N. 1149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 2003

Ordinanza  emessa  il  7  novembre 2003 dalla Corte di cassazione sul
ricorso proposto da Santolla Francesco

Processo  penale - Custodia cautelare - Custodia cautelare all'estero
  in  conseguenza  di  una  domanda di estradizione - Computo ai soli
  effetti  della  durata  complessiva  della misura e non ai fini dei
  termini   di   fase   della   stessa   -   Inapplicabilita'   della
  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale in tema di computo dei
  termini  di  fase della custodia cautelare in caso di regressione -
  Violazione di parametri costituzionali.
- Codice di procedura penale, art. 722.
- Costituzione, artt. 3 e 13.
(GU n.3 del 21-1-2004 )
                       LA CORTE DI CASSAZIONE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto da:
Santolla  Francesco,  nato il 16 marzo 1953, avverso ordinanza del 20
marzo 2003 del Tribunale di Taranto;
    Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
    Sentita la relazione del consigliere dott. Maurizio Fumo;
    Sentito  il  PG nella persona del sost. proc. gen. dr. Gianfranco
Viglietta, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
    Rilevato:
        1)  che  Santolla Francesco, imputato dei delitti di cui agli
artt. 73  e 74 TU 309/1990, ricorre avverso l'ordinanza del Tribunale
del  riesame  di  Taranto del 20 marzo 2003, che ha rigettato appello
proposto  avverso l'ordinanza della Corte di appello di Lecce, con la
quale era stata rigettata la richiesta di declaratoria di inefficacia
per decorrenza dei termini di fase della misura cautelare a suo tempo
applicata al predetto;
        2)  che  il  29 novembre 1997 fu emessa ordinanza di custodia
cautelare  a  suo carico, la quale rimase ineseguita; che il 29 marzo
1999  il  Santolla  fu  tratto  in  arresto  in  Olanda, a seguito di
richiesta  di  estradizione  avanzata  dalla  AG  italiana; che il 16
dicembre 1999 il Tribunale di Lecce lo condanno' alla pena di anni 14
di reclusione, condanna confermata con riduzione di pena ad anni 12 -
dalla Corte di appello di quella stessa citta';
        3)  che  la sentenza di secondo grado fu annullata con rinvio
dalla Corte di cassazione (in data 1° luglio 2002);
        4)  che il 9 gennaio 2003 il Santolla, estradato dall'Olanda,
fu  arrestato  presso  l'aeroporto  di  Roma-Fiumicino  e, da allora,
trovasi detenuto nel nostro Paese;
        5) che il Tribunale del riesame, condividendo l'assunto della
Corte  leccese,  ha  ritenuto che il dettato dell'art. 722 c.p.p. non
consente di invocare il superamento dei termini di fase (i quali, nel
caso   in  esame,  a  seguito  della  regressione  per  annullamento,
avrebbero  superato  il  loro doppio), ma fa riferimento unicamente a
quelli   complessivi,  osservando  poi  che  la  circostanza  che  il
ricorrente si trovi ora detenuto in territorio italiano non vale, per
il  Tribunale, a modificare i termini della questione, atteso che, in
tal  caso,  i  termini  di  fase  si  calcolano  dalla data in cui il
soggetto e' stato posto a disposizione della AG italiana;
        6)  che,  con  il  ricorso, il difensore deduce violazione ed
errata applicazione degli artt. 303, 304, 722 c.p.p., nonche' carenza
ed   illogicita'   di  motivazione,  osservando  che,  a  seguito  di
annullamento  da  parte della Corte di cassazione, il procedimento e'
regredito al primo grado e che il doppio del termine di fase (anni 3)
risulta  scaduto,  anche  in  considerazione  delle recenti decisioni
della  Corte  costituzionale, le quali si riverberano necessariamente
sulla  interpretazione  ed applicazione dell'art. 722 c.p.p. (essendo
incostituzionale ogni diversa interpretazione);
        7)  che  il  ricorrente  osserva  ancora  che  l'assunto  del
Tribunale  del  riesame,  il  quale  ha  ritenuto che la procedura di
estradizione,   inserendosi   nel  procedimento  penale,  metta  l'AG
italiana  nella  condizione  di  non  poter piu' esercitare controllo
sulla  osservanza  dei  termini  di fase (il cui decorso potrebbe non
piu'  essere  addebitabile  alla  sua inerzia), e' certamente errato,
atteso che la procedura di estradizione non ha nulla a che vedere con
la  celebrazione  del processo, la quale e' sempre rimessa alla piena
autonomia  della AG italiana, trattandosi di due proce-dure parallele
che  non  consentono disparita' di trattamento tra chi e' detenuto in
Italia  e chi e' detenuto all'estero, in attesa della estradizione (e
cio'  a  maggior  ragione  nel  caso  di  specie, perche' attualmente
Santolla si trova in vinculis Italia);
    Ritenuto:
        8)  che l'interpretazione dell'art. 722 c.p.p., operata dalla
giurisprudenza,  anche recente, di questa Corte (cfr ASN 200215439-RV
221994;  ASN  199903879-RV  214093),  e' nel senso di ritenere che la
detenzione  cautelare subita dal cittadino all'estero sia computabile
ai fini dei termini complessivi di custodia cautelare e non anche dei
termini di fase;
        9)  che  e'  stata esplicitamente affermata (ASN 199501417-RV
202254)  la ragionevolezza della norma (art. 722 c.p.p.) che, ai fini
della   durata  della  custodia  cautelare  sofferta  all'estero,  ha
riguardo,  non ai termini massimi di fase, ma alla durata complessiva
della  custodia  stessa,  diversa essendo la situazione della persona
sottoposta  a  misura  cautelare  in  Italia, da quella sottoposta ad
analoga   misura  all'estero  ed  in  attesa  della  definizione  del
procedimento di estradizione;
        10)  che  il  rinvio  che  l'art. 722 c.p.p. fa all'art. 304,
comma   quarto,   stesso  codice  (da  intendersi,  dopo  le  recenti
modifiche,  come  rinvio  all'art. 304  comma  sesto)  non  contiene,
oltretutto,  riferimento  ai  criteri  di  calcolo  da  adottare  per
determinare il raggiungimento del limite detentivo in esso previsto;
        11)  che  la  interpretazione  fornita con le pronunzie della
Corte  costituzionale,  date  con  sentenza  292/1198 e con ordinanze
429/1199,  214/2000,  529/2000,  243/2003 (assunte, come e' noto, sul
presupposto  che  il  doppio  del  termine  di  fase  vada  calcolato
addizionando  periodi  di detenzione, anche eventualmente sofferti in
fase  diversa  da quella in cui il procedimento e' regredito), non e'
pacificamente  applicabile  alla  fattispecie qui in esame, dovendosi
ritenere,  alla  luce  della  giurisprudenza  di  legittimita'  prima
citata,  che  il  doppio  del  termine di fase debba calcolarsi a far
tempo  dal momento in cui l'interessato abbia varcato la soglia di un
istituto penitenziario nazionale:
        12)  che  la  norma  in applicazione sembra pertanto porsi in
contrasto,  dopo  i  ricordati  arresti giurisprudenziali del giudice
delle  leggi,  con  i  principi  di cui agli artt. 3 e 13 della Carta
costituzionale,  nella parte in cui prevede che la custodia cautelare
all'estero non rilevi ai fini del computo dei termini di fase;
        13)  che il procedimento va quindi sospeso, ferma restando la
misura  cautelare  in  atto  e  che la questione va rimessa all'esame
della  Corte  costituzionale,  essendo  poi  onere  della Cancelleria
provvedere  agli  adempimenti di cui alla legge 87/1953 e a quelli di
cui all'art. 94 disp. att. c.p.p.;
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 722  c.p.p. per contrasto con
gli  artt. 3  e 13 della Costituzione, nella parte in cui prevede che
la  custodia  cautelare all'estero dell'estradando non rilevi ai fini
del computo dei termini di fase.
    Sospende  il  presente  procedimento e manda alla cancelleria per
gli  adempimenti  previsti dall'art. 23, ultimo comma, della legge 11
marzo  1953  n. 87,  nonche' per quelli di cui all'art. 94 disp. att.
c.p.p.
    Cosi deciso in Roma, camera di consiglio, in data 8 ottobre 2003.
                      Il Presidente: Foscarini
                                                   L'estensore: Fumo
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