N. 349 ORDINANZA 24 - 28 novembre 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  -  Fallimento  della  parte  - Interruzione del
  processo - Decisione subordinata alla dichiarazione del procuratore
  di  questa,  anziche'  essere rimessa al giudice delegato - Assunta
  lesione   del   diritto  di  difesa  Manifesta  infondatezza  della
  questione.
- Cod. proc. civ., art. 300.
- Costituzione, art. 24.
(GU n.48 del 3-12-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale  MARINI,  Giovanni  Maria  FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 300 del codice
di  procedura  civile,  promosso con ordinanza del 28 agosto 2001 dal
Tribunale  di  Catania  nel  procedimento civile vertente tra Nicotra
Carmelo  e  la IDIM S.p.a., iscritta al n. 165 del registro ordinanze
2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 29 ottobre 2003 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di Catania, con ordinanza emessa il
28 agosto  2001,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art. 24  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 300
del  codice  di  procedura  civile,  nella  parte  in  cui  subordina
l'interruzione  del processo, in caso di fallimento della parte, alla
dichiarazione del procuratore di quest'ultima;
        che,  ad  avviso  del rimettente, la decisione di provocare o
meno   l'interruzione   del   processo,   mediante  la  dichiarazione
dell'intervenuto  fallimento,  non dovrebbe essere rimessa al «libero
arbitrio»  del  procuratore  della parte, che potrebbe assumere anche
decisioni opposte nei diversi giudizi, ma dovrebbe essere affidata al
giudice delegato, sentito il curatore e il comitato dei creditori;
        che, secondo la prospettazione del rimettente, nel giudizio a
quo   si  sarebbe  verificata  una  lesione  del  diritto  di  difesa
dell'attore,  controparte  della societa' dichiarata fallita, essendo
stato  interrotto  soltanto  il processo nel quale il predetto attore
rivestiva  la  qualita'  di  creditore e non il processo nel quale lo
stesso e' chiamato a pagare;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
        che  la  difesa  erariale  sottolinea  come la giurisprudenza
costituzionale  e  quella  di  legittimita',  nel respingere analoghe
censure di illegittimita' costituzionale, abbiano reputato idonei gli
strumenti   processuali   posti   a   tutela   degli   interessi  dei
contraddittori  del  fallito;  e che, inoltre, qualora il procuratore
non  renda la dichiarazione, la controparte puo' comunque chiamare in
causa  coloro  ai  quali  spetta  proseguire il giudizio, per rendere
opponibile loro la sentenza.
    Considerato che il Tribunale di Catania lamenta la violazione del
diritto di difesa del contraddittore del fallito, essendo rimessa, in
caso  di fallimento della parte, al «libero arbitrio» del procuratore
di  questa  la  decisione  di  provocare l'interruzione del processo,
anziche'  essere  affidata al giudice delegato, sentito il curatore e
il  comitato  dei creditori; con la conseguenza che i processi in cui
e'  parte il fallito potrebbero avere esiti diversi in relazione alla
decisione assunta dal procuratore di quest'ultimo;
        che   la   disciplina   dell'interruzione   del  processo  e'
finalizzata   esclusivamente   alla   tutela   della   parte  colpita
dall'evento,   la   quale,   anche  se  costituita,  potrebbe  essere
pregiudicata nel suo diritto di azione o di difesa dalla prosecuzione
del processo;
        che  la valutazione dell'effettivo verificarsi di un danno in
caso di prosecuzione del processo puo' essere utilmente compiuta solo
dal procuratore di detta parte, cui percio' e' logicamente rimesso il
potere di decidere se provocare o meno l'interruzione, e non potrebbe
invece  essere  attribuita ad altri, ne' tantomeno al, che altrimenti
si  sostituirebbe alla parte nell'esercizio di un diritto potestativo
processuale;
        che  comunque  la  disciplina  in  esame  garantisce anche la
legittima  aspettativa  delle  controparti  di  ottenere il risultato
finale  cui il processo e' preordinato, mediante la possibilita' loro
concessa   di   citare   in  giudizio  i  soggetti  legittimati  alla
prosecuzione;
        che, diversamente da quanto sembra ritenere il rimettente, e'
del  tutto  estranea alla norma impugnata la finalita' di tutelare le
controparti   dal   «pregiudizio»   della  mancata  interruzione  del
processo,  la  quale  finalita'  sarebbe  anzi  in  contrasto  con la
funzione  stessa  del  processo e con il principio costituzionale che
impone sia assicurata la sua ragionevole durata;
        che  quindi  la  mancata  interruzione del processo in cui il
contraddittore  del  fallito  riveste  la  qualita'  di  debitore non
costituisce   una  lesione  del  diritto  di  difesa  di  questo,  ma
eventualmente  solo un inconveniente di mero fatto, privo, come tale,
di rilievo nel giudizio di legittimita' costituzionale;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 300  del  codice di procedura
civile, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal
Tribunale di Catania con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 novembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 novembre 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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