N. 9 SENTENZA 18 dicembre 2003- 13 gennaio 2004

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Conflitto  tra  Stato  e Regione - Ricorso della Regione - Elevamento
  del  conflitto  -  Presupposto  - Richiamo a norme non comprese tra
  quelle  relative  alle  competenze  regionali  (nella  specie, agli
  artt. 3 e 97 Cost.) - Esclusione.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
Atto  impugnato  -  Data  di  pubblicazione successiva all'entrata in
  vigore della riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione
  - Rilevanza, ai fini del giudizio.
- D.M. 24 ottobre 2001, n. 420.
- Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
Beni  culturali  e  ambientali - Tutela e valorizzazione - Criteri di
  distinzione - Quadro normativo di riferimento.
- D.Lgs.  31 marzo  1998,  n. 112,  artt. 148, 149, 150 e 152; d.lgs.
  20 ottobre 1998, n. 368, art. 10.
Beni  culturali e ambientali - Tutela - Riserva di competenza statale
  -  Attribuzione  allo  Stato di potesta' legislativa esclusiva e di
  potesta' regolamentare - Possibilita' di intese e coordinamento tra
  Stato e Regioni.
- Costituzione,  artt. 117,  secondo  comma, lettera s), e 118, terzo
  comma.
Beni culturali e ambientali - Valorizzazione - Competenza concorrente
  dello Stato e delle Regioni.
- Costituzione, art. 117, terzo comma.
Beni  culturali  e  ambientali  - Lavori di manutenzione e restauro -
  Qualifica  di  restauratore  - Regolamento ministeriale concernente
  l'individuazione  dei requisiti - Ricorso della Regione Toscana per
  conflitto  di attribuzione - Incidenza nelle materie di «formazione
  professionale» e di «professioni» - Esclusione.
- Decreto del Ministro per i beni e le attivita' culturali 24 ottobre
  2001, n. 420, art. 3.
- Costituzione, art. 117, commi terzo, quarto e sesto.
Beni  culturali  e  ambientali  - Lavori di manutenzione e restauro -
  Qualifica   di   restauratore  -  Individuazione  dei  requisiti  -
  Disciplina  regolamentare  -  Competenza  esclusiva  dello  Stato -
  Insussistente  violazione  di  competenze  regionali  - Ricorso per
  conflitto proposto dalla Regione Toscana - Reiezione.
- Decreto del Ministro per i beni e le attivita' culturali 24 ottobre
  2001, n. 420, art. 3.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s).
(GU n.3 del 21-1-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   per   conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito
dell'art. 3   del   decreto   ministeriale  24 ottobre  2001,  n. 420
(Regolamento  recante  modificazioni  e integrazioni al d.m. 3 agosto
2000,  n. 294  del  Ministro  per  i  beni  e  le attivita' culturali
concernente  l'individuazione  dei  requisiti  di  qualificazione dei
soggetti  esecutori  dei  lavori  di restauro e manutenzione dei beni
mobili  e  delle superfici decorate di beni architettonici), promosso
con  ricorso  della  Regione  Toscana, notificato il 30 gennaio 2002,
depositato  in cancelleria il 7 febbraio 2002 ed iscritto al n. 5 del
registro conflitti 2002.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 ottobre  2003  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi   gli   avvocati   Fabio   Lorenzoni  e  Maurizio  Fiorilli
rispettivamente  per  la  Regione  Toscana  e  per  il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.-  Con ricorso notificato il 30 gennaio 2002 la Regione Toscana
ha  proposto  conflitto di attribuzione, nei confronti del Presidente
del  Consiglio  dei ministri e del Ministro per i beni e le attivita'
culturali,   in   riferimento  all'art. 3  del  decreto  ministeriale
24 ottobre   2001,   n. 420   (Regolamento  recante  modificazioni  e
integrazioni  al d.m. 3 agosto 2000, n. 294 del Ministro per i beni e
le  attivita' culturali concernente l'individuazione dei requisiti di
qualificazione  dei  soggetti  esecutori  dei  lavori  di  restauro e
manutenzione  dei  beni  mobili  e  delle  superfici decorate di beni
architettonici),   che   ha   riformulato   integralmente   il  testo
dell'art. 7   del  precedente  decreto  ministeriale  3 agosto  2000,
n. 294, emesso dalla medesima Autorita'.
    Premette  la  Regione  ricorrente  che l'art. 8, comma 11-sexies,
della  legge  11 febbraio  1994,  n. 109  (Legge quadro in materia di
lavori  pubblici),  ha  stabilito  che per le attivita' di restauro e
manutenzione  dei  beni  mobili  e  delle superfici decorate dei beni
architettonici  il Ministro per i beni e le attivita' culturali debba
provvedere  a  stabilire  i  requisiti di qualificazione dei soggetti
esecutori.  Sulla  base di detta previsione e' stato emanato il testo
originario  del  decreto ministeriale n. 294 del 2000, che all'art. 7
prevedeva che il diploma di restauratore potesse essere ottenuto, fra
l'altro,  dopo  aver  frequentato  un apposito corso di durata almeno
biennale  presso  una scuola statale o regionale, cui andava aggiunto
un  periodo  di  pratica svolto con determinate modalita'. La Regione
Toscana,  infatti,  con  propria  legge  31 agosto  1994,  n. 70,  ha
provveduto ad organizzare propri corsi di formazione per restauratori
di  durata triennale. Ora la norma oggetto del conflitto, pur facendo
salva,   al   comma 2,   la  possibilita',  in  via  transitoria,  di
riconoscere  il titolo di restauratore a chi abbia gia' conseguito il
diploma presso una scuola di formazione regionale all'uopo istituita,
prevede  che,  in  avvenire,  detto  titolo possa essere riconosciuto
soltanto  a  chi  abbia  frequentato  e  concluso  un  corso  (almeno
quadriennale)  presso  una  scuola  statale,  con cio' implicitamente
stabilendo  la  fine  delle  scuole  regionali.  E  cio'  appare alla
ricorrente in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione.
    In base al nuovo testo dell'art. 117 Cost. introdotto dalla legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3,  infatti,  la  materia della
formazione  professionale,  essendo  specificamente esclusa da quella
dell'istruzione  per  la quale e' fissata una competenza concorrente,
rientra   nella   previsione  del  quarto  comma,  ossia  nella  c.d.
competenza  residuale che e' interamente regionale, con i soli limiti
di cui al primo comma del medesimo art. 117. Ne deriva che consentire
il  conseguimento  del  titolo  di  restauratore soltanto a chi abbia
frequentato  le  scuole  statali - potendo invece le scuole regionali
rilasciare  il semplice titolo di «collaboratore restauratore» di cui
all'art. 8  del  medesimo  d.m.  n. 294  del  2000  -  si  traduce in
un'evidente   lesione   dell'art. 117   Cost.   e  delle  prerogative
costituzionali  delle  Regioni.  D'altra  parte,  se anche si volesse
ricomprendere la norma in questione nella materia «professioni», essa
ricadrebbe  nell'ambito della potesta' normativa concorrente, sicche'
lo  Stato  potrebbe solo limitarsi a dettare i principi fondamentali,
senza  in  tal modo vanificare i corsi di formazione gia' organizzati
dalla Regione.
    Ulteriore violazione del medesimo art. 117 Cost. e' poi ravvisata
dalla   Regione   Toscana   in  relazione  allo  strumento  normativo
utilizzato,  ossia  un  regolamento  adottato  ai sensi dell'art. 17,
terzo  comma,  della  legge 23 agosto 1988, n. 400; l'art. 117, sesto
comma,  Cost., infatti, stabilisce che allo Stato sia riconosciuta la
potesta'  regolamentare  nei soli ambiti di legislazione esclusiva. E
questa  Corte  ha  piu'  volte  affermato,  gia'  nella  vigenza  del
pregresso testo costituzionale, che allo Stato e' inibito intervenire
con  regolamento  nelle  materie di competenza regionale (v. sentenza
n. 204 del 1991).
    Ritiene  infine  la  Regione  ricorrente  che la norma oggetto di
conflitto,  ponendo  nel  nulla,  anche  in  via transitoria, i corsi
regionali  di  formazione attualmente in atto, sia in contrasto anche
con  gli  artt. 3  e  97  Cost., risolvendosi in un'ulteriore lesione
delle  attribuzioni  regionali.  In particolare, la norma transitoria
verrebbe  a  penalizzare,  senz'alcun fondamento di razionalita', gli
studenti  delle  scuole  regionali toscane che, dopo aver superato il
biennio,  si  apprestano  a concludere il corso frequentando il terzo
anno,  studenti  ai  quali  e'  precluso  di  conseguire il titolo di
restauratore.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   sostenendo  l'infondatezza  del  ricorso  e  chiedendone  il
rigetto.
    Osserva  preliminarmente la difesa dello Stato che nel momento in
cui  il  Ministro  competente  ha firmato il decreto n. 420 del 2001,
ossia  alla data del 24 ottobre 2001, la modifica dell'art. 117 Cost.
non   era   ancora   entrata  in  vigore,  sicche'  l'atto  non  puo'
considerarsi  lesivo  di  alcuna prerogativa regionale, essendo stato
emanato in base al citato art. 8, comma 11-sexies, della legge n. 109
del 1994.
    Entrando  poi  nel  merito,  l'Avvocatura  sostiene  che la norma
oggetto  del  conflitto  non lede in alcun modo la potesta' normativa
regionale,  poiche'  non va inquadrata nella materia della formazione
professionale,  bensi'  in  quella  della  tutela dei beni culturali,
affidata   alla   potesta'  normativa  esclusiva  dello  Stato.  Ogni
intervento  conservativo  su  opere d'arte richiede, infatti, massima
attenzione ed elevata professionalita', potendosi altrimenti produrre
danni  irreversibili  in  un  campo  nel  quale  assume  fondamentale
importanza l'elemento personale.
    La   tutela   dei   beni  culturali  rende  opportuna,  pertanto,
l'individuazione di alcuni standard minimi di competenza che lo Stato
fissa con validita' per tutto il territorio nazionale; a tal fine gli
artt. 7  e  8 del d.m. n. 294 del 2000, nel testo modificato dal d.m.
n. 420 del 2001, delineano le figure professionali del «restauratore»
e del «collaboratore restauratore». In considerazione, infatti, della
grande  importanza  che  il  restauro  dei beni culturali riveste nel
nostro  Paese,  si rende indispensabile fissare dei criteri unici che
garantiscano  l'omogeneita'  nella  didattica  e nelle metodologie di
intervento,  allo  scopo  di assicurare una adeguata professionalita'
agli  operatori  del  settore  ai  quali vengono rilasciati titoli di
studio  che, come si e' detto, devono necessariamente valere su tutto
il territorio nazionale.

                       Considerato in diritto

    1. - Il conflitto di attribuzione, proposto dalla Regione Toscana
in  relazione  all'art. 3  del  decreto  del Ministro per i beni e le
attivita'  culturali  24 ottobre  2001,  n. 420  (Regolamento recante
modificazioni  e  integrazioni  al  d.m.  3 agosto  2000,  n. 294 del
Ministro   per   i   beni   e   le  attivita'  culturali  concernente
l'individuazione   dei   requisiti  di  qualificazione  dei  soggetti
esecutori  dei  lavori  di  restauro e manutenzione dei beni mobili e
delle  superfici  decorate di beni architettonici), che ha sostituito
l'art. 7  del precedente decreto 3 agosto 2000, n. 294, e' diretto ad
ottenere  la  dichiarazione  che non spetta allo Stato, nel fissare i
requisiti  di  qualificazione  dei  soggetti  esecutori dei lavori di
restauro  e  manutenzione  di  beni  culturali  mobili e di superfici
decorate  di beni architettonici, determinare quelli per la qualifica
di restauratore, con il conseguente annullamento del citato art. 3.
    La  Regione  ricorrente  sostiene,  in via principale, che con la
norma  regolamentare  impugnata  lo  Stato  ha invaso la sua sfera di
competenza legislativa c.d. residuale, e quindi esclusiva, in materia
di  formazione  professionale; in subordine si duole che lo Stato, in
una  materia  di  legislazione  concorrente,  quale  e'  quella sulle
professioni,  abbia  emanato  norme  regolamentari, con cio' violando
l'art. 117, terzo, quarto e sesto comma, della Costituzione.
    Infine,  la  Regione  Toscana  afferma che la norma regolamentare
censurata  e'  illegittima  anche per irragionevolezza, in quanto non
tiene  conto  della  posizione  di  coloro  che, al momento della sua
entrata  in  vigore,  avevano  gia'  frequentato per due annualita' i
corsi  di  scuole  regionali  ed erano al terzo anno di frequenza. La
norma  censurata  secondo  la  ricorrente  contrasta  quindi  con gli
artt. 3 e 97 della Costituzione.
    2. -  Si  rileva, in via preliminare, che l'ultima prospettazione
della ricorrente non puo' avere ingresso in questa sede.
    Il  giudizio per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione
nei  confronti  dello  Stato  e'  finalizzato,  per  sua  natura,  ad
accertare  l'esistenza  di  una  lesione, da parte del secondo, della
sfera  di  competenza  della  prima.  Come  questa  Corte  ha in piu'
occasioni  rilevato,  affinche'  vi  sia  effettivamente  materia per
simile  conflitto  occorre  che  sia  prospettata  la  lesione di una
competenza  «costituzionalmente garantita delle Regioni nella materia
su  cui  verte  la  controversia» (sentenza n. 27 del 1996). Nel caso
specifico,   la   presunta  lesione  di  tali  competenze  troverebbe
fondamento  nell'aver  lo Stato dettato norme in un ambito che non e'
di  sua  spettanza  alla  luce del vigente art. 117 Cost., sicche' le
ulteriori  censure  avanzate  per sospetta lesione degli artt. 3 e 97
Cost.   esulano  dal  tema  proprio  dell'oggetto  del  conflitto  di
attribuzione.   Diversamente   argomentando  potrebbe  accadere  che,
tramite   lo   strumento  del  conflitto,  la  Corte  venga  chiamata
impropriamente    ad    un   sindacato   generale   di   legittimita'
costituzionale  -  del tutto estraneo al sistema - su atti non aventi
forza di legge.
    3. -  Una volta delineati i limiti del presente giudizio, occorre
ancora  osservare  che, essendo la potesta' regolamentare dello Stato
circoscritta   alle   materie   di   propria  competenza  legislativa
esclusiva,  il  conflitto  puo'  essere  risolto accertando se l'atto
censurato  rientri  o  meno in una delle materie elencate nel secondo
comma  dell'art. 117  Cost. e, piu' in particolare, se sia fondata la
tesi  difensiva dell'Avvocatura dello Stato secondo la quale la norma
impugnata  attiene  alla  disciplina  della tutela dei beni culturali
(art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.). Non sarebbe invece
esaustiva  la  conclusione  che  il regolamento impugnato non rientra
nelle materie indicate dalla Regione ricorrente.
    4. -  Si  deve  rilevare, ancora in via preliminare, che non puo'
essere  accolta la tesi dell'Avvocatura dello Stato secondo la quale,
poiche'  la  norma  regolamentare  in esame e' stata deliberata prima
dell'entrata  in  vigore  della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3,  di modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione, e'
al  testo  originario  di questo che dovrebbe farsi riferimento. Cio'
che  assume  rilievo,  infatti,  e'  la  data  di pubblicazione nella
Gazzetta  Ufficiale, nel caso in esame successiva a quella di entrata
in vigore della citata legge costituzionale.
    5. -  Il  regolamento in esame radica la sua legittimazione nella
legge  11 febbraio  1994,  n. 109  (Legge quadro in materia di lavori
pubblici),  il  cui  art. 8  -  mentre  al  comma 2  prevede che, con
regolamento  da  emanare  ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge
23 agosto  1988,  n. 400, sia istituito un sistema di qualificazione,
unico  per  tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici
di cui all'art. 2, comma 1, d'importo superiore ai centocinquantamila
euro  -  al  comma 11-sexies  stabilisce  che  «per  le  attivita' di
restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di
beni  architettonici,  il Ministro per i beni culturali e ambientali,
sentito  il  Ministro  dei  lavori  pubblici,  provvede a stabilire i
requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori».
    Poiche',  come  questa Corte ha gia' rilevato (v. sentenza n. 303
del  2003),  i  lavori  pubblici  non  costituiscono  una materia, la
derivazione  del  decreto  dalla  suindicata legge non fornisce alcun
elemento  utile  al  fine  di individuare la collocazione della norma
impugnata  nel  sistema  di  riparto delle competenze legislative; la
specialita'  del  regolamento,  sotto  diversi profili, rispetto alle
altre   potesta'   regolamentari   previste  dalla  stessa  legge  ed
esercitate  con  il  d.P.R.  21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di
attuazione  della  legge  11 febbraio  1994, n. 109), e con il d.P.R.
25 gennaio  2000,  n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema
di  qualificazione  per  gli  esecutori  di lavori pubblici), induce,
quindi,  a  ricercare  in  altre  fonti  normative  i  criteri per la
decisione   del   conflitto.   La   provenienza   della  disposizione
regolamentare   impugnata  dalla  legge  n. 109  del  1994,  intanto,
consente   di  affermare  che  l'ambito  della  sua  applicazione  e'
circoscritto  ai lavori eseguiti per conto di amministrazioni statali
e  di enti pubblici nazionali (v. sentenze n. 302 del 2003, n. 61 del
1997, n. 250 del 1996 e n. 482 del 1995).
    6. - Il quadro complessivo della disciplina dei beni culturali va
ricostruito  sulla  base di molteplici dati normativi, eterogenei per
il loro contesto specifico e per il rango della fonte.
    In  particolare,  benche'  il  decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112, sia stato emanato in un momento antecedente la riforma di cui
alla  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,  questa  Corte  ha gia'
riconosciuto  (v.  sentenza n. 94 del 2003) che utili elementi per la
distinzione  tra  tutela  e valorizzazione dei beni culturali possono
essere desunti dagli artt. 148, 149, 150 e 152 di tale decreto.
    L'art. 148  stabilisce  che  ai fini del decreto stesso s'intende
per  tutela  «ogni  attivita'  diretta  a  riconoscere,  conservare e
proteggere  i  beni  culturali  e  ambientali»;  per  gestione  «ogni
attivita'  diretta,  mediante  l'organizzazione  di  risorse  umane e
materiali,   ad   assicurare   la  fruizione  dei  beni  culturali  e
ambientali,  concorrendo al perseguimento delle finalita' di tutela e
valorizzazione»;   per   valorizzazione  «ogni  attivita'  diretta  a
migliorare  le  condizioni  di  conoscenza  e  conservazione dei beni
culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione».
    L'art. 149,   comma 1,   prescrive  che  «ai  sensi  dell'art. 1,
comma 3, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono riservate
allo  Stato  le  funzioni e i compiti di tutela dei beni culturali la
cui  disciplina  generale  e'  contenuta  nella  legge 1 giugno 1939,
n. 1089,  e  nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre
1963, n. 1409, e loro successive modifiche e integrazioni».
    L'art. 150  disciplina  il trasferimento della gestione di alcuni
beni,  secondo  il  principio  di  sussidiarieta', alle regioni, alle
province o ai comuni.
    L'art. 152 prevede al comma 1 che lo Stato, le regioni e gli enti
locali  curino,  ciascuno  nel  proprio ambito, la valorizzazione dei
beni  culturali  e  che,  ai  sensi dell'art. 3, comma 1, lettera c),
della  legge n. 59 del 1997, la valorizzazione venga di norma attuata
mediante  forme  di  cooperazione strutturali e funzionali tra Stato,
regioni  ed enti locali, secondo quanto previsto dagli articoli 154 e
155 dello stesso decreto legislativo.
    Il  comma 3  dell'art. 152 stabilisce che le funzioni e i compiti
di   valorizzazione   comprendono,   in   particolare,  le  attivita'
concernenti: «a) il miglioramento della conservazione fisica dei beni
e  della  loro  sicurezza,  integrita'  e valore; b) il miglioramento
dell'accesso  ai  beni  e  la  diffusione della loro conoscenza anche
mediante   riproduzioni,   pubblicazioni   ed  ogni  altro  mezzo  di
comunicazione;  c)  la  fruizione  agevolata  dei beni da parte delle
categorie  meno  favorite;  d) l'organizzazione di studi, ricerche ed
iniziative  scientifiche  anche  in collaborazione con universita' ed
istituzioni  culturali e di ricerca; e) l'organizzazione di attivita'
didattiche  e  divulgative  anche  in  collaborazione con istituti di
istruzione; f) l'organizzazione di mostre anche in collaborazione con
altri  soggetti  pubblici  e  privati;  g) l'organizzazione di eventi
culturali  connessi a particolari aspetti dei beni o ad operazioni di
recupero,   restauro   o  ad  acquisizione;  h)  l'organizzazione  di
itinerari  culturali,  individuati  mediante  la connessione fra beni
culturali  e ambientali diversi, anche in collaborazione con gli enti
e organi competenti per il turismo».
    A  sua  volta  il  decreto  legislativo  20 ottobre  1998, n. 368
(Istituzione  del  Ministero  per  i  beni e le attivita' culturali),
all'art. 10,  comma 1,  lettera  b-bis)  -  disposizione aggiunta con
1'art. 33  della  legge  28 dicembre  2001,  n. 448,  successivamente
quindi  all'entrata  in  vigore  della  legge costituzionale n. 3 del
2001,   e  poi  modificata  dal  comma 52  dell'art. 80  della  legge
27 dicembre  2002,  n. 289 e dall'art. 6 della legge 16 gennaio 2003,
n. 3  -  nel  prevedere  la  possibilita'  di  dare  in concessione a
soggetti diversi da quelli statali la gestione di servizi relativi ai
beni  culturali  di  interesse  nazionale, tramite l'emanazione di un
regolamento  che  disciplini tali concessioni, indica tra i criteri e
le  garanzie  cui il regolamento dovra' uniformarsi la salvezza della
riserva statale sulla tutela dei beni.
    7. -  I  dati  normativi  riferiti permettono di affermare quanto
segue.
    La tutela e la valorizzazione dei beni culturali, nelle normative
anteriori  all'entrata  in vigore della legge costituzionale n. 3 del
2001,  sono  state  considerate  attivita' strettamente connesse ed a
volte,   ad  una  lettura  non  approfondita,  sovrapponibili.  Cosi'
l'art. 148  del d.lgs. n. 112 del 1998 annovera, come s'e' visto, tra
le  attivita'  costituenti tutela quella diretta «a conservare i beni
culturali  e  ambientali»,  mentre  include  tra  quelle  in  cui  si
sostanzia   la   valorizzazione   quella  diretta  a  «migliorare  le
condizioni di conservazione dei beni culturali e ambientali».
    La  gestione,  poi,  nella  definizione  che  ne  da' il medesimo
articolo, e' funzionale sia alla tutela sia alla valorizzazione.
    Il menzionato art. 152 dello stesso decreto legislativo considera
la  valorizzazione  come  compito  che  Stato, regioni ed enti locali
avrebbero  dovuto  curare  ciascuno  nel  proprio ambito. Tuttavia le
espressioni   che,   isolatamente  considerate,  non  denotano  nette
differenze  tra  tutela e valorizzazione, riportate nei loro contesti
normativi  dimostrano  che  la  prima  e'  diretta  principalmente ad
impedire  che  il  bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e
quindi  nel suo contenuto culturale; ed e' significativo che la prima
attivita'  in cui si sostanzia la tutela e' quella del riconoscere il
bene culturale come tale.
    La  valorizzazione e' diretta soprattutto alla fruizione del bene
culturale,   sicche'   anche   il   miglioramento   dello   stato  di
conservazione  attiene  a  quest'ultima  nei luoghi in cui avviene la
fruizione ed ai modi di questa.
    Occorre  infine  rilevare che in nessun atto normativo precedente
la  modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione la tutela
dei  beni  culturali viene attribuita a soggetti diversi dallo Stato;
successivamente  a  questa,  anzi, il citato comma 1, lettera b-bis),
dell'art. 10 del d.lgs. n. 368 del 1998, nel prevedere le concessioni
per  la  gestione dei servizi relativi ai beni culturali di interesse
nazionale,  stabilisce,  come  s'e'  detto, che deve restare ferma la
riserva  statale  sulla  tutela  dei  beni. Alla luce delle suesposte
considerazioni la riserva di competenza statale sulla tutela dei beni
culturali   e'   legata   anche   alla  peculiarita'  del  patrimonio
storico-artistico  italiano,  formato  in  grandissima parte da opere
nate  nel corso di oltre venticinque secoli nel territorio italiano e
che  delle  vicende  storiche  del  nostro  Paese  sono espressione e
testimonianza.  Essi  vanno  considerati  nel  loro complesso come un
tutt'uno,   anche   a   prescindere   dal  valore  del  singolo  bene
isolatamente considerato.
    Nel modificare il quadro costituzionale delle competenze di Stato
e  Regioni per la parte che qui interessa, il legislatore costituente
ha   tenuto   conto   sia   delle   caratteristiche   del  patrimonio
storico-artistico    italiano,   sia   della   normativa   esistente,
attribuendo  allo  Stato  la  potesta'  legislativa  esclusiva  e  la
conseguente  potesta'  regolamentare  in  materia  di tutela dei beni
culturali  e  ambientali (art. 117, secondo comma, lett. s, Cost.) ed
alla  legislazione  concorrente  di Stato e Regioni la valorizzazione
dei  beni  culturali  e  ambientali  (art. 117,  terzo comma, Cost.).
Inoltre,  al  terzo  comma  dell'art. 118  ha prescritto che la legge
statale  disciplini  forme  di  intesa  e  coordinamento  tra Stato e
Regioni   nella  materia  della  tutela  dei  beni  culturali.  Norma
quest'ultima  di cui puo' auspicarsi un'applicazione che, attribuendo
allo  Stato  la salvaguardia delle esigenze primarie della tutela che
costituisce  il  fondamento di tutta la normativa sui beni culturali,
non trascuri le peculiarita' locali delle Regioni.
    8. - Una volta chiarito il quadro costituzionale per la parte che
puo' riguardare la controversia in esame, occorre porre attenzione al
contenuto specifico della norma regolamentare impugnata.
    Essa  concerne  l'attribuzione della qualifica di restauratore di
beni  culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici
ai  fini  della qualificazione occorrente per poter eseguire i lavori
di  manutenzione  e  restauro  e, inserita nel regolamento emanato in
esecuzione dell'art. 8, comma 11-sexies, della legge n. 109 del 1994,
e'  soggetta  ai  limiti  di  applicabilita'  propri  dei regolamenti
esecutivi  di  tale  legge  (v.  anche  la citata sentenza n. 482 del
1995).
    L'impugnato  art. 3,  non  riguardando  la  qualifica generale di
«restauratore»  e non disciplinando corsi di istruzione, requisiti di
ammissione,  reclutamento  e  status  dei docenti, non puo' rientrare
nella  materia  della formazione professionale. Cio' a prescindere da
ogni  valutazione  sulla  correttezza  della  tesi,  sostenuta  dalla
Regione  Toscana,  secondo  cui la formazione professionale comprende
anche quella dei restauratori.
    Quanto  alla  pretesa  violazione del riparto di competenze nella
materia  delle  professioni  va  rilevato  che  la  relativa censura,
essendo  priva  di  adeguata  specifica  motivazione,  e' da ritenere
inammissibile.
    9. -  La  Corte  ritiene pertanto, alla luce delle considerazioni
esposte, che la norma in questione rientri nella materia della tutela
dei  beni  culturali, perche' essa concerne il restauro dei medesimi,
ossia una delle attivita' fondamentali in cui la tutela si esplica.
    Infatti,  l'art. 34  del  decreto  legislativo  29 ottobre  1999,
n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali  e  ambientali,  a  norma dell'art. 1 della legge 8 ottobre
1997,  n. 352),  definisce il restauro come «intervento diretto sulla
cosa  volto  a  mantenere  l'integrita'  materiale e ad assicurare la
conservazione e protezione dei suoi valori culturali»; l'art. 212 del
d.P.R.  n. 554 del 1999 descrive il restauro come «una serie organica
di   operazioni   tecniche   specifiche  indirizzate  alla  tutela  e
valorizzazione  dei caratteri storico artistici dei beni culturali ed
alla conservazione della loro consistenza materiale».
    A  sua  volta  questa  Corte, con la sentenza n. 277 del 1993, ha
affermato che il restauro «implica sempre un intervento diretto sulla
cosa,  volto  (nel  rispetto dell'identita' culturale della stessa) a
mantenerla  o  modificarla,  per  assicurare  o  recuperare il valore
ideale che essa esprime, preservandolo e garantendone la trasmissione
nel tempo».
    Tutte  queste  definizioni  non si connotano per la descrizione e
tanto  meno  per la prescrizione delle operazioni in cui si sostanzia
il   restauro   dei  beni  culturali,  limitandosi  ad  indicarne  le
finalita';  e,  d'altra  parte, non potrebbe essere diversamente, dal
momento  che  le  modalita'  di  restauro  sono  oggetto  di continua
evoluzione in conseguenza del progredire dello stato delle conoscenze
tecniche  e storico-artistiche sull'argomento. Per quanto concerne le
finalita',  tuttavia, le definizioni nella loro sostanza coincidono e
pongono  l'accento  non  solo  sulla inscindibilita' tra la struttura
materiale  ed  il  valore ideale che essa esprime, bensi' anche sulla
necessita'  di  incidere  sulla  stessa struttura materiale del bene,
allo  scopo  di conservarlo o di recuperarlo (si pensi al distacco di
affreschi o alla reintelaiatura di dipinti).
    Attraverso  le  operazioni  di restauro puo' giungersi anche alla
valorizzazione  dei caratteri storico-artistici del bene, che e' cosa
diversa,   pero',   dalla  valorizzazione  del  bene  al  fine  della
fruizione;  quest'ultima,  infatti,  non incidendo sul bene nella sua
struttura,  puo' concernere la diffusione della conoscenza dell'opera
e  il  miglioramento  delle  condizioni  di conservazione negli spazi
espositivi.
    Poiche'   la   norma   impugnata  concerne  l'acquisizione  della
qualifica  di  restauratore  ai  fini  dell'esecuzione  dei lavori di
manutenzione  e  restauro dei beni culturali mobili e delle superfici
decorate  di  beni  architettonici  ricadenti  nella disciplina della
legge n. 109 del 1994 e percio' - rientrando nella normativa relativa
al  restauro  di  tali  beni  -  fa parte di un ambito riservato alla
legislazione  esclusiva dello Stato, appare evidente che non sussiste
alcuna  violazione delle competenze costituzionalmente garantite alle
Regioni;  e da cio' consegue l'infondatezza del presente conflitto di
attribuzione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Ministro per i beni
e  le  attivita' culturali, emanare l'art. 3 del decreto ministeriale
24 ottobre   2001,   n. 420   (Regolamento  recante  modificazioni  e
integrazioni  al d.m. 3 agosto 2000, n. 294 del Ministro per i beni e
le  attivita' culturali concernente l'individuazione dei requisiti di
qualificazione  dei  soggetti  esecutori  dei  lavori  di  restauro e
manutenzione  dei  beni  mobili  e  delle  superfici decorate di beni
architettonici).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 gennaio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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