N. 304 SENTENZA 25 settembre - 1 ottobre 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Questione    di    legittimita'    costituzionale   -   Mancanza   di
  pregiudizialita'  ai  fini  della decisione nel giudizio pendente -
  Eccezione di inammissibilita' per difetto di rilevanza - Reiezione.
Oggetto  del giudizio - Norma trasfusa in testo unico - Trasferimento
  della questione.
Diritto  di difesa - Soggetti non abbienti - Patrocinio a spese dello
  Stato  - Istanza di ammissione al beneficio - Mancata decisione, da
  parte  del  giudice  adito,  entro dieci giorni dalla presentazione
  fuori udienza - Sanzione di nullita' assoluta degli atti successivi
  - Asserita irragionevolezza - Non fondatezza della questione.
- Legge  30 luglio  1990,  n. 217,  art. 6,  comma 1, come modificato
  dalla  legge 29 marzo 2001, n. 134, trasfuso nell'art. 96, comma 1,
  del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.40 del 8-10-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 6, comma 1,
della  legge  30 luglio  1990,  n. 217  (istituzione del patrocinio a
spese  dello  Stato per i non abbienti), come modificato dall'art. 6,
comma 1,  della  legge  29 marzo  2001,  n. 134 (Modifiche alla legge
30 luglio  1990,  n. 217,  recante istituzione del patrocinio a spese
dello  Stato per i non abbienti) promosso con ordinanza del 19 luglio
2002  dal  Tribunale  di  sorveglianza di Palermo nel procedimento di
sorveglianza  nei confronti di Vincenzo Sacco, iscritta al n. 531 del
registro  ordinanze  2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 aprile 2003 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ordinanza  in  data  19 luglio  2002,  il  Tribunale di
sorveglianza  di Palermo ha sollevato, in riferimento all'articolo 3,
comma 1,   della   Costituzione  sotto  il  profilo  del  difetto  di
ragionevolezza, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6,
comma 1,   della   legge  30 luglio  1990,  n. 217  (Istituzione  del
patrocinio  a  spese dello Stato per i non abbienti), come modificato
dall'art. 6,  comma 1,  della  legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche
alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio
a  spese dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui sanziona
con la nullita' assoluta ed insanabile la mancata decisione, da parte
del  giudice  adito, sull'istanza di ammissione al patrocinio a spese
dello  Stato  entro  i  dieci  giorni  dalla  sua presentazione fuori
udienza.
    1.1. - Il  giudice  a  quo premette di essere stato investito, ai
sensi  dell'art. 666,  comma 7,  c.p.p.,  dell'istanza di sospensione
dell'esecutivita'   della  propria  ordinanza,  con  la  quale  aveva
dichiarato  non  estinta  la  pena residua (tre mesi di reclusione) a
seguito  dell'esito  negativo  dell'affidamento  in prova al servizio
sociale.  Aggiunge che tale ordinanza e' stata impugnata dallo stesso
condannato  con ricorso per cassazione, nel quale e' stata denunciata
la violazione del principio del ne bis in idem e la nullita' assoluta
del  procedimento, non avendo il Tribunale di sorveglianza deciso nel
termine di dieci giorni dal deposito della richiesta di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato.
    1.2. - A  sostegno  della  rilevanza della questione proposta, il
rimettente  -  precisato  che in ordine alla violazione del ne bis in
idem non ritiene sussistente il fumus al fine dell'accoglimento della
richiesta  sospensione dell'esecutivita' dell'ordinanza - si sofferma
sul  secondo motivo del ricorso per cassazione. Poiche' - sostiene il
giudice   a   quo   -   la   decisione  in  ordine  alla  sospensione
dell'esecutivita'  dell'ordinanza  impugnata  per cassazione si fonda
sul  fumus  di  accoglibilita' della stessa e sul periculum in mora e
dato che, se l'inosservanza del termine per la decisione sull'istanza
di  ammissione al patrocinio a spese dello Stato non fosse sanzionata
con  la  nullita'  dall'art. 6, comma 1, della legge n. 217 del 1990,
non  vi  sarebbe  spazio  per  ritenere  accoglibile  il  ricorso per
cassazione  e  di  conseguenza  non  vi  sarebbero  i presupposti per
concedere   la   sospensione,   la   questione  di  costituzionalita'
prospettata  e'  rilevante.  Ancora  piu'  evidente  e' la rilevanza,
aggiunge,  se  si  considera  il  periculum  in  mora,  visto che, in
mancanza della sospensione del provvedimento impugnato, il condannato
-  nelle  more  del  procedimento  dinanzi alla Corte di Cassazione -
verrebbe  con ogni probabilita' chiamato ad espiare la pena detentiva
non estinta.
    1.3. - In  ordine  alla non manifesta infondatezza, il rimettente
sostiene  che  la  norma  impugnata  contrasta  con  il  canone della
ragionevolezza,  sancito  dall'art. 3  della  Costituzione, sotto due
profili.
    In  primo  luogo rileva che nell'impianto del codice di procedura
penale  la  sanzione  della  nullita' assoluta ed insanabile colpisce
quelle  difformita'  dell'atto  o  del  rapporto processuale talmente
gravi da incidere in modo consistente ed irreparabile sulla struttura
del  rapporto  processuale  o  sui  diritti delle parti, richiamando,
quali  norme  di  comparazione,  le  nullita' previste dall'art. 179,
comma 1,  c.p.p.,  che  si  riferiscono  ad ipotesi che rappresentano
gravi  lesioni di diritti costituzionalmente garantiti (art. 24 e 112
della  Cost.),  nonche', tra le nullita' previste espressamente dalla
legge,  ai sensi dell'art. 179, comma 2, c.p.p., l'art. 604, comma 1,
c.p.p.,  dove le ipotesi di nullita' sono causate da gravi violazioni
del  diritto  di  difesa,  e  l'art. 525  c.p.p., dove la nullita' e'
collegata  alla  violazione di un principio fondamentale del processo
penale.
    Invece,  sottolinea  il  giudice  a quo, la mancata decisione nel
termine  di  dieci  giorni,  non  lede  la struttura fondamentale del
processo  ne' i diritti della parte, non risultando negata o limitata
in alcun modo la difesa, ne' impedita l'assistenza del difensore o il
compimento  di  atti del procedimento. Ne' puo' dirsi che la nullita'
sia  posta  a  tutela  dell'interesse del difensore alla retribuzione
perche'  - anche a volerlo considerare costituzionalmente rilevante -
l'ammissione ha comunque effetto dalla data dell'istanza.
    L'irragionevolezza  della  disciplina,  secondo il giudice emerge
anche dal fatto che, essendo prevista la nullita' per un «non atto» -
per non aver provveduto anziche' per aver mal provveduto - l'art. 185
c.p.p.,  che  stabilisce gli effetti della dichiarazione di nullita',
potra'  essere applicato solo analogicamente, con la conseguenza che,
non  essendo la nullita' accompagnata dall'espressa indicazione degli
atti   su   cui   si   riversa,  puo'  produrre  effetti  non  sempre
riconducibili  chiaramente  ai  principi  fondamentali  del processo.
Infatti,  se la nullita' non si intende limitata al solo procedimento
incidentale   relativo   all'ammissione   al   patrocinio,   potrebbe
estendersi ad ogni attivita' processuale successiva alla scadenza del
termine,  con  conseguente  rinnovazione  di ogni atto, se possibile,
mentre  invece  basterebbe  prevedere  che  l'interessato  riproponga
l'istanza   con   efficacia   retroattiva   al  momento  della  prima
presentazione.
    Pertanto,  conclude il giudice, la norma impugnata, equiparando -
rispetto  alla  sanzione  della  nullita'  -  quella che, al piu', e'
un'irregolarita'  del  processo ad ipotesi comportanti ben piu' gravi
anomalie, e, quindi, situazioni assolutamente diverse tra loro, viola
l'art. 3 della Costituzione che preclude al legislatore le arbitrarie
assimilazioni   tra   situazioni   diverse,   oltre   che  arbitrarie
discriminazioni tra situazioni identiche.
    2. -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque,
infondata.
    2.1. - La   difesa  erariale,  premesso  che  la  questione  deve
intendersi trasferita nei confronti dell'art. 96 del d.lgs. 30 maggio
2002,  n. 113  (Testo unico delle disposizioni legislative in materia
di spese di giustizia), pur entrato in vigore prima dell'ordinanza di
rimessione, si sofferma sulle ragioni dell'inammissibilita', sotto il
profilo  del  difetto  di  rilevanza, sostenendo che la questione non
presenta  il  carattere  di pregiudizialita' necessaria ai fini della
decisione  da  assumere  nel procedimento pendente innanzi al giudice
rimettente.
    Il  Tribunale  di  sorveglianza, precisa l'Avvocatura, collega la
rilevanza  alla  valutazione  del  fumus  boni  iuris del ricorso per
cassazione  e,  con  la questione proposta, tende a far venir meno il
fumus, riconosciuto esistente, nella prospettiva dell'eliminazione di
un  vizio  del  provvedimento  impugnato  in  Cassazione - attraverso
l'espunzione dall'ordinamento della norma comminatrice della nullita'
-  al  fine  di  negare  la  richiesta  sospensione.  In sostanza, la
questione  sollevata non e' funzionale all'interesse dell'istante nel
procedimento  cautelare  -  che  potrebbe subire effetti irreparabili
nelle  more  del  gravame  data  anche  la breve durata della pena da
espiare - ma alla salvaguardia del provvedimento emanato dallo stesso
Tribunale   e   impugnato   in  Cassazione  dall'interessato,  ed  e'
strumentale  non  alla  decisione  sul procedimento cautelare ma alla
decisione  che dovra' adottare la Cassazione in ordine alla validita'
del  provvedimento  impugnato  davanti  ad  essa.  In conclusione, il
giudizio  di  rilevanza  oltre  che  contraddittorio  - in quanto pur
riconoscendo  un  periculm in mora per l'istante solleva la questione
di  costituzionalita'  su  di  una  norma  che  e'  di  ostacolo  non
all'accoglimento  ma  al rigetto dell'istanza cautelare - e' falsato,
avendo ad oggetto una norma della quale non deve fare applicazione il
giudice remittente, ma la Cassazione.
    2.3. - Nel merito, l'Avvocatura - premesso che l'effettivita' del
diritto  di  difesa  e  la  parita'  delle parti ha assunto carattere
prioritario  con  le  modifiche  dell'art. 111  della  Costituzione -
sottolinea  che  la  scelta  della  nullita' da parte del legislatore
risponde  all'esigenza  di  non  privare  l'imputato  dell'assistenza
difensiva,  nel periodo necessario all'accertamento della veridicita'
delle    condizioni    economiche    dichiarate,   evitando   inerzie
nell'attivita'   difensiva.   Aggiunge   che  la  scelta  non  appare
irragionevole,  essendo  volta ad un procedimento celere e ad evitare
ostacoli  o  ritardi  nell'attuazione  della  garanzia costituzionale
prevista  dall'art. 24,  comma 3,  della  Costituzione,  i cui valori
trascendono  la  portata  soggettiva  e sottendono un ampio interesse
generale,  soprattutto  per  il patrocinio in materia penale, perche'
solo  se al non abbiente sono assicurati i mezzi per difendersi trova
ordinata  esplicazione  la potesta' punitiva statale (sentenza n. 144
del 1992).

                       Considerato in diritto

    1. - Il  Tribunale  di sorveglianza di Palermo ha dichiarato, con
ordinanza,  non  estinta  la  pena residua (tre mesi di reclusione) a
seguito  dell'esito  negativo  dell'affidamento  in prova al servizio
sociale,  senza  decidere,  nel termine di dieci giorni dal deposito,
sulla  richiesta  di  ammissione  al  patrocinio a spese dello Stato.
Avverso  questo provvedimento, il condannato ha proposto, da un lato,
ricorso  per  cassazione deducendo, fra l'altro, la nullita' assoluta
dello  stesso  per  omessa decisione sulla richiesta di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato e, dall'altro, istanza di sospensione,
ai  sensi  dell'art. 666,  comma 7,  c.p.p.,  dell'esecutivita' della
ordinanza allo stesso Tribunale di sorveglianza di Palermo.
    Nel  corso  di  questo  secondo  giudizio  il  giudice  adito  ha
sollevato,    in    riferimento    all'articolo 3,   comma 1,   della
Costituzione,   sotto  il  profilo  del  difetto  di  ragionevolezza,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, della
legge  30 luglio  1990,  n. 217,  (Istituzione del patrocinio a spese
dello  Stato  per  i  non  abbienti),  come  modificato  dall'art. 6,
comma 1,  della  legge  29 marzo  2001,  n. 134 (Modifiche alla legge
30 luglio  1990,  n. 217,  recante istituzione del patrocinio a spese
dello  Stato  per i non abbienti), nella parte in cui sanziona con la
nullita'  assoluta  ed  insanabile la mancata decisione, da parte del
giudice adito, sull'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello
Stato entro i dieci giorni dalla sua presentazione fuori udienza.
    2. - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilita'
del  ricorso,  sotto  il  profilo del difetto di rilevanza, sollevata
dalla  difesa  erariale per il fatto che la questione non presenta il
carattere  di  pregiudizialita' necessaria ai fini della decisione da
assumere nel procedimento pendente innanzi al giudice rimettente.
    2.1. - L'eccezione e' infondata.
    In   presenza   di  impugnazione,  con  ricorso  per  cassazione,
dell'ordinanza  di rigetto dell'istanza di estinzione della pena e di
richiesta   al   giudice   a   quo   di  sospensione  dell'esecuzione
dell'ordinanza  stessa,  quest'ultimo  deve  accertare  il fumus boni
iuris del ricorso proposto in sede di legittimita'.
    Pertanto,  ove  con  tale  ricorso si denunzi la violazione della
norma  che  impone  al  giudice  di  provvedere,  a  pena di nullita'
assoluta,  nei  dieci  giorni  dalla  presentazione  dell'istanza  di
ammissione  al  patrocinio  a spese dello Stato, la valutazione della
costituzionalita'   della   norma   violata  -  con  l'esercizio  del
potere-dovere  di  investire la Corte costituzionale della cognizione
di  tale questione, qualora ritenga la questione di costituzionalita'
non  manifestamente  infondata  -  non  attiene  alla  fondatezza del
ricorso   proposto   innanzi   alla  Corte  di  cassazione,  ma  alla
sussistenza  o  meno  di  uno  dei  requisiti,  cui  e' sottoposto il
provvedimento di sospensione richiesto.
    E',  poi, evidente che l'eventuale accoglimento dell'eccezione di
costituzionalita', facendo venire meno il fumus boni iuris, influisce
sulla  decisione relativa alla sospensione, mentre e' irrilevante che
la  pronuncia  del giudice delle leggi finisca per incidere anche sul
giudizio di legittimita'.
    3. - Il  giudice  rimettente  deduce  il  contrasto  della  norma
denunciata  con  l'art. 3  della  Costituzione,  sotto il profilo del
canone   della   ragionevolezza,   in   quanto,   mentre   la   norma
costituzionale  preclude  al legislatore arbitrarie assimilazioni tra
situazioni  diverse,  viene  equiparata  -  quanto  alla  sanzione di
nullita' - quella che, al piu', e' una irregolarita' del processo, ad
ipotesi   che   si   riferiscono   a   gravi   lesioni   di   diritti
costituzionalmente  garantiti  (ad  esempio,  quelle  previste  dagli
artt. 179,  comma 1,  c.p.p.,  604, comma 1, c.p.p. e 525 c.p.p.). Lo
stesso  rimettente  rileva,  poi,  che la norma denunciata - la quale
sanziona  con  la  nullita' assoluta un «non atto» e non gia' un atto
viziato   -   potrebbe  produrre  effetti  non  sempre  riconducibili
chiaramente  ai  principi  fondamentali  del  processo,  in quanto la
nullita' potrebbe estendersi ad ogni attivita' processuale successiva
alla scadenza del termine, con conseguente rinnovazione di ogni atto,
se  possibile, mentre, invece, basterebbe prevedere che l'interessato
riproponga l'istanza con efficacia retroattiva al momento della prima
presentazione.
    La questione non e' fondata.
    La    disposizione    censurata,   al   momento   dell'emanazione
dell'ordinanza   di   rimessione,  era  stata  trasfusa,  con  alcune
modificazioni che, peraltro, non rilevano in ordine alla questione di
legittimita'    costituzionale   sollevata   dal   giudice   a   quo,
nell'art. 96, comma 1, del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di spese di
giustizia), sul quale la questione deve intendersi quindi trasferita.
    Come  e'  noto il testo originario dell'art. 6 della legge n. 217
del  1990,  prima  delle  modifiche apportate con la legge n. 134 del
2001,  si  limitava  a  prevedere  il  termine di dieci giorni per la
decisione  sull'istanza  di  ammissione  al  patrocinio a spese dello
Stato,  senza  stabilire  alcuna  conseguenza  sull'inosservanza  del
termine.
    Proprio  l'assenza  di  effettive  sanzioni  -  ove si escluda la
individuazione   di   una   responsabilita'  disciplinare,  ai  sensi
dell'art. 124  c.p.p.  -  finiva  per  condurre ad una abnorme quanto
frequente  dilatazione  dei  termini stabiliti dal legislatore, cosi'
che  l'istanza  di  ammissione  al  patrocinio  statale  riceveva una
risposta assai meno tempestiva.
    La  protratta  situazione  di  incertezza  circa  l'ammissione al
patrocinio  a  spese  dello  Stato  determinava  una  inevitabile  ed
effettiva  lesione  del  diritto  di  difesa dell'interessato, ove si
tenga   presente   che   la   tardiva  pronuncia  sull'ammissibilita'
precludeva  all'istante,  in  condizioni  di  indigenza, il ricorso a
tutta   una   serie   di  strumenti  difensivi  (quali,  ad  esempio,
l'estrazione   gratuita   delle  copie  degli  atti  processuali,  la
possibilita'  di  nominare  un  consulente  tecnico  o di affidare la
raccolta   del  materiale  probatorio  ad  un  investigatore  privato
autorizzato, con compensi anticipati dallo Stato).
    Per  porre  rimedio a tali situazioni, con le modifiche apportate
dalla  legge  n. 134  del  2001,  l'inosservanza del termine e' stata
sanzionata,  ai sensi dell'art. 179, comma 2, c.p.p., con la nullita'
assoluta  degli  atti compiuti successivamente al decorso del termine
stesso  -  e non gia' con la nullita' del «non atto» come sostiene il
giudice rimettente - e tale previsione e' stata trasfusa nell'art. 96
del d.lgs. n. 113 del 2002.
    La   previsione  della  nullita'  e'  finalizzata  alla  garanzia
dell'effettivita'  del  diritto di difesa e sotto questo profilo deve
escludersi  l'irragionevolezza  della  norma  che  presidia,  con  la
nullita'  assoluta,  un'attivita'  processuale  scandita da termini a
garanzia del diritto di difesa.
    La questione e', pertanto, non fondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6, comma 1, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione
del  patrocinio  a  spese  dello  Stato  per  i  non  abbienti), come
modificato  dalla  legge  29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge
30 luglio  1990,  n. 217,  recante istituzione del patrocinio a spese
dello  Stato per i non abbienti), trasfuso nell'art. 96, comma 1, del
decreto   legislativo  30 maggio  2002,  n. 113  (Testo  unico  delle
disposizioni   legislative   in   materia  di  spese  di  giustizia),
sollevata,   in   riferimento   all'art. 3  della  Costituzione,  dal
Tribunale di sorveglianza di Palermo con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° ottobre 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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