N. 13 SENTENZA 18 dicembre 2003- 13 gennaio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Questioni  di  legittimita'  costituzionale  - Decisione su questioni
  omogenee  -  Riserva  di  separate decisioni su ulteriori questioni
  sollevate con i medesimi ricorsi.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Istruzione  pubblica  -  Competenze  dello  Stato  e  delle Regioni -
  Riparto  -  Definizione  alla  luce  del  riformato  Titolo V della
  Costituzione.
- Costituzione, art. 117, secondo e terzo comma.
Istruzione  pubblica  -  Disposizioni  di  legge  statale - Personale
  docente  - Distribuzione, nell'ambito regionale, tra le istituzioni
  scolastiche  -  Affidamento ad organo dello Stato - Connessione con
  la  programmazione  della  rete  scolastica,  di  competenza  della
  regione  -  Riserva  allo  Stato  della  sola posizione di principi
  organizzativi  - Caducazione immediata della disposizione censurata
  -   Effetti   incompatibili  con  la  Costituzione  -  Esigenza  di
  continuita'  del  servizio scolastico - Necessita' - Illegittimita'
  costituzionale - Limiti di operativita' della pronuncia.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 22, comma 3.
- Costituzione, art. 117, terzo comma.
Istruzione  pubblica  -  Disposizioni  di  legge  statale - Orario di
  lavoro  -  Frazioni  delle ore aggiuntive di insegnamento stabilite
  contrattualmente    -   Assegnazione   ai   docenti   in   servizio
  nell'istituzione  scolastica - Ricorso della Regione Emilia-Romagna
  - Assunto contrasto con il principio di autonomia delle istituzioni
  scolastiche, con lesione delle attribuzioni legislative regionali -
  Non fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 22, comma 4.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
(GU n.3 del 21-1-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 22, commi 3
e  4,  della  legge  28 dicembre  2001,  n. 448  (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2002), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna
notificato  il  27 febbraio  2002, depositato l'8 marzo successivo ed
iscritto al n. 23 del registro ricorsi 2002.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  17  giugno 2003  il  giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi    l'avvocato    Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Emilia-Romagna  e  l'avvocato  dello  Stato  Paolo  Cosentino  per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   La  Regione  Emilia-Romagna  ha  proposto  questione  di
legittimita'  costituzionale  in  via principale, in riferimento agli
articoli 117  e  118,  primo comma, della Costituzione, dell'art. 22,
commi 3  e  4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2002).
    Nel  ricorso,  con  il  quale  sono impugnate congiuntamente piu'
disposizioni   della   citata  legge  n. 448  del  2001,  si  osserva
preliminarmente  che lo Stato ha una riserva di competenza in materia
di sistema tributario e finanziario, ma che l'inserimento nella legge
finanziaria  di  disposizioni  che  sono estranee al contenuto tipico
della  legge  non  puo'  costituire  un  modo  per sfuggire al rigido
riparto  delle  potesta' legislative definito dall'art. 117 Cost., il
quale  impone  allo  Stato  di esibire sempre un titolo di competenza
quando eserciti la sua funzione legislativa.
    Nello  specifico, la ricorrente deduce che il denunciato art. 22,
commi 3  e  4,  nel  porre  disposizioni in materia di organizzazione
scolastica con riferimento alla definizione delle dotazioni organiche
del  personale docente e all'orario di lavoro, affida la competenza a
definire  le  dotazioni  organiche  a  un  organo  statale di livello
regionale  -  l'ufficio  scolastico  regionale - con cio' violando il
principio  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza  di  cui al primo comma
dell'art. 118 Cost.
    Inoltre,  in  una  materia  di  competenza  concorrente  qual  e'
l'istruzione,  il  legislatore  statale  non  si atterrebbe alla sola
determinazione  dei principi fondamentali, ma interverrebbe con norme
organizzative  specifiche  attinenti alle dotazioni organiche che non
potrebbero  essere  considerate  semplici  norme di razionalizzazione
della  spesa,  ma,  al  contrario,  previsioni  in  grado di incidere
profondamente sull'autonomia delle istituzioni scolastiche.
    Il  comma 4,  si  argomenta  ancora  nel  ricorso,  impone poi di
computare l'impegno dei docenti esclusivamente sulla base dell'orario
d'obbligo,  calcolato  sulle  ore di lezione frontale, e in tale modo
impedirebbe  agli  istituti scolastici di mantenere in vita attivita'
sperimentali  avviate  con  i  decreti delegati del 1974 e ancor piu'
valorizzate   dall'art. 21   della  legge  n. 59  del  1997,  con  il
riconoscimento  alle  istituzioni  scolastiche di un'autonomia che si
esprime,  in  particolare,  tramite  i  principi  di  flessibilita' e
diversificazione  dei  servizi  scolastici  e cio' anche «mediante il
superamento  dei  vincoli  in materia di unita' oraria della lezione»
(comma 8).
    Ad avviso della ricorrente, ne deriverebbe un grave impoverimento
del   sistema   scolastico   ed  una  violazione  delle  attribuzioni
regionali, che non potranno esercitare la loro competenza legislativa
concorrente,    inserendosi   in   un   quadro   organizzativo   gia'
pregiudicato,  e  subiranno  una vulnerazione delle loro potesta' sul
piano finanziario, a causa della riduzione delle risorse che lo Stato
dovra'  trasferire  alle Regioni per far fronte alle nuove competenze
in materia.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale  osserva  come la ricorrente Regione Emilia-Romagna
lamenti  non  che  i  denunciati commi 3 e 4 dell'art. 22 della legge
n. 448  del  2001,  dettati  da  esigenze  di  risparmio finanziario,
violino  la competenza legislativa concorrente, ma che potrebbero, in
futuro,  compromettere  l'esercizio delle potesta' regionali. Da cio'
l'assenza  di  una  concreta  ed  attuale  lesione delle attribuzioni
costituzionali della Regione.
    3. - Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica,
la  Regione Emilia-Romagna, nel contestare quanto sostenuto nell'atto
di  costituzione  della  difesa erariale, assume di non dolersi di un
pregiudizio  «solo  futuro»  delle  potesta'  regionali in materia di
istruzione,  bensi'  di un pregiudizio «attuale e grave», giacche' le
disposizioni  denunciate  introducono non gia' principi fondamentali,
ma  una  normativa  di  dettaglio  che,  «in  nome  di  un  risparmio
finanziario  di  modesta  entita», produrrebbero tuttavia «effetti di
grande  portata  sul  sistema scolastico». In particolare, la Regione
ricorrente  si  duole  del  fatto  che  i  commi 3  e 4 dell'art. 22,
anziche'  «provvedere  ai necessari passaggi di funzioni, personale e
uffici alle Regioni», rafforzerebbero, in violazione del principio di
sussidiarieta'  ed  adeguatezza, la competenza dell'ufficio regionale
scolastico  e  cioe'  di  un  organo  statale  di  livello regionale.
Inoltre,   le   medesime   disposizioni  inciderebbero  profondamente
sull'autonomia  delle  istituzioni  scolastiche,  impedendo  a queste
ultime  di mantenere in vita attivita' sperimentali ormai ampliamente
collaudate,   con  il  conseguente  pregiudizio  all'esercizio  delle
attribuzioni   legislative  regionali  nella  materia,  che  dovrebbe
svolgersi   in  un  quadro  organizzativo  e  finanziario  gravemente
deteriorato  dall'illegittimo  intervento  statale.  Deduce ancora la
ricorrente  che la competenza dello Stato in materia di coordinamento
finanziario  nazionale  e  la necessaria gradualita' nel passaggio di
compiti   normativi   tra   Stato  e  Regioni  non  possono  comunque
giustificare  la «violazione attiva» delle competenze regionali e del
principio  di  leale  collaborazione.  Nel  caso  di  specie lo Stato
avrebbe,  invece,  operato  unilateralmente  e  cio'  per  perseguire
l'interesse  ad un modesto risparmio finanziario, si' da pregiudicare
pero'    quello,   ben   piu'   rilevante,   legato   alla   qualita'
dell'istruzione pubblica.

                       Considerato in diritto

    1.  - La Regione Emilia-Romagna ha sollevato, in riferimento agli
articoli 117  e  118,  primo  comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale dei commi 3 e 4 dell'art. 22 della legge
n. 448   del  2001,  i  quali  dettano  disposizioni  in  materia  di
organizzazione  scolastica concernenti la definizione delle dotazioni
organiche del personale docente e l'orario di lavoro.
    2. - Una prima censura investe l'art. 22, comma 3, nella parte in
cui   affida   ad  un  organo  statale  il  compito  di  distribuire,
nell'ambito   della  Regione,  il  personale  docente  fra  le  varie
istituzioni   scolastiche.   Ad   avviso   della   ricorrente  questa
disposizione  non si limiterebbe ad imporre principi organizzativi in
materia  di  istruzione,  ma  conterrebbe  norme  di  dettaglio; essa
lederebbe  pertanto  le attribuzioni legislative regionali in materia
di   istruzione,   oggetto   di   potesta'   concorrente   ai   sensi
dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  e  violerebbe  i  principi  di
sussidiarieta' ed adeguatezza di cui all'art. 118, primo comma, Cost.
    La questione e' fondata nei termini di seguito precisati.
    Per  cogliere  appieno  la  portata  della  censura  e' opportuno
richiamare il quadro normativo che le fa da sfondo.
    Lo  stesso  art. 22,  al comma 1, che non forma oggetto di alcuna
contestazione, stabilisce che nell'ottica «della piena valorizzazione
dell'autonomia   e   di   una  migliore  qualificazione  dei  servizi
scolastici,  le  dotazioni  organiche  del  personale  docente  delle
istituzioni  scolastiche  autonome  sono  costituite  sulla  base del
numero  degli  alunni iscritti, delle caratteristiche e delle entita'
orarie  dei  curricoli obbligatori relativi ad ogni ordine e grado di
scuola,  nonche'  nel  rispetto di criteri e di priorita' che tengano
conto  della  specificita'  dei  diversi contesti territoriali, delle
condizioni   di  funzionamento  delle  singole  istituzioni  e  della
necessita'  di  garantire  interventi  a  sostegno  degli  alunni  in
particolari  situazioni»,  avuto  anche  riguardo  alle  esigenze  di
assicurare  adeguati  servizi  scolastici  nelle zone montane e nelle
isole  minori.  In  base  al  comma 2 del medesimo art. 22, anch'esso
estraneo  all'odierna  impugnazione,  «il  Ministro  dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  definisce  con  proprio decreto,
emanato  di  concerto  con il Ministro dell'economia e delle finanze,
previo  parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri
per  l'attuazione  di  quanto  previsto  dal  comma 1 e provvede alla
determinazione  della  consistenza  complessiva  degli  organici  del
personale docente ed alla sua ripartizione su base regionale».
    In  questo  contesto  si  inserisce  il  comma 3, che a sua volta
stabilisce:  «Le dotazioni organiche di cui al comma 1 sono definite,
nell'ambito  di  ciascuna Regione, dal dirigente preposto all'ufficio
scolastico  regionale,  su  proposta  formulata  dai  dirigenti delle
istituzioni  scolastiche  interessate,  sentiti  i  competenti organi
collegiali  delle  medesime  istituzioni,  nel  limite  dell'organico
regionale assegnato con il decreto di cui al comma 2, assicurando una
distribuzione  degli  insegnanti  di  sostegno all'handicap correlata
all'effettiva presenza di alunni iscritti portatori di handicap nelle
singole istituzioni scolastiche».
    Tale  funzione  di  amministrazione  attiva non e' nuova, poiche'
gia'  prevista  dall'art. 75, comma 3, del decreto legislativo n. 300
del 1999, il quale ha istituito gli uffici scolastici regionali quali
articolazioni     periferiche    del    Ministero    dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca e li ha costituiti come uffici di
livello  dirigenziale  generale ed autonomi centri di responsabilita'
amministrativa.  Ad essi e' stata affidata larga parte delle funzioni
statali  in  materia di istruzione, tra le quali le funzioni relative
proprio  all'assegnazione  delle  risorse  finanziarie e di personale
alle  istituzioni  scolastiche oltre quelle inerenti all'attivita' di
supporto  alle istituzioni scolastiche autonome, quelle riguardanti i
rapporti  con le amministrazioni regionali e con gli enti locali, con
le  universita'  e  le  agenzie formative, nonche' quelle relative al
reclutamento  e  alla  mobilita'  del personale scolastico. A cio' si
aggiunge  il  compito  di  realizzare  un  coordinato esercizio delle
funzioni  pubbliche  in materia di istruzione, per il quale lo stesso
comma 3  dell'art. 75  citato  ha  previsto  la  costituzione  presso
ciascun  ufficio  scolastico  regionale  di  un  organo  collegiale a
composizione  mista,  con rappresentanti dello Stato, della Regione e
delle   altre  autonomie  territoriali  interessate.  Per  i  profili
organizzativi  si e' provveduto con il d.P.R. n. 347 del 2000, la cui
entrata  in  vigore  ha  coinciso  con la soppressione dei precedenti
organi  di  amministrazione  attiva,  e  cioe'  delle  sovrintendenze
scolastiche  regionali  e  dei  provveditorati  agli  studi, e con la
contestuale  assegnazione  agli uffici scolastici regionali di «tutte
le     funzioni     gia'    spettanti    agli    uffici    periferici
dell'amministrazione  della pubblica istruzione a norma della vigente
legislazione»  (art. 6  del  d.P.R. n. 347 del 2000 adottato in forza
della  disposizione  delegificante  di  cui all'art. 75, comma 3, del
d.lgs. n. 300 del 1999).
    Pur  rimanendo  escluse  le funzioni il cui esercizio e' affidato
alle   istituzioni   scolastiche   nonche'   le   funzioni  riservate
all'amministrazione  centrale  dal medesimo d.P.R. n. 347, ovvero non
conferite  alle  Regioni  e agli enti locali (secondo quanto previsto
dal  d.lgs.  n. 112  del  1998,  agli  artt. 138  e  139), gli uffici
scolastici  regionali  svolgono  comunque  compiti assai consistenti,
seppure  in  raccordo con i dipartimenti e con i servizi centrali. Le
numerose  funzioni di cui sono oggi titolari, specificamente elencate
nell'art. 6  del  citato  d.P.R. n. 347, oltre all'assegnazione delle
risorse  finanziarie  e  alle  competenze  attinenti  alle  relazioni
sindacali,   non   attribuite  alle  istituzioni  scolastiche  o  non
riservate    all'amministrazione    centrale,   comprendono   appunto
l'assegnazione  di  personale alle istituzioni scolastiche, funzione,
quest'ultima,   che   viene   ribadita   ed  ulteriormente  precisata
dall'impugnato comma 3 dell'art. 22 della legge n. 448 del 2001.
    3.  -  Secondo il riparto concepito sotto il vigore dell'art. 117
Cost.  nella  sua  originaria  formulazione,  le competenze regionali
proprie  non  oltrepassavano l'istruzione artigiana e professionale e
l'assistenza  scolastica,  ogni  altra  competenza essendo esercitata
dalla Regione su delega statale. Lo Stato, conformemente ai caratteri
propri  di tale strumento organizzativo, poteva dunque trattenere per
se'  qualsiasi profilo di disciplina della materia, con l'effetto che
le  funzioni  delegate alle Regioni potevano risultare frammentarie e
disorganiche.
    Tutto  cio'  non  e'  piu'  possibile  nel  quadro costituzionale
definito  dalla  riforma del Titolo V, giacche' la materia istruzione
(«salva  l'autonomia  delle  istituzioni scolastiche e con esclusione
della  istruzione e della formazione professionale») forma oggetto di
potesta'  concorrente  (art. 117,  terzo  comma,  Cost.), mentre allo
Stato  e'  riservata  soltanto  la  potesta' legislativa esclusiva in
materia di «norme generali sull'istruzione» [art. 117, secondo comma,
lettera n)].
    Ai  fini  della  presente  decisione  non  e' necessario definire
interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto
tra  le «norme generali sull'istruzione» e i «principi fondamentali»,
le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a
orientare le Regioni chiamate a svolgerli. Nel complesso intrecciarsi
in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi
regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, si
puo'  assumere  per  certo  che  il prescritto ambito di legislazione
regionale  sta proprio nella programmazione delle rete scolastica. E'
infatti  implausibile  che il legislatore costituzionale abbia voluto
spogliare  le  Regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita
nella  forma  della  competenza  delegata  dall'art. 138  del decreto
legislativo  n. 112  del  1998.  Questo, per la parte che qui rileva,
disponeva   che   alle   Regioni   fossero   delegate   le   funzioni
amministrative  relative  alla  programmazione dell'offerta formativa
integrata   tra   istruzione   e   formazione   professionale,   alla
suddivisione,  sulla  base  anche  delle  proposte  degli enti locali
interessati,   del  territorio  regionale  in  ambiti  funzionali  al
miglioramento    dell'offerta    formativa   e,   soprattutto,   alla
programmazione,  sul piano regionale, nei limiti delle disponibilita'
di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei
piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione
dell'offerta  formativa  integrata.  In una parola era conferito alle
Regioni,  nell'ambito  della  programmazione  e  della  gestione  del
servizio  scolastico,  tutto  quanto  non  coinvolgesse  gli  aspetti
finanziari  e  la  distribuzione  del  personale  tra  le istituzioni
scolastiche.
    Una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il
riparto  imposto dall'art. 117 postula che, in tema di programmazione
scolastica  e  di  gestione  amministrativa  del  relativo  servizio,
compito  dello  Stato  sia  solo  quello  di  fissare  principi. E la
distribuzione  del  personale  tra  le  istituzioni  scolastiche, che
certamente  non  e'  materia  di  norme  generali  sulla  istruzione,
riservate   alla   competenza   esclusiva   dello  Stato,  in  quanto
strettamente  connessa  alla  programmazione  della  rete scolastica,
tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa
e  innaturalmente  riservata per intero allo Stato; sicche', anche in
relazione  ad  essa, la competenza statale non puo' esercitarsi altro
che  con la determinazione dei principi organizzativi che spetta alle
Regioni svolgere con una propria disciplina.
    4.  - Avuto dunque riguardo all'assetto di competenze prefigurato
dall'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  la  questione  sollevata  dalla
Regione  Emilia-Romagna  deve  essere dichiarata fondata, giacche' la
distribuzione  del  personale  docente tra le istituzioni scolastiche
autonome  e' compito del quale le Regioni non possono essere private;
ne'  l'esigenza di attendere l'attuazione dei principi costituzionali
in  tema  di  finanza regionale puo' giustificare il fatto che questa
funzione  gestoria  sia  anch'essa  posta  in  quiescenza. Nelle more
dell'attuazione dell'art. 119 Cost., e quindi nell'ambito delle norme
finanziarie  attualmente vigenti e delle persistenti competenze dello
Stato   ed   in   vista  della  compiuta  realizzazione  del  disegno
costituzionale,  ben  possono  le  Regioni  esercitare  le competenze
gestorie che la Costituzione ad esse attribuisce.
    La  caducazione  immediata  del  censurato  comma 3 dell'art. 22,
sollecitata  dalla Regione ricorrente, provocherebbe tuttavia effetti
ancor  piu'  incompatibili  con  la Costituzione. Alla erogazione del
servizio   scolastico   sono  collegati  diritti  fondamentali  della
persona,  che  fanno  capo in  primo luogo agli studenti ed alle loro
famiglie,   ma  che  riguardano  anche  il  personale  docente  e  le
aspettative  di  questo  circa la propria posizione lavorativa. Vi e'
qui  una  evidente  esigenza  di  continuita'  di  funzionamento  del
servizio  di  istruzione  che  non  a  caso  la legge n. 146 del 1990
qualifica,  all'art. 1,  servizio pubblico essenziale. Quel principio
di  continuita'  che  questa  Corte ha gia' riconosciuto operare, sul
piano  normativo, nell'avvicendamento delle competenze costituzionali
dello  Stato  e  delle Regioni ed in virtu' del quale le preesistenti
norme  statali continuano a vigere nonostante il mutato assetto delle
attribuzioni fino all'adozione di leggi regionali conformi alla nuova
competenza  (sentenza  n. 13 del 1974 e da ultimo sentenza n. 376 del
2002),  deve  essere  ora  ampliato  per  soddisfare l'esigenza della
continuita' non piu' normativa ma istituzionale, giacche' soprattutto
nello  Stato  costituzionale l'ordinamento vive non solo di norme, ma
anche di apparati finalizzati alla garanzia dei diritti fondamentali.
In  tema  di istruzione la salvaguardia di tale dimensione e' imposta
da valori costituzionali incomprimibili.
    Il  tipo di pronuncia che questa Corte e' chiamata ad adottare e'
suggerito  insomma  dall'esigenza  di  tenere insieme il rispetto del
riparto delle competenze costituzionali e la continuita' del servizio
scolastico.  L'art. 22,  comma 3,  della  legge  n. 448 del 2001 deve
pertanto  continuare  ad  operare fino a quando le singole Regioni si
saranno  dotate  di  una  disciplina  e  di un apparato istituzionale
idoneo  a  svolgere  la funzione di distribuire gli insegnanti tra le
istituzioni  scolastiche  nel  proprio  ambito territoriale secondo i
tempi  e  i  modi  necessari  ad evitare soluzioni di continuita' del
servizio,   disagi   agli   alunni  e  al  personale  e  carenze  nel
funzionamento delle istituzioni scolastiche.
    5.  -  Una seconda censura riguarda il comma 4 dell'art. 22 della
legge  n. 448  del  2001,  secondo  cui  «nel rispetto dell'orario di
lavoro   definito  dai  contratti  collettivi  vigenti,  i  dirigenti
scolastici  attribuiscono  ai  docenti  in  servizio nell'istituzione
scolastica,  prioritariamente  e  con  il  loro consenso, le frazioni
inferiori  a quelle stabilite contrattualmente come ore aggiuntive di
insegnamento  oltre  l'orario  d'obbligo fino ad un massimo di 24 ore
settimanali».  La Regione Emilia-Romagna ne denuncia il contrasto con
l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  poiche',  a  suo avviso, computare
l'impegno   dei   docenti   esclusivamente   sulla  base  dell'orario
d'obbligo,  calcolato  sulle ore di lezione frontale, significherebbe
impedire  agli  istituti  scolastici  di  mantenere in vita attivita'
sperimentali  avviate  con  i decreti delegati del 1974 ed ancor piu'
valorizzate   dall'art. 21   della  legge  n. 59  del  1997,  che  ha
riconosciuto  alle  istituzioni scolastiche un'autonomia destinata ad
esprimersi secondo i principi di flessibilita' e diversificazione dei
servizi  scolastici ed anche attraverso il superamento dei vincoli in
materia di unita' oraria della lezione (comma 8).
    La questione non e' fondata.
    E'   opportuno  chiarire  preliminarmente  il  significato  della
disposizione.   Essa  si  limita  ad  affermare  il  principio  della
preferenza   dei  docenti  in  servizio  nell'istituzione  scolastica
nell'assegnazione delle frazioni delle ore aggiuntive di insegnamento
fino  ad  un  massimo, anch'esso previsto contrattualmente, di 24 ore
settimanali.  Non si tratta quindi di precludere attivita' didattiche
gia'  avviate,  ma  di  preferire  nello  svolgimento anche di queste
attivita'  il  personale  gia'  assegnato all'istituzione scolastica,
sempre  che  tale  personale presti il suo consenso e che le frazioni
inferiori a quelle stabilite contrattualmente non costituiscano per i
docenti  in  servizio  completamento  dell'orario  d'obbligo previsto
dalla contrattazione collettiva.
    Cosi' precisatone il significato, e' evidente che la disposizione
enuncia  un  principio  al  quale  devono  attenersi  le  istituzioni
scolastiche ancorche' dotate di autonomia.
    Non  vi  e'  dunque alcuna lesione delle attribuzioni legislative
regionali,  ne',  come  ipotizza  la ricorrente, dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche. A prescindere dalla questione se una Regione
possa   censurare   leggi   statali  ritenute  lesive  dell'autonomia
scolastica,  e'  assorbente  il  rilievo  che tale autonomia non puo'
risolversi  nella  incondizionata  liberta' di autodeterminazione, ma
esige  soltanto  che a tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi
di  autonomia che le leggi statali e quelle regionali, nell'esercizio
della  potesta'  legislativa concorrente, non possono pregiudicare. E
tali  spazi non vengono illegittimamente compressi dalla disposizione
censurata,  che  si  limita ad affermare a favore dei docenti gia' in
servizio  il  principio  di  preferenza  nella  assegnazione  di  ore
aggiuntive  di insegnamento fino al massimo contrattualmente previsto
di 24 ore settimanali.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservate   a   separate   decisioni  le  restanti  questioni  di
legittimita'  costituzionale  della  legge  28 dicembre 2001, n. 448,
sollevate dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe,
    1) dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo 22,
comma 3,  della  legge  28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2002),  nella parte in cui non prevede che la competenza
del  dirigente  preposto  all'Ufficio scolastico regionale venga meno
quando  le  Regioni,  nel  proprio ambito territoriale e nel rispetto
della   continuita'   del   servizio   di   istruzione,   con  legge,
attribuiscano   a   propri  organi  la  definizione  delle  dotazioni
organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche;
    2)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale   dell'articolo 22,   comma 4,  della  medesima  legge
28 dicembre 2001, n. 448, sollevata, in riferimento agli articoli 117
e 118 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso
in epigrafe indicato.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 gennaio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C0050