N. 4 SENTENZA 18 dicembre 2003- 13 gennaio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Ricorso  regionale  -  Prospettazione  di  questioni  di legittimita'
  costituzionali  -  Trattazione  separata  -  Riserva  di  ulteriori
  decisioni.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Amministrazione pubblica - Personale - Disciplina dello Stato - Oneri
  derivanti   da   rinnovi  contrattuali  (biennio  2002/2003)  e  da
  miglioramenti  economici  -  Imputazione  alle  amministrazioni  di
  competenza  -  Ritenuta  preclusione  di  una diversa articolazione
  delle disponibilita' di bilancio - Ricorso della Regione Basilicata
  -  Prospettata  lesione  della  competenza  esclusiva  regionale in
  materia   di   impiego   regionale  -  Erroneita'  del  presupposto
  interpretativo   assunto   nel   ricorso  -  Non  fondatezza  della
  questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 16, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 5, 114, 117, terzo comma, e 118.
Amministrazione  pubblica - Ordinamento del lavoro - Disciplina dello
  Stato  -  Contrattazione  integrativa  di  comparto  - Verifiche in
  merito  alle  implicazioni  finanziarie  e invio di informazioni al
  Ministero  dell'economia  - Ricorsi delle Regioni Marche, Toscana e
  Umbria - Assunta lesione della sfera di competenza e dell'autonomia
  di spesa assegnate alle Regioni - Non fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 17, comma 2.
- Costituzione, artt. 117, quarto comma, e 119.
Regioni  ed  enti  locali  -  Personale dipendente - Disciplina dello
  Stato  -  Divieto di assunzioni a tempo indeterminato, procedure di
  mobilita'  e  spesa  per l'assunzione a tempo determinato - Ricorsi
  della   Regione   Basilicata   e  della  Regione  Emilia-Romagna  -
  Prospettata   disciplina   in  materia  riservata  alla  competenza
  esclusiva  regionale,  con  limitazione  delle scelte discrezionali
  della Regione - Non fondatezza delle questioni.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 19, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 5, 114, 117 e 118.
Regioni  ed  enti  locali  -  Personale dipendente - Disciplina dello
  Stato   -  Divieto  di  assunzione  -  Nullita'  di  diritto  delle
  assunzioni  disposte  in  violazione  del  divieto  - Ricorso della
  Regione  Basilicata  -  Prospettata  incidenza  sulle  competenze e
  funzioni regionali - Non fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 19, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 5, 114, 117 e 118.
Amministrazione  pubblica  -  Amministrazioni  dello  Stato e di enti
  pubblici  non  economici  -  Disciplina  dello  Stato  - Obbligo di
  riduzione  di  personale  -  Ricorso  della  Regione  Basilicata  -
  Prospettata  incidenza  sulle  competenze  e  funzioni  regionali -
  Estraneita'  delle  Regioni  ai  soggetti  destinatari  della norma
  impugnata  - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della
  questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 19, comma 3.
- Costituzione, art. 117, quarto comma.
Enti locali - Personale - Disciplina dello Stato - Programmazione del
  fabbisogno - Organi di revisione contabile - Rispetto del principio
  di  riduzione  complessiva  della  spesa  -  Obbligo di motivazione
  analitica  in  caso  di  eventuali  deroghe - Ricorso della Regione
  Basilicata  - Natura strumentale delle norme di principio impugnate
  - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 19, comma 8.
- Costituzione, artt. 3, 5, 114, 117 e 118.
Amministrazione pubblica - Personale - Norme dello Stato - Promozione
  di iniziative di alta formazione - Ricorso della Regione Basilicata
  -    Prospettata    lesione   di   competenze   regionali   -   Non
  riconducibilita'  delle Regioni ai soggetti destinatari delle norme
  impugnate  - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della
  questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 19, comma 14.
- Costituzione, artt. 3, 5, 114, 117 e 118.
(GU n.3 del 21-1-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei   giudizi   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 16,
comma 7,  17,  comma 2,  e  19,  commi 1,  3,  7,  8 e 14 della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), promossi
con ricorsi delle Regioni Marche, Toscana, Basilicata, Emilia-Romagna
e Umbria, notificati il 22 (il primo e il secondo), il 26 (il terzo e
il   quinto)  e  il  27 febbraio  2002  (il  quarto),  depositati  in
cancelleria  il  28 febbraio (il primo), il 1° (il secondo), il 6 (il
terzo)  e  l'8 marzo  2002  (il  quarto  e  il  quinto)  e  iscritti,
rispettivamente,  ai  numeri 10, 12, 20, 23 e 24 del registro ricorsi
dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  pubblica  udienza  del  17  giugno 2003  il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  gli  avvocati  Stefano Grassi per la Regione Marche, Fabio
Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana,  Massimo Luciani per la Regione
Basilicata,  Giandomenico  Falcon  per  le  Regioni  Emilia-Romagna e
Umbria e l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  I  ricorsi  indicati  in  epigrafe, proposti dalle Regioni
Marche,   Toscana,  Basilicata,  Emilia-Romagna  e  Umbria  investono
numerose norme della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria    2002),    sollevando    questioni    di   legittimita'
costituzionale  che  -  previa  separazione  da  quelle relative agli
artt. 16,   comma 7,   17,  comma 2,  19,  commi 1,  3,  7,  8  e  14
(quest'ultimo   comma   limitatamente   al   ricorso   della  Regione
Basilicata) - sono riservate a separate decisioni.
    2. - Con tre distinti ricorsi, iscritti rispettivamente ai numeri
10, 12 e 24 del registro ricorsi del 2002, le Regioni Marche, Toscana
e  Umbria  hanno  impugnato,  tra altre norme della legge 28 dicembre
2001,  n. 448  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale   dello  Stato  -  legge  finanziaria  2002),  l'art. 17,
comma 2,  il  quale,  nell'introdurre  l'art. 40-bis  (Compatibilita'
della  spesa  in  materia  di contrattazione integrativa) nel decreto
legislativo  30 marzo  2001,  n. 165 (Norme generali sull'ordinamento
del  lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche), ha
previsto  che  «i  comitati  di  settore  ed  il  Governo procedono a
verifiche   congiunte   in   merito   alle  implicazioni  finanziarie
complessive  della  contrattazione integrativa di comparto, definendo
metodologie  e  criteri  di  riscontro anche a campione sui contratti
integrativi  delle  singole amministrazioni», e che, a tal uopo, «gli
organi  di  controllo interno indicati dall'art. 48, comma 6, inviano
annualmente  specifiche  informazioni  sui costi della contrattazione
integrativa   al   Ministero   dell'economia  e  delle  finanze,  che
predispone,   allo  scopo,  uno  specifico  modello  di  rilevazione,
d'intesa  con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della funzione pubblica».
    3. - In particolare, la Regione Marche, con ricorso notificato il
22 febbraio  2002  e  depositato  il  28 febbraio 2002 (numero 10 del
2002),  censura  la  citata  disposizione  per lesione della sfera di
competenza  regionale in violazione degli articoli 117, quarto comma,
e 119, primo comma, della Costituzione.
    Nel  dettaglio,  la  ricorrente  osserva  che  la  materia  della
contrattazione  collettiva  di  lavoro  in  relazione  alle pubbliche
amministrazioni  non  e'  di pertinenza esclusiva dello Stato, per lo
meno nel caso in cui, riferendosi anche ad amministrazioni diverse da
quelle  indicate  alla  lettera g)  del  secondo  comma dell'art. 117
Cost.,   vada   al   di   la'   delle  linee  ordinamentali  e  della
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti  civili  e  sociali. E anzi, in ogni caso - come in quello di
specie  -  nel  quale  la  disciplina  dell'impiego  pubblico  «va ad
incrociare   la   materia   dell'ordinamento   e  dell'organizzazione
amministrativa degli enti locali (e non presenta profili di «tutela e
sicurezza del lavoro»)», si deve ritenere che la potesta' legislativa
spetti in via esclusiva alla Regione.
    La   norma   impugnata,   prevedendo   limiti  e  controlli  alla
contrattazione collettiva integrativa di comparto, sarebbe, pertanto,
lesiva  della  competenza  legislativa  regionale, piena o residuale,
prevista dall'art. 117, quarto comma, Cost.
    Sarebbe,  inoltre,  ravvisabile  una violazione dell'autonomia di
spesa riconosciuta alle Regioni dall'art. 119 Cost., posto che queste
sono  l'unico  soggetto  abilitato a prevedere procedure e criteri di
controllo  della  propria spesa pubblica. Ne' la mancata adozione dei
«principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e del sistema
tributario»  (art. 119, secondo comma, Cost.) autorizzerebbe una tale
limitazione.
    3.1. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  concluso  per l'infondatezza del ricorso, qualificando l'art. 17,
comma 2, della legge n. 448 del 2001 quale norma di principio diretta
a  verificare  la  compatibilita'  finanziaria  della  contrattazione
integrativa  di  comparto  secondo  il  disposto dell'art. 117, terzo
comma,  Cost.  («armonizzazione  dei bilanci pubblici e coordinamento
della finanza pubblica»).
    4.  - Analogamente, la Regione Toscana, con ricorso notificato il
22 febbraio  2002 e depositato il 1° marzo 2002 (numero 12 del 2002),
ha impugnato l'art. 17, comma 2, della legge n. 448 del 2001, perche'
violativo  del  principio  che  riserva  allo  Stato la materia della
contrattazione   collettiva   solo  con  riguardo  all'ordinamento  e
all'organizzazione  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici  nazionali
(art. 117,   secondo   comma,   lettera g),  Cost.),  lasciando  alla
esclusiva competenza regionale ogni altra ipotesi.
    4.1.  -  Anche  in  questo  caso  il Presidente del Consiglio dei
ministri,  costituitosi  per  mezzo  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha contestato la fondatezza del ricorso, ritenendo ultroneo il
richiamo  alla  lettera g)  dell'art. 117  Cost., tenuto conto che la
norma   denunciata  non  determina  un'ingerenza  dello  Stato  nella
contrattazione  collettiva (ove riservata alla competenza regionale),
ma  predispone  un  mero  controllo  delle  implicazioni  finanziarie
complessive, indispensabile per verificare il rispetto dei vincoli di
bilancio,  sanzionato  nell'ipotesi  di violazione con la nullita' di
diritto  delle  relative  clausole dell'accordo integrativo (art. 40,
comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001).
    5.  -  Infine,  la  Regione  Umbria,  con  ricorso  notificato il
26 febbraio 2002 e depositato l'8 marzo 2002 (numero 24 del 2002), ha
impugnato  l'art. 17,  comma 2,  della legge n. 448 del 2001, perche'
violativo della competenza regionale esclusiva, generale e residuale,
di   cui   all'art. 117,  quarto  comma,  Cost.  In  particolare,  la
ricorrente  evidenzia  come il d.lgs. n. 165 del 2001 gia' prevede un
organico   sistema   di  controlli  sui  costi  della  contrattazione
integrativa  (art. 40,  comma 3;  art. 48,  comma 6;  artt. 58  ss.),
idoneo  ad escludere ogni spazio residuo per ulteriori principi nella
materia,  da  ricondursi  al  «coordinamento della finanza pubblica»,
assegnata  alla  legislazione concorrente. La disposizione censurata,
per  di piu', oltre a dettare illegittimamente norme di dettaglio per
la  definizione  delle  modalita'  del  controllo,  nel  prevedere la
verifica   di   «non   meglio   precisate   implicazioni  finanziarie
complessive», attribuisce al Governo un ruolo che interferisce con le
scelte  delle  singole  Regioni  e  che determina una distonia con il
ruolo  generale  che  proprio  il  Governo  ricopre in relazione alla
contrattazione  collettiva  per  il pubblico impiego, per il quale il
controllo  di  compatibilita' finanziaria e' demandato alla Corte dei
conti.
    5.1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi per
mezzo  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  spiegato  difese
analoghe  a  quelle  articolate  in risposta al ricorso numero 12 del
2002,   ribadendo   che   «certamente  e'  in  facolta'  dello  Stato
organizzare  i  criteri  e  moduli di rilevazione dell'impatto che la
contrattazione  integrativa  ha sul bilancio statale, onde coordinare
l'autonomia  regionale  delle  parti  con  i limiti di spesa previsti
nella legge di bilancio».
    6.  -  Con  ricorso notificato il 26 febbraio 2002, depositato il
6 marzo  2002  e iscritto al numero 20 del registro ricorsi del 2002,
la  Regione Basilicata, nell'impugnare anch'essa numerose norme della
medesima  legge  n. 448  del  2001,  ha  denunciato,  in particolare,
l'illegittimita'   costituzionale  degli  artt. 16,  comma 7,  e  19,
commi 1,  3,  7, 8 e 14, in relazione agli artt. 3, 5, 114, 117 e 118
Cost.,  nonche'  all'art. 11  della  legge  costituzionale 18 ottobre
2001,   n. 3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione).
    L'art. 16,   comma 7,  stabilisce:  «Ai  sensi  dell'articolo 48,
comma 2,  del  decreto  legislativo  30 marzo 2001, n. 165, gli oneri
derivanti  dai  rinnovi  contrattuali  per  il  biennio 2002-2003 del
personale  dei  comparti  degli  enti  pubblici  non economici, delle
regioni,  delle  autonomie  locali, del Servizio sanitario nazionale,
delle  istituzioni  e degli enti di ricerca e sperimentazione e delle
universita',  nonche' degli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del
citato  decreto  legislativo  n. 165  del  2001,  e  gli oneri per la
corresponsione  dei  miglioramenti  economici  al  personale  di  cui
all'articolo 3,  comma 2,  del  citato decreto legislativo n. 165 del
2001,  sono  a carico delle amministrazioni di competenza nell'ambito
delle  disponibilita'  dei rispettivi bilanci. I comitati di settore,
in   sede   di   deliberazione   degli  atti  di  indirizzo  previsti
dall'articolo 47,  comma 1,  del  medesimo decreto legislativo n. 165
del  2001,  si attengono, anche per la contrattazione integrativa, ai
criteri  indicati  per  il  personale delle amministrazioni di cui al
comma 1  e  provvedono  alla quantificazione delle risorse necessarie
per i rinnovi contrattuali».
    L'art. 19,    comma 1,   stabilisce:   «Per   l'anno 2002,   alle
amministrazioni  dello  Stato  anche  ad  ordinamento  autonomo, alle
agenzie,   agli   enti  pubblici  non  economici,  alle  universita',
limitatamente  al  personale  tecnico ed amministrativo, agli enti di
ricerca  ed  alle  province,  ai comuni, alle comunita' montane ed ai
consorzi  di  enti  locali che non abbiano rispettato le disposizioni
del  patto  di stabilita' interno per l'anno 2001 e' fatto divieto di
procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato; i singoli
enti   locali   in   caso   di   assunzione   del   personale  devono
autocertificare  il  rispetto delle disposizioni relative al patto di
stabilita'   interno   per  l'anno 2001.  Alla  copertura  dei  posti
disponibili  si  puo'  provvedere  mediante ricorso alle procedure di
mobilita'  previste  dalle  disposizioni  legislative e contrattuali,
tenendo  conto  degli  attuali processi di riordino e di accorpamento
delle  strutture,  nonche'  di  trasferimento  di  funzioni.  Si puo'
ricorrere   alle  procedure  di  mobilita'  fuori  dalla  regione  di
appartenenza  dell'ente  locale  solo  nell'ipotesi  in cui il comune
ricevente abbia un rapporto dipendenti-popolazione inferiore a quello
previsto   dall'articolo 19,   comma 3,   del   decreto   legislativo
25 febbraio  1995,  n. 77, e successive modificazioni, maggiorato del
50  per cento. Sono consentite le assunzioni connesse al passaggio di
funzioni  e  competenze agli enti locali il cui onere sia coperto dai
trasferimenti  erariali compensativi della mancata assegnazione delle
unita'  di  personale.  Il divieto non si applica al comparto scuola.
Sono  fatte  salve  le  assunzioni  di  personale  relative  a figure
professionali  non  fungibili  la  cui  consistenza  organica non sia
superiore all'unita', nonche' quelle relative alle categorie protette
e   quelle  relative  ai  vincitori  del  secondo  corso-concorso  di
formazione dirigenziale indetto dalla Scuola superiore della pubblica
amministrazione  di  cui al bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del 18 marzo 1997, IV serie speciale, n. 22».
    Stabilisce  ancora  (per  quanto  qui  interessa):  «I termini di
validita'  delle  graduatorie per l'assunzione di personale presso le
amministrazioni  pubbliche  sottoposte  al divieto di cui al presente
comma sono prorogati di un anno».
    Infine:  «In  ogni caso, la spesa relativa al personale assunto a
tempo determinato o con convenzioni dalle province, dai comuni, dalle
comunita'  montane  e  dai  consorzi di enti locali non puo' superare
l'importo  della  spesa  sostenuta al medesimo titolo nell'anno 2001,
con  un  incremento  pari al tasso di inflazione programmata indicato
nel Documento di programmazione economico-finanziaria».
    L'art. 19,  comma 3,  sostituisce  l'ultimo  periodo  del comma 2
dell'art. 39  della  legge  27 dicembre  1997,  n. 39  (Misure per la
stabilizzazione  della  finanza  pubblica),  con  il  seguente:  «Per
ciascuno degli anni 2003 e 2004, le amministrazioni dello Stato anche
ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici
con  organico  superiore  a  200  unita' sono tenuti a realizzare una
riduzione  di  personale  non  inferiore  all'1  per cento rispetto a
quello in servizio al 31 dicembre 2002».
    L'art. 19,  comma 7,  stabilisce:  «Le  assunzioni  effettuate in
violazione  delle  disposizioni  del  presente articolo sono nulle di
diritto».
    L'art. 19,  comma 8,  stabilisce: «A decorrere dall'anno 2002 gli
organi di revisione contabile degli enti locali di cui all'articolo 2
del  testo  unico  delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di
cui  al  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, accertano che i
documenti   di  programmazione  del  fabbisogno  di  personale  siano
improntati  al  rispetto del principio di riduzione complessiva della
spesa  di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive  modificazioni,  e  che eventuali deroghe a tale principio
siano analiticamente motivate».
    L'art. 19,  comma 14,  stabilisce:  «Le amministrazioni pubbliche
promuovono iniziative di alta formazione del proprio personale, anche
ai  fini dell'accesso alla dirigenza, favorendo la partecipazione dei
dipendenti  ai  corsi  di  laurea,  anche  triennali, organizzati con
l'impiego  prevalente  delle metodologie di formazione a distanza per
finalita'    connesse    alle    attribuzioni   istituzionali   delle
amministrazioni  interessate.  A tal fine, nei limiti delle ordinarie
risorse finanziarie destinate all'aggiornamento e alla formazione del
personale,  le  amministrazioni  pubbliche  e  le  relative  Scuole o
strutture di formazione, sentite le organizzazioni sindacali, possono
anche  erogare  borse  di  studio  del  valore massimo corrispondente
all'iscrizione  ai  suddetti corsi di laurea o provvedere al relativo
rimborso».
    6.1.  -  La ricorrente osserva che la materia dell'impiego presso
la  Regione  e  gli  enti locali rientra nella competenza legislativa
esclusiva  delle Regioni, a norma dell'art. 117, quarto comma, Cost.,
non  essendo  elencata ne' tra le materie riservate alla legislazione
esclusiva  dello  Stato  (art. 117, secondo comma, Cost.), ne' tra le
materie  di  legislazione concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.).
Conseguentemente,  in  tale  materia lo Stato non puo' intromettersi,
men  che  meno  stabilendo una normativa di dettaglio, qual e' quella
contenuta  negli  articoli  di  legge  censurati (oltretutto priva di
clausola di «cedevolezza»).
    In  particolare,  la  ricorrente  lamenta che l'art. 16, comma 7,
della  legge  n. 448  del 2001 incide illegittimamente sull'autonomia
organizzativa  regionale,  laddove  impone che gli oneri ivi previsti
siano a carico delle amministrazioni di competenza «nell'ambito delle
disponibilita'  dei  rispettivi  bilanci»,  con  cio'  precludendo la
possibilita'  di  una  diversa  articolazione delle disponibilita' di
bilancio  ovvero  il  ricorso  a  nuove fonti di finanziamento. Esso,
inoltre, vincola l'azione dei comitati di settore in ordine agli atti
di  indirizzo  previsti  dall'art. 47  del  d.lgs.  n. 165  del 2001,
«perpetuando,  cosi',  la  disciplina di un procedimento che, dopo la
legge  cost.  n. 3 del 2001, non ha piu' alcun senso», posto che ogni
Regione  e'  totalmente autonoma nella determinazione delle procedure
di contrattazione collettiva.
    L'art. 19  della  medesima legge n. 448 del 2001, a sua volta, ai
commi 1,  3,  7,  8  e  14,  detta  -  rileva  ancora la ricorrente -
disposizioni  ancor  piu'  analitiche,  pretendendo  di  disciplinare
aspetti  essenziali del rapporto di lavoro dei dipendenti regionali e
degli  enti  locali, senza alcun titolo di competenza costituzionale.
Infatti:  a) il comma 1 prevede il divieto di procedere ad assunzioni
di  personale  a  tempo  indeterminato  per  gli  enti locali che non
abbiano  rispettato il «patto di stabilita' interno» per l'anno 2001;
regola  le  procedure  di  mobilita';  indica  le assunzioni comunque
«fatte  salve»; dispone in materia di assunzioni di disabili; congela
ai  livelli  del  2001 la spesa degli enti locali per l'assunzione di
personale  a  tempo  determinato;  b)  il  comma 3  - che sostituisce
l'ultimo  periodo  dell'art. 39, comma 2, della legge n. 449 del 1997
-,   impone   agli  enti  pubblici  non  economici  (oltre  che  alle
amministrazioni dello Stato) una riduzione di personale non inferiore
all'1  per  cento  rispetto a quello in servizio al 31 dicembre 2002,
senza prevedere alcuna disposizione di salvaguardia per le Regioni e,
comunque,   incidendo   sulla  disciplina  degli  enti  pubblici  non
economici  della  Regione;  c)  il  comma 7 commina la sanzione della
nullita'   per   le   assunzioni   effettuate   in  violazione  delle
disposizioni dello stesso art. 19; d) il comma 8 incide sull'azione e
sulle  competenze  degli  organi  di  revisione  contabile degli enti
locali;  e) il comma 14, infine, disciplina le facolta' relative alla
formazione  del  personale  per tutte le «amministrazioni pubbliche»,
compresi, quindi, le Regioni e gli enti locali.
    Ad  avviso  della  ricorrente  le disposizioni impugnate violano,
altresi',   l'art. 118   Cost.,   giacche'  incidono  sulle  funzioni
amministrative    di   autorganizzazione   proprie   delle   Regioni,
limitandone   le  scelte  discrezionali  nella  regolamentazione  dei
rapporti col proprio personale.
    Osserva,  poi,  la  ricorrente  che le disposizioni censurate non
potrebbero  essere  giustificate  con  riferimento  al «coordinamento
della  finanza  pubblica»,  che, ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
Cost.,  e' materia di legislazione concorrente, giacche', da un lato,
in  tale materia lo Stato dovrebbe limitarsi a determinare i principi
fondamentali,  mentre  ha  dettato norme di dettaglio; dall'altro, il
«coordinamento  della  finanza»  e'  cosa  diversa  dalla  disciplina
concreta delle fattispecie.
    Ne' le medesime disposizioni censurate - prosegue la ricorrente -
potrebbero  trovare  giustificazione  nell'esigenza di rispettare gli
impegni  comunitari, dal momento che: a) l'attuazione di tali impegni
e' riservata alle Regioni, nelle materie di loro competenza, salvo il
potere  sostitutivo,  non  preventivo,  dello  Stato;  b) l'anzidetta
esigenza  puo' e deve essere perseguita con la sola indicazione degli
obiettivi,   non   anche   con  l'imposizione  dei  mezzi,  limitando
l'autonomia regionale costituzionalmente garantita.
    Da  cio'  discende  - lamenta ancora la ricorrente - un ulteriore
profilo  di  illegittimita', poiche' in modo del tutto irragionevole,
e,   quindi,   in   violazione   dell'art. 3   Cost.,  si  e'  inciso
sull'autonomia  della  Regione,  in  contrasto  con  la  logica della
vigente Costituzione, che e' quella della «piena responsabilizzazione
dei livelli locali di governo».
    Infine, la ricorrente deduce la violazione del principio di leale
collaborazione, desumibile dall'art. 5 Cost. e ora anche dall'art. 11
della   legge   cost.   n. 3   del  2001,  non  essendosi  proceduto,
nell'emanare le norme impugnate, in contraddittorio con le Regioni.
    6.2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che il ricorso sia respinto, in quanto infondato.
    Osserva  la  difesa erariale che le norme impugnate non violano i
precetti  costituzionali, dal momento che dettano principi in materia
di  armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e  di coordinamento della
finanza pubblica, secondo quanto previsto dall'art. 117 Cost.
    Le  norme  in questione, inoltre, a suo avviso, hanno lo scopo di
esigere  il  rispetto  da  parte  degli  enti  locali  del  «patto di
stabilita'  interno»,  anche  in adempimento degli impegni comunitari
assunti dal nostro Paese.
    7.  -  Con  ricorso  notificato  il  27 febbraio 2002, depositato
l'8 marzo 2002 e iscritto al numero 23 del registro ricorsi del 2002,
la  Regione  Emilia-Romagna  ha denunciato anch'essa l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 19, comma 1, della legge n. 448 del 2001, in
riferimento  agli  artt. 117,  118  e  119 Cost., nonche' ai principi
costituzionali  attinenti  al  rapporto  tra  Stato  e  Regioni  e al
principio di ragionevolezza.
    La  ricorrente osserva che la disposizione censurata, nel vietare
a  province,  comuni,  comunita' montane e relativi consorzi, che non
abbiano  rispettato il «patto di stabilita' interno» per l'anno 2001,
di  procedere  ad  assunzioni  di  personale  a  tempo indeterminato,
introduce  retroattivamente  a  carico di detti enti una sanzione per
comportamenti  gia'  tenuti,  che le disposizioni legislative vigenti
all'epoca non consideravano illegittimi.
    Peraltro,  la  medesima  disposizione rovescia l'impostazione del
«patto  di  stabilita'  interno»,  il  quale - secondo quanto risulta
dalle  disposizioni che lo prevedono: art. 28 della legge 23 dicembre
1998,  n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo
sviluppo); art. 30 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
legge finanziaria 2000); art. 53 della legge 23 dicembre 2000, n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2001), nonche' dagli atti esplicativi
che  le hanno accompagnate (la «Direttiva sull'applicazione del patto
di  stabilita'  interno»  del  18 febbraio  1999  e  la circolare del
Ministero  del  tesoro, del bilancio e della programmazione economica
numero 4 del 4 febbraio 2000) - ha «un senso programmatico», giacche'
«impone   il   raggiungimento   di   un   risultato,  ma  non  impone
l'utilizzazione  di  determinati strumenti per il suo raggiungimento»
(cosi' si esprime la «Direttiva» citata).
    Lamenta,  ancora,  la  ricorrente  che  la norma in questione non
limita  il divieto a quelle assunzioni che condurrebbero in ipotesi a
non  rispettare  il patto di stabilita' e non tiene in considerazione
l'andamento finanziario registratosi negli anni precedenti.
    Inoltre,    a    suo    avviso,    la    misura,   che   sanziona
indiscriminatamente  tutti  gli  enti  che  per qualsiasi ragione non
abbiano  rispettato  il  patto  di  stabilita', appare irragionevole,
poiche',  da  un  lato,  non  rappresenta  uno  strumento di recupero
dell'obiettivo   finanziario   e,   dall'altro,   non   incentiva   a
comportamenti   «virtuosi»,  colpendo  comportamenti  gia'  posti  in
essere.
    La  ricorrente,  infine,  rileva  che  il  divieto  de  quo  mina
l'efficienza amministrativa degli enti locali dell'Emilia-Romagna, ai
quali  sono  state  conferite, con la legge regionale 21 aprile 1999,
n. 3   (Riforma   del   sistema   regionale   e   locale),   funzioni
amministrative disciplinate dalla Regione. Di qui l'interesse diretto
e proprio della Regione all'impugnazione, in concomitanza con «quello
che  le  deriva  dal  piu'  generale  ruolo  di  rappresentante degli
interessi  generali  della popolazione regionale, di responsabile del
buon  funzionamento  complessivo  del  sistema  locale  e di naturale
rappresentante del complesso degli enti locali della Regione».
    7.1. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha concluso per il rigetto del ricorso, siccome infondato.
    La difesa erariale osserva, quanto alle censure mosse all'art.19,
comma 1,  della  legge  n. 448  del 2001, che il «patto di stabilita'
interno»  rappresenta  un  sistema  articolato  di indicazioni per la
riduzione  del disavanzo pubblico previsto ai fini del concorso delle
autonomie  locali al rispetto degli obblighi comunitari relativamente
agli  obiettivi  di  finanza pubblica; «la normativa impugnata trova,
pertanto, la sua fonte e finalita' in norme comunitarie di pari rango
rispetto  alle  norme  costituzionali  secondo il dettato della Carta
fondamentale».
    8.  -  In  prossimita'  dell'udienza  pubblica le Regioni Marche,
Umbria,  Basilicata  ed  Emilia-Romagna hanno depositato memorie, per
ribadire  le  argomentazioni  svolte  nei  rispettivi  ricorsi  e per
replicare   alle   difese   dell'Avvocatura   generale  dello  Stato.
Quest'ultima pure ha depositato una propria memoria.
    8.1.  -  Piu'  specificamente,  la Regione Marche, richiamate con
riguardo  all'art. 17,  comma 2,  della  legge  n. 448  del  2001, le
argomentazioni  del  ricorso introduttivo, anche mediante riferimenti
dottrinali,  ha  ribadito  che  la norma denunciata precluderebbe «al
legislatore  regionale  la  possibilita'  di  regolare liberamente il
rapporto  di  impiego  con  le  amministrazioni  regionali e locali»,
integrando,  cosi', una lesione della competenza legislativa, piena o
residuale, ex art. 117, quarto comma, Cost; e cio' anche nell'ipotesi
in  cui i controlli da essa istituiti possano essere ricondotti entro
la  previsione  di  cui  al  comma  terzo della medesima disposizione
costituzionale  (nella specie, «armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento  della  finanza pubblica»). Infatti, nel caso in esame,
risulterebbe comunque travalicata la misura della disciplina del solo
«nucleo  essenziale  del  contenuto normativo» (Corte cost., sentenza
n. 482   del   1995),   coessenziale  alla  normazione  di  principio
caratterizzata  da un «livello di maggiore astrattezza» rispetto alle
regole  positivamente  stabilite  dal  legislatore  regionale  (Corte
cost.,  sentenza  n. 65  del  2001).  Ne'  altrimenti - anche a voler
ammettere che lo Stato possa, in materia di legislazione concorrente,
emanare  disposizioni  autoapplicative  o  di dettaglio - le norme in
parola  sembrano rivestire il necessario carattere di «cedevolezza» a
causa    del   loro   tratto   limitativo   immediatamente   efficace
sull'autonomia  di  spesa  regionale, che, anzi, le caratterizza come
disciplina   di   dettaglio,   la   quale   «arriva   a   determinare
analiticamente le procedure di controllo, affidandole unilateralmente
al  Governo  e  ai  Comitati  di  settore», e la correlativa sanzione
mediante  il  richiamo  all'art. 40,  comma 3,  del d.lgs. n. 165 del
2001,  il  cui  disposto  non  appare sostanzialmente mutato ad opera
dell'art. 14   della   legge   16 gennaio  2003,  n. 3  (Disposizioni
ordinamentali in materia di pubblica amministrazione).
    La  Regione  ha, quindi, richiamato le censure gia' formulate col
parametro  dell'art. 119  Cost.,  ribadendo  che  allo  stato, pur in
difetto  di  una  disciplina  che  detti i principi di «coordinamento
della  finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario»,  non  sarebbe
consentito  allo  Stato  prevedere  norme  che  limitino direttamente
l'autonomia  regionale  mediante  specifiche  forme  di  controllo  a
livello centrale.
    8.2.  -  La  Regione  Umbria,  con riguardo all'art. 17, comma 2,
della  legge  n. 448  del 2001, ha ritenuto di essere stata fraintesa
dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,  laddove,  invece,  nessuna
censura e' fatta col parametro dell'art. 117, secondo comma, lett. g)
Cost.  La ricorrente avrebbe, invece, denunciato «una moltiplicazione
dei  controlli  sui  costi  della  contrattazione  integrativa»  alla
stregua  dell'art. 117,  terzo comma, Cost. in relazione alla materia
del  «coordinamento  della finanza pubblica», stante il carattere non
di  principio  della  normativa.  Questa,  di  fatto,  stabilisce  un
inammissibile  potere  di controllo illimitato, conferendo al Governo
«il  potere  di  definire  metodologie e criteri di riscontro, vale a
dire   una  normativa  di  dettaglio  e,  per  di  piu',  di  livello
amministrativo».
    8.3.  -  L'Avvocatura generale dello Stato, ribadite con riguardo
all'art. 17,  comma 2,  della  legge  n. 448  del 2001 le difese gia'
svolte  in  precedenza,  precisa  che  le  misure  cosi' adottate dal
legislatore  della finanziaria per il 2002 appaiono «a supporto della
manovra  per  gli  anni 2002-2006»,  nell'ambito della quale e' sorta
l'esigenza  del  contenimento della spesa corrente anche con riguardo
al costo del lavoro; cio' che appare sostanzialmente confermato anche
dalla  preoccupazione espressa dalla Corte dei conti nella «Relazione
sul  rendiconto generale dello Stato - esercizio finanziario 2000» in
ordine  alla  mancanza  di  stringenti controlli sulla coerenza della
contrattazione  integrativa  con  quella nazionale e alla trasparenza
delle decisioni di spesa degli enti locali.
    8.4. - La Regione Basilicata ribadisce le censure rivolte a tutte
le  norme  impugnate,  siccome violative degli artt. 3, 5, 114, 117 e
118 Cost.
    Essa  rileva  che  il  nuovo art. 114 Cost. ha posto sul medesimo
piano   le   varie   componenti  della  Repubblica  e  parallelamente
l'art. 117   Cost.   ha   equiparato  Stato  e  Regioni  quanto  alla
titolarita'  della  potesta' legislativa, ribaltando, per di piu', il
precedente  criterio  di  attribuzione:  l'ente  attributario  in via
ordinaria di tale potesta' e' oggi la Regione, fatte salve le materie
riservate alla legislazione esclusiva dello Stato e quelle rientranti
nella legislazione concorrente.
    Il  favor  per  la legislazione regionale, che ne deriva, implica
che  nelle  materie  di legislazione concorrente la legge dello Stato
deve  limitarsi alla determinazione dei «principi fondamentali» (come
espressamente stabilisce l'art. 117, terzo comma, Cost.), sicche' non
e'  piu'  consentito  ad essa dettare norme di dettaglio, fossero pur
cedevoli  (richiama al riguardo le sentenze di questa Corte n. 96 del
2003 e n. 282 del 2002).
    Ad  avviso  della  ricorrente,  la natura di «norme di dettaglio»
delle  disposizioni censurate emerge anche alla luce della precedente
giurisprudenza   costituzionale,  la  quale  ha  avuto  occasione  di
qualificare  come  «principi  fondamentali» norme che fossero fondate
sull'«interesse   nazionale»   e   inserite   in   un  ampio  disegno
riformatore,  tale  da  esigere  un'attuazione  uniforme  su tutto il
territorio nazionale (sentenza n. 171 del 1999).
    La  scomparsa dell'«interesse nazionale», a seguito della riforma
del  titolo  V  della  parte  seconda  Costituzione,  e  il carattere
contingente  delle disposizioni censurate, contenenti mera disciplina
di  dettaglio, non consentono di qualificare le stesse come «principi
fondamentali», posto che un principio fondamentale deve essere sempre
«colto  ad  un  livello  di maggiore astrattezza rispetto alla regola
positivamente stabilita» (sentenza n. 65 del 2001).
    In  particolare, quanto agli artt. 16, comma 7, e 19, commi 1, 3,
7,  8, e 14, della legge n. 448 del 2001, la ricorrente ribadisce che
la  materia  dell'impiego  presso  la  Regione  e  gli enti locali e'
assegnata alla competenza esclusiva delle Regioni.
    Alle  obiezioni della difesa erariale, secondo cui si tratterebbe
di  disposizioni  in  materia  di  spesa,  che  non  toccherebbero la
disciplina   del   personale,  ma  soltanto  gli  oneri  conseguenti;
detterebbero  principi  in  materia  di  armonizzazione  dei  bilanci
pubblici  e  di  coordinamento  della  finanza  pubblica;  e, infine,
avrebbero lo scopo di far rispettare il «patto di stabilita' interno»
per   il  2001,  anche  in  relazione  agli  impegni  comunitari,  la
ricorrente  replica  che  le  disposizioni  de  quibus recano «misure
puntuali  che  incidono  direttamente sulla capacita' delle Regioni e
degli enti locali di progettare e perseguire un'autonoma politica del
personale,   sicche'  invadono  pesantemente  la  relativa  sfera  di
legislazione  esclusiva»;  inoltre,  esse  contengono prescrizioni di
dettaglio    che    non    «coordinano»   alcunche',   ma   impongono
autoritativamente  i  comportamenti  da  tenere;  infine, gli impegni
comunitari  non  possono  implicare  deroghe all'ordine interno delle
competenze, garantito da norme costituzionali.
    8.5.   -   La   Regione   Emilia-Romagna,  a  sua  volta,  quanto
all'art. 19,   comma 1,  della  legge  n. 448  del  2001,  replicando
all'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  ritiene la disposizione
giustificata  dal  «rango  costituzionale»  delle norme comunitarie e
dall'esigenza  di  rispettare  i vincoli da esse posti, ribadisce che
«il  perseguimento  di  un  obiettivo  comunitario  di  per  se'  non
giustifica  l'adozione  di  qualsiasi  misura  atta  a  favorirne  il
raggiungimento,  anche  in  deroga all'ordinamento interno». Inoltre,
essa osserva che la medesima disposizione e' irragionevolmente lesiva
dell'autonomia regionale, sia sotto il profilo della «strumentalita»,
poiche'   non   si   vede   come   la   sanzione   da  essa  disposta
retroattivamente  possa migliorare le prestazioni finanziarie passate
degli  enti  che ne sono colpiti, ne' quale sia il nesso fra la spesa
colpita  e  le  cause di dette «cattive» prestazioni finanziarie; sia
sotto  il  profilo  della  «proporzionalita», poiche' trattasi di una
sanzione  rigida, non modulabile in ragione della concreta situazione
di  organico  dell'ente,  delle  cause che hanno prodotto il deficit,
dell'ammontare dello stesso.
    9.   -   All'udienza   pubblica  le  parti  hanno  insistito  per
l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione  Basilicata  impugna l'art. 16, comma 7, della
legge  28 dicembre  2001,  n. 448 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002),
assumendo  che  tale  norma violerebbe gli artt. 3, 5, 114, 117 e 118
della  Costituzione,  nonche'  l'art. 11  della  legge costituzionale
18 ottobre 2001 n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione),  in  quanto,  cosi'  ledendo la competenza legislativa
esclusiva  della  Regione  in  materia  di  impiego presso la Regione
stessa    e    gli   enti   locali,   inciderebbe   irragionevolmente
sull'autonomia   organizzativa   regionale   con   il  precludere  la
possibilita'  di  una  diversa  articolazione delle disponibilita' di
bilancio  ovvero di ricorrere a nuove fonti di finanziamento e con il
vincolare  l'azione  dei  comitati  di settore agli atti di indirizzo
previsti  dall'art. 47  del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni).
    La censura e' infondata.
    Premesso  che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte
(sia  anteriore  alla  legge  costituzionale  n. 3 del 2001: sentenze
n. 126  e  373  del  1997,  n. 29  del 1995; sia posteriore: sentenza
n. 274  del  2003),  le  Regioni  sono  legittimate  a  denunciare la
violazione  di  norme  costituzionali,  non  relative  al  riparto di
competenze  con  lo  Stato,  solo  quando  tale  violazione  comporti
un'incisione,  diretta o indiretta, delle competenze attribuite dalla
Costituzione  alle  Regioni  stesse,  va rilevato che erroneamente la
Regione   Basilicata  riconduce  la  norma  impugnata  alla  materia,
ritenuta  di  sua  competenza  esclusiva,  del  pubblico  impiego del
personale da essa Regione dipendente.
    Come  correttamente  rilevato  dall'Avvocatura erariale, la prima
parte  della  norma  de  qua  ha ad oggetto esclusivamente «gli oneri
derivanti  dai  rinnovi  contrattuali  per  il biennio 2002-2003», e,
ponendo (rectius, ribadendo) il principio secondo il quale tali oneri
«sono  a carico delle amministrazioni di competenza nell'ambito delle
disponibilita'  dei  rispettivi  bilanci»,  rientra nella materia, di
competenza   concorrente   (art. 117,   terzo  comma,  Cost.),  della
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica».
    Lo  stesso  e'  a  dirsi  della  seconda  parte  della  norma  in
questione,  volta  a  stabilire,  con  riguardo  alla  contrattazione
integrativa,  che  i  comitati  di  settore, in sede di deliberazione
degli  atti  di  indirizzo,  si attengono ai «criteri indicati per il
personale»  dipendente  dallo Stato e provvedono alla quantificazione
delle risorse necessarie; anche in tal caso curando il «coordinamento
della  finanza  pubblica»,  cui  gia'  mirava l'art. 47, comma 1, del
d.lgs. n. 165 del 2001.
    Ricondotta  la  questione  nell'alveo dell'art. 117, terzo comma,
Cost.,  e' da escludere che la norma de qua esprima una disciplina di
dettaglio,  come  tale  lesiva  della  competenza regionale; essa, al
contrario,  fissa  - in linea con gli impegni assunti dall'Italia «in
sede comunitaria» - principi fondamentali volti al contenimento della
spesa  corrente,  che  rientrano  nella competenza della legislazione
statale.
    2.  -  Le  Regioni  Marche, Toscana e Umbria impugnano l'art. 17,
comma 2,  della  legge  n. 448  del  2001,  assumendo  che tale norma
(introduttiva  dell'art. 40-bis  nel d.lgs. n. 165 del 2001) - con il
prevedere  verifiche  congiunte  tra comitati di settore e Governo in
merito alle implicazioni finanziarie della contrattazione integrativa
di comparto; con il definire metodologie e criteri di riscontro anche
a campione; con l'imporre agli organi di controllo interno l'invio al
Ministero    dell'economia    di   informazioni   sui   costi   della
contrattazione   integrativa   secondo   un  modello  di  rilevazione
predisposto  dal  medesimo  Ministero  d'intesa con la Presidenza del
Consiglio  dei ministri - violerebbe l'art. 117, quarto comma, Cost.,
nonche', secondo la Regione Marche, l'art. 119, primo comma Cost.
    Le censure sono destituite di fondamento.
    La   norma   in  questione  detta  regole  (verifiche  congiunte;
metodologie  e  criteri  di  riscontro  anche  a  campione;  invio di
informazioni  secondo  un unitario modello di rilevazione) che, lungi
dal  costituire  normativa di dettaglio, sono strumentali rispetto al
fine  -  legittimamente perseguito dalla legislazione statale in sede
di   coordinamento   della   finanza   pubblica   -  di  valutare  la
compatibilita',  con i vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti
di  programmazione  annuale  e pluriennale, della spesa in materia di
contrattazione   integrativa:   l'accennata  strumentalita'  esclude,
altresi',  ogni  violazione  del principio - che si pretende desumere
dall'art. 119   Cost.   -  secondo  il  quale  l'autonomia  di  spesa
riconosciuta   alle   Regioni   implicherebbe  l'esclusione  di  ogni
ingerenza  statuale  anche  sotto  forma  di  procedure  e criteri di
controllo della spesa pubblica regionale.
    3.  - La Regione Basilicata impugna l'art. 19, commi 1, 3, 7, 8 e
14  della  legge  n. 448  del  2001,  lamentando  la violazione degli
artt. 3, 5, 114, 117 e 118 Cost; il medesimo comma 1 di detto art. 19
e'  impugnato, altresi', dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento
agli artt. 117, 118 e 119 Cost.
    3.1.  -  Il  comma 1  dell'art. 19  -  intitolato  «Assunzioni di
personale»  -  pone  il  divieto  «alle  province,  ai  comuni,  alle
comunita'  montane  ed  ai  consorzi  di  enti locali che non abbiano
rispettato  le  disposizioni  del  patto  di  stabilita'  interno per
l'anno 2001»   di   assumere,  per  l'anno 2002,  personale  a  tempo
indeterminato;  prevede,  per  la copertura dei posti disponibili, il
ricorso  alle procedure di mobilita'; consente le assunzioni connesse
al  passaggio  di  funzioni  e  competenze,  se  tale  passaggio  sia
accompagnato  da  trasferimenti  erariali  compensativi della mancata
assegnazione  di  personale;  prevede  talune  esenzioni  dal divieto
(comparto  scuola;  figure  professionali  non  fungibili;  categorie
protette;   vincitori   del   secondo  corso-concorso  di  formazione
dirigenziale),  nonche'  la  proroga di un anno della validita' delle
graduatorie  per  le amministrazioni soggette al divieto; dispone che
la  spesa  relativa  al  personale  assunto a tempo determinato o con
convenzione  non  possa  superare quella sostenuta al medesimo titolo
nell'anno 2001,  incrementata  del tasso di inflazione programmata di
cui al Documento di programmazione economico-finanziaria.
    Le censure mosse dalle Regioni impugnanti sono infondate.
    Quelle  formulate dalla Regione Basilicata non colgono nel segno,
laddove  pretendono di attribuire alla norma in questione la funzione
-  che  sarebbe  riservata alla legislazione esclusiva regionale - di
disciplinare  «la  materia  dell'impiego presso la Regione e gli enti
locali»,  mentre  e'  evidente  che  essa  persegue  il  fine di dare
effettivita'   al   patto   di   stabilita'   interno,  da  un  lato,
«sanzionando»  esclusivamente  i  soggetti pubblici (con l'esclusione
delle  Regioni) che non hanno rispettato tale patto riguardo al 2001,
e,  dall'altro  lato,  incidendo,  con  il  divieto  di  procedere ad
assunzioni  di  personale a tempo indeterminato e di far lievitare le
spese  per  il  personale  a  tempo  determinato,  su  una delle piu'
frequenti  e  rilevanti  cause  del  disavanzo;  sicche'  - attesa la
stretta  attinenza  di  tali  precetti  con il fine del coordinamento
della  finanza  pubblica  sub  specie  del  contenimento  della spesa
corrente  -  deve,  altresi',  negarsi  pregio  al rilievo secondo il
quale,  nella  specie,  il  coordinamento della finanza sarebbe usato
quale   «grimaldello   per   garantire   allo   Stato  un  potere  di
coordinamento in materia di competenza (anche esclusiva) regionale».
    Peraltro,  non  puo'  dirsi  che  la  legislazione  statale abbia
esorbitato  rispetto al fine del patto di stabilita', dal momento che
proprio  il mancato raggiungimento (da parte dei soggetti destinatari
della norma) dell'obiettivo nel 2001 abilita lo Stato a tentarne, nel
2002,  il  raggiungimento  attraverso  la compressione di una voce di
spesa corrente notoriamente decisiva a tal fine.
    A  sua  volta,  la Regione Emilia-Romagna deduce - denunciando il
rovesciamento   dell'impostazione   «programmatica»   del   patto  di
stabilita'  interno  -  l'irrazionalita'  della «sanzione a carattere
retroattivo...  di  comportamenti  che  le  disposizioni  legislative
vigenti  al  tempo  del  loro sorgere non consideravano illegittimi»,
anche  perche'  -  sostiene  -  tale  sanzione  «non  rappresenta uno
strumento  di  recupero  dell'obiettivo finanziario e non incentiva a
comportamenti  `virtuosi', colpendo comportamenti gia' realizzatisi»,
e    mina    «l'efficienza    amministrativa    degli   enti   locali
dell'Emilia-Romagna»,  resi  titolari  di  funzioni  amministrative a
seguito  del  «massiccio  conferimento» operato dalla legge regionale
n. 3 del 1999.
    Le  considerazioni  sopra  svolte  a  proposito dell'impugnazione
della  Regione  Basilicata non sono scalfite da rilievi che investono
profili attinenti (soprattutto, se non esclusivamente) alla (pretesa)
intrinseca  irragionevolezza  della  norma  o al buon andamento della
pubblica  amministrazione; profili che - come si e' ricordato sub 1 -
sono  deducibili  dalle  Regioni solo se strettamente pertinenti alla
lesione  della  loro  competenza legislativa: laddove i rilievi della
Regione  Emilia-Romagna  appaiono  volti  a  denunciare,  piu' che la
violazione  delle  norme  attributive  della competenza, quella degli
artt. 3 e 97 Cost.
    3.2.  -  E'  del  tutto evidente che il rigetto dell'impugnazione
avente ad oggetto il comma 1 dell'art. 19 comporta conseguenzialmente
il rigetto dell'impugnazione, proposta dalla sola Regione Basilicata,
del  comma 7,  il quale - disponendo che le «assunzioni effettuate in
violazione  delle  disposizioni  del  presente articolo sono nulle di
diritto»  -  e'  meramente strumentale rispetto a quanto, in punto di
divieto  di  assunzioni,  dispone  (per  quel  che  qui interessa) il
comma 1.
    3.3.  -  Il comma 3 dell'art. 19 - a norma del quale all'art. 39,
comma 2,   della  legge  27 dicembre  1997,  n. 449  (Misure  per  la
stabilizzazione  della  finanza  pubblica)  e'  aggiunto  il seguente
periodo:«Per  ciascuno  degli  anni 2003  e  2004, le amministrazioni
dello  Stato  anche  ad  ordinamento  autonomo, le agenzie e gli enti
pubblici  non  economici  con  organico  superiore  a 200 unita' sono
tenuti  a  realizzare  una riduzione di personale non inferiore all'1
per  cento  rispetto  a  quello in servizio al 31 dicembre 2002» - e'
impugnato  dalla  Regione Basilicata perche' violativo dell'art. 117,
quarto comma, Cost.
    La  censura  e' infondata, in quanto, da un lato, la norma mira a
perseguire il medesimo obiettivo che, con strumenti analoghi, e' alla
base  del  comma 1  e,  dall'altro lato e conseguentemente, essa deve
ritenersi  non  avere  tra i suoi destinatari - come e' reso evidente
dall'impianto  dell'intero art. 19 (e, in particolare, dal comma 1) -
le Regioni.
    3.4.   -  Infondata  e'  l'impugnazione  proposta  dalla  Regione
Basilicata  nei  confronti  del  comma 8  dell'art. 19;  tale  norma,
riferentesi  agli enti locali di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 267 del
2000  (tra i quali non rientra la Regione), si limita a prevedere che
gli  organi  di  revisione  contabile  accertino  che  i documenti di
programmazione  del  fabbisogno  di  personale  siano  improntati  al
rispetto  del  principio  di riduzione complessiva della spesa di cui
all'art. 39  della  legge  n. 449 del 1997, e che eventuali deroghe a
tale principio siano analiticamente motivate.
    Si  tratta  di  norma chiaramente strumentale rispetto al fine di
coordinamento  della finanza pubblica, e di norma di principio (e non
gia'  di  dettaglio),  in  quanto  prevede  che  eventuali deroghe al
principio   della   riduzione   complessiva  della  spesa,  cui  deve
improntarsi   il  documento  di  programmazione  del  fabbisogno  del
personale, siano analiticamente motivate.
    4.  - L'impugnazione proposta dalla Regione Basilicata avverso il
comma 14  dell'art. 19  e' infondata, dal momento che tale norma - al
contrario  di quanto potrebbe lasciar intendere la generica locuzione
di  «amministrazioni  pubbliche»  -  non ha, come risulta dall'intero
art. 19  e,  in  particolare,  dal comma 1, tra i suoi destinatari le
Regioni;  sicche',  anche a prescindere dal carattere «facoltizzante»
della   norma  (la  quale  non  esclude  altre  iniziative  di  «alta
formazione   del   personale»,  ma  ne  suggerisce,  aggiuntivamente,
alcune), non sussiste alcuna violazione delle competenze regionali in
materia  (v.  sentenza  n. 3 del 2004 depositata in pari data, che ha
deciso analoga questione sollevata dalla Regione Emilia-Romagna).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata  a  separate  pronunzie  la  decisione  sulle ulteriori
questioni  di  legittimita'  costituzionale  della  legge 28 dicembre
2001,  n. 448  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002);
    Riuniti  i  giudizi  concernenti  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale  relative  agli  artt. 16,  comma 7,  17, comma 2, 19,
commi 1, 3, 7, 8 e 14, della predetta legge 28 dicembre 2001, n. 448,
sollevate dalle Regioni Marche, Toscana, Basilicata, Emilia-Romagna e
Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 16,   comma 7,   della   legge  28 dicembre  2001,  n. 448,
sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  5,  114, 117 e 118 della
Costituzione,  dalla  Regione  Basilicata  con il ricorso indicato in
epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 17,   comma 2,   della   legge  28 dicembre  2001,  n. 448,
sollevate,  in  riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 119 della
Costituzione,  dalle  Regioni  Marche, Toscana e Umbria con i ricorsi
indicati in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 19,   comma 1,   della   legge  28 dicembre  2001,  n. 448,
sollevate,  in  riferimento  agli  artt. 3,  5,  114, 117 e 118 della
Costituzione,   dalla  Regione  Basilicata  e,  in  riferimento  agli
artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna
con i ricorsi indicati in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 19,   comma 7,   della   legge  28 dicembre  2001,  n. 448,
sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  5,  114, 117 e 118 della
Costituzione,  dalla  Regione  Basilicata  con il ricorso indicato in
epigrafe;
    Dichiara  non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, le
questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 19, commi 3, 7, 8
e 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sollevate, in riferimento
agli  artt. 3,  5,  114,  117 e 118 della Costituzione, dalla Regione
Basilicata con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 gennaio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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