N. 302 SENTENZA 23 settembre - 1 ottobre 2003

Giudizio  per conflitto di attribuzione tra Stato, Regioni e Province
autonome.

Parametri   del  giudizio  -  Titolo  V  della  Parte  seconda  della
  Costituzione  -  Sopravvenuta  modifica  -  Irrilevanza ai fini del
  giudizio.
Lavori  pubblici  -  Lavori  di  interesse  provinciale e regionale -
  Sistema  unitario di qualificazione per gli esecutori - Regolamento
  statale  - Applicabilita' alle Regioni, anche a statuto speciale, e
  alle  Province  autonome  - Ricorsi per conflitto delle Province di
  Trento,  di  Bolzano  e  della  Regione  Valle  d'Aosta  -  Dedotta
  invasione  della  propria  sfera di competenza in materia di lavori
  pubblici,  mediante violazione dei principi costituzionali relativi
  all'esercizio del potere regolamentare e del principio di legalita'
  -  Accoglimento  dei ricorsi - Annullamento in parte qua degli atti
  impugnati.
- D.P.R.  25 gennaio  2000,  n. 34,  artt. 1,  comma 2,  2,  comma 1,
  lettera b), 5, comma 1, lettera h) e 8, comma 1.
- Statuto  Regione  Trentino-Alto  Adige, artt. 8, n. 17 e 16; d.P.R.
  22 marzo  1974,  n. 381;  statuto  Regione  Valle d'Aosta, artt. 2,
  lettera  f)  e  4;  legge  16 maggio  1978,  n. 196, art. 1; d.P.R.
  22 febbraio  1982, n. 182, art. 58; Costituzione, artt. 5, 114, 115
  e 116.
Oggetto  del conflitto - Impugnativa di regolamento c.d. delegificato
  -   Eccezione   di   inammissibilita'   del   ricorso  per  tardiva
  proposizione,  in  quanto diretto avverso atto (con forza di legge)
  oggetto di eventuale impugnativa diretta - Reiezione.
- Costituzione,  art. 127, secondo comma; legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 39.
Lavori  pubblici  -  Lavori  di  interesse  provinciale e regionale -
  Regolamento  di attuazione di legge quadro statale - Applicabilita'
  alle  Regioni, anche a statuto speciale, e alle Province autonome -
  Ricorsi  per conflitto della Regione Emilia-Romagna, delle Province
  di  Trento  e di Bolzano - Dedotta invasione della propria sfera di
  competenza  in  materia di lavori pubblici, mediante violazione dei
  principi   costituzionali   relativi   all'esercizio   del   potere
  regolamentare  e  del  principio  di  legalita'  - Accoglimento dei
  ricorsi - Annullamento in parte qua degli atti impugnati.
- D.P.R.  21 dicembre 1999, n. 554, artt. 1, comma 2, e 188, commi 8,
  9 e 10.
- Costituzione,  artt. 117,  118 e 119; statuto Regione Trentino-Alto
  Adige,  artt. 8,  n. 17 e 16; d. P.R. 22 marzo 1974, n. 381; d.lgs.
  16 marzo 1992, n. 266.
Lavori pubblici - Regolamento di attuazione di legge quadro statale -
  Applicabilita'    alle    Regioni   a   statuto   ordinario,   sino
  all'adeguamento  della  propria legislazione ai principi desumibili
  della  legge  statale - Ricorso per conflitto di attribuzione della
  Regione Emilia-Romagna - Rigetto del ricorso.
- D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 1, comma 3.
- Costituzione,  artt. 117, 118 e 119; legge 10 febbraio 1953, n. 62,
  art. 10.
Lavori  pubblici  -  Lavori di interesse provinciale - Regolamento di
  attuazione  di  legge quadro statale - Applicabilita' alle Province
  autonome,   sino  all'adeguamento  della  propria  legislazione  ai
  principi  desumibili  della  legge  statale - Ricorso per conflitto
  delle Province di Trento e di Bolzano - Accoglimento - Annullamento
  in parte qua degli atti impugnati.
- D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 1, comma 3.
- D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2.
(GU n.40 del 8-10-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero
Alberto  CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni Maria
FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi per conflitti di attribuzione promossi con ricorsi della
Provincia  di Trento, della Regione Valle d'Aosta, della Provincia di
Bolzano,  della  Regione  Emilia-Romagna, della Provincia di Trento e
della  Provincia  di  Bolzano  sorti  a seguito del d.P.R. 25 gennaio
2000,  n. 34 concernente «Regolamento recante istituzione del sistema
diqualificazione  per  gli  esecutori  di  lavori  pubblici, ai sensi
dell'art. 8   della  legge  11 febbraio  1994,  n. 109  e  successive
modificazioni»  e  degli  artt. 1, comma 2 e 3, 188, comma 8, 9 e 10,
del   d.P.R.   21 dicembre  1999,  n. 544,  recante  «Regolamento  di
attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici
11 febbraio  1994,  n. 109  e successive modificazioni» notificati il
28,  il  27,  il  29 aprile, il 26 e il 27 giugno 2000, depositati in
Cancelleria  il  5,  il  9, il 18 maggio ed il 6 luglio successivi ed
iscritti ai nn. 18, 19, 23, 30, 31 e 32 del registro conflitti 2000.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'11 marzo  2003  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia di Trento
e  per  la  Regione  Emilia-Romagna,  Giuseppe Ferrari per la Regione
Valle  d'Aosta,  Roland  Riz  e  Sergio  Panunzio per la Provincia di
Bolzano  e  l'Avvocato  dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La Provincia di Trento, con atto notificato il 28 aprile e
depositato  il  5 maggio  del 2000, la Provincia di Bolzano, con atto
notificato  il  29 aprile  e  depositato  il  18 maggio del 2000 e la
Regione  Valle d'Aosta, con atto notificato il 27 aprile e depositato
il  9 maggio  del 2000, hanno proposto analoghi ricorsi per conflitto
di  attribuzione  nei  confronti  dello Stato, avverso il decreto del
Presidente  della  Repubblica  25 gennaio  2000,  n. 34  (Regolamento
recante  istituzione  del sistema di qualificazione per gli esecutori
di  lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 febbraio
1994, n. 109, e successive modificazioni), chiedendone l'annullamento
nella  parte  in  cui disciplina il sistema di qualificazione per gli
esecutori  di lavori pubblici di interesse provinciale e regionale ed
in   particolare  (in  subordine  la  Regione  Valle  d'Aosta)  degli
articoli: 1, comma 2; 2 comma 1, lettera b); 5, comma 1, lett. h); 8,
comma 1 (reg. confl. nn. 18, 23 e 19 del 2000).
    Le  ricorrenti  contestano l'applicabilita' del regolamento - che
disciplina  il  sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori
pubblici  sulla  base  del  potere  conferito dall'art. 8 della legge
11 febbraio 1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici)
- ai lavori pubblici di interesse provinciale e regionale.
    In  particolare:  la  disposizione  che estende la qualificazione
prevista  dal  regolamento  agli  esecutori  dei  lavori pubblici, di
importo  superiore  a  150.000  euro,  affidati dalle regioni e dalle
province  ad  autonomia  differenziata  (art. 1, comma 2); quella che
include  tra  le  «stazioni  appaltanti»  del  regolamento,  oltre ai
soggetti  di cui all'art. 2, comma 2, della legge, anche le regioni e
le  province  ad autonomia differenziata (art. 2, comma 1, lett. b));
quella  che include due rappresentanti delle regioni e delle province
autonome  - designati dalla conferenza dei presidenti delle regioni e
delle  province  autonome  -  nella  commissione  consultiva (art. 5,
comma 1, lett. h)), istituita presso l'Autorita' per la vigilanza sui
lavori  pubblici  per  esprimere pareri nel corso del procedimento di
autorizzazione,  da parte di quest'ultima, degli organismi di diritto
privato  che attuano il sistema di qualificazione (Societa' organismi
di  attestazione,  SOA);  quella  che  include tra i soggetti che non
possono  detenere  partecipazioni  al  capitale  di  una SOA anche le
regioni e le province autonome (art. 8, comma 1).
    Tutte  le  ricorrenti deducono l'invasione della propria sfera di
competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere
regolamentare e del principio di legalita'.
    Le  Province  di  Trento  e di Bolzano premettono di disporre, in
materia  di  lavori pubblici di interesse provinciale, della potesta'
legislativa  primaria  e  delle  relative potesta' amministrative, ai
sensi  degli  artt. 8,  n. 17  e  16  d.P.R.  31 agosto  1972, n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), del d.P.R. 22 marzo
1974,  n. 381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per la
regione   Trentino-Alto   Adige   in  materia  urbanistica  ed  opere
pubbliche)  e  del  d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige concernenti il
rapporto   tra   atti   legislativi   statali  e  leggi  regionali  e
provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e
coordinamento)   e   di   aver  disciplinato  la  materia  con  leggi
provinciali  e relativi regolamenti di attuazione (legge prov. Trento
10 settembre  1993,  n. 26,  artt. 34, 37 e 41, d. Pres. Giunta prov.
30 settembre  1994,  n. 12,  art. 18,  l. p. Bolzano, 17 giugno 1998,
n. 6  e  successive  modificazioni,  artt. 41-42),  collegandosi alla
normativa  nazionale  ed,  in particolare (Bolzano) ai principi posti
dall'art. 8  della  legge  n. 109  del  1994,  senza  che  il Governo
impugnasse  per  mancato  adeguamento (ex art. 2, comma 2, del d.lgs.
16 marzo   1992,   n. 266),   ne'  si  opponesse  alla  promulgazione
(Bolzano).
    La  Regione Valle d'Aosta premette di disporre di analoghi poteri
sulla  base  degli  artt. 2,  lett. f) e 4 della legge costituzionale
26 febbraio  1948,  n. 4  (Statuto  speciale  per  la Valle d'Aosta),
dell'art. 1  della  legge 16 maggio 1978, n. 196 (Norme di attuazione
dello  statuto  speciale  della regione Valle d'Aosta) e dell'art. 58
del  d.P.R.  22 febbraio  1982,  n. 182  (Norme  di  attuazione dello
statuto  speciale  della  regione Valle d'Aosta per l'estensione alla
regione  delle  disposizioni  del  d.P.R.  n. 616  del  1977  e della
normativa  relativa  agli  enti  soppressi  con l'art. 1-bis del d.l.
n. 481  del  1978,  convertito  in  legge  n. 641 del 1978) e di aver
disciplinato  la materia con legge (legge reg. 20 giugno 1996, n. 20,
recte,  12) e prospetta la violazione anche degli artt. 5, 114, 115 e
116 della Costituzione.
    Con    riferimento   alla   normativa   statale   le   ricorrenti
sottolineano,  in  generale, che, dopo la sentenza della Corte n. 482
del  1995,  solo i principi desumibili dalle disposizioni della legge
n. 109  del  1994  e  successive  modificazioni  costituiscono  norme
fondamentali di riforma economico-sociale vincolanti per le regioni e
province ad autonomia differenziata.
    Nel     caso    di    specie,    il    principio    consisterebbe
nell'assoggettamento   degli   esecutori   di  lavori  pubblici  alla
procedura  di  qualificazione  e alla procedura di certificazione dei
prodotti, processi, servizi e sistemi di qualita' aziendali impiegati
e  non ad una disciplina di dettaglio, come l'istituzione del sistema
effettuata con il regolamento.
    In   particolare,  le  ricorrenti  deducono  che  il  regolamento
contestato  non  e'  loro  applicabile, come emerge dall'art. 8 della
legge  «delegante»,  il  quale,  per  i lavori pubblici assoggettati,
rinvia   all'art. 2,  comma 1  che,  a  sua  volta,  per  i  soggetti
affidatari,  richiama  l'art. 2,  comma 2,  dove  non  sono  comprese
regioni e province autonome.
    Inoltre,  aggiungono  le  ricorrenti,  la  non  applicabilita' e'
confermata  dalla  sentenza n. 482 del 1995, che, per tale motivo, ha
respinto  il ricorso all'epoca presentato, con conseguente violazione
del principio di legalita'.
    Infine, le ricorrenti richiamano la giurisprudenza consolidata di
questa  Corte  (sent. nn. 465 del 1991, 333 del 1995 e 408 del 1998),
secondo la quale i regolamenti governativi, compresi quelli delegati,
non sono legittimati a disciplinare materie di competenza regionale e
provinciale e lo strumento della delegificazione non puo' operare per
fonti di diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto di competenza
e non di gerarchia.
    Passando  alle  specifiche  censure,  le ricorrenti si soffermano
soprattutto  sull'estensione  del sistema di qualificazione (previsto
dal  regolamento)  per  gli  esecutori di lavori pubblici, di importo
superiore  a  150.000 euro, alle regioni, anche a statuto speciale, e
alle province autonome.
    Tutte sostengono che tale estensione non puo' trovare fondamento,
ne' nell'art. 93, comma 1, lett. f), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo  1997,  n. 59),  che  ha  mantenuto  allo  Stato le funzioni
relative  «alla  regolamentazione  e  alla vigilanza relativamente al
sistema  di  qualificazione  degli  esecutori  di  lavori  pubblici»,
perche'   riferibile   solo   alle   regioni   ordinarie,  ne'  nella
ricomprensione   di   tale  regolamentazione  nella  «disciplina  del
mercato»,  piuttosto  che  nella  materia  dei  lavori  pubblici, con
conseguente esclusione di ogni specificita' territoriale.
    Su    quest'ultimo    profilo   le   ricorrenti   deducono   che,
indiscutibilmente,   la   disciplina   dei  requisiti  di  capacita',
esperienza,   dimensione,  richiesti  per  l'affidamento  dei  lavori
pubblici,  attiene alle garanzie di efficienza e sicurezza dell'opera
costruita  e  non e' diretta a disciplinare un determinato settore di
mercato,   come   confermato   da   una   tradizione   legislativa  e
giurisprudenziale  che l'ha sempre considerata quale un aspetto della
disciplina  dei lavori pubblici di spettanza delle autorita' titolari
delle  competenze.  Afferma  inoltre  la  Provincia  di Trento che se
davvero   la   disciplina   delle   qualificazioni   non   tollerasse
differenziazioni,  dovrebbe  ipotizzarsi  un  sistema unico a livello
europeo.
    Le  Province  di  Trento e Bolzano, poi, aggiungono che non hanno
fondamento i dubbi sui possibili pericoli collegati al riconoscimento
dell'autonomia   a   province  e  regioni  (esposti  nella  relazione
governativa  al  regolamento),  secondo  cui  un'impresa operante sul
territorio  nazionale dovrebbe conseguire tante qualificazioni quante
sono le regioni, oltre a quella nazionale.
    Infatti, il riconoscimento delle autonomie comporterebbe solo che
per   i   lavori   pubblici   provinciali   sarebbe   sufficiente  la
qualificazione   sulla  base  delle  regole  provinciali  -  comunque
rispettose  dei  principi  nazionali  - ma, naturalmente, agli stessi
potrebbero partecipare anche le imprese con qualificazione nazionale.
    Gli   altri  articoli  impugnati  sono  denunciati  da  tutte  le
ricorrenti come conseguenza e conferma della diretta applicabilita' a
loro del regolamento.
    Inoltre,  la  Regione Valle d'Aosta - con riferimento all'art. 5,
comma 1,  lett.  h)  -  aggiunge  che, se per assurdo, il regolamento
dovesse  ritenersi  conforme  al  quadro  costituzionale, dovrebbe di
conseguenza  riconoscersi  il  ruolo marginale riservato alla Regione
nell'ambito  della  commissione  consultiva,  dove  non  e'  previsto
neppure un suo rappresentante su ventiquattro.
    Con  riferimento  all'art. 8,  comma 1,  la  stessa Regione - per
l'ipotesi  che  la  norma  si  ritenesse  applicabile  alle regioni a
statuto  speciale  nonostante  individui  come  destinatarie solo «le
regioni  e  le  province autonome» lamenta l'invasione della potesta'
legislativa  esclusiva  in materia di lavori pubblici e rammenta che,
con  legge  regionale  (legge  reg. 10 aprile 1997, n. 12, artt. 31 e
33),  e'  prevista  la  possibilita'  per  la  Regione  di  acquisire
partecipazioni societarie o di costituire societa' di diritto privato
dotate di personalita' giuridica.
    2.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi siano respinti.
    L'Avvocatura  si  sofferma  sulle  ragioni per cui sarebbe errato
l'assunto  delle  ricorrenti,  secondo  cui  il  principio di riforma
economico  sociale  -  ricavabile dall'art. 8, della legge n. 109 del
1994   -   e'  costituito  dall'assoggettamento  degli  esecutori,  a
qualsiasi titolo, di lavori pubblici alla procedura di qualificazione
e  di  certificazione  dei  prodotti,  servizi  e sistemi di qualita'
aziendali impiegati, mentre la disciplina di tale sistema di qualita'
sarebbe  rimessa  alla  potesta'  legislativa  e  regolamentare delle
regioni e province a statuto speciale.
    Premesso  che  la  sentenza  della  Corte  n. 482 del 1995 non ha
riguardato  l'art. 8 della legge n. 109 del 1994, relativo al sistema
unitario  di  qualificazione, la difesa dello Stato sottolinea che la
legge  prevede  un  sistema  di  qualificazione  unico  per tutti gli
esecutori  a  qualsiasi  titolo,  dove  la  qualificazione  non e' un
requisito  per  la  partecipazione  alle procedure di affidamento dei
lavori,   «ma   un   requisito   soggettivo  dell'impresa,  cioe'  un
presupposto  di  legittimazione  che  consente  all'impresa di essere
parte  di  un  appalto  di  opera pubblica durante tutta la durata di
esso»  (Consiglio di Stato, sez. V, 11 aprile 1991, n. 517; Corte dei
conti,  sez.  controllo,  22  giugno 1993, n. 102). Tale unicita' del
sistema,  posta  a  tutela  della  libera concorrenza del mercato, e'
costituzionalmente  giustificato  perche' rivolto alla disciplina del
mercato  del  settore,  concernendo  -  attraverso  la qualificazione
dell'impresa e la certificazione di qualita' dei prodotti, servizi ed
interventi   effettuati   dall'impresa   -   non  tanto  e  non  solo
l'esecuzione di lavori pubblici ma il modo di essere e di presentarsi
dell'impresa  sul  mercato  per  affrontare  la concorrenza europea e
internazionale. Evidenziato che il sistema di qualificazione previsto
dall'art. 8  della  legge  n. 109 del 1994 ed attuato dal regolamento
impugnato   e'   fortemente   innovativo   -   sostituendo   ad   una
qualificazione  formale  basata sugli albi dei costruttori un modello
basato   sulla   costante   verifica   del   possesso  dei  requisiti
tecnico-organizzativi    ed    economico-finanziari   conformi   alla
disciplina  comunitaria  - l'Avvocatura sostiene che l'unicita' della
normativa e' imposta dall'esigenza di trasparenza e uniformita' delle
regole  nella  concorrenza,  che  non  puo' sopportare particolarismi
normativi   e  specialita'  territoriali,  al  fine  di  evitare  che
un'impresa,  operante  sul  territorio  nazionale,  debba conseguire,
oltre  ad  una qualificazione nazionale, tante diverse qualificazioni
quante sono le regioni.
    Inoltre,  aggiunge  la  difesa  erariale, la regolamentazione del
sistema   di   qualificazione   e'   funzione  mantenuta  allo  Stato
dall'art. 93,  comma 1,  lett.  f)  del  d.lgs.  n. 112  del 1998, ed
erroneamente le ricorrenti sostengono che lo stesso varrebbe solo per
le regioni ordinarie.
    Infatti, dal collegamento dell'art. 93 con l'art. 10 dello stesso
decreto  legislativo,  risulta  evidente  che,  una volta indicate le
funzioni  da  trasferire  - sia pure con diverse modalita' da regioni
ordinarie  a  regioni  e  province  ad  autonomia  differenziata - le
funzioni  mantenute  allo Stato non possono non riguardare ugualmente
tutte  le  regioni  e  le  province  autonome,  perche' altrimenti la
distinzione  tra  funzioni  trasferite  e  funzioni mantenute sarebbe
priva  di  certezza  giuridica  ed  il d.lgs. n. 112 del 1998 sarebbe
scarsamente esaustivo del riparto di competenze.
    3. - La Regione Emilia-Romagna ha proposto ricorso, notificato il
26 giugno  e  depositato  il  6 luglio  del  2000,  per  conflitto di
attribuzione  nei  confronti  dello  Stato,  avverso  il  decreto del
Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di
attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici
11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) - emanato sulla
base   dell'art. 3   della   legge  n. 109  del  1994  -  chiedendone
l'annullamento,  nella  parte  in  cui  intende disciplinare i lavori
pubblici   di  interesse  regionale,  e,  segnatamente,  dell'art. 1,
commi 2  e 3, e dell'art. 188, commi 8, 9 e 10 (reg. confl. n. 30 del
2000).
    La  Provincia  di Trento e la Provincia di Bolzano hanno proposto
analoghi  ricorsi,  notificati rispettivamente il 26 e il 27 giugno e
depositati  il  6 luglio  del  2000,  chiedendo  l'annullamento dello
stesso  regolamento, nella parte in cui intende disciplinare i lavori
pubblici  di  interesse  provinciale,  e,  segnatamente, dell'art. 1,
commi 2  e  3, e dell'art. 188, commi 8, 9 e 10 (reg. confl. nn. 31 e
32 del 2000).
    Le  ricorrenti  contestano:  l'applicabilita'  del regolamento ai
lavori   pubblici   di  interesse  regionale  e  provinciale  in  via
suppletiva,   sino  all'adeguamento  della  propria  legislazione  ai
principi   desumibili   dalla   legge   quadro   (art. 1,   comma 3);
l'applicabilita',  in  via  permanente,  del  medesimo regolamento ai
lavori  pubblici  di  interesse regionale e provinciale finanziati in
misura  prevalente  con  fondi  provenienti  dallo  Stato,  ai lavori
realizzati  nell'ambito  di  funzioni delegate, nonche' nelle materie
non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della
Costituzione  (art. 1,  comma 2);  l'obbligo  di istituire elenchi di
collaudatori  e  di  curarne  la tenuta mediante apposite commissioni
(art. 188, commi 8, 9 e 10).
    Tutte  le  ricorrenti deducono l'invasione della propria sfera di
competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere
regolamentare e del principio di legalita'.
    La  Regione  Emilia-Romagna  premette  di disporre, in materia di
lavori  pubblici  di  interesse  regionale,  di  potesta' legislativa
concorrente  e delle relative potesta' amministrative, ai sensi degli
artt. 117,  118  e  119 della Costituzione e «di aver disciplinato la
materia con varie leggi».
    Le  Province  di  Trento  e di Bolzano premettono di disporre, in
materia  di  lavori pubblici di interesse provinciale, della potesta'
legislativa  primaria  e  delle  relative potesta' amministrative, ai
sensi  degli  artt. 8,  n. 17 e 16 dello Statuto di autonomia (d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670; relative norme di attuazione: d.P.R. 22 marzo
1974,  n. 381  e d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266) e di aver disciplinato
la materia con leggi provinciali e relativi regolamenti di attuazione
(l.p.   Trento   10 settembre   1993,  n. 26,  d.Pres.  Giunta  prov.
30 settembre  1994,  n. 12,  l.  p.  Bolzano 17  giugno 1998,  n. 6 e
successive modificazioni).
    Con riferimento alla normativa statale le ricorrenti sottolineano
che,  dopo  la  sentenza della Corte n. 482 del 1995, solo i principi
desumibili   dalle  disposizioni  della  legge  n. 109  del  1994,  e
successive  modificazioni,  costituiscono principi della legislazione
dello  Stato  e  norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale,
rispettivamente  per le regioni ordinarie e per le regioni e province
ad  autonomia  differenziata. Quanto al regolamento, emanato ai sensi
dell'art. 3  della  stessa  legge,  mettono  in evidenza che - sempre
sulla   base   della  sentenza  n. 482  del  1995,  oltre  che  della
giurisprudenza  consolidata  di questa Corte (sent. nn. 465 del 1991,
333  del  1995  e  408  del 1998) i regolamenti governativi, compresi
quelli  delegati,  non  sono  legittimati  a  disciplinare materie di
competenza   regionale   e  provinciale  e  che  lo  strumento  della
delegificazione  non puo' operare per fonti di diversa natura, tra le
quali vi e' un rapporto di competenza e non di gerarchia.
    Inoltre,  la  Provincia di Bolzano aggiunge che il Governo non ha
impugnato   per  mancato  adeguamento  (ex  art. 2,  comma 2,  d.lgs.
16 marzo  1992,  n. 266),  ne' si e' opposto alla promulgazione della
legislazione  che si e' data in materia per adeguare la disciplina ai
principi della legislazione statale (l.p. n. 6 del 1998).
    Passando  alle  specifiche  censure,  le ricorrenti si soffermano
innanzitutto   sulla   disposizione   che   prevede  l'applicabilita'
dell'intero  regolamento in via transitoria a tutti i lavori pubblici
di   interesse  regionale  e  provinciale,  sino  all'adeguamento  ai
principi posti dalla legge n. 109 del 1994.
    Tutte  sostengono  l'inidoneita'  della  norma  regolamentare  ad
intervenire  nelle  materie  di  competenza  regionale e provinciale,
tanto  piu' se di competenza esclusiva, richiamando la giurisprudenza
della Corte in precedenza citata.
    Inoltre,    quanto   al   fondamento   di   tale   applicabilita'
nell'art. 10, legge 10 febbraio 1953, n. 62, richiamato espressamente
dalla  norma  impugnata,  in  generale, ne sottolineano l'inidoneita'
perche'  relativo al rapporto di incompatibilita' tra legge statale e
legge  regionale da valutare in concreto (Regione Emilia Romagna), ed
in  particolare  l'erroneita' rispetto alle province autonome, per le
quali  l'adeguamento  e'  specificamente  disciplinato  da  norme  di
attuazione  statutaria  (art. 2,  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266), che
prevedono  uno  specifico  giudizio  di costituzionalita'. A tal fine
richiamano  analogo  rilievo  fatto  dalla  Corte  dei conti (Ufficio
controllo  sugli  atti  del  Governo  -  rilievo  n. 2  del  2000)  e
contestano  il  contrario  avviso  espresso  dal  Consiglio  di Stato
(parere  n. 123  del  21 settembre  1999)  e  dall'Autorita'  per  la
vigilanza sui lavori pubblici (parere del 17 marzo 1999).
    La  Provincia  di  Bolzano,  infine,  sostiene che il regolamento
impugnato  e'  privo  di  base  legale perche', ai sensi dell'art. 2,
comma 2,  legge  n. 109  del  1994,  come interpretato dalla sentenza
n. 482  del  1995,  le  regioni e le province non sono comprese tra i
destinatari del regolamento.
    Quanto   all'applicazione,   in   via  permanente,  del  medesimo
regolamento  ai  lavori pubblici di interesse regionale e provinciale
finanziati in misura prevalente con fondi provenienti dallo Stato, ai
lavori realizzati nell'ambito di funzioni delegate, nonche' a materie
non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della
Costituzione,   le   ricorrenti  -  ribadito  in  generale  che  tali
previsioni  presuppongono  l'applicazione  di  tutte  le disposizione
della  legge  e  non  solo dei principi desumibili dalle stesse - con
conseguente  violazione  dei  principi  costituzionali  in materia di
esercizio  del potere regolamentare e vizio di legalita' dello stesso
regolamento, si soffermano partitamente sulle tre ipotesi.
    Sottolineano  che  l'eventuale  esistenza di flussi finanziari ad
hoc,  separati  dall'ordinaria finanza regionale, non influisce sulla
natura  dei  lavori e sulla competenza delle regole da rispettare per
il loro svolgimento, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio di
Stato (parere cit.), e secondo quanto sostenuto anche dalla Corte dei
conti  (rilievo  cit.)  e  da  quanto emerge per le Province autonome
dalle norme statutarie (art. 5, legge 30 novembre 1989, n. 386).
    Per  i lavori realizzati nell'ambito di funzioni delegate - messa
in  evidenza  l'ambiguita' della definizione che appare riferirsi sia
ai  lavori  nelle  materie  oggetto  di  delega,  sia  ai  lavori che
spetterebbero  allo  Stato  e  verrebbero delegati - le ricorrenti ne
deducono   l'illegittimita'   poiche'   inciderebbe  sul  riparto  di
competenze tra lavori di interesse statale e di interesse regionale e
provinciale  basato  sulla dimensione dei lavori e non sulle materie,
quale  risulta  dal  d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e, per le province,
dalle  disposizioni  di  attuazione  statutarie  (artt. 19  e 19-bis,
d.P.R.  22 marzo 1974, n. 381). Per i lavori realizzati nelle materie
non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della
Costituzione,  evidenziata l'erroneita' del riferimento alle province
autonome,  si  sostiene l'illegittimita' della previsione se riferita
ai   lavori   pubblici   nelle  materie  escluse  dalla  legislazione
concorrente  per  le  stesse ragioni sopradette. Se, invece, la norma
intendesse   riferirsi   alla   diretta   applicabilita'   di   norme
regolamentari  che disciplinerebbero aspetti sottratti all'ambito dei
lavori  pubblici  regionali  e  provinciali,  da  un  lato tale norma
sarebbe illegittima perche' con regolamento porrebbe un principio che
discende   dal   riparto   delle   competenze,   dall'altro   sarebbe
inammissibile  che  un  regolamento pretendesse di definire i confini
della materia di competenza provinciale.
    Quanto,  infine,  all'obbligo  imposto  a  regioni  e province di
istituire  elenchi  di  collaudatori,  di  curarne la tenuta mediante
apposite  commissioni  -  disciplinando i requisiti e le modalita' di
iscrizione  e  la  stessa  organizzazione  interna degli elenchi - le
ricorrenti  sottolineano  la natura organizzatoria e non di principio
della  disposizione,  come tale invasiva delle rispettive competenze,
gia' esercitate, nel caso, dalla Provincia di Bolzano (art. 19, legge
prov. n. 6 del 1998).
    4.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  i  ricorsi  siano dichiarati
inammissibili   o   comunque   respinti,  con  riserva  di  esprimere
articolate osservazioni e difese.
    5.  - Nei ricorsi per conflitto di attribuzione avverso il d.P.R.
n. 34  del  2000,  tutte  le  ricorrenti  hanno depositato memorie in
prossimita' dell'udienza.
    5.1.  -  La  Provincia  di  Trento  si  ricollega innanzitutto ad
argomentazioni gia' svolte nel ricorso introduttivo. Ribadisce che la
sentenza n. 482 del 1995 si e' espressamente occupata del regolamento
di  qualificazione, previsto dall'art. 8 della legge n. 109 del 1994,
sia  affermando  in generale che i regolamenti non sono legittimati a
disciplinare   materie   di   competenza   regionale,   sia   negando
l'applicabilita'  alle regioni dei commi 2 e 8 dello stesso articolo.
Aggiunge la stessa Provincia che la competenza provinciale in materia
di  qualificazione  delle  imprese  non  altera  la  concorrenza «dal
momento  che non si tratta di imporre requisiti diversi a imprese che
operano  poi  sugli  stessi mercati (e che sarebbero avvantaggiate in
caso di requisiti meno stringenti), visto che gli esecutori di lavori
in Provincia di Trento devono avere tutti gli stessi requisiti» e che
la  materia  non e' quella della concorrenza ma quella della qualita'
delle  opere  pubbliche, soggetta alle norme fondamentali della legge
quadro  e  agli obblighi comunitari. Infine, controdeducendo rispetto
alla  tesi  dell'Avvocatura  secondo cui l'art. 93, comma 1, lett. f)
del  d.lgs.  n. 112/1998 - che riserva allo Stato la regolamentazione
del  sistema  di  qualificazione  -  varrebbe  anche  per gli enti ad
autonomia  differenziata  sulla  base di un'interpretazione congiunta
con   l'art. 10  dello  stesso  d.lgs.,  la  Provincia  sostiene  che
l'art. 10  cit. stabilisce solo che se le «Regioni speciali rimangono
indietro  in  relazione  ad  alcuna  delle funzioni conferite», «tali
funzioni devono essere ad esse trasferite, ferme restando quelle gia'
di  loro  competenza  in base alle norme statutarie e di attuazione».
Concludendo, sostiene che le argomentazioni del ricorso hanno trovato
conferma   nella  sentenza  della  Corte  n. 376  del  2002,  che  ha
dichiarato  infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 20,
legge  n. 59  del  1997, come modificato dalla legge n. 340 del 2000,
solo in quanto la norma impugnata poteva e doveva essere interpretata
nel  senso che i regolamenti di delegificazione non possono prevalere
su  preesistenti  leggi  regionali  ma  solo  su  preesistenti  leggi
statali; laddove il regolamento impugnato pretende di prevalere sulle
leggi  provinciali  vigenti  in  materia. Ed, inoltre, ricorda che la
preclusione  di  regolamenti  statali  in materie provinciali risulta
anche  dal  d.lgs.  n. 266  del  1992,  che  abilita  solo le leggi a
vincolare  la  provincia,  comunque  solo nei termini dell'obbligo di
adeguamento e non della diretta applicabilita'.
    5.2.  -  La  Regione  Valle  d'Aosta, preliminarmente, afferma la
permanenza   dell'interesse  al  ricorso:  la  sospensione  dell'albo
regionale  disposta  con  d.G.R.  Valle  d'Aosta n. 2506 del 9 luglio
2001,  dopo  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  -
sentenza  n. 207  del  2001  -  dell'art. 23 della legge regionale 20
giugno 1996,  n. 12,  nella  parte  in  cui prevedeva come condizione
necessaria  per  la  partecipazione alle gare per l'affidamento degli
appalti  l'iscrizione  ad un albo regionale di preselezione dotato di
efficacia  triennale  con riferimento alla presenza di un'adeguata ed
efficiente  organizzazione  aziendale  sul  territorio regionale, non
puo'  essere  interpretata  come  abdicazione  alle  proprie potesta'
riconosciute  dall'ordinamento  costituzionale. Quindi, richiamate le
argomentazioni  svolte nel ricorso, precisa che, essendo vincolata ai
soli   principi   di   riforma  economico-sociale,  non  puo'  essere
assoggettata  alle  norme  di  dettaglio, tantomeno se regolamentari,
secondo  quanto  sostenuto  dalla Corte gia' per le regioni a statuto
ordinario,  perche'  altrimenti  il  disegno costituzionale diretto a
riconoscere  e  promuovere l'autonomia regionale (artt. 5, 114 e 116,
comma 1  Cost.)  dovrebbe  ritenersi  privo  di  concreta attuazione.
Controdeducendo  alla  tesi  del  Governo,  secondo cui la disciplina
impugnata  tutelerebbe la libera concorrenza del mercato, distorta da
tante  discipline  particolari in materia di requisiti delle imprese,
premesso  che  l'espressione  «libera concorrenza del mercato» non si
riferisce   a  nulla,  la  Regione  Valle  d'Aosta  aggiunge  che  la
preoccupazione di evitare discipline plurime prova troppo, perche' il
sistema  di  qualificazione  dovrebbe essere unico per tutta l'Unione
europea,  mentre le imprese U.E. possono partecipare sulla base della
qualificazione  ottenuta  nel  Paese d'origine (art. 8, comma 11-bis,
della  legge  n. 109 del 1994) e, analogamente, ai lavori pubblici di
interesse  regionale,  possono partecipare anche le imprese «italiane
in  base  alla  qualificazione  da  esse  posseduta  conformemente al
principio  del  mutuo  riconoscimento».  Quanto alla tesi del Governo
della  riserva  allo  Stato del potere di regolamentare il sistema di
qualificazione,  fondata  sull'art. 93, comma 1, lett. f), del d.lgs.
n. 112  del  1998, in collegamento con l'art. 10 dello stesso d.lgs.,
ribadito  che  il  primo riguarda solo le regioni ordinarie, aggiunge
che  il  secondo  attribuisce alle regioni a statuto speciale materie
non  rientranti nella competenza regionale, senza potersi desumere da
esso   un'erosione   delle   attribuzioni  gia'  assegnate  da  legge
costituzionale.  Infine,  la  Regione  riprende  le argomentazioni di
dettaglio  svolte  nel  ricorso  partitamente  rispetto agli artt. 5,
comma 1, lett. h) e 8, comma 1 del regolamento impugnato.
    5.3.  -  Preliminarmente  la Provincia di Bolzano, che per questa
parte  svolge  argomentazioni  comuni ai due ricorsi, si sofferma sul
mutamento  del  titolo  V  della  Costituzione. Pur non ritenendo del
tutto  convincente  l'orientamento  della  Corte  - secondo cui per i
giudizi  in  via  principale  e  per  conflitto  introdotti prima, il
parametro  resta  quello originario (tra le altre, sentenza n. 39 del
2003)  - non chiede di mutare orientamento, stante la circostanza che
il  cambiamento del parametro non condurrebbe a risultati diversi per
via  della  evidente  fondatezza  dei  ricorsi  sulla  base di quelli
originari.  Comunque, secondo la ricorrente, la riforma ha rafforzato
le    proprie    competenze    costituzionali    e    aggravato    la
incostituzionalita'  dei  due regolamenti in via sopravvenuta, stante
l'art. 117,  quarto e sesto comma, in relazione all'art. 10, l. cost.
n. 3  del  2001.  Da  un  lato  sottolinea  l'attribuzione del potere
regolamentare  allo  Stato  nelle  sole materie di propria competenza
legislativa  esclusiva;  dall'altro fa propria la tesi di «gran parte
della  dottrina»,  in  base  alla quale la ricomprensione dei «lavori
pubblici»   nella  competenza  legislativa  esclusiva  residuale  non
incontra  il  limite  dei  principi  fondamentali  e,  quindi, per le
regioni   e   province   ad   autonomia  differenziata,  delle  norme
fondamentali  di  riforma  economico-sociale, pur riconoscendo che la
Corte  ha  affermato tale limite nei confronti della Regione Sardegna
(sentenza  n. 536  del  2002),  senza peraltro ribadirlo puntualmente
(sentenza  n. 48  del  2003).  In  particolare,  con riferimento alla
previsione  del  nuovo  articolo 117,  secondo  comma lett. e), della
Costituzione,  che  riserva alla competenza esclusiva dello Stato «la
tutela  della concorrenza», la provincia di Bolzano - ribadito che il
nuovo  parametro  non  e' applicabile ai ricorsi anteriori secondo la
giurisprudenza  della stessa Corte - ne sostiene la non riferibilita'
alle   regioni   e  province  ad  autonomia  differenziata  ai  sensi
dell'art. 10, l. cost. n. 3 del 2001 e, comunque, anche ad ammetterne
l'applicabilita',  l'inidoneita'  ai  fini  del  rigetto  del ricorso
avverso  il  d.P.R.  n. 34  del 2000. Infatti, argomentando da alcune
sentenze  della  Corte (nn. 282 e 407 del 2002), la provincia ritiene
che   «la   tutela   della   concorrenza»,   al  pari  della  «tutela
dell'ambiente»,  non  costituisce  una materia in senso stretto ma un
valore  costituzionalmente  protetto  che  attraversa  le  materie di
competenza  delle  regioni,  senza  sottrarle a queste, giustificando
solo  specifiche  norme  statali,  e  non  norme  regolamentari,  che
limitano l'esercizio della potesta' legislativa.
    Inoltre,  nel richiamare le argomentazioni svolte nel ricorso, la
provincia ribadisce: che la sentenza n. 482 del 1995 ha espressamente
escluso  l'applicabilita'  dell'art. 8  della legge n. 109 del 1994 a
regioni  e  province; che un regolamento statale non puo' intervenire
nelle  materie  di competenza regionale con nessun tipo di norma, ne'
di  principio  ne'  di dettaglio; che l'art. 10 del d.lgs. n. 112 del
1998  non  puo'  essere  fatto  valere per materie gia' di competenza
esclusiva,   valendo   solo  per  le  funzioni  che  non  siano  gia'
attribuite.
    Infine, aggiunge che la normativa europea non richiede un sistema
di   qualificazione  unico  a  livello  nazionale,  ne'  esclude  che
all'interno  dei  singoli  Stati  vi  possano essere sistemi diversi,
richiedendo soltanto che i diversi sistemi di qualificazione (statali
e  regionali)  rispettino  la  disciplina  comunitaria,  secondo  cui
l'iscrizione   in  elenchi  ufficiali  di  imprenditori  riconosciuti
costituisce  solo una presunzione di idoneita' in relazione ad alcuni
dei  requisiti e criteri prescritti. Invece, il d.P.R. n. 34 del 2000
contrasta  con  la  direttiva, laddove questa (artt. 18, 26, 27 e 29,
direttiva  CE  14 giugno 1993,  n. 93/37) stabilisce come deve essere
data  la  prova  della  capacita' finanziaria, economica e tecnica da
parte  delle imprese e che il relativo accertamento deve essere fatto
dalle amministrazioni aggiudicatrici, mentre il regolamento impugnato
prevede l'attestazione di qualificazione come condizione necessaria e
sufficiente  per  la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti e che
le  stazioni  appaltanti non possono richiederne la dimostrazione con
altre modalita'.
    6.  -  In prossimita' dell'udienza la Regione Emilia-Romagna e la
Provincia di Trento hanno presentato analoghe memorie nei ricorsi per
conflitto  instaurati  nei confronti del d.P.R. n. 554 del 1999 (reg.
confl.   nn. 30   e   31   del  2000).  Entrambe  sostengono  che  le
argomentazioni  del  ricorso  hanno  trovato  conferma nella sentenza
della Corte n. 376 del 2002, che ha dichiarato infondata la questione
di  costituzionalita'  dell'art. 20, della legge n. 59 del 1997, come
modificato  dalla  legge  n. 340  del  2000,  solo in quanto la norma
impugnata  poteva  e  doveva  essere  interpretata  nel  senso  che i
regolamenti  di delegificazione non possono prevalere su preesistenti
leggi  regionali  ma solo su preesistenti leggi statali. La Provincia
di Trento, inoltre, ricorda che la preclusione di regolamenti statali
in  materie provinciali risulta anche dal d.lgs. n. 266 del 1992, che
abilita  solo  le  leggi  a vincolare la provincia, comunque solo nei
termini   dell'obbligo   di   adeguamento   e   non   della   diretta
applicabilita'.
    6.1.  -  Anche  la  Provincia  di  Bolzano ha depositato memoria,
richiamando le argomentazioni svolte nel ricorso introduttivo e - per
quanto  possa  occorrere  -  quelle della memoria relativa al ricorso
della stessa provincia nei confronti del d.P.R. n. 34 del 2000.
    6.2.   -   L'Avvocatura   dello  Stato,  resistente  nei  ricorsi
presentati  dalla Regione Emilia-Romagna e dalle Province di Trento e
Bolzano  avverso  il  d.P.R.  n. 554 del 1999, ha depositato analoghe
memorie.
    A   sostegno   dell'inammissibilita'  dei  ricorsi,  l'Avvocatura
argomenta   che  l'atto  impugnato  -  essendo  un  regolamento  c.d.
delegificato  -  ha solo la forma del regolamento ma sostanza e forza
di  legge, ed e' come tale inidoneo ad essere oggetto di conflitto di
attribuzione,  potendosi  nei suoi confronti proporre solo ricorso in
via  principale nei diversi termini previsti; con la conseguenza che,
anche a volerlo considerare, in via di conversione, quale impugnativa
diretta, sarebbe palesemente tardivo.
    Con   riferimento   all'infondatezza,   la   difesa  del  Governo
sottolinea  che  la  riforma  operata dal legislatore nel settore dei
lavori pubblici si fonda sulla stretta connessione tra le norme della
legge  quadro  e  quelle  del  regolamento delegificante, tale da non
poter  considerare  operanti  i principi contenuti nella legge se non
tradotti  nella  disciplina  del  regolamento,  sino  a che non siano
trasposti  nelle  leggi regionali, secondo la previsione dell'art. 1,
comma 3,   impugnato.   Quanto  alla  applicabilita'  permanente  del
regolamento   impugnato  ai  lavori  pubblici  finanziati  in  misura
prevalente  con  fondi dello Stato, premesso che vengono in questione
valutazioni   discrezionali  nella  allocazione  di  ingenti  risorse
finanziarie  sottratte  ad  altre  finalita'  di  interesse  statale,
sostiene  che  l'«interesse regionale» - che non puo' essere legato a
parametri  fissi  come  quello  territoriale - diventa recessivo. Con
riferimento,  infine,  alla applicabilita' permanente del regolamento
nelle   «materie   non   oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma
dell'art. 117  della  Costituzione»,  l'Avvocatura  evidenzia  che si
tratta di materie - quali la disciplina delle societa' di ingegneria,
la  definizione di controversie, le garanzie - che non attengono alla
competenza regionale in materia di lavori pubblici.
    Nelle  memorie  relative  ai ricorsi presentati dalle province di
Trento  e  di  Bolzano,  la  difesa  erariale aggiunge che, mentre il
richiamo   all'art. 10   della   legge   n. 62   del  1953  contenuto
nell'impugnato   art. 1,  comma 3,  sembra  escludere  le  regioni  e
province  ad  autonomia  differenziata, l'applicabilita' a queste dei
principi  contenuti  nella  legge  quadro  e nel regolamento discende
direttamente  dalla  legge  quadro attraverso il richiamo espresso ai
principi  di  riforma  economico-sociale (art.1, comma 2, della legge
n. 109 del 1994).

                       Considerato in diritto

    1. - I  sei  ricorsi, promossi rispettivamente dalla Provincia di
Trento (reg. confl. n. 18 del 2000), dalla Provincia di Bolzano (reg.
confl.  n. 23  del  2000)  e dalla Regione Valle d'Aosta (reg. confl.
n. 19  del  2000)  nei  confronti  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri,  con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica
25 gennaio  2000,  n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema
di  qualificazione  per  gli  esecutori  di lavori pubblici, ai sensi
dell'articolo 8  della  legge  11 febbraio 1994, n. 109, e successive
modificazioni),  nonche'  dalla  Regione  Emilia-Romagna (reg. confl.
n. 30  del  2000),  dalla  Provincia di Trento (reg. confl. n. 31 del
2000)  e  dalla Provincia di Bolzano (reg. confl. n. 32 del 2000) nei
confronti  del Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento
al  decreto  del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554
(Regolamento  di  attuazione  della  legge quadro in attuazione della
legge  quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109,
e  successive  modificazioni),  sollevano  questioni  di legittimita'
costituzionale   parzialmente   coincidenti,   in  quanto  dirette  a
sostenere  l'inapplicabilita'  nei  loro confronti dei regolamenti di
delegificazione impugnati. I giudizi, evidentemente connessi, possono
dunque essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia.
    2. - Con i primi tre ricorsi, proposti dalla Provincia di Trento,
dalla  Provincia  di Bolzano e dalla Regione Valle d'Aosta, si chiede
l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio
2000,   n. 34,   nella   parte   in  cui  disciplina  il  sistema  di
qualificazione  per  gli  esecutori  di  lavori pubblici di interesse
provinciale  e  regionale  ed in particolare (in subordine la Regione
Valle  d'Aosta)  degli  artt. 1,  comma 2; 2, comma 1, lettera b); 5,
comma 1, lett. h) ed 8, comma 1.
    Le  ricorrenti  contestano l'applicabilita' del regolamento - che
disciplina  il  sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori
pubblici  sulla  base  del  potere  conferito dall'art. 8 della legge
n. 109  del  1994  -  ai  lavori  pubblici di interesse provinciale e
regionale.
    In  particolare:  la  disposizione  che estende la qualificazione
prevista  dal  regolamento  agli  esecutori  dei  lavori pubblici, di
importo  superiore  a  150.000  euro,  affidati dalle regioni e dalle
province  ad  autonomia  differenziata  (art. 1, comma 2); quella che
include  tra  le  «stazioni  appaltanti»  del  regolamento,  oltre ai
soggetti  di cui all'art. 2, comma 2, della legge, anche le regioni e
le  province  ad autonomia differenziata (art. 2, comma 1, lett. b));
quella  che include due rappresentanti delle regioni e delle province
autonome  - designati dalla conferenza dei presidenti delle regioni e
delle  province  autonome  -  nella  commissione  consultiva (art. 5,
comma 1, lett. h)), istituita presso l'Autorita' per la vigilanza sui
lavori  pubblici  per  esprimere pareri nel corso del procedimento di
autorizzazione,  da parte di quest'ultima, degli organismi di diritto
privato  che attuano il sistema di qualificazione (Societa' organismi
di  attestazione,  SOA);  quella  che  include tra i soggetti che non
possono  detenere  partecipazioni  al  capitale  di  una SOA anche le
regioni e le province autonome (art. 8, comma 1).
    Tutte  le  ricorrenti,  premesso di disporre in materia di lavori
pubblici  di  interesse  provinciale  (o  regionale)  della  potesta'
legislativa   primaria  e  delle  relative  potesta'  amministrative,
peraltro gia' esercitate, deducono l'invasione della propria sfera di
competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere
regolamentare e del principio di legalita'.
    3. - La  Regione Emilia-Romagna ha proposto ricorso per conflitto
di  attribuzione  nei  confronti  dello Stato, avverso il decreto del
Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di
attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici
11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) - emanato sulla
base   dell'art. 3   della   legge  n. 109  del  1994  -  chiedendone
l'annullamento  nella  parte  in  cui  intende  disciplinare i lavori
pubblici di interesse regionale e segnatamente dell'art. 1, commi 2 e
3,  e  dell'art. 188,  commi 8,  9  e 10. La Provincia di Trento e la
Provincia  di  Bolzano  hanno  proposto  analoghi  ricorsi, chiedendo
l'annullamento  dello  stesso  regolamento nella parte in cui intende
disciplinare   i   lavori   pubblici   di   interesse  provinciale  e
segnatamente  dell'art. 1, commi 2 e 3, e dell'art. 188, commi 8, 9 e
10.
    Le  ricorrenti  contestano  l'applicabilita'  del  regolamento ai
lavori   pubblici   di  interesse  regionale  e  provinciale  in  via
suppletiva,   sino  all'adeguamento  della  propria  legislazione  ai
principi   desumibili   dalla   legge   quadro   (art. 1,   comma 3);
l'applicabilita',  in  via  permanente,  del  medesimo regolamento ai
lavori  pubblici  di  interesse regionale e provinciale finanziati in
misura  prevalente  con  fondi  provenienti  dallo  Stato,  ai lavori
realizzati  nell'ambito  di  funzioni delegate, nonche' nelle materie
non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della
Costituzione  (art. 1,  comma 2);  l'obbligo  di istituire elenchi di
collaudatori  e  di  curarne  la tenuta mediante apposite commissioni
(art. 188, commi 8, 9 e 10).
    Le ricorrenti, premesso di disporre in materia di lavori pubblici
di  interesse  provinciale  (o  regionale) della potesta' legislativa
primaria  (o  concorrente)  e delle relative potesta' amministrative,
peraltro gia' esercitate, deducono l'invasione della propria sfera di
competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei
principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere
regolamentare e del principio di legalita'.
    Tutte  sostengono  l'inidoneita'  della  norma  regolamentare  ad
intervenire  nelle  materie  di  competenza  regionale e provinciale,
tanto  piu' se di competenza esclusiva, richiamando la giurisprudenza
della Corte.
    Inoltre,    quanto   al   fondamento   di   tale   applicabilita'
nell'art. 10, legge 10 febbraio 1953, n. 62, richiamato espressamente
dalla  norma  impugnata,  in  generale  ne sottolineano l'inidoneita'
perche'  relativo al rapporto di incompatibilita' tra legge statale e
legge  regionale da valutare in concreto (Regione Emilia-Romagna), ed
in  particolare  l'erroneita' rispetto alle province autonome, per le
quali  l'adeguamento  e'  specificamente  disciplinato  da  norme  di
attuazione  statutaria  (art. 2,  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266), che
prevedono un apposito giudizio di costituzionalita'.
    La  Provincia  di  Bolzano,  infine,  sostiene che il regolamento
impugnato  e'  privo  di  base  legale perche', ai sensi dell'art. 2,
comma 2,  legge  n. 109  del  1994,  come interpretato dalla sentenza
n. 482  del  1995,  le  regioni e le province non sono comprese tra i
destinatari del regolamento.
    4. - Va  premesso  che, come di recente affermato da questa Corte
(sentenze  nn. 39  e  13  del  2003  e 507 del 2002), tutti i ricorsi
devono  essere scrutinati alla luce delle disposizioni costituzionali
sulla  competenza vigenti nel momento in cui i decreti impugnati sono
stati  adottati,  a  nulla  rilevando  il  successivo  mutamento  dei
parametri  conseguenti all'entrata in vigore del nuovo titolo V della
Parte seconda della Costituzione.
    4.1. - I   primi  tre  ricorsi  sono  fondati  sulla  base  delle
considerazioni che seguono.
    I decreti del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 e n. 594
del 1999 trovano il loro fondamento, rispettivamente, negli artt. 8 e
3 della legge n. 109 del 1994.
    Con il primo di tali articoli e' stato previsto che, con apposito
regolamento,  da  emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge
23 agosto  1988,  n. 400,  e' istituito, tenuto conto della normativa
vigente in materia, un sistema di qualificazione, unico per tutti gli
esecutori   a   qualsiasi   titolo   di   lavori   pubblici   di  cui
all'articolo 2,  comma 1  (della  legge  n. 109 del 1994), di importo
superiore  a  150.000  euro, articolato in rapporto alle tipologie ed
all'importo dei lavori stessi (art. 8, comma 2).
    Con  il  secondo  dei  suddetti  articoli e' stata demandata alla
potesta'  regolamentare  del Governo, ai sensi dell'art. 17, comma 2,
della  legge  23 agosto  1988,  n. 400,  con  le  modalita' di cui al
presente  articolo  e secondo le norme della legge n. 109 del 1994 la
materia  dei lavori pubblici con riferimento: a) alla programmazione,
alla  progettazione,  alla  direzione  dei lavori, al collaudo e alle
attivita' di supporto tecnico-amministrativo con le annesse normative
tecniche;  b)  alle  procedure  di  affidamento degli appalti e delle
concessioni   di   lavori   pubblici,   nonche'  degli  incarichi  di
progettazione; c) alle forme di pubblicita' e di conoscibilita' degli
atti   procedimentali,   anche  mediante  informazione  televisiva  o
trasmissione telematica, nonche' alle procedure di accesso agli atti;
d)  ai  rapporti  funzionali  tra  i  soggetti  che  concorrono  alla
realizzazione dei lavori e alle relative competenze.
    Subito  dopo  l'emanazione  delle suddette norme, questa Corte ha
esaminato  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3
della  legge  n. 109  del  1994 sollevata da alcune regioni e, con la
sentenza  n. 482  del  1995, l'ha dichiarata infondata rilevando, fra
l'altro,  l'inesattezza  del  presupposto  interpretativo  da  cui le
ricorrenti  muovevano, e cosi' testualmente motivando: «I regolamenti
governativi,   compresi  quelli  delegati,  non  sono  legittimati  a
disciplinare  materie di competenza regionale o provinciale (sentenza
n. 333  del  1995).  Ne'  lo strumento della delegificazione previsto
dall'art. 17  della  legge  n. 400 del 1988 puo' operare per fonti di
diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto di competenza e non di
gerarchia.  Nel  caso  in  esame  la  disposizione denunciata prevede
esclusivamente la delegificazione statale, rispettando l'attribuzione
alla legge della disciplina dei rapporti con le regioni e le province
autonome.   Difatti   queste   ultime   non   sono  comprese  tra  le
amministrazioni  e  gli  enti  destinatari  del  regolamento, secondo
l'espressa  previsione  ed  elencazione  che ne fa l'art. 2, comma 2,
lettera a),   della   legge   n. 109   del   1994.  Solo  la  diretta
incompatibilita'  delle norme regionali con i sopravvenuti principi e
norme  fondamentali  della  legge  statale puo' determinare, ai sensi
dell'art. 10,  primo  comma,  della  legge  10 febbraio  1953, n. 62,
l'abrogazione  delle  prime (sentenze nn. 153 del 1995, 498 e 497 del
1993,  50  del  1991,  151  del 1974). La disposizione denunciata non
trova  quindi  applicazione  alle  ricorrenti, che non hanno pertanto
interesse  a  far  valere gli ulteriori vizi prospettati, mancando la
lesione  dell'autonomia  costituzionalmente  garantita alle regioni e
alle  province  autonome  (sentenze nn. 314 del 1990 e 961 del 1988).
Esclusa l'applicabilita' alle regioni dell'emanando regolamento, ogni
dubbio  di legittimita' costituzionale riferito ai suoi contenuti (in
particolare,  per  il  rinvio  ad  esso operato dall'art. 8, comma 2,
della  legge  n. 109 del 1994, secondo quanto prospettano le Province
autonome di Bolzano e di Trento e la Regione Sardegna) non ha ragione
di essere».
    Sulla  base  di  tali considerazioni il d.P.R. n. 34 del 2000 - e
particolarmente le norme dello stesso impugnate - e' incostituzionale
nella  parte  in  cui dispone la propria applicabilita' alle regioni,
anche  a statuto speciale, e alle province autonome per non essere le
stesse comprese fra i destinatari del regolamento.
    Ne'  si  puo'  convenire  con  l'eccezione  della difesa erariale
secondo cui la sentenza della Corte n. 482 del 1995 non ha riguardato
l'art. 8 della legge n. 109 del 1994, relativo al sistema unitario di
qualificazione,  essendo  infatti  sufficiente  rilevare, da un lato,
che,  come risulta dalla motivazione della pronuncia di questa Corte,
vi  e'  espresso  richiamo  all'articolo  citato  e,  dall'altro  che
l'art. 8  della  legge  abilitante,  rinvia,  per  i  lavori pubblici
assoggettati,  all'art. 2,  comma 1, che, a sua volta, per i soggetti
affidatari,  richiama  l'art. 2,  comma 2,  dove  non  sono  comprese
regioni e province autonome.
    Quanto  enunciato  trova  del  resto  conferma  nella sentenza di
questa  Corte  n. 376  del  2002 che, nell'affrontare il problema dei
regolamenti   di   delegificazione  emanati  ai  sensi  dell'art. 17,
comma 2,  della  legge  n. 400 del 1988, afferma espressamente che la
delegificazione  - cioe' la sostituzione di una disciplina di livello
regolamentare  ad  una preesistente di livello legislativo - riguarda
solo la legislazione statale preesistente e che la delegificazione e'
lo   strumento   adottato  dal  legislatore  statale  per  realizzare
l'obiettivo  della  semplificazione  dei  procedimenti nell'ambito di
cio' che era gia' disciplinato dalle leggi statali precedentemente in
vigore. La sostituzione in parte qua con norme regolamentari riguarda
esclusivamente le preesistenti disposizioni di leggi statali.
    4.2. - Concludendo  sui  primi tre ricorsi, va dichiarato che non
spetta  allo  Stato  adottare,  con  il  decreto del Presidente della
Repubblica  25 gennaio  2000,  n. 34 (Regolamento recante istituzione
del  sistema  di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici,
ai  sensi  dell'articolo 8  della  legge  11 febbraio 1994, n. 109, e
successive  modificazioni)  norme  applicabili  nei  confronti  delle
Regioni,  anche  a  statuto  speciale,  e  delle Province autonome di
Trento   e   di   Bolzano   e,   conseguentemente,   va   pronunciato
l'annullamento  degli  artt. 1,  comma 2,  2, comma 1, lettera b), 5,
comma 1,  lettera h)  ed  8,  comma 1, del predetto d.P.R. 25 gennaio
2000, n. 34, nella parte in cui, rispettivamente, (a) individuano fra
i  destinatari del sistema unico di qualificazione, gli esecutori dei
lavori  pubblici, di importo superiore a 150.000 euro, affidati dalle
regioni  anche a statuto speciale e dalle province autonome di Trento
e  Bolzano  (art.1,  comma 2); (b) definiscono «stazioni appaltanti»,
fra  le  altre,  le  regioni  anche  a statuto speciale e le province
autonome  di  Trento  e  Bolzano  (art. 2,  comma 1,  lett.  b);  (c)
includono  nella  commissione  consultiva  due  rappresentanti  delle
regioni  e  delle  province  autonome  (art. 5,  comma 1,  lett.  h),
espressione   da   intendersi  comprensiva  anche  delle  Regioni  ad
autonomia  differenziata);  (d)  includono  anche  le  regioni  e  le
province   autonome   tra   i   soggetti  che  non  possono  detenere
partecipazioni  al  capitale di una SOA (art. 8, comma 1, espressione
comprensiva anche delle Regioni a statuto speciale).
    5. - Passando  all'esame  degli  altri tre ricorsi proposti dalla
Regione  Emilia-Romagna,  dalla Provincia di Trento e dalla Provincia
di    Bolzano   deve   rilevarsi,   preliminarmente,   l'infondatezza
dell'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla difesa erariale ed
argomentata  sulla  circostanza che l'atto impugnato ha solo la forma
del  regolamento  ma sostanza e forza di legge, come tale inidoneo ad
essere  oggetto  di  conflitto  di  attribuzione,  potendosi nei suoi
confronti proporre solo ricorso in via principale nei diversi termini
previsti; con la conseguenza che, anche a volerli considerare, in via
di  conversione,  quale  impugnativa  diretta,  sarebbero palesemente
tardivi.
    L'atto  impugnato  non  ha  valore  di  legge  e,  quindi, non e'
soggetto  al  procedimento  di impugnazione gia' previsto dall'art. 2
della  legge  costituzionale  del  1948  e  ora previsto (con termine
modificato) dall'art. 127, comma 2, della Costituzione.
    Correttamente,   pertanto,   le   ricorrenti  hanno  proposto  il
conflitto  di  attribuzione  ed  i  relativi  ricorsi, notificati nel
termine  di  sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato,
ai  sensi  dell'art. 39,  comma 2,  della  legge  n. 87 del 1953 sono
ammissibili, per essere stati tempestivamente proposti.
    5.1. - Passando  all'esame  delle singole questioni, sono fondate
le censure relative agli artt. 1, comma 2, e 188, commi 8, 9 e 10 del
d.P.R.   n. 554  del  1999,  per  le  stesse  ragioni  enunciate  nel
precedente paragrafo n. 4.1, dal momento che tale disciplina estende,
con  norma regolamentare, le disposizioni predette a soggetti esclusi
dall'applicazione  delle  stesse,  sulla  base della legge n. 109 del
1994.  Pertanto, va dichiarato che non spetta allo Stato adottare con
il  decreto  del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554
(Regolamento  di  attuazione  della legge quadro in materia di lavori
pubblici  11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) norme
applicabili  nei confronti delle Regioni, anche a statuto speciale, e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano e, conseguentemente va
pronunciato  l'annullamento degli artt. 1, comma 2, e 188, commi 8, 9
e 10 del citato d.P.R. n. 554 del 1999, nella parte in cui estendono,
rispettivamente,  l'applicabilita' del regolamento ai lavori pubblici
di  interesse regionale e provinciale finanziati in misura prevalente
con  fondi  provenienti dallo Stato, ai lavori realizzati nell'ambito
di  funzioni  delegate  e  nell'ambito  delle  materie non oggetto di
potesta'   legislativa   a  norma  dell'art. 117  della  Costituzione
(art. 1,  comma 2),  nonche' estendono l'obbligo di istituire elenchi
di  collaudatori e di curarne la tenuta mediante apposite commissioni
(art. 188, commi 8, 9 e 10).
    Il  prevalente  finanziamento  statale  e  l'afferenza a funzioni
delegate  o a materie estranee al vecchio art. 117 della Costituzione
non giustificano infatti l'applicabilita' del regolamento che, in via
generale,  non  si  applica  alle  regioni e si deve escludere che il
criterio  del finanziamento prevalente sia suscettibile di trasferire
un'opera  pubblica  dalla  sfera  di  competenza  regionale  a quella
statale.
    Quanto  all'altra  censura  e'  sufficiente  osservare che lavori
pubblici  di  competenza  regionale non sono solo quelli attinenti ad
altre  materie di competenza regionale previste dal vecchio art. 117,
in  quanto  l'ambito  della  materia  «lavori pubblici» di competenza
regionale  era definito da norme di attuazione degli statuti speciali
e,  per  le  regioni  ordinarie,  dal  d.P.R.  24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione  della  delega  di  cui  all'art. 1 della legge 22 luglio
1975, n. 382).
    5.2. - Con   riferimento   alla   censura  relativa  dell'art. 1,
comma 3,   del   d.P.R.  n. 544  del  1999,  secondo  cui,  ai  sensi
dell'art. 10  della legge n. 62 del 1953, le regioni, anche a statuto
speciale  e  le province autonome di Trento e di Bolzano applicano le
disposizioni  del  regolamento  fino a quando non avranno adeguato la
propria  legislazione  ai  principi  desumibili  dalla legge, occorre
distinguere  fra  Regioni  ordinarie  e  Province di Trento e Bolzano
(accomunate,  per  quel  che  interessa,  alla  Regione Trentino-Alto
Adige).
    Nei  confronti delle prime la norma impugnata non e' illegittima,
perche'  ad  esse  si  applica il meccanismo dell'art. 10 della legge
n. 62 del 1953, esplicitamente richiamata.
    La disposizione denunciata va intesa nel senso che il regolamento
si  applica  ove  la  preesistente  legislazione regionale risulti in
concreto  abrogata  per  effetto  del  suo  contrasto  con i principi
fondamentali  recati  dalla legge n. 109 del 1994, oltre che la' dove
non  vi  sia mai stata legislazione regionale (e dunque la disciplina
statale  previgente  e  ora  «delegificata» continui ad applicarsi in
forza del principio di continuita).
    Stabilire  se  le leggi regionali preesistenti sono o non sono in
contrasto  con  i  nuovi  principi fondamentali e, quindi, sono o non
sono   abrogate,  e'  compito  dei  giudici  nei  casi  concreti;  il
regolamento  statale non puo' fare presumere che sia cosi', a priori,
per tutte le leggi regionali preesistenti.
    Sulla base di questa interpretazione, la questione, relativa alle
Regioni ordinarie, e' infondata.
    Diverso  e'  il discorso per le Province di Trento e Bolzano (che
godono  di  una  disciplina  comune,  per  quanto  di interesse, alla
Regione Trentino-Alto Adige).
    A  loro  non  si applica l'art. 10 della legge n. 62 del 1953, ma
l'art. 2  del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la  potesta'  statale  di  indirizzo e coordinamento), secondo cui il
sopravvenire   di   nuove   norme   statali  comportanti  vincoli  di
adeguamento  della  legislazione  provinciale non produce abrogazione
delle  leggi  provinciali  preesistenti  in  contrasto  con  i  nuovi
vincoli,   ma   solo  un  obbligo  di  adeguamento,  la  cui  mancata
realizzazione  puo'  essere  fatta  valere  dal  Governo con apposito
ricorso contro le leggi provinciali non adeguate.
    Nei  confronti,  quindi,  delle  due  Province  autonome non puo'
trovare applicazione il regolamento statale in base all'art. 10 della
legge n. 62 del 1953.
    Pertanto  va  dichiarato  che non spetta allo Stato e per esso al
Presidente  del  Consiglio  dei ministri adottare, con il decreto del
Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di
attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici
11 febbraio   1994,   n. 109,   e   successive  modificazioni)  norme
applicabili  in  via suppletiva nei confronti delle Province autonome
di   Trento   e   di  Bolzano,  e,  conseguentemente  va  pronunciato
l'annullamento  dell'art. 1, comma 3, del predetto d.P.R. 21 dicembre
1999,  n. 554, nella parte in cui si riferisce alle Province autonome
di Trento e di Bolzano.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi;
    a)  dichiara  che  non spetta allo Stato e per esso al Presidente
del  Consiglio  dei ministri, adottare, con il decreto del Presidente
della   Repubblica   25 gennaio   2000,  n. 34  (Regolamento  recante
istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori
pubblici,  ai  sensi  dell'articolo 8  della  legge 11 febbraio 1994,
n. 109,  e  successive modificazioni) e con il decreto del Presidente
della  Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della  legge  quadro  in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994,
n. 109,  e  successive modificazioni) norme applicabili nei confronti
delle Regioni, anche a statuto speciale, e delle Province autonome di
Trento  e  di  Bolzano,  e,  conseguentemente,  annulla  gli artt. 1,
comma 2, 2, comma 1, lettera b), 5, comma 1, lettera h) e 8, comma 1,
del  d.P.R.  25 gennaio  2000,  n. 34, nonche' gli artt. 1, commi 2 e
188, commi 8, 9 e 10 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nella parte
in  cui si riferiscono alle Regioni, anche a statuto speciale, e alle
Province autonome di Trento e di Bolzano;
    b)  dichiara  che  non spetta allo Stato e per esso al Presidente
del  Consiglio  dei  ministri adottare, con il decreto del Presidente
della  Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione
della  legge  quadro  in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994,
n. 109,  e  successive modificazioni) norme applicabili nei confronti
delle  Province  autonome di Trento e di Bolzano, e, conseguentemente
annulla  l'art. 1,  comma 3,  del  predetto  d.P.R. 21 dicembre 1999,
n. 554,  nella  parte  in  cui si riferisce alle Province autonome di
Trento e di Bolzano;
    c)   rigetta,   per   il  resto,  il  ricorso  per  conflitto  di
attribuzioni  proposto dalla Regione Emilia-Romagna avverso l'art. 1,
comma 3,  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 21 dicembre
1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia
di   lavori   pubblici   11 febbraio   1994,   n. 109,  e  successive
modificazioni), con il ricorso indicato in premessa.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° ottobre 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
03C1090