N. 1040 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 ottobre 2003

Ordinanza  emessa il 13 ottobre 2003 dal G.I.P. del Tribunale di Roma
nel procedimento penale a carico di M.S.

Misure  di  sicurezza  -  Applicazione  provvisoria  delle  misure di
  sicurezza  -  Applicabilita', nella fase cautelare, del ricovero in
  un  ospedale  psichiatrico  giudiziario  o in una casa di cura e di
  custodia  -  Possibilita' per il giudice di disporre una misura non
  detentiva (quale, nella specie, la liberta' vigilata), maggiormente
  idonea a soddisfare le esigenze di cura e di tutela della persona -
  Mancata previsione - Violazione del principio di ragionevolezza.
- Codice penale, art. 206.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.49 del 10-12-2003 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti del procedimento penale a carico di M.S., meglio
generalizzato   in   atti,  attualmente  sottoposto  alla  misura  di
sicurezza provvisoria del ricovero in O.P.G.;
    Vista  la  richiesta  depositata  in  data  6  ottobre  2003  dal
difensore  avv.  Giuseppe  Belcastro,  volta  alla sostituzione della
misura  di  sicurezza detentiva disposta provvisoriamente ex art. 312
c.p.p.  nei  confronti  dell'indagato  con  provvedimento  in data 22
maggio  2003  in  atti  di questo Ufficio con la misura non detentiva
della liberta' vigilata con prescrizioni, misura ritenuta piu' idonea
al caso di specie;
    Rilevato che all'esito del disposto incidente probatorio il prof.
Maurizio  Marasco  ha  risposto  ai  quesiti  formulati  rilevando la
capacita'  dell'indagato di stare in giudizio, l'assenza totale della
sua  capacita'  di  volere  all'epoca  dei  fatti (affetto da delirio
erotomanico   in   paziente  con  tratti  schizoidi  e  paranoidi  di
personalita), tale da escludere totalmente l'imputabilita' ex art. 88
c.p.
    Si   legge   nell'elaborato:  «per  via  dell'attuale  condizione
psicopatologica  e'  necessario  che  il periziando venga mantenuto a
lungo   in   un  regime  di  trattamento  sanitario  specialistico  e
multidisciplinare   che   preveda   la  somministrazione  di  farmaci
neurolettici  e  la  realizzazione  di  un progetto di riabilitazione
psicologica  e  sociale  mediante  inserimento  del  soggetto  in  un
programma  di  psicoterapia di sostegno, attivita' di inserimento nel
lavoro  di  tipo  comunitario  nel  lungo  termine.  Questo  percorso
riabilitativo  non  e'  neppure iniziato nell'attuale luogo di cura e
custodia,  a parte la somministrazione dei farmaci, ed e' da dubitare
che  possa  essere  realizzato  in un futuro all'interno dell'attuale
istituto  penitenziario, senza considerare, peraltro, che l'oggettiva
e   concreta   realizzazione   di   un   progetto  di  riabilitazione
psicosociale appare utopistica all'interno di una comunita' confinata
quale  quella di una struttura penitenziaria. Eppure la realizzazione
in   concreto   di   un  progetto  di  riabilitazione  e'  urgente  e
indilazionabile.  Essa puo' essere attuata mediante trasferimento, al
regime   degli   arresti   domiciliari,   presso  una  casa  di  cura
convenzionata  con  il  S.S.N.  ...  dove  il  periziando puo' essere
trattato farmacologicamente e avviato ad un percorso psicoterapeutico
e  riabilitativo  per  tutto  il  tempo  necessario al fine di vedere
cessato  il  rischio  di  ricadute  nella  fase  acuta  (3 - 4 mesi),
percorso,  che potra' essere, eventualmente, ultimato in tempi lunghi
presso una comunita».
    Rilevato    pertanto   che,   sulla   scorta   delle   risultanze
dell'elaborato  peritale,  sostenuto  con  dovizia  di argomentazioni
della  cui  attendibilita'  non si ravvisa motivo alcuno di dubitare,
deve ritenersi attuale lo stato di pericolosita' sociale del M.S., in
relazione  a  condizioni  di  rilevanza psichiatrica, pur attenuato a
seguito della somministrazione di farmaci neurolettici presso la casa
di  cura e custodia ove e' attualmente internato, condizione fattuale
che  non  consente  evidentemente  a questo giudice di procedere alla
revoca della misura di sicurezza;
    Rilevato  che, trattandosi di soggetto ritenuto non imputabile al
momento  del  fatto,  ex  art. 273  c.p.p  non  e'  possibile neppure
ipotizzare  -  previa  eventuale richiesta del p.m. - la sostituzione
della  misura  di  sicurezza con una misura cautelare personale quale
quella degli arresti domiciliari, invocata dal perito prof. Marasco a
fini  terapeutici  -  e  cio'  in  considerazione  della  sostanziale
inidoneita'  della  struttura  ove attualmente e' internato il M.S. e
delle  altre  presenti in Italia e facenti parte allo stesso circuito
(cfr.  sul  punto  quanto  evidenziato dal perito nell'elaborato e in
sede di esame all'udienza del 16 luglio 2003).
    Invero,  il  dettato dell'art. 273 c.p.p. non consente l'adozione
di  alcuna misura cautelare personale in presenza di una causa di non
punibilita', laddove un'interpretazione logica sistematica fa si' che
il  richiamo  al secondo comma dell'art. 273 effettuato dall'art. 312
c.p.p.  debba  intendersi riferito solo alle cause di non punibilita'
diverse  da  quelle  che,  a  norma  dell'art. 206 c.p.p., consentono
l'applicazione provvisoria di misura di sicurezza (cfr. Cass. sez. I,
11 novembre 1999, Napoli);
    Rilevato  che  le  ultime  relazioni sanitarie redatte dai medici
della  casa  di cura e custodia ove attualmente il M.S., e' internato
evidenziano  un  maggior equilibrio psichico nel giovane, che, previa
autorizzazione  di questa A.G., risulta aver reiteratamente fruito di
permessi   all'esterno   dell'istituto  psichiatrico,  assistito  dai
familiari, senza dare adito a rilievo alcuno;
    Rilevato  che siffatta modifica del complesso quadro psichiatrico
del  giovane  induce  allo  stato  una  formulazione di scemata - non
cessata - pericolosita' sociale in termini di rilevanza psichiatrica,
si  che,  l'eccessiva rigidita' delle previsioni dell'art. 206 c.p. -
che  nella  fase  cautelare  consente,  con  riferimento  a  soggetti
maggiorenni,   la  sola  alternativa  del  ricovero  in  un  ospedale
psichiatrico  giudiziario  ovvero  in  una  casa di cura e custodia -
appare  suscettibile  di  dubbi  di  legittimita'  costituzionale, in
particolare per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione;
    Rilevato  che  l'evoluzione  della  scienza  psichiatrica e delle
terapie   farmacologiche   inducono   a  ritenere  ormai  superate  e
scarsamente  valide  rigide  forme  di  segregazione nei confronti di
soggetti  affetti  da  patologie  mentali, una volta superata la fase
acuta;
    Rilevato   che,   sotto   tali  profili,  viola  il  criterio  di
ragionevolezza  e  appare  conseguentemente  censurabile  il  dettato
dell'art. 206  c.p.  che,  con  riferimento  alle misure di sicurezza
applicabili   in   fase   cautelare,   esclude  sostanzialmente  ogni
possibilita'   di  ricorrere  a  misure  di  sicurezza  di  tipo  non
detentivo,  sancendo  un rigido automatismo che sfugge ad un'adeguata
valutazione  del  giudice,  non  consentendo - a differenza di quanto
previsto  all'esito del giudizio (cfr. da ultimo la sentenza 253/2003
della Consulta, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 222 c.p.
nella  parte in cui non consente al giudice di adottare una misura di
sicurezza  di  tipo  non  detentivo)  -  di  adottare,  fra le misure
previste dall'ordinamento, quella che in concreto appaia maggiormente
idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela della persona, da un
verso,  e  di  controllo  e  contenimento della pericolosita' sociale
dall'altro;   graduazione   consentita   anche   al   magistrato   di
sorveglianza in fase esecutiva;
    Ritenuto  che la questione sollevata appare rilevante nel caso di
specie,   ritenendo   questo   giudice,   alla   luce  della  scemata
pericolosita'  sociale  del  M.S. non adeguata la misura di sicurezza
attualmente  in atto e non consentendo l'ordinamento, in questa fase,
il  ricorso ad una misura gradata, quale la liberta' vigilata, misura
che,  previa l'adozione di opportune prescrizioni, appare nel caso di
specie  adeguatamente contenitiva in termini di prevenzione sociale e
idonea a consentire l'effettivo recupero del giovane;
    Ritenuto  pertanto  non  manifestamente  infondata e rilevante la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  206  c.p.  in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 23 e ss. legge n. 87/1953;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 206 c.p. per violazione degli
artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Sospende il giudizio limitatamente all'istanza di revoca avanzata
ex art. 299 c.p.p. e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale.
    Dispone   che,   a   cura   della   cancelleria,  l'ordinanza  di
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale sia notificata
all'indagato,   al  difensore,  al  Pubblico  Ministero,  nonche'  al
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Dispone  inoltre  che  la citata ordinanza sia comunicata, a cura
della cancelleria, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Roma il 13 ottobre 2003
           Il giudice per le indagini preliminari: Finiti
03C1272