N. 1041 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 settembre 2003

Ordinanza  emessa  il  16 settembre 2003 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia,  sez.  staccata  di  Catania  sul  ricorso
proposto  da  Arena  Mario  Antonio  ed  altri contro Ministero delle
finanze

Impiego   pubblico   -  Dipendenti  del  Ministero  delle  Finanze  -
  Estensione  dei benefici giuridici ed economici previsti dal d.P.R.
  n. 391/1972  per  il personale di concetto delle soppresse carriere
  ordinarie  (tecniche ed amministrative), in presenza di determinate
  condizioni di accesso - Inclusione tra i beneficiari dei dipendenti
  della  carriera  di  concetto  (capi tecnici e geometri), ancorche'
  assunti  per concorso, con un numero di prove concorsuali inferiori
  rispetto  ai  primi  -  Mancata previsione - Ingiustificato diverso
  trattamento  di  situazioni  omogenee  - Incidenza sul principio di
  equa  retribuzione - Violazione del principio della par condicio in
  sede  concorsuale,  nonche'  dei  principi  di imparzialita' e buon
  andamento della pubblica amministrazione.
- D.L.  19 dicembre  1984,  n. 853,  convertito  con modificazioni in
  legge  24 maggio  1989  (recte:  17 febbraio  1985), n. 17, art. 4,
  comma 14-bis,.
- Costituzione, artt. 3, 36, 51 e 97.
(GU n.49 del 10-12-2003 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 1611/1992
R.G.  proposto  dai  sig.  ri  Arena Mario Antonio, Cucinotta Orazio,
Pantanetti  Angelo,  Rotondo  Adolfo  Giuseppe, Geraci Orazio, Pagano
Salvatore,  Forte  Ernesto, Matronardo Antonino, Pellegrino Giuseppe,
De  Luca  Vincenzo,  Picciani  Samuele,  Morganti  Giovanni Giuseppe,
Capillo  Antonio,  Caruso  Antonio,  Cardile Giovanni, Buda Domenico,
Nastasi  Arturo,  Panarello Giovanni, Nucita Gaetano, rappresentati e
difesi  dall'avv. Nicola Merlo, elettivamente domiciliari in Catania,
via Musmeci n. 139, presso lo studio dell'avv. Egidio Incorpora;
    Contro  il  Ministero  delle  Finanze,  in  persona  del Ministro
pro-tempore,   costituito   in   giudizio,   rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato, domiciliata ex lege; per
l'annullamento della nota prot. 1287 del 19 febbraio 1992 - Divisione
personale   I,   sez.   1ª,  con  la  quale,  in  riscontro  all'atto
stragiudiziale  notificato  il 9 luglio 1991, e' stato comunicato che
la  disparita'  di  trattamento,  soprattutto  economica,  venutasi a
creare  a  seguito  dell'applicazione  della normativa introdotta con
l'art. 4,  comma  14-bis,  della legge n. 87/1995 tra il personale in
possesso  dei  requisiti  richiesti  dalla suddetta legge, inquadrato
all'VIII  qualifica  funzionale e coloro che sono stati esclusi, deve
essere  di  esclusiva  pertinenza  del  legislatore,  sicche'  non e'
possibile alcun comportamento discrezionale dell'amministrazione;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio del Ministero delle
Finanze;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore  per la pubblica udienza del 9 aprile 2003 il
Consigliere  dott. Biagio Campanella; uditi gli avvocati delle parti,
come da relativo verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Le  persone  indicate  in  epigrafe  sono attualmente in servizio
presso   1'U.T.E.  di  Messina  ed  inquadrati  nella  VII  qualifica
funzionale, con il profilo professionale di «capi tecnici».
    Con  domanda  diretta  al  Ministero delle finanze i predetti, in
data  7 marzo  1991,  chiedevano  l'attribuzione,  anche ai soli fini
stipendiali,   del   trattamento  economico  corrispondente  all'VIlI
livello  funzionale-retributivo,  con  i  benefici  dello sviluppo di
carriera. Con tale richiesta si sottolineava:
        che l'art. 4, comma 14-bis del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853,
convertito,  con  modificazioni, nella legge 17 febbraio 1985, n. 17,
venivano estesi i benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R.
1° giugno  1972,  n. 319,  al  personale  di concetto delle soppresse
carriere  ordinarie (tecniche ed amministrative), che abbia sostenuto
concorsi  di accesso alle carriere con almeno tre prove scritte sulle
materie professionali e di istituto ed abbia svolto mansioni analoghe
a quelle degli impiegati delle carriere speciali;
        che   successivamente,   la  legge  24 maggio  1989,  n. 193,
contenente l'interpretazione autentica dell'art. 4, comma 14-bis, del
citato  d.l.  n. 853/1984, nel determinare la decorrenza dei benefici
giuridici  ed  economici  al  personale suddetto, ha, tra l'altro, al
sesto  comma  dell'art. 1,  disposto  che  «gli  impiegati  delle  ex
carriere  di concetto tecniche destinatari di tale legge continuano a
prestare  la  loro  opera,  per  almeno dieci anni, presso gli uffici
dell'amministrazione  di  appartenenza  con  le funzioni tecniche del
ruolo di provenienza;
        che,  in  conseguenza  della  citata  normativa, i dipendenti
dell'U.T.E.   aventi,  all'atto  dell'applicazione  della  legge,  la
qualifica  di  «capi  tecnici»,  hanno  optato  per il passaggio alla
carriera  amministrativa  conseguendo  l'VIII  livello  funzionale ed
hanno  continuato  a prestare la loro attivita' a termini della legge
n. 193/1989, presso gli uffici delle amministrazioni di appartenenza,
mantenendo  le  funzioni  che  esercitavano  nel ruolo di provenienza
(capi tecnici o geometri);
        che  una  siffatta  determinazione ha determinato un notevole
squilibrio   stipendiale  tra  le  categorie  che  hanno  goduto  dei
sunnominati benefici e le altre che, mancando di alcuno dei requisiti
previsti   dalle  leggi  speciali,  non  soltanto  non  hanno  potuto
usufruire  delle  prefate agevolazioni (ed in particolare del diritto
di opzione a transitare nella carriera amministrativa pur continuando
ad  esercitare  le mansioni proprie del ruolo di provenienza), ma non
hanno  neppure  avuto  la  possibilita'  di  usufruire  del beneficio
dell'inquadramento  automatico  nell'VIII  livello  funzionale  e  di
godere  successivamente  degli  ulteriori sviluppi propri della nuova
carriera;
        che si e' per cio' venuta a determinare una situazione palese
di  disparita'  di  trattamento, che determina la violazione di norme
costituzionali  ed,  in  particolare,  dell'art. 3  che  sancisce  il
principio  di  uguaglianza tra i cittadini (inteso in senso formale e
sostanziale)  dell'art. 36,  che impegna il legislatore a riconoscere
al  lavoratore  il  diritto  ad  una  retribuzione proporzionata alla
quantita'  e  qualita' del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad
assicurare  a se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa ed,
infine,  dell'art. 51  che  sancisce,  tra  l'altro,  una  condizione
sostanziale di eguaglianza nell'accesso ai pubblici uffici e, quindi,
anche nello sviluppo di carriera;
        che gli istanti medesimi hanno titolo ad aver riconosciuta la
stessa  retribuzione corrisposta a coloro che, pur essendo transitati
con   leggi   speciali  nella  carriera  amministrativa,  sono  stati
inquadrati  nell'VIII  livello retributivo-funzionale, pur mantenendo
le  stesse  funzioni originarie di capi tecnici e gli stessi posti di
lavoro;
        che  talche'  si  e'  determinato  che  nello  stesso ufficio
operano,  con  identiche mansioni e, quindi, con identico rapporto di
qualita-quantita'  di lavoro prestato, sia il personale rimasto nella
carriera di provenienza, sia il personale transitato all'VIII livello
che  appare,  solo  per  un  riconoscimento formale, non giustificato
dalla  concreta  utilizzazione,  collocato  in  posizione  preminente
rispetto  ai  primi,  pur avendo, questi ultimi, minore anzianita' di
servizio  e minore esperienza nel settore tecnico perche' provenienti
da Amministrazioni diverse da quella di attuale appartenenza.
    Per  le ragioni su esposte, gli interessati chiedevano, come gia'
accennato,  l'attribuzione,  anche  ai  soli  fini  stipendiali,  del
trattamento     economico     corrispondente     all'VIII     livello
funzionale-retributivo, con i benefici dello sviluppo di carriera.
    Non  avendo  l'amministrazione dato riscontro a tali istanze, gli
interessati  diffidavano  l'amministrazione, seguendo la procedura di
cui   all'art.   25  del  t.u.  n. 3/1957,  con  atto  stragiudiziale
notificato  il  4 luglio  1991,  a  dare riscontro a tali domande nel
termine di trenta giorni dalla notificazione dell'atto.
    Avverso  il  silenzio-rifiuto  nel  frattempo formatosi, e' stato
proposto il ricorso n. 1611/1992.
    In  data  19 febbraio 1992, il Ministero delle finanze inviava al
dirigente  dell'U.T.E.  di  Messina  la  nota  meglio  specificata in
epigrafe,  con  la  quale si dichiara che «la precisata disparita' di
trattamento,  soprattutto  economica,  venutasi  a  creare  a seguito
dell'applicazione  della  normativa  introdotta  con  l'art. 4, comma
14-bis,  della  legge  n. 17/1985,  tra  il personale in possesso dei
requisiti  chiesti  dalla  suddetta legge, inquadrato all'VIII q.f. e
coloro che non possedendo tali requisiti ne sono stati esclusi, e' di
esclusiva   pertinenza  del  legislatore;  riguardo  a  cio'  non  e'
possibile alcun comportamento discrezionale dell'amministrazione».
    Avverso  tale  provvedimento,  e  per  il suo annullamento, viene
proposto  il  ricorso  in  epigrafe,  notificato  il  3 aprile 1992 e
depositato il 14 aprile successivo. Si deduce:
    Illegittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 14-bis del d.l.
19 dicembre  1984,  n. 853,  convertito con modificazioni nella legge
17 febbraio  1985,  n. 17,  in connessione con l'art. 1, sesto comma,
della   legge   24 maggio   1989,   n. 193,   nella   parte  in  cui,
nell'estendere  i benefici giuridici ed economici previsti dal d.P.R.
n. 319/1972   al  personale  di  concetto  delle  soppresse  carriere
ordinarie  (tecniche  ed  amministrative), in presenza di determinate
condizioni  di  accesso,  non ha incluso tra le categorie legittimate
anche  il restante personale della carriera di concetto (capi tecnici
e  geometri),  ancorche' assunto per concorso, con un numero di prove
concorsuali  inferiori  a  quello  dei  primi,  per  violazione degli
artt. 3, 36, 51 e 97 della Costituzione.
    Il  Ministero  intimato si e' costituito in giudizio chiedendo la
reiezione del ricorso.

                            D i r i t t o

    1.  -  Ricorda,  preliminarmente,  il  Collegio che, per costante
giurisprudenza,  la dedotta incostituzionalita' di una norma di legge
puo'  costituire  l'unico  motivo su cui puo' validamente fondarsi la
proposizione    di    un   ricorso   giurisdizionale   (cfr.,   Corte
costituzionale,  nn. 444  del  26  settembre-12  ottobre  1990, e 367
dell'11-20 luglio 1991).
    Nel  caso  di  specie,  il  ricorso si incentra interamente sulla
dedotta  incostituzionalita',  per violazione degli artt. 3, 36, 51 e
91   della   Costituzione,   dell'art. 4,   comma  14-bis,  del  d.l.
19 dicembre  1984,  n. 853 convertito, con modificazioni, nella legge
17 febbraio  1985,  n. 17,  nella  parte  in  cui,  nell'estendere  i
benefici  giuridici  ed  economici previsti dal d.P.R. n. 319/1972 al
personale  di concetto delle soppresse carriere ordinarie, ha escluso
il  restante  personale  della  carriera  di concetto (capi tecnici e
geometri).
    2.  -  Tale  questione  di  incostituzionalita' appare, pertanto,
rilevante  per  la  definizione  del  ricorso  in oggetto, atteso che
soltanto  attraverso  un'eventuale  pronuncia  di incostituzionalita'
della  citata normativa i ricorrenti potrebbero ottenere il beneficio
dello status giuridico-economico invocato.
    3.  -  Il  Collegio  dovra'  ora darsi carico di verificare se la
questione  di  incostituzionalita'  in  esame  si  appalesa anche non
manifestamente infondata.
    3.1.  - I ricorrenti deducono, in primo luogo, un contrasto della
normativa  in  questione con l'art. 3 della Costituzione il quale, al
primo  comma,  cosi'  recita:  «Tutti i cittadini hanno pari dignita'
sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di  razza,  di  lingua,  di  religione,  di  opinioni  politiche,  di
condizioni personali e sociali».
    Orbene,  i  ricorrenti  sono  stati  assunti  con la qualifica di
geometri  (ex  carriera  di  concetto) superando concorsi per i quali
erano previste meno di tre prove scritte su materie professionali.
    La  legge,  della  cui  costituzionalita' si dubita, si limita ad
estendere  determinati  benefici,  quale  quello  di  opzione  per il
passaggio alla carriera amministrativa, che consente il conseguimento
dell'VIII  livello  retributivo  (inesistente nella carriera tecnica)
soltanto al personale che, in sede concorsuale, abbia superato almeno
tre  prove  scritte  ed abbia svolto mansioni analoghe a quelle degli
impiegati delle ex carriere speciali.
    Una  tale  discriminazione  appare  inginstificata, atteso che le
prove  concorsuali  sono  fissate in modo diverso, a seconda dei vari
periodi  storici  in  cui  si svolgono, mentre l'idoneita' conseguita
(con  un  numero  maggiore o minore di prove) tende sempre a valutare
una professionalita' che presenta analoga valenza.
    Talche' irrazionale appare tale differenziazione tra i menzionati
dipendenti,  nella misura in cui si privilegia non lo stato giuridico
e  la  funzione (analoghi per tutti), bensi' il momento di accesso ai
posti occupati.
    Appare  violato,  pertanto,  il  trascritto  art. 3  della  Carta
costituzionale,  il  quale  enuncia  il c.d. principio di uguaglianza
formale e soggettiva, valevole per tutti i soggetti dell'ordinamento,
persone fisiche e giuridiche (cfr., Corte costituzionale, nn. 25/1996
e  2/1969),  che  costituisce  «un  principio generale che condiziona
tutto   l'ordinamento   nella   sua   obiettiva   struttura»   (Corte
costituzionale, n. 25/1996), ed e' espressione di «un generale canone
di coerenza dell'ordinamento» (Corte costituzionale, n. 204/1982), il
quale  si  estrinseca, in ultima analisi, in un generale principio di
«ragionevolezza»,  per  cui  la legge deve trattare in maniera eguale
situazioni  eguali,  ed  in  maniera razionalmente diversa situazioni
diverse  (cfr.,  fra  le  tante,  Corte  costituzionale, nn. 53/1958,
15/1960, 4/1964, 1/1966, 5/1980, 15/1982).
    Al  principio  di  uguaglianza cosi' inteso, cioe' come canone di
coerenza  e  ragionevolezza, soggiace indubbiamente anche la legge, e
cio'  non  solo  sotto  il  profilo formale - per cui il principio di
uguaglianza regolerebbe soltanto la forza e l'efficacia della legge -
ma  anche  sotto  il  profilo  materiale,  per  cui tale principio e'
rivolto  a  regolare  anche  il  contenuto della legge, implicando un
limite  o  vincolo  alla  funzione normativa primaria nel senso sopra
indicato.
    In  particolare,  nella fattispecie oggetto del presente giudizio
viene  in  rilievo  un  aspetto  di tale principio, secondo il quale,
nell'incisiva   espressione   usata   da   autorevole   dottrina,  il
legislatore  e'  tenuto  a  dare  alla norma di legge il carattere di
universalita' fino al massimo del possibile.
    Che  proprio  questo difetti nella normativa in questione, di cui
si    chiede   la   declaratoria   di   incostituzionalita',   emerge
indubbiamente,  ad  avviso  del  Collegio,  da tutto quello che si e'
osservato sinora.
    E'  altresi'  il  caso  di ricordare, costituendo jus receptum in
materia,  che il giudizio costituzionale di eguaglianza non si svolge
raffrontando   direttamente   la   norma   censurata   al   parametro
costituzionale,  occorrendo  anche che, nelle ordinanze di rimessione
alla  Corte, vengano indicate una o piu' norme ed uno o piu' principi
dell'ordinamento rispetto al quale la norma impugnata, diversificando
o  assimilando  arbitrariamente situazioni, rispettivamente, simili o
diverse, viola il principio di uguaglianza: norme o principi ciascuno
dei  quali, isolatamente considerato ed utilizzato dal giudice a quo,
costituisce  il c.d. tertium comparationis, e che, nel caso in cui ne
vangano individuati e proposti congiuntamente ed in correlazione piu'
di  uno,  costituiscono  i  tertia comparationis (cfr., fra le tante,
Corte costituzionale, nn. 10/1983, 79/1984 e 618/1997).
    Il tertium comparationis, nel caso di specie, e' costituito, come
esposto,  dalla  posizione  giuridico-economica  deteriore  di  «capi
tecnici»  e geometri rispetto a quella di altri colleghi che occupano
lo stesso posto di organico ed esercitano, le medesime funzioni.
    3.2. - La normativa della cui costituzionalita' si dubita, appare
in contrasto altresi' con gli artt. 36 e 51 della Costituzione.
    Il   primo   sancisce  che  «il  lavoratore  ha  diritto  ad  una
retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del sua lavoro»;
il  secondo fissa il fondamentale principio secondo il quale «tutti i
cittadini  dell'uno  o  dell'altro sesso possono accedere agli uffici
pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza...».
    Per   quanto   concerne,   in   particolare,   il  primo  dettato
costituzionale,  il  Collegio  osserva  che,  nel  caso  di specie, a
qualifiche  e  mansioni  identiche  viene  riservato  un  trattamento
economico e giuridico differente.
    Questa   Sezione   non  ignora  di  certo  che  gli  orientamenti
consolidati   della   Corte   costituzionale,   che   rimettono  alla
«discrezionalita»  del  legislatore  il concreto esercizio del potere
organizzatorio  della  p.a.,  anche  se  cio' comporta un trattamento
economico  e  giuridico differenziato per taluni pubblici dipendenti.
La  fattispecie  in  questione,  tuttavia,  si discosta nettamente da
quelle  rientranti  nell'orientamento  suesposto  poiche',  in questo
caso,  non sono in questione differenze di funzioni nell'ambito della
stessa  Organizzazione  burocratico-funzionale,  o  nell'ambito dello
stesso potere, cui corrispondono differenze giuridico-retributive, ma
identita'  di  funzioni  nello  stesso  ambito  di  pubblica funzione
finalizzata al perseguimento del medesimo pubblico interesse.
    3.3.  -  La  normativa  in  questione  appare, altresi', difforme
rispetto  ai  fondamentali principi di imparzialita' e buon andamento
di  cui  all'art. 97 della Costituzione, in particolare di quelli che
impongono  i  criteri  di  logica  e  di coerenza nell'Organizzazione
amministrativa  (cfr.,  Corte  costituzionale,  n. 376  del 25 luglio
1995).
    Deve ritenersi, al riguardo, che i presupposti del buon andamento
della p.a. si identifichino non soltanto con l'emanazione di adeguati
strumenti legislativi e regolamentari, e con la scrupolosa osservanza
degli   stessi,  ma  anche  con  l'attribuzione  al  personale  della
legittima   posizione  giuridico-retributiva,  atteso  che,  come  e'
naturale,  la  violazione,  al  riguardo,  dei  necessari  canoni  di
giustizia distributiva si traduce, in capo ai dipendenti interessati,
in   uno   stato   di  insufficiente  serenita',  che  non  puo'  non
ripercuotersi  sul  lavoro  dei  relativi uffici, creando un clima di
tensione e di incertezza.
                              P. Q. M.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della Sicilia - sezione
staccata di Catania - sez. 1ª, visti gli artt. 134 della Costituzione
e  23  della  legge  n. 87/1953, solleva, ritenendola rilevante e non
manifestamente   infondata,   la   questione  di  incostituzionalita'
dell'art. 4,   comma   14-bis  del  d.l.  19 dicembre  1984,  n. 853,
convertito  con  modificazioni nella legge 24 maggio 1989, n. 17, per
violazione degli artt. 3, 36, 51 e 97 della Costituzione, nella parte
in  cui,  nell'estendere  i benefici giuridici ed economici, previsti
dal  d.P.R.  n. 319/1972,  al  personale  di concetto delle soppresse
carriere  ordinarie  (tecniche  ed  amministrative),  in  presenza di
determinate  condizioni  di  accesso, non ha incluso tra le categorie
beneficiarie  il  restante personale della carriera di concetto (capi
tecnici e geometri);
    Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio e
la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    La    presente   ordinanza   sara'   eseguita   dalla   Autorita'
amministrativa; essa viene despositata in segreteria, che provvedera'
a  notificarne  copia  alle  parti,  ai  Presidenti  dei due rami del
Parlamento ed al Presidente del Consiglio dei ministri.
        Cosi'  deciso  in  Catania,  nella  Camera di consiglio del 9
aprile 2003.
               Il presidente ff. estensore: Campanella
03C1273