordinanza
24 gennaio  2003,  iscritta al n. 291 del registro ordinanze 2003, ha
sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8,
secondo  comma,  n. 7,  della  legge della Regione Siciliana 20 marzo
1951, n. 29 (Elezione dei deputati all'Assemblea regionale Siciliana)
nella  parte in cui prevede l'ineleggibilita' alla carica di deputato
regionale  dei  «capi  servizio ... degli uffici statali che svolgono
attivita'  nella  regione»  per contrasto con l'art. 51, primo comma,
della Costituzione.
    Premette la rimettente che Giuseppe Gennuso, primo dei non eletti
nella lista avente il contrassegno «CDU» alle elezioni per il rinnovo
dell'Assemblea regionale Siciliana del 24 giugno 2001, aveva proposto
ricorso   al   Tribunale   di   Palermo   per   la  dichiarazione  di
ineleggibilita'  a deputato regionale di Sebastiano Sbona (dichiarato
eletto),  in  quanto  questi,  sia  prima che durante la candidatura,
aveva  ricoperto  la  carica di capo area della Sicilia sud orientale
del  settore Medicina legale dell'I.N.A.I.L., nonche' svolto funzioni
di  direttore  sanitario  dello  stesso  istituto  presso  la sede di
Siracusa.
    Il   Gennuso,   a   fondamento   del   ricorso,   aveva   dedotto
l'ineleggibilita'  sotto  tre profili: ai sensi dell'art. 3, comma 9,
del  d.lgs.  30 dicembre  1992,  n. 502  (applicabile per effetto del
rinvio   di   cui  all'art. 4  della  legge  12  giugno 1984,  n. 222
all'art. 47   della   legge   23 dicembre  1978,  n. 833);  ai  sensi
dell'art. 8, n. 7 della legge Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29;
ai sensi dell'art. 10, n. 4 della medesima legge regionale.
    Il  Tribunale  di  Palermo  aveva  rigettato  il  ricorso  e tale
decisione  era  stata  confermata,  con  sentenza del 28 giugno 2002,
dalla  Corte  d'Appello  che  aveva  ritenuto  non  applicabile nella
fattispecie  la  causa di ineleggibilita' di cui all'art. 3, comma 9,
del  d.lgs.  30 dicembre 1992, n. 502, prevista per i dirigenti delle
aziende  unita'  sanitarie  locali  in  quanto  l'estensione, operata
dall'art. 13  della  legge  n. 222  del  1984  ai  medici  degli enti
previdenziali   della   disciplina   dettata   per   i  medici  delle
AA.UU.SS.LL. dall'art. 47 della legge n. 833 del 1978, si riferirebbe
solo  al trattamento giuridico ed economico e non potrebbe intendersi
riferita  anche  alle  cause di ineleggibilita'. Il giudice d'appello
aveva inoltre escluso l'applicabilita' dell'art. 10, n. 4 della legge
Regione  Siciliana  n. 29  del 1951, trattandosi di norma non piu' in
vigore   ai  sensi  dell'art. 13  della  legge  Regione  Siciliana 20
giugno 1997, n. 19. Infine aveva ritenuto non applicabile la causa di
ineleggibilita'  di  cui  all'art. 8,  n. 7,  legge Regione Siciliana
n. 29  del  1951,  sia  perche'  sostanzialmente abrogata dalla legge
Regione  Siciliana  n. 19  del  1997,  sia  in  considerazione  della
sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 166  del  1972  che  aveva
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 5 della legge
n. 108   del   1968,  contenente  una  previsione  analoga  a  quella
dell'art. 8 della legge della Regione Siciliana.
    Avverso   tale  decisione  Gennuso  aveva  proposto  ricorso  per
Cassazione   ed   aveva   eccepito   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 8, comma 2, n. 7, legge regionale n. 29 del
1951, con riferimento agli artt. 3 e 51 Cost.
    Ad avviso del giudice remittente, dei motivi del ricorso proposti
sarebbe    accoglibile   solo   quello   fondato   sulla   causa   di
ineleggibilita'  prevista  dall'art. 8,  comma 2,  n. 7,  della legge
regionale   n. 29   del  1951.  A  questo  proposito  la  Cassazione,
richiamando  una  propria  precedente decisione, afferma che l'art. 3
della  legge  regionale  n. 19  del  1997,  nello  stabilire  che  le
condizioni  di  ineleggibilita'  previste dagli artt. 8, 9 e 10 della
legge  regionale n. 29 del 1951 «rimangono regolate» dagli artt. 2, 3
e  4  della  legge  n. 154  del 1981, avrebbe inteso «disporre che le
condizioni  di ineleggibilita' previste dalla legge regionale restano
ferme,  ossia  permangono  («rimangono»), ma sono regolate secondo la
legge  statale».  Conseguentemente le fattispecie di ineleggibilita',
«rimangono quelle previste dalla legge regionale (sia pure, in alcuni
casi  trasformate  in  fattispecie di incompatibilita), ivi compresa»
quella  prevista  dall'art. 8,  comma 2,  n. 7,  «che  resta causa di
ineleggibilita».
    Dunque,  ad avviso del remittente, tale norma sarebbe applicabile
nel giudizio a quo.
    La  rilevanza  della questione di costituzionalita' discenderebbe
inoltre,  ad  avviso  della Cassazione, dalla circostanza che di tale
norma  non  sarebbe  possibile  un'interpretazione costituzionalmente
orientata  sulla  base  della sentenza della Corte n. 166 del 1972 in
quanto  tale  pronuncia  faceva  riferimento  unicamente  alla  norma
statale che, benche' di analogo contenuto, tuttavia era diversa dalla
norma regionale.
    La  rilevanza della questione discenderebbe infine dal fatto che,
l'art. 8,  nello  stabilire la ineleggibilita' dei «capi servizio ...
degli  uffici  statali  che  svolgono  attivita'  nella  regione», si
riferirebbe   anche   agli  uffici  dell'INAIL,  poiche'  il  termine
«statali»  andrebbe  inteso in senso lato, cosi' da comprendere anche
gli   uffici   di  enti  diversi  dallo  stato  che,  pur  dotati  di
personalita' giuridica, «sono definibili `statali' o `parastatali' in
quanto  completano  l'organizzazione  dello  Stato, rispetto al quale
sono  direttamente  strumentali,  con  un'organizzazione  a carattere
nazionale,   per  la  realizzazione  dei  fini  fondamentali  che  la
Costituzione assegna alla Repubblica».
    Venendo  al  merito  della  questione  di  costituzionalita',  la
Cassazione  afferma  la  manifesta  infondatezza  della questione con
riferimento  all'art. 3  Cost.,  in quanto, come chiarito dalla Corte
costituzionale  fin  dalla  sentenza n. 134 del 1975, nelle regioni a
statuto  speciale  sarebbero possibili regolamentazioni differenziate
anche nei casi di ineleggibilita'.
    Con  riferimento  al  parametro dell'art. 51 Cost., il rimettente
ritiene  invece la questione non manifestamente infondata. Infatti la
Corte   costituzionale  nella  sent.  n. 166  del  1972  con  cui  ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  l'art. 5,  n. 7,  della
legge n. 108 del 1968, perche' conteneva una causa di ineleggibilita'
«dai  confini estremamente generici ed elastici», in quanto ne' nella
legge  censurata,  ne'  in  altro  testo  legislativo  poteva  essere
rinvenuta  la  definizione  di  «ufficio»  o «capo di un ufficio», ha
affermato  che  la  legge  della  Regione  Siciliana  n. 29  del 1951
conteneva previsione «sostanzialmente analoga» a quella censurata.
    Il  giudice  a  quo  peraltro  ricorda che successivamente a tale
pronuncia  e' stata approvata la legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6
che,  nel  disciplinare  i  servizi sanitari, definisce il «servizio»
come  l'unita'  organizzativa fondamentale per il conseguimento degli
obiettivi dell'unita' sanitaria locale, e regola le sue articolazioni
e le sue funzioni.
    2. - Il  Gennuso,  intervenuto  in  giudizio,  ha  chiesto che la
questione venga dichiarata non fondata.
    Anzitutto  ribadisce  la perdurante vigenza della norma regionale
censurata,  sia in quanto il legislatore regionale non avrebbe voluto
una piena uniformita' con la legislazione nazionale, sia in quanto la
legislazione  regionale  in  materia  elettorale  sarebbe  prevalente
rispetto  a  quella  nazionale,  stante  il  carattere primario della
potesta'   legislativa   riconosciuta   dallo  Statuto  alla  Regione
Siciliana  (come  confermato  anche  nel parere reso dal Consiglio di
giustizia amministrativa per la Regione Siciliana n. 239 del 2001).
    Afferma  la parte privata che ne' sotto il profilo oggettivo, ne'
sotto  quello  soggettivo  ricorrerebbero  le  condizioni poste dalla
Corte  a  base  della  pronuncia  n. 166  del  1972.  Quanto al primo
aspetto,  la  causa  di  ineleggibilita' contenuta nella legislazione
Siciliana  si  riferirebbe  non  alla  nozione di «ufficio», bensi' a
quella  di  «servizio», appropriatamente definita dalla legge Regione
Siciliana n. 6 del 1981.
    Quanto  al  profilo  soggettivo,  concernente  la definizione del
ruolo e della responsabilita' del capo del servizio, il d.lgs. n. 502
del  1992  definisce  la  nozione di struttura complessa e assegna al
dirigente   medico  di  secondo  livello  funzioni  di  direzione  ed
organizzazione  della  medesima  (tale ruolo e' stato ricoperto dallo
Sbona, il quale rivestiva la qualifica di dirigente medico di secondo
livello).  Ne'  potrebbe estendersi alla norma regionale censurata la
dichiarazione  di incostituzionalita' della analoga previsione di cui
all'art. 5  della  legge  n. 108  del  1968, contenuta nella sentenza
n. 166  del  1962,  dal momento che il nostro ordinamento non conosce
l'ipotesi  della  dichiarazione  di  incostituzionalita'  derivata, o
«addirittura  analogica,  di  norme  appartenenti a diversi plessi di
legislazione».
    L'art. 8,  n. 7, legge regionale n. 29 del 1951, inoltre, sarebbe
applicabile  anche  ai  capi  servizio  degli  uffici dell'INAIL, dal
momento  che  tale  ente,  poiche'  persegue  fini propri dello Stato
rispetto al quale ha funzione strumentale, dovrebbe qualificarsi come
ente  statale,  appartenente  all'organizzazione amministrativa dello
Stato.
    3. - Lo    Sbona,    intervenuto    in   giudizio,   ha   chiesto
preliminarmente   che   la   questione   sollevata   sia   dichiarata
manifestamente  inammissibile  o infondata, dal momento che il rinvio
operato  dall'art. 13  della  legge  regionale  n. 19  del  1997 alla
disciplina  contenuta  negli  artt. 2,  3  e 4 della legge n. 154 del
1981,   non  sarebbe  limitato  ai  soli  effetti  procedurali  della
normativa  nazionali,  ma comprenderebbe anche quelli sostanziali. In
altri termini il legislatore regionale del 1997 avrebbe sostituito le
cause  di  ineleggibilita' previste dagli artt. 8, 9 e 10 della legge
regionale  n. 29  del  1951  con quelle previste dagli artt. 2, 3 e 4
della   legge   n. 154   del   1981.   Dunque  la  questione  sarebbe
inammissibile  «per  mancanza  dell'oggetto del giudizio», poiche' la
norma  censurata  sarebbe stata abrogata. Sarebbe comunque infondata,
in  quanto  gli  artt. 2,  3  e  4  della  legge  n. 154 del 1981 non
prevedono   nessuna   causa   di  ineleggibilita'  per  i  dipendenti
dell'INAIL.
    Secondo  questa  parte  privata,  la  questione  sarebbe  inoltre
inammissibile   o   comunque   infondata   in  base  ad  una  lettura
costituzionalmente  orientata  della norma censurata, alla luce della
sentenza  n. 166  del 1972. In base a tale lettura la norma impugnata
sarebbe  abrogata  «e  comunque  non  piu'  operante nell'ordinamento
siciliano».
    Ove  la  Corte dovesse ritenere l'attuale vigenza dell'ipotesi di
ineleggibilita'  prevista dagli artt. 8, 9 e 10 della legge regionale
n. 29  del  1951, la questione sarebbe manifestamente inammissibile o
infondata,  dal  momento  che  a  differenza  di  quanto ritenuto dal
rimettente  l'INAIL  non  rientra  tra  gli  uffici  statali  cui  si
riferisce l'art. 8 impugnato.
    Nel  merito,  afferma la difesa dello Sbona che, ove si ritenesse
che  le  ipotesi di ineleggibilita' in Sicilia siano tuttora regolate
dagli artt. 8, 9 e 10 della legge regionale n. 29 del 1951, l'art. 8,
secondo   comma,   n. 7,   dovrebbe   ritenersi  incostituzionale  in
riferimento  all'art. 51  Cost.,  dal  momento  che pone una causa di
ineleggibilita'  dai  confini generici ed elastici, cosi' come quella
prevista  dal  legislatore  nazionale  nella  legge  n. 108 del 1968,
dichiarata incostituzionale con la sent. n. 166 del 1972.
    Le  parti  costituite hanno insistito nel corso della discussione
orale sulle argomentazioni svolte nelle memorie scritte.

                       Considerato in diritto

    1. - La  questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla
prima  sezione  civile  della  Corte di cassazione con l'ordinanza in
epigrafe  riguarda  l'art. 8,  secondo comma, n. 7, della legge della
Regione   Siciliana 20 marzo   1951,  n. 29  (Elezione  dei  deputati
all'Assemblea  regionale  Siciliana),  nella  parte in cui prevede la
ineleggibilita'  alla carica di deputato dell'Assemblea regionale dei
«capi  servizio ... degli uffici statali che svolgono attivita' nella
regione» per contrasto con l'art. 51, primo comma, Cost.
    Questa  norma,  infatti,  a  giudizio del giudice remittente, non
determinerebbe  in  modo adeguato e preciso l'eccezione «al principio
generale  e  fondamentale del libero accesso di tutti i cittadini, in
condizione   di   eguaglianza,   alle   cariche   elettive,   sancito
dall'art. 51,   primo   comma,  Cost.».  Cio',  in  particolare,  con
riferimento  al  precedente  costituito  dalla  sentenza  della Corte
costituzionale  n. 166  del  1972  che,  esponendo  i  motivi  che la
inducevano  a dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5,
n. 7,   della  legge  17 febbraio  1968,  n. 108,  consistenti  nella
inammissibilita'  dell'esistenza di «una causa di ineleggibilita' dai
confini  estremamente  generici  ed  elastici, suscettibile di essere
dilatata  in  sede  interpretativa sino a ricomprendere le situazioni
piu'  diverse»,  aggiungeva  incidentalmente che norme del genere non
sussistevano  nella  legislazione  elettorale  allora vigente, «se si
prescinde  da  una disposizione, sostanzialmente analoga, della legge
Regione Siciliana del 20 marzo 1951, n. 29».
    Il  giudice  remittente  appare  consapevole  che  in  realta' la
disposizione impugnata si riferisce ai «capi servizio» e non ai «capi
degli   uffici»,  come  la  norma  statale  a  suo  tempo  dichiarata
illegittima  costituzionalmente,  e  si  pone quindi il problema, che
peraltro  non  risolve  ma sembra rinviare alla valutazione di questa
Corte,  se  una  sua adeguata specificazione, con riferimento al caso
oggetto  del  giudizio,  non  possa  essere derivata dalla successiva
legislazione  siciliana  che ha determinato l'ordinamento interno dei
servizi  sanitari,  ivi  compresi  i  servizi  dell'unita'  sanitaria
locale.
    2. - In via logicamente preliminare si pone anzitutto il problema
se  la  disposizione  impugnata  sia tuttora vigente, come afferma il
giudice  remittente, o se essa sia stata invece abrogata ad opera del
primo  comma dell'art. 13 della legge 20 giugno 1997, n. 19, (Criteri
per   le  nomine  e  designazioni  di  competenza  regionale  di  cui
all'articolo 1   della   legge   regionale   28 marzo   1995,  n. 22.
Funzionamento della Commissione paritetica (articolo 43 dello Statuto
siciliano).  Prima  applicazione della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
Disposizioni  in  materia di indennita' e permessi negli enti locali.
Modifiche  alla legge regionale 20 marzo 1951, n. 29), come sostenuto
dalla sentenza appellata e dal resistente nel processo di merito, non
essendo  stata  riprodotta  questa  clausola di ineleggibilita' nella
legge  statale  23 aprile  1981,  n. 154  cui  appunto rinvierebbe il
suddetto art. 13 della legge 20 giugno 1997, n. 19, allorche' afferma
che  «le condizioni di eleggibilita' previste nell'art. 8 della legge
regionale   20 marzo   1951,   n. 29   e   successive   modifiche  ed
integrazioni,  rimangono regolate dagli articoli 2, 3 e 4 della legge
23 aprile 1981, n. 154».
    Il    giudice    remittente   sostiene   invece,   esplicitamente
condividendo  quanto  motivatamente  argomentato  dalla prima sezione
della  Corte di cassazione nella sentenza 6 luglio 2002, n. 9831, che
-  pur  dandosi  «atto della imperfetta tecnica normativa seguita dal
legislatore  regionale»  -  quest'ultimo  «ha  inteso disporre che le
condizioni  di ineleggibilita' previste dalla legge regionale restano
ferme,  ossia  permangono  («rimangono»), ma sono regolate secondo la
legge  statale».  Cio'  in  particolare  significa,  ove  vi  sia una
coincidenza  fra  le fattispecie della legge regionale e quelle della
legge  statale  relative  a  situazioni  di  incompatibilita',  «  la
trasformazione  di  cause  di  ineleggibilita',  previste dalla legge
regionale  n. 29  del  1951  (e successive modificazioni) in cause di
incompatibilita»,  ma  anche  la  permanente  vigenza  delle  residue
clausole  di  ineleggibilita'  previste dalla legge regionale, «come,
tra  le  altre,  quella  prevista  dall' art. 8, secondo comma, n. 7,
della stessa legge».
    Questa  interpretazione  non e' implausibile, cosi' come, d'altra
parte,   le   argomentazioni  svolte  dalla  Sezione  consultiva  del
Consiglio   di   giustizia   per  la  Regione  Siciliana  nel  parere
n. 239/2001  del  10 aprile 2001 a proposito della perdurante vigenza
dell'intero   titolo   della  legge  n. 29  del  1951  (e  successive
modificazioni)   in   tema  di  eleggibilita'  anche  dopo  la  legge
costituzionale n. 2 del 2001.
    3. - Un    ulteriore    profilo    preliminare    attiene    alla
riconducibilita'  del  caso  che  ha originato la vicenda processuale
alla  fattispecie  contemplata  dalla  norma  della  cui legittimita'
costituzionale  si  dubita,  poiche'  altrimenti non sussisterebbe la
necessaria rilevanza della questione.
    L'art. 8,  secondo comma, n. 7, della legge 20 marzo 1951, n. 29,
infatti,  si  riferisce  ai  «capi  servizio degli uffici statali che
svolgono  attivita'  nella regione», allorche' la vicenda processuale
si riferisce ad un dirigente delle strutture periferiche dell'INAIL e
non  dell'amministrazione  periferica  dello  Stato:  da cio' la tesi
sostenuta  dal  resistente  nel processo di merito secondo cui questa
norma   sarebbe   inapplicabile,  poiche'  l'INAIL  costituirebbe  un
soggetto  distinto  dallo  Stato  e  inoltre svolgerebbe un'attivita'
diversa rispetto a quella delle AA.UU.SS.LL. con le quali non avrebbe
alcun collegamento funzionale.
    Il  giudice remittente motiva in modo non implausibile la opposta
opinione  che «tenuto conto della evoluzione storica dell'Istituto ed
anche  dei  compiti  e delle attribuzioni ... il termine «statali» di
cui   all'art. 8   della   legge   regionale  possa  riferirsi  anche
all'I.N.A.I.L.  e vada, cioe', in questo caso, inteso in senso lato»:
a  questo  esito  interpretativo  di  tipo  estensivo contribuisce la
considerazione   della   particolare  natura  degli  enti  cosiddetti
parastatali,  dei  penetranti  poteri  di ingerenza dello Stato sulla
loro  organizzazione  e  gestione,  del  trasferimento intervenuto di
alcune delle loro precedenti funzioni al servizio sanitario nazionale
ed alle stesse regioni.
    4. - Si  pone  dunque  il  problema  del  merito,  relativo  alla
sufficiente   determinatezza  della  fattispecie  di  ineleggibilita'
prevista  dall'  art. 8,  secondo  comma,  n. 7, della legge 20 marzo
1951, n. 29.
    Rilevano, a questo proposito, non solo le ricorrenti affermazioni
di  questa  Corte  relative al fatto che le cause di ineleggibilita',
per   essere   conformi   al  principio  dell'art. 51  Cost.,  devono
considerarsi  di stretta interpretazione e comunque contenute entro i
limiti  rigorosamente necessari per il soddisfacimento delle esigenze
di  pubblico  interesse (cfr. sent. n. 132 del 2001, sent. n. 141 del
1996,  sent.  n. 344  del  1993,  sent. n. 388 del 1991), ma anche le
affermazioni  contenute  nella  sentenza  n. 166  del  1972, relative
all'incostituzionalita' di una causa di ineleggibilita' che sia fonte
di   «situazioni   di   persistente   incertezza,   troppo  frequenti
contestazioni,   soluzioni   giurisprudenziali   contradditorie,  che
finirebbero  per  incrinare  gravemente, in fatto, la proclamata pari
capacita'  elettorale  passiva dei cittadini», in quanto «dai confini
estremamente generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in
sede interpretativa sino a ricomprendere le situazioni piu' diverse».
    In   quest'ultima   sentenza,  in  particolare,  si  rinviene  un
riferimento  incidentale  al  fatto  che unica disposizione analoga a
quella  in  tale  occasione  dichiarata  incostituzionale  era allora
proprio    la   disposizione   oggi   sottoposta   a   scrutinio   di
costituzionalita';  da  cio'  in  particolare la tesi sostenuta dalla
parte  resistente  nel  processo di merito secondo la quale l'art. 8,
secondo  comma,  n. 7,  della  legge della Regione Siciliana 20 marzo
1951,  n. 29,  sarebbe sicuramente incostituzionale e che addirittura
la  norma  impugnata  sarebbe  abrogata «e comunque non piu' operante
nell'ordinamento regionale siciliano».
    A  parte  la palese infondatezza di quest'ultima tesi, che sembra
prescindere  dalla  disciplina  dell'illegittimita' consequenziale di
cui  all'art. 27  della  legge  11 marzo 1953, n. 87 e dalla relativa
giurisprudenza  di  questa Corte (sent. n. 169 del 2003; sent. n. 322
del  2000;  sent.  n. 422  del  1995),  il punto fondamentale e' che,
mentre  la  sentenza  n. 166  del 1972 sottolineava, a sostegno della
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della disposizione
statale,  l'inesistenza  di  «norme  che  definiscano  "l'ufficio"  e
specifichino che cosa debba intendersi per tale, o che definiscano la
nozione  di  "capo"  di  un  ufficio»,  la  diversa  nozione di «capo
servizio  ... degli uffici statali», contenuta nella norma siciliana,
gia'  corrispondeva nei lavori preparatori della legge n. 29 del 1951
alla  nozione  di  «alti  funzionari»  (si  veda  Atti dell'Assemblea
regionale siciliana, seduta del 12 febbraio 1951, pag. 6795). Inoltre
tale  nozione  e' stata successivamente integrata, specie nel periodo
piu'  recente,  da  una  ampia  produzione  normativa che ha definito
analiticamente   i   poteri  e  le  responsabilita'  della  dirigenza
amministrativa  nella  pubblica  amministrazione  statale ed in molti
enti pubblici statali.
    In effetti, il termine servizio, nell'ambito del quadro normativo
a   cui   ci   si  riferisce,  indica  una  struttura  amministrativa
articolata,  affidata  alla  responsabilita'  di una figura dotata di
poteri  dirigenziali.  Ai fini di cui sopra occorre tener conto delle
normative   organizzative   che  configurano  le  maggiori  strutture
amministrative.  A  questo  riguardo,  non rilevano soltanto le norme
organizzative   che   denominano   come  «servizi»  alcune  strutture
amministrative   o   che  addirittura  cosi'  definiscono  le  unita'
organizzative  fondamentali,  come fa il richiamato (ma inapplicabile
al  caso  di specie) art. 5 della legge regionale Siciliana 6 gennaio
1981, n. 6 (Ordinamento interno dei servizi sanitari e attuazione del
sistema  informativo  sanitario  e  dell'osservatorio  epidemiologico
regionale.  Modifiche  alla legge Regionale Siciliana 12 agosto 1980,
n. 87,  riguardante  la  istituzione  delle unita' sanitarie locali).
Analogamente   rilevano   le   norme   che  ormai  in  molti  settori
amministrativi  ed  in  molti enti pubblici definiscono le principali
strutture amministrative e la preposizione ad esse di dirigenti (cio'
anche in riferimento agli enti pubblici, fra cui l'I.N.A.I.L., il cui
regolamento  di  organizzazione  e'  stato adottato il 1° luglio 1999
sulla  base  di quanto previsto dall'art. 27-bis, comma 2, del d.lgs.
23 febbraio 1993 n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni).
    Normazioni  del  genere possono quindi permettere un'applicazione
di  disposizioni  come  quella  di cui l'art. 8, secondo comma, n. 7,
della   legge   della   Regione  Siciliana 20 marzo  1951,  n. 29  in
conformita'  alla necessita' che disposizioni concernenti le cause di
ineleggibilita'  siano riferite o riferibili a categorie precisamente
circoscritte.
    Ovviamente  la  valutazione della applicabilita' nel caso singolo
della   causa  di  ineleggibilita',  e'  riservata  all'apprezzamento
dell'organo giudicante.
    Quanto  all'ambito  di discrezionalita' del legislatore regionale
in  materia,  questa  Corte - nella sua ampia giurisprudenza relativa
alle  legislazioni  delle Regioni ad autonomia particolare in tema di
ineleggibilita'   -  ha  costantemente  ammesso  la  possibilita'  di
discipline  differenziate da quelle previste a livello nazionale, pur
richiamando  la  necessita'  della  sussistenza  di motivi adeguati e
ragionevoli  finalizzati  alla  tutela  di interessi generali (fra le
molte si vedano le sentenze n. 571 del 1989, n. 438 del 1994 e n. 162
del 1995).
    Inoltre,   per  cio'  che  riguarda  in  particolare  la  Regione
Siciliana,  va ribadito che la sua competenza legislativa in materia,
prevista  dall'art. 3  dello Statuto, ha natura primaria ed e' quindi
sottoposta   al   solo   «rispetto   dei  principi  ricavabili  dalla
costituzione  stessa  in materia elettorale» (sent. n. 276 del 1997).
Anzi,   con   specifico  riferimento  ad  altra  fattispecie  di  cui
all'art. 8  della  legge  regionale  Siciliana n. 29 del 1951, questa
Corte  ha gia' richiamato l'attenzione sul fatto che l'art. 51 Cost.,
riferendosi  «ai  «requisiti»  per  l'accesso  alle cariche elettive,
sottintende   il   bilanciamento   di   interessi,  cui  la  relativa
legislazione  primaria  e'  direttamente chiamata dalla Costituzione;
bilanciamento tra il diritto individuale di elettorato passivo, da un
lato,  e,  dall'altro  lato,  la  tutela delle cariche pubbliche, cui
possono  accedere  solo  coloro che sono in possesso delle condizioni
che  tali  cariche,  per  loro natura, appunto «richiedono». Tra tali
condizioni  richieste  all'aspirante  candidato  possono  ben  essere
comprese  non  solo  l'inesistenza  di  incarichi tali da determinare
indebite  influenze sulla par condicio della competizione elettorale,
ma  anche  l'inesistenza di incarichi la cui titolarita' sia ritenuta
incompatibile  con  la  candidatura  in  questione» (sent. n. 287 del
1997).
    Queste   considerazioni  rendono  evidente  che  anche  sotto  il
particolare  profilo  dei limiti imposti al legislatore della Regione
Siciliana  deve  escludersi  il  contrasto  tra  la norma oggetto del
presente giudizio e l'art. 51 della Costituzione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 8,   secondo   comma,   n. 7,  della  legge  della  Regione
Siciliana 20 marzo  1951,  n. 29 (Elezione dei deputati all'Assemblea
regionale  Siciliana)  e  successive  modificazioni,  sollevata dalla
Corte di cassazione, prima Sezione civile, in riferimento all'art. 51
della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1° ottobre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 ottobre 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C1089