N. 1116 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 ottobre 2003

Ordinanza  emessa  il  10  ottobre  2003  dal tribunale di Modica nel
procedimento penale a carico di Carnemolla Silvio Adolfo ed altro

Reati  e  pene - Reato di utilizzazione per uso privato di apparati o
  parti   di  apparati  atti  alla  decodificazione  di  trasmissioni
  audiovisive  ad  accesso  condizionato  effettuate  via  etere, via
  satellite,  via  cavo,  in  forma  sia  analogica  che  digitale  -
  Depenalizzazione  limitatamente  ai  fatti commessi dall'entrata in
  vigore  della  legge  18 agosto  2000,  n. 248, fino all'entrata in
  vigore  della  legge  7 febbraio 2003, n. 22 - Mancata previsione -
  Irragionevole  disparita'  di  trattamento rispetto alle piu' gravi
  condotte depenalizzate dagli artt. 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2000.
- Legge  22 aprile  1941,  n. 633,  art. 171-octies,  come introdotto
  dall'art. 17 della legge 18 agosto 2000, n. 248.
- Costituzione, art. 3.
Reati e pene - Reato di produzione, vendita, importazione, promozione
  ed   installazione  di  dispositivi  illeciti  di  cui  all'art. 1,
  comma 1,    lett.   g),   d.lgs.   15 novembre   2000,   n. 373   -
  Depenalizzazione  dei  fatti  commessi dall'entrata in vigore della
  legge  18 agosto  2000,  n. 248,  fino  all'entrata in vigore della
  legge  7 febbraio  2003,  n. 22  -  Ingiustificato  piu' favorevole
  trattamento sanzionatorio di fattispecie penali piu' gravi.
- D.Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, art. 4.
- Costituzione, art. 3.
Reati  e pene - Reato di utilizzazione ad uso privato dei dispositivi
  illeciti  di cui all'art. 1, comma 1, lett. g) - Depenalizzazione -
  Mancata   previsione  -  Irragionevole  disparita'  di  trattamento
  rispetto  alle  piu'  gravi  fattispecie penali depenalizzate dagli
  artt. 4 e 6 del d.lgs. n. 373/2000.
- D.Lgs. 15 novembre 2000, n. 373, art. 6.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.1 del 7-1-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza di rimessione degli atti alla
Corte  costituzionale  nel  processo  penale  a  carico di Carnemolla
Silvio Adolfo +1.

                           P r e m e s s o

    Nel   presente   processo   penale  Carnemolla  Silvio  Adolfo  e
Carnemolla  Giuseppe  sono imputati del reato previsto e punito dagli
artt. 110  c.p.  e  171-octies, legge 22 aprile 1941, n. 633, siccome
introdotto  dall'art. 17 della legge 18 agosto 2000, n. 248, perche',
in concorso tra loro, a fini fraudolenti utilizzavano per uso privato
il  decodificatore  e  la  smart  card  n. 00029934734  della  Pay TV
«Stream»    nonche'    altro    materiale   informatico   atto   alla
decodificazione  di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato.
La  difesa  ha  chiesto la pronuncia di sentenza di assoluzione degli
imputati  perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, ai
sensi  dell'art. 129 c.p.p., atteso che dopo l'emanazione della legge
18 agosto  2000,  n. 248,  in attuazione della direttiva 98/84/CE del
20 novembre  1998,  e' intervenuto il decreto legislativo 15 novembre
2000,   n. 373  che  ha  depenalizzato  una  serie  di  condotte  (la
fabbricazione,  l'importazione,  la  distribuzione,  la  vendita,  il
noleggio  ovvero  il  possesso  a  fini  commerciali  di  dispositivi
illeciti;  l'installazione,  la manutenzione o la sostituzione a fini
commerciali  di dispositivi illeciti; la diffusione con ogni mezzo di
comunicazioni  commerciali per promuovere la distribuzione e l'uso di
dispositivi    illeciti)    sovrapponibili    a    quelle    previste
dall'art. 171-octies legge 22 aprile 1941, n. 633.
    Ha  osservato  che  sul  punto sono intervenute numerose sentenze
della Corte di cassazione, tutte nel senso che si sia trattata di una
vera e propria depenalizzazione, e, da ultimo, le sezioni unite della
Corte  di  cassazione  che  hanno  stabilito  che, relativamente alle
condotte  sovrapponibili  e sostanzialmente assimilabili previste nei
due  testi normativi (l'art. 171-octies della 22 aprile 1941, n. 633,
siccome  introdotto  dall'art. 17, legge 18 agosto 2000, n. 248, e il
d.lgs.   15 novembre   2000,   n. 373),  stante  la  coincidenza  sia
dell'elemento  materiale  sia  dell'elemento  psicologico e dovendosi
ritenere    sostanzialmente    assimilata   l'espressione   «a   fini
fraudolenti»   all'espressione  «a  fini  commerciali»,  in  base  al
principio  di  specialita'  di  cui all'art. 9 della legge n. 689 del
1981  si  deve  applicare  la  sola  sanzione  amministrativa; mentre
rimangono  fuori  dall'applicazione  del  principio  di specialita' e
quindi   dalla   depenalizzazione   le  condotte  di  modifica  e  di
utilizzazione  per  uso  pubblico  e  privato  di apparati o parti di
apparati  atti  alla  decodificazione  di trasmissioni audiovisive ad
accesso  condizionato  effettuate via etere, via satellite, via cavo,
in forma sia analogica sia digitale.
    Ha  concluso  nel  senso  che,  trattandosi  di  un  fenomeno  di
successione  di  leggi  nel  tempo,  la  legge  successiva (il d.lgs.
15 novembre   2000,   n. 373)  ha  determinato  l'abrogazione  tacita
dell'art. 171-octies  della  legge 22 aprile 1941, n. 633, escludendo
la  rilevanza  delle  condotte di modifica e di utilizzazione per uso
pubblico  e  privato  di  apparati  o  parti  di  apparati  atti alla
decodificazione  di  trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato
effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica
sia digitale.
    In via subordinata, ove si ritenga invece applicabile il criterio
di  specialita',  la  difesa  ha  sollevato questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 171-octies,  legge  22 aprile 1941, n. 633,
siccome  introdotto  dall'art. 17 legge 18 agosto 2000, n. 248, nella
parte  in cui prevede tra le condotte punibili con la sanzione penale
la  condotta  di utilizzazione per uso privato di apparati o parti di
apparati  atti  alla  decodificazione  di trasmissioni audiovisive ad
accesso  condizionato  effettuate via etere, via satellite, via cavo,
in  forma  sia  analogica  sia digitale, dall'entrata in vigore della
legge  18 agosto  2000, n. 248 fino all'entrata in vigore della legge
7 febbraio  2003, n. 22 che ha reintrodotto la sanzione penale per le
condotte  depenalizzate  dal  d.lgs.  15 novembre  2000,  n. 373, per
contrasto   con   l'art. 3  della  Costituzione  per  l'irragionevole
disparita'   di   trattamento   rispetto  alle  piu'  gravi  condotte
depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373.

                            O s s e r v a

    Con  l'art. 17  della  legge 18 agosto 2000, n. 248 e' stato, tra
l'altro,  inserito  nel  testo  della  legge  22 aprile  1941, n. 633
l'art. 171-octies  che,  qualora  il fatto non costituisca piu' grave
reato,  punisce  «con  la  reclusione da sei mesi a tre anni e con la
multa  da euro 2.582,28 ad euro 25.822,84 chiunque a fini fraudolenti
produce,  pone  in  vendita,  importa,  promuove, installa, modifica,
utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti
alla   decodificazione   di   trasmissioni   audiovisive  ad  accesso
condizionato  effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma
sia  analogica  sia  digitale.  Si  intendono ad accesso condizionato
tutti  i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere
in  forma tale da rendere gli stessi visibili esclusivamente a gruppi
chiusi  di  utenti  selezionati dal soggetto che effettua l'emissione
del  segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la
fruizione di tale servizio».
    Successivamente,  in  adempimento  della  delega  ricevuta con la
legge 21 dicembre 1999, n. 526, a sua volta attuativa della direttiva
98/84/CE  del  20 novembre  1998  in  tema  di  tutela dei servizi ad
accesso  condizionato  e  dei  servizi  di  accesso  condizionato, il
Governo ha emanato il d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373 che:
        all'art. 1, da le definizioni di:
          «servizio  protetto»  (comma 1,  lettera a): un servizio ad
accesso condizionato o un servizio di accesso condizionato);
          «servizio  ad  accesso  condizionato» (comma 1, lettera b):
uno dei seguenti servizi se forniti a pagamento e mediante un sistema
di   accesso  condizionato:  1)  trasmissioni  televisive,  cioe'  le
trasmissioni  via cavo o via radio, anche via satellite, di programmi
televisivi  destinati  al  pubblico; 2) trasmissioni sonore, cioe' le
trasmissioni  via cavo o via radio, anche via satellite, di programmi
sonori   destinati   al   pubblico;   3)   servizi   della   societa'
dell'informazione,  ovvero  qualsiasi servizio fornito a distanza per
via  elettronica  ed  a  richiesta  individuale di un destinatario di
servizi);
          «servizio di accesso condizionato» (comma 1, lettera c): il
servizio  di  fornitura  di un accesso condizionato ai servizi di cui
alla lettera b);
          «accesso condizionato» ( comma 1, lettera d): ogni misura e
sistema  tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al
servizio   protetto  sia  subordinato  a  preventiva  ed  individuale
autorizzazione da parte del fornitore del servizio);
          «dispositivo  per l'accesso condizionato» (comma 1, lettera
e): apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti
o  adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad
un servizio protetto);
          «servizio  connesso» (comma 1, lettera f): l'installazione,
la   manutenzione   o  la  sostituzione  di  dispositivi  di  accesso
condizionato,  nonche'  la  prestazione  di  servizi di comunicazione
commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti);
          «dispositivo    illecito»    (comma    1,    lettera    g):
apparecchiatura  o  programma per elaboratori elettronici concepiti o
adattati  al  fine  di  rendere  possibile  l'accesso  ad un servizio
protetto  in forma intelligibile senza l'autorizzazione del fornitore
del servizio);
        all'art. 4   precisa   quali   sono  le  attivita'  illecite,
vietando,  alla  lettera  a),  la  fabbricazione,  l'importazione, la
distribuzione,  la  vendita,  il  noleggio  ovvero il possesso a fini
commerciali   di   dispositivi   illeciti   e,   alla   lettera   b),
l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali
di  dispositivi  illeciti  e, alla lettera c), la diffusione con ogni
mezzo  di comunicazioni commerciali per promuovere la distribuzione e
l'uso  di  dispositivi  illeciti;  all'art. 6 punisce con la sanzione
amministrativa   pecuniaria   chiunque  ponga  in  essere  una  delle
attivita' illecite vietate dall'art. 4.
    Successivamente  la  legge  7 febbraio  2003,  n. 22  ha disposto
l'aggiunta,  al comma 1 dell'art. 6, d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373,
del  seguente  periodo «Si applicano altresi' le sanzioni penali e le
altre  misure  accessorie  previste  per le attivita' illecite di cui
agli articoli 171-bis e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633
e successive modificazioni».
    Premessa  tale necessaria panoramica della complessa normativa in
esame,  osserva  il  giudice che sulla questione oggetto del processo
sono  intervenute  diverse  pronunzie  della Suprema Corte, tutte nel
senso  della  intervenuta  depenalizzazione  della fattispecie di cui
all'art. 171-octies,  legge  22 aprile 1941, n. 633 (Cass. pen., Sez.
III,  9 novembre  2001,  Capra; Cass. pen., Sez. III, 17 maggio 2002,
n. 26149,  Guida  F  ed  altro;  Cass. pen., Sez. II, 11 giugno 2002,
Bisignani;  Cass. pen., Sez. V, 29 maggio 2002, n. 24847, Mammoliti),
fino  alla  recentissima  sentenza delle sezioni unite della Corte di
cassazione  (Cass.  pen.,  S.U., 18 dicembre 2002 - 20 febbraio 2003,
n. 33,  Scuncia)  che  hanno  effettuato  un'articolata analisi delle
previsioni punitive poste a confronto.
    Le  sezioni  unite  della  Corte  di cassazione hanno, anzitutto,
rilevato  che la definizione di «servizio ad accesso condizionato» di
cui  all'art. 171-octies,  legge  22 aprile  1941,  n. 633 diverge da
quella  data dall'art. 1 d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373 in quanto la
prima  prescinde dalla imposizione di un canone (ovvero dal pagamento
di un corrispettivo) per la fruizione del servizio, mentre la seconda
si riferisce espressamente ai soli servizi forniti a pagamento.
    Hanno  osservato,  in secondo luogo, che l'art. 171-octies, legge
21 aprile  1941,  n. 633  concerne esclusivamente la protezione delle
trasmissioni  audiovisive  ad  accesso  condizionato, mentre l'art. 1
d.lgs.  15 novembre  2000,  n. 373  riguarda  i  «servizi  ad accesso
condizionato»  o «protetti» in generale, dei quali le trasmissioni di
programmi  televisivi  destinati  al  pubblico costituiscono solo una
specie  (vedi  comma  1,  lettera b), donde l'evidente maggior ambito
applicativo   della   piu'  recente  normativa,  munita  di  sanzione
amministrativa, rispetto a quella anteriore penalmente sanzionata.
    Hanno   rilevato,   poi,  che,  comparando  le  condotte  tipiche
contemplate  dalle due normative, tra esse vi e' sovrapponibilita' ed
omologabilita' o, comunque, sostanziale assimilabilita' tra le coppie
di termini riportate nel seguente prospetto:

Art. 171-octies, legge 22 aprile  |Art. 4, d.lgs. 15 novembre 2000,
1941, n. 633                      |n. 373
---------------------------------------------------------------------
"produce"                         |"fabbricazione"
---------------------------------------------------------------------
"pone in vendita"                 |"vendita"
---------------------------------------------------------------------
"importa"                         |"importazione"
---------------------------------------------------------------------
                                  |"diffusione di comunicazioni
"promuove"                        |commerciali per promuovere... "
---------------------------------------------------------------------
"installa"                        |"installazione"

mentre   non   trovano   puntuale   equivalente   nell'art. 4  d.lgs.
15 novembre  2000,  n. 373 le condotte tipizzate nell'art. 171-octies
della  legge  22 aprile  1941,  n. 633  con  i  termini «modifica» ed
«utilizza per uso pubblico e privato» ed inversamente compaiono nella
prima   le   condotte  di  «distribuzione»,  «noleggio»,  «possesso»,
«manutenzione»  e  «sostituzione»  ricomprese nella seconda, salva la
riconducibilita'  della  distribuzione  alla  «messa in vendita» e la
presupposizione od implicazione di una situazione di «possesso» nella
maggior parte delle condotte tipiche di cui alla prima disposizione.
    Hanno  ritenuto,  poi, che deve ravvisarsi, nonostante la diversa
terminologia  impiegata, sostanziale identita' rappresentativa quanto
all'oggetto  su  cui  devono  cadere  le  condotte tipiche, descritto
nell'art. 171-octies   della   legge   22 aprile  1941,  n. 633  come
«apparati   o   parti   di  apparati  atti  alla  decodificazione  di
trasmissioni  audiovisive  ad  accesso condizionato...» e nell'art. 4
d.lgs.  15 novembre  2000,  n. 373.  attraverso il rinvio all'art. 1,
comma 1 lettera g), come «apparecchiatura o programma per elaboratori
elettronici  concepiti  o  adattati  al  fine  di  rendere  possibile
l'accesso ad un servizio protetto...».
    Hanno   ritenuto,   infine,  quanto  all'elemento  psicologico  -
premesso che per «fini fraudolenti» devono intendersi quelli volti ad
artificiosamente  eludere  i  sistemi  di  codificazione  dei segnali
audiovisivi,  destinati  ad  essere «visibili esclusivamente a gruppi
chiusi  di  utenti  selezionati dal soggetto che effettua l'emissione
del  segnale»,  e che per «fini commerciali» devono invece intendersi
quelli  volti alla distribuzione al pubblico, dietro corrispettivo ed
a  fine  di lucro (implicito nel fine commerciale), della particolare
merce  costituita  dai dispositivi considerati illeciti dalla legge -
che  il  fine  di  commercializzazione di dispositivi intrinsecamente
illeciti in quanto «concepiti o adattati al fine di rendere possibile
l'accesso  ad  un servizio protetto» sottende ed ingloba in se' anche
il  fine  fraudolento;  e  cio'  perche'  il fine fraudolento che non
compare nel precetto dell'art. 4, d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373 e',
tuttavia,  espressamente  enunciato nell'art. 1, comma 1, lettera g),
d.lgs.  15 novembre  2000,  n. 373,  cui  il  primo  rinvia,  laddove
individua  i  dispositivi  illeciti nelle apparecchiature o programmi
per  elaboratori elettronici «concepiti o adattati al fine di rendere
possibile  l'accesso  ad  un servizio protetto in forma intelligibile
senza   l'autorizzazione   del   fornitore   del  servizio»;  con  la
conseguenza  che nell'articolata struttura della fattispecie prevista
dall'art. 4  d.lgs.  15 novembre 2000, n. 373 deve ritenersi prevista
una  duplice forma congiunta di dolo specifico, ai «fini commerciali»
essendo  affiancato  il fine fraudolento espresso dalla locuzione «al
fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto».
    Hanno   concluso   che   limitatamente   alle   condotte  tipiche
sovrapponibili  o sostanzialmente assimilabili elencate nei due testi
normativi,  coincidendo  l'oggetto  materiale delle stesse ed essendo
l'elemento  psicologico  previsto dalla fattispecie di cui all'art. 4
d.lgs. 15 novembre  2000, n. 373 comprensivo di quello previsto dalla
fattispecie di cui all'art. 171-octies, legge 22 aprile 1941, n. 633,
la prima fattispecie, presidiata da semplice sanzione amministrativa,
deve ritenersi speciale rispetto alla seconda, penalmente sanzionata,
contemplando  quali  elementi  specializzanti  il  fine  di commercio
nonche'   la   fornitura   a   pagamento   del  servizio  ad  accesso
condizionato,  e  deve pertanto applicarsi in via esclusiva ex art. 9
legge 24 novembre 1981, n. 689.
    Ulteriore  conclusione  tratta  dalle sezioni unite e' quella, in
certa misura paradossale ma imposta dall'analisi delle norme, secondo
cui  l'ambito di applicabilita' dell'art. 171-octies, legge 22 aprile
1941, n. 633 deve ritenersi ormai circoscritto alle ipotesi residuali
di  condotte  tipiche  non  sovrapponibili  od  assimilabili a quelle
previste  dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373 od alle ipotesi
di  condotte  tipiche  che,  pur materialmente coincidenti, non siano
volte  anche  a  scopi commerciali od abbiano per oggetto dispositivi
atti  alla  decodificazione  di  trasmissioni  audiovisive ad accesso
condizionato   diffuse   senza  l'imposizione  di  un  corrispettivo,
riguardando  le  norme amministrativamente sanzionate soltanto l'area
dei servizi ad accesso condizionato forniti a pagamento.
    Quanto  alla  definizione della natura del rapporto intercorrente
tra  le  norme  poste  a confronto, le sezioni unite della Cassazione
hanno  escluso  che  il  d.lgs.  15 novembre  2000, n. 373 abbia, nei
limiti  precisati,  operato  una  «depenalizzazione» in senso proprio
della  previsione  incriminatrice  di  cui  all'art. 171-octies legge
22 aprile  1941,  n. 633,  ritenendo  che  tale fenomeno si verifichi
soltanto quando il legislatore si limiti a sostituire ad una sanzione
penale   una   sanzione   amministrativa,   modificando   la   natura
dell'illecito  ma  lasciando  immutati gli elementi costitutivi della
preesistente  fattispecie  astratta.  Hanno, del pari, escluso che la
norma   penale   incriminatrice   di  cui  all'art. 171-octies  legge
22 aprile  1941, n. 633 sia stata implicitamente abrogata, ex art. 15
delle  disposizioni  sulla  legge in generale, dal successivo decreto
legislativo  per  incompatibilita'  tra  le  nuove  disposizioni e la
precedente o per avere la nuova fonte normativa disciplinato l'intera
materia  gia' regolata dalla norma penale anteriore, non essendovi in
principio  alcuna fisiologica incompatibilita' (ma piuttosto parziale
coincidenza)  tra  i  due  ordini  di norme, dettate per la tutela di
diversi  beni  giuridici ed aventi differente natura giuridica, e non
avendo  la  piu'  recente  normativa preso in considerazione l'intero
ambito  delle  fattispecie  previste  dalla  disposizione  penalmente
sanzionata  ma  solo  una  parte.  Hanno,  infine,  escluso  che  sia
invocabile  la  disciplina  di  cui  all'art. 2,  comma  secondo c.p.
laddove  il  d.lgs.  15 novembre  2000,  n. 373  sia  gia'  in vigore
all'epoca della commissione dei fatti e quindi la fonte normativa che
prevede  meri  illeciti amministrativi non sia posteriore rispetto ai
fatti  medesimi.  Hanno  concluso  che  l'unico rapporto propriamente
individuabile   tra   i  due  ordini  di  norme  e'  quello  regolato
dall'art. 9,  legge  24 novembre  1981,  n. 689  che,  estendendo  il
principio  di  specialita'  di  cui all'art. 15 c.p. anche al caso di
concorso  tra  disposizione  penale  e disposizione sanzionata in via
amministrativa   relative   ad  un  medesimo  fatto,  ha  sancito  la
prevalenza   della   disposizione   speciale   e   la  sua  esclusiva
applicabilita'   (laddove,   in   difetto  della  previsione  di  cui
all'art. 9  cit.,  nulla  si sarebbe opposto, in via di principio, ad
una  applicazione congiunta delle disposizioni punitive concorrenti).
Le  sezioni  unite  hanno  poi ritenuto che la nuova legge 7 febbraio
2003,   n. 22   comprova  la  precedente  «depenalizzazione»  (almeno
parziale)   delle   fattispecie  penali  di  cui  all'art. 4,  d.lgs.
15 novembre   2000,  n. 373  anche  perche'  prevede,  in  deroga  al
principio  di  specialita' di cui all'art. 9, legge 24 novembre 1981,
n. 689,  l'applicazione  congiunta delle sanzioni penali originarie e
di  quelle  amministrative  introdotte  dal  d.lgs. 15 novembre 2000,
n. 373; con la conseguenza che non sarebbe possibile qualificare come
meramente interpretativo il nuovo intervento del legislatore.

                            R i t i e n e

    Tanto  premesso,  ad  avviso  di questo giudice, non sussistono i
presupposti  per  la  immediata  pronuncia di sentenza di assoluzione
degli  imputati,  ai sensi dell'art. 129 c.p.p., perche' il fatto non
e'  previsto  dalla  legge  come reato, atteso che in base al diritto
vivente,  espresso  dalle  sezioni unite della Corte di cassazione il
fatto  ascritto  agli  imputati  (utilizzazione per uso privato di un
decodificatore  e  di una smart card della Pay TV «Stream» nonche' di
altro materiale informatico atto alla decodificazione di trasmissioni
audiovisive  ad  accesso  condizionato) continua ad essere penalmente
sanzionato  ai  sensi  dell'art. 171-octies,  legge  22 aprile  1941,
n. 633.
    Questo  giudice  non  ignora  che la Corte costituzionale ha piu'
volte  affermato che il principio di supremazia costituzionale impone
all'interprete di optare, tra piu' soluzioni astrattamente possibili,
per   quella  che  renda  la  disposizione  di  legge  conforme  alla
Costituzione  (vedi,  ex  pluribus,  Corte  cost. sentenza n. 113 del
2000).
    E  tuttavia  ritiene che, dopo il recentissimo orientamento delle
sezioni  unite della Corte di cassazione, non resta che prendere atto
che   il   diritto   vivente   e'   nel  senso  della  applicabilita'
dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941, n. 633, siccome introdotto
dall'art. 17,   legge   18 agosto  2000,  n. 248,  alla  condotta  di
utilizzazione per uso privato (cosi' come alle condotte di modifica e
di  utilizzazione  per uso pubblico ma senza fine commerciale e senza
pagamento  di  un corrispettivo) di apparati o parti di apparati atti
alla   decodificazione   di   trasmissioni   audiovisive  ad  accesso
condizionato  effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma
sia  analogica  sia  digitale,  anche relativamente ai fatti commessi
dall'entrata  in  vigore  della  legge  18 agosto  2000,  n. 248 fino
all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003, n. 22.
    La  richiesta  di  immediata  declaratoria  della non punibilita'
degli imputati ai sensi dell'art. 129 c.p.p., formulata dalla difesa,
deve pertanto essere rigettata.
    E'  invece, rilevante e non manifestamente infondata la questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 171-octies, legge 22 aprile
1941,  n. 633,  siccome introdotto dall'art. 17 legge 18 agosto 2000,
n. 248,  nella  parte  in cui prevede tra le condotte punibili con la
sanzione  penale  la  condotta  di  utilizzazione  per uso privato di
apparati   o   parti   di   apparati  atti  alla  decodificazione  di
trasmissioni  audiovisive  ad  accesso  condizionato  effettuate  via
etere,  via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale,
limitatamente  ai  fatti  commessi dall'entrata in vigore della legge
18 agosto  2000,  n. 248  fino  all'entrata  in  vigore  della  legge
7 febbraio  2003, n. 22 che ha reintrodotto la sanzione penale per le
condotte  depenalizzate  del  d.lgs.  15 novembre  2000,  n. 373, per
violazione   dell'art. 3   della   Costituzione  per  l'irragionevole
disparita'   di   trattamento   rispetto  alle  piu'  gravi  condotte
depenalizzate dagli artt. 4 e 6, d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373.
    La  rilevanza  della questione nel giudizio a quo e' evidente: in
base  al diritto vivente, espresso dalle sezioni unite della Corte di
cassazione,  il  fatto  ascritto agli imputati (utilizzazione per uso
privato  di  un  decodificatore  e  di  una  smart  card della Pay TV
«Stream»   nonche'   di   altro   materiale   informatico  atto  alla
decodificazione  di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato)
continua     ad     essere    penalmente    sanzionato    ai    sensi
dell'art. 171-octies,   legge  22 aprile  1941,  n. 633,  mentre  una
eventuale   pronuncia  di  accoglimento  della  Corte  costituzionale
obbligherebbe  il  giudice  ad  emettere  immediatamente  sentenza di
assoluzione  degli  imputati  perche'  il fatto non e' previsto dalla
legge  come  reato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; ne consegue che il
giudizio  a  quo  non  puo'  essere  definito indipendentemente dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dalla
difesa non e', poi, manifestamente infondata.
    In  base al diritto vivente, siccome espresso dalle sezioni unite
della  Cassazione,  relativamente  ai  fatti commessi dall'entrata in
vigore  della legge 18 agosto 2000, n. 248 fino all'entrata in vigore
della  legge  7 febbraio 2003, n. 22 (che ha reintrodotto la sanzione
penale  per  le  condotte  depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000,
n. 373),  il  nostro  ordinamento  continua  a punire con la sanzione
penale  comportamenti  confinati  nella  sfera  privata  del soggetto
agente  o comunque non sorretti da fini di arricchimento patrimoniale
e  concernenti  servizi erogati senza corrispettivo economico, mentre
sanziona  come  illecito  amministrativo condotte di evidente maggior
disvalore  giuridico  e  sociale perche' lesive anche degli interessi
patrimoniali   degli   erogatori  dei  servizi  protetti  ed  attuate
essenzialmente  a  scopo  di  lucro  (in  termini,  Cass. pen., S.U.,
18 dicembre 2002 - 20 febbraio 2003, n. 33, Scuncia).
    In  particolare,  la semplice utilizzazione per uso privato di un
decodificatore  o  di  una  scheda  illecitamente  riprodotta  per la
ricezione  del  segnale  emesso  da  un canale televisivo satellitare
(nella  specie, della societa' Stream), anche se commessa nel periodo
che va dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000, n. 248 fino
all'entrata  in  vigore  della  legge  7 febbraio  2003, n. 22, viene
punita  con  la  sanzione  penale; mentre invece fatti ben piu' gravi
quali  la  produzione,  la  vendita,  l'importazione, la promozione e
l'installazione   di   decodificatori   o   di  schede  illecitamente
riprodotte   per  la  ricezione  del  segnale  emesso  da  un  canale
televisivo satellitare, nel medesimo periodo, non sono previsti dalla
legge come reato e vengono puniti solo con la sanzione amministrativa
pecuniaria.
    Appare,  quindi, fondato il dubbio di legittimita' costituzionale
dell'art. 171-octies,  legge  22 aprile  1941, n. 633, nella parte in
cui  prevede  tra  le  condotte  punibili  con  la sanzione penale la
condotta  di  utilizzazione  per  uso  privato di apparati o parti di
apparati  atti  alla  decodificazione  di trasmissioni audiovisive ad
accesso  condizionato  effettuate via etere, via satellite, via cavo,
in  forma sia analogica sia digitale, limitatamente ai fatti commessi
dall'entrata  in  vigore  della  legge  18 agosto  2000,  n. 248 fino
all'entrata  in  vigore  della  legge  7 febbraio  2003,  n. 22,  per
violazione  del  principio  di  eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.
che,  secondo  quanto  affermato  e  ribadito  piu' volte dalla Corte
costituzionale,   deve   intendersi  nel  senso  che  «a  parita'  di
situazioni   deve   corrispondere   parita'  di  trattamento,  mentre
trattamenti  differenziati sono riservati a situazioni obiettivamente
diverse»  (vedi,  ex  pluribus,  Corte cost. sentenza n. 45 del 1967;
Corte  cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 22 del
1966; Corte cost. sentenza n. 81 del 1963).
    Questo giudice non ignora che, secondo la costante giurisprudenza
costituzionale,  spetta  insindacabilmente  al  legislatore giudicare
sulla  parita' o la diversita' delle situazioni (Corte cost. sentenza
n. 81  del  1963;  Corte  cost.  sentenza n. 22 del 1966; Corte cost.
sentenza  n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975; Corte
cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987)
e che, in materia di configurazione di fattispecie criminose, rientra
nella  discrezionalita' del legislatore stabilire quali comportamenti
debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualita' e
la misura della pena ed apprezzare parita' e disparita' di situazioni
(Corte  cost.  sentenza n. 25 del 26 gennaio 1994 - 10 febbraio 1994;
Corte  cost.  sentenza n. 7 del 1987; Corte cost. sentenza n. 119 del
1975).
    Ma   la  Corte  costituzionale  ha  sempre  anche  precisato  che
l'esercizio  di  tale  discrezionalita'  puo' essere censurato quando
esso  non  rispetti  il  criterio  della  ragionevolezza  e gli altri
principi  costituzionali e dia luogo ad una disparita' di trattamento
palesemente  irrazionale  ed ingiustificata (vedi, ex pluribus, Corte
cost.  sentenza  n. 81 del 1963; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966;
Corte  cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del
1975; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 7
del  1987; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987; Corte cost. sentenza
n. 25 del 1994).
    E  nel  caso di specie il trattamento sanzionatorio stabilito dal
legislatore  per  la condotta di utilizzazione per uso privato (cosi'
come  per le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico
ma  senza  fini commerciali e senza pagamento di un corrispettivo) di
apparati   o   parti   di   apparati  atti  alla  decodificazione  di
trasmissioni  audiovisive  ad  accesso  condizionato  effettuate  via
etere,  via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale,
limitatamente  ai  fatti  commessi dall'entrata in vigore della legge
18 agosto  2000,  n. 248  fino  all'entrata  in  vigore  della  legge
7 febbraio   2003,  n. 22,  e'  addirittura  piu'  severo  di  quello
stabilito  per  le  condotte sicuramente piu' gravi depenalizzate dal
d.lgs.  15 novembre 2000, n. 373: viene punita con la sanzione penale
la  condotta di utilizzazione per uso privato (cosi' come le condotte
di  modifica  e  di  utilizzazione  per  uso  pubblico  ma senza fine
commerciale  e  senza  pagamento  di  un corrispettivo) di apparati o
parti   di   apparati   atti  alla  decodificazione  di  trasmissioni
audiovisive ad accesso condizionato, mentre le piu' gravi condotte di
chi  produce,  pone  in  vendita,  importa,  promuove  e  installa  i
dispositivi  illeciti  di  cui all'art. 1, comma 1 lettera g), d.lgs.
15 novembre  2000,  n. 373,  se  commesse  nel medesimo periodo, sono
punite soltanto con la sanzione amministrativa pecuniaria.
    Appare,   quindi,   palesemente   violata   quella  direttiva  di
razionalita' enucleabile dall'art. 3 della Costituzione che impone al
legislatore  di  stabilire  un medesimo trattamento sanzionatorio per
situazioni   uguali   e  un  trattamento  sanzionatorio  diverso  per
situazioni obiettivamente diseguali.
    Per  completezza ritiene questo giudicante di sollevare d'ufficio
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 4,  d.lgs.
15 novembre  2000,  n. 373,  nella  parte  in  cui non prevede tra le
attivita' illecite vietate anche la utilizzazione per uso privato dei
dispositivi  illeciti  di cui all'art. 1, comma 1, lettera g), d.lgs.
n. 373/2000,   e   la   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 6,  d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373, nella parte in cui non
punisce   con   la   sanzione   amministrativa  pecuniaria  anche  la
utilizzazione  per  uso  privato  dei  dispositivi  illeciti  di  cui
all'art. 1,  comma 1 lettera g), d.lgs. n. 373/2000, limitatamente ai
fatti  commessi  dall'entrata  in  vigore della legge 18 agosto 2000,
n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003, n. 22,
per  violazione  dell'art. 3  della  Costituzione per l'irragionevole
disparita'  di  trattamento rispetto alle piu' gravi condotte vietate
(e quindi depenalizzate) dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373.
    Anche  in questo caso la rilevanza della questione nel giudizio a
quo  e'  evidente: in base al diritto vivente, espresso dalle sezioni
unite  della  Corte  di  cassazione,  il fatto ascritto agli imputati
(utilizzazione  per  uso  privato di un decodificatore e di una smart
card  della  Pay  TV  «Stream» nonche' di altro materiale informatico
atto  alla  decodificazione  di  trasmissioni  audiovisive ad accesso
condizionato)  continua  ad  essere  penalmente  sanzionato  ai sensi
dell'art. 171-octies   legge   22 aprile  1941,  n. 633,  mentre  una
eventuale  pronuncia  di  accoglimento  della  Corte  costituzionale,
ricomprendendo     tra     le     attivita'    illecite    sanzionate
amministrativamente  anche  la  utilizzazione  per  uso  privato  dei
dispositivi  illeciti di cui all'art. 1, comma 1, lettera g) e quindi
escludendo   l'applicabilita'  dell'art. 171-octies  legge  22 aprile
1941,  n. 633 per il principio di specialita' di cui all'art. 9 legge
24 novembre  1981,  n. 689,  obbligherebbe  il  giudice  ad  emettere
immediatamente  sentenza  di  assoluzione  degli  imputati perche' il
fatto  non e' previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 129
c.p.p.;  ne  consegue  che il giudizio a quo non puo' essere definito
indipendentemente  dalla  risoluzione della questione di legittimita'
costituzionale.
    La  questione  di legittimita' costituzionale, che questo giudice
ritiene   di   sollevare   d'ufficio,  non  e',  poi,  manifestamente
infondata.
    In  base al diritto vivente, siccome espresso dalle sezioni unite
della  Cassazione,  relativamente  ai  fatti commessi dall'entrata in
vigore  della legge 18 agosto 2000, n. 248 fino all'entrata in vigore
della  legge  7 febbraio 2003, n. 22 (che ha reintrodotto la sanzione
penale  per  le  condotte  depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000,
n. 373),  il  nostro  ordinamento  continua  a punire con la sanzione
penale  comportamenti  confinati  nella  sfera  privata  del soggetto
agente  o comunque non sorretti da fini di arricchimento patrimoniale
e  concernenti  servizi erogati senza corrispettivo economico, mentre
sanziona  come  illecito  amministrativo condotte di evidente maggior
disvalore  giuridico  e  sociale perche' lesive anche degli interessi
patrimoniali   degli   erogatori  dei  servizi  protetti  ed  attuate
essenzialmente  a  scopo  di  lucro  (in  termini,  Cass. pen., S.U.,
18 dicembre 2002 - 20 febbraio 2003, n. 33, Scuncia).
    In  particolare,  la semplice utilizzazione per uso privato di un
decodificatore  o  di  una  scheda  illecitamente  riprodotta  per la
ricezione  del  segnale  emesso  da  un canale televisivo satellitare
(nella specie, della societa' Stream), se commessa nel periodo che va
dall'entrata  in  vigore  della  legge  18 agosto  2000,  n. 248 fino
all'entrata  in  vigore  della  legge  7 febbraio  2003, n. 22, viene
punita  con  la  sanzione  penale ai sensi dell'art. 171-octies legge
22 aprile  1941,  n. 633; mentre invece fatti ben piu' gravi quali la
produzione,    la    vendita,   l'importazione,   la   promozione   e
l'installazione   di   decodificatori   o   di  schede  illecitamente
riprodotte   per  la  ricezione  del  segnale  emesso  da  un  canale
televisivo satellitare, nel medesimo periodo, non sono previsti dalla
legge come reato e vengono puniti solo con la sanzione amministrativa
pecuniaria  ai sensi dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373, che
si applica a dette fattispecie per il principio di specialita' di cui
all'art. 9 legge 24 novembre 1981, n. 689.
    Appare,  quindi, fondato il dubbio di legittimita' costituzionale
dell'art. 4  d.lgs.  15 novembre 2000, n. 373, nella parte in cui non
prevede  tra le attivita' illecite vietate anche la utilizzazione per
uso  privato  dei  dispositivi  illeciti  di cui all'art. 1, comma 1,
lettera  g),  d.lgs.  n. 373/2000,  e  dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre
2000,  n. 373,  nella  parte  in  cui  non  punisce  con  la sanzione
amministrativa  pecuniaria anche la utilizzazione per uso privato dei
dispositivi  illeciti  di cui all'art. 1, comma 1, lettera g), d.lgs.
n. 373/2000,  limitatamente  ai fatti commessi dall'entrata in vigore
della  legge  18 agosto 2000, n. 248 fino all'entrata in vigore della
legge  7 febbraio  2003,  n. 22,  per  violazione  del  principio  di
eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. che, secondo quanto affermato e
ribadito  piu'  volte dalla Corte costituzionale, deve intendersi nel
senso  che  «a  parita'  di  situazioni deve corrispondere parita' di
trattamento,   mentre  trattamenti  differenziati  sono  riservati  a
situazioni  obiettivamente  diverse»  (vedi, ex pluribus, Corte cost.
sentenza  n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte
cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 81 del 1963).
    Questo giudice non ignora che, secondo la costante giurisprudenza
costituzionale,  spetta  insindacabilmente  al  legislatore giudicare
sulla  parita' o la diversita' delle situazioni (Corte cost. sentenza
n. 81  del  1963;  Corte  cost.  sentenza n. 22 del 1966; Corte cost.
sentenza  n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975; Corte
cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987)
e che, in materia di configurazione di fattispecie criminose, rientra
nella  discrezionalita' del legislatore stabilire quali comportamenti
debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualita' e
la misura della pena ed apprezzare parita' e disparita' di situazioni
(Corte  cost.  sentenza n. 25 del 26 gennaio 1994 - 10 febbraio 1994;
Corte  cost.  sentenza n. 7 del 1987; Corte cost. sentenza n. 119 del
1975).
    Ma   la  Corte  costituzionale  ha  sempre  anche  precisato  che
l'esercizio  di  tale  discrezionalita'  puo' essere censurato quando
esso  non  rispetti  il  criterio  della  ragionevolezza  e gli altri
principi  costituzionali e dia luogo ad una disparita' di trattamento
palesemente  irrazionale  ed ingiustificata (vedi, ex pluribus, Corte
cost.  sentenza  n. 81 del 1963; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966;
Corte  cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del
1975; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 7
del  1987; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987; Corte cost. sentenza
n. 25 del 1994).
    E  nel  caso di specie il trattamento sanzionatorio stabilito dal
legislatore  per  la condotta di utilizzazione per uso privato (cosi'
come  per le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico
ma  senza fini commerciali e senza pagamento di un corrispettivo) dei
dispositivi  illeciti  di  cui all'art. 1, comma 1 lettera g), d.lgs.
15 novembre   2000,   n. 373,   limitatamente   ai   fatti   commessi
dall'entrata  in  vigore  della  legge  18 agosto  2000,  n. 248 fino
all'entrata  in  vigore  della  legge  7 febbraio 2003 n. 22, ad onta
della   formale   esclusione   dal   novero  delle  condotte  vietate
dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373, risulta addirittura piu'
severo  di  quello  stabilito  per le condotte sicuramente piu' gravi
vietate (e quindi depenalizzate) dagli artt. 4 e 6 d.lgs. 15 novembre
2000,   n. 373:  viene  punita  con  la  sanzione  penale,  ai  sensi
dell'art. 171-octies  legge  22 aprile  1941,  n. 633, la condotta di
utilizzazione  per  uso privato (cosi' come le condotte di modifica e
di  utilizzazione  per uso pubblico ma senza fine commerciale e senza
pagamento  di  un  corrispettivo)  dei  dispositivi  illeciti  di cui
all'art. 1,  comma  1  lettera  g),  d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373,
mentre  le  piu'  gravi  condotte  di  chi  produce, pone in vendita,
importa,   promuove   e   installa  i  dispositivi  illeciti  di  cui
all'art. 1,  comma  1 lettera g), d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373, se
commesse  nel  medesimo periodo, sono punite soltanto con la sanzione
amministrativa  pecuniaria  ai  sensi  dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre
2000,  n. 373, che si applica a dette fattispecie per il principio di
specialita' di cui all'art. 9 legge 24 novembre 1981, n. 689.
    Appare,   quindi,   palesemente   violata   quella  direttiva  di
razionalita'  enucleabile dall'art. 3 Cost. che impone al legislatore
di  stabilire  un  medesimo  trattamento sanzionatorio per situazioni
uguali   e   un  trattamento  sanzionatorio  diverso  per  situazioni
obiettivamente diseguali.
                              P. Q. M.
    Rigetta  la  richiesta  di  immediata  pronuncia  di  sentenza di
assoluzione degli imputati, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., perche' il
fatto non e' previsto dalla legge come reato, formulata dalla difesa.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 171-octies  legge  22 aprile
1941,  n. 633, siccome introdotto dall'art. 17, legge 18 agosto 2000,
n. 248,  nella  parte  in cui prevede tra le condotte punibili con la
sanzione  penale  la  condotta  di  utilizzazione  per uso privato di
apparati   o   parti   di   apparati  atti  alla  decodificazione  di
trasmissioni  audiovisive  ad  accesso  condizionato  effettuate  via
etere,  via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale,
limitatamente  ai  fatti  commessi dall'entrata in vigore della legge
18 agosto  2000,  n. 248  fino  all'entrata  in  vigore  della  legge
7 febbraio 2003, n. 22, per violazione dell'art. 3 della Costituzione
per  l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto alle piu'
gravi  condotte  depenalizzate  dagli  artt. 4 e 6 d.lgs. 15 novembre
2000, n. 373.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 4,  d.lgs.  15 novembre 2000,
n. 373,  nella  parte  in  cui  non prevede tra le attivita' illecite
vietate  anche  la  utilizzazione  per  uso  privato  dei dispositivi
illeciti  di cui all'art. 1, comma 1, lettera g), d.lgs. n. 373/2000,
e  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6, d.lgs.
15 novembre  2000,  n. 373,  nella  parte  in  cui non punisce con la
sanzione  amministrativa  pecuniaria  anche  la utilizzazione per uso
privato  dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, comma 1, lettera
g), d.lgs. n. 373/2000, per violazione dell'art. 3 della Costituzione
per  l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto alle piu'
gravi  condotte  vietate  (e quindi depenalizzate) dagli artt. 4 e 6,
d.lgs. 15 novembre 2000, n. 373.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Modica, addi' 10 ottobre 2003
                       Il giudice: Lorenzetti
03C1368