N. 14 SENTENZA 18 dicembre 2003- 13 gennaio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Questione  di  legittimita' costituzionale - Omogeneita' di materia -
  Trattazione  separata  -  Riserva  di ulteriori decisioni per altre
  questioni proposte con i medesimi ricorsi.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Concorrenza  (tutela  della)  - Nozione - Profilo dinamico - Criterio
  del  riparto  costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni -
  Rilevanza macroeconomica dell'intervento statale.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e).
Agricoltura - Rischi - Disposizioni di legge statale - Costituzione e
  dotazione  del  fondo  di  mutualita'  e  solidarieta'  - Modalita'
  operative  e  gestionali del fondo - Poteri regolamentari riservati
  al  Ministro  delle  politiche agricole e forestali - Ricorsi delle
  Regioni   Marche   e   Umbria  -  Assunta  violazione  del  riparto
  costituzionale  di  competenze,  con  assegnazione  allo  Stato  di
  funzioni amministrative non giustificate da esigenze unitarie - Non
  fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 52, comma 83.
- Costituzione, artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, 118 e 119.
Industria  -  Sovvenzioni,  contributi  e incentivi - Disposizioni di
  legge dello Stato - Concessione di contributi in conto capitale per
  il  settore  tessile,  dell'abbigliamento  e calzaturiero - Aumento
  dello  stanziamento  gia'  previsto (dalla legge n. 388 del 2000) -
  Ricorso   della   Regione  Emilia-Romagna  -  Prospettata  indebita
  disciplina  statale di dettaglio, anziche' di principio, in materie
  di  potesta'  concorrente  o  addirittura  estranee alle competenze
  legislative   dello   Stato,  con  sottrazione  dello  stanziamento
  previsto  al trasferimento alle Regioni - Dimensione macroeconomica
  dell'intervento statale - Non fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 59.
- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lettere a) ed e), e 119.
Agricoltura - Imprese operanti nel settore agricolo - Disposizioni di
  legge  statale  - Ammissione agli aiuti comunitari - Determinazione
  delle   tipologie   di   investimenti   da  finanziare  -  Funzione
  regolamentare  attribuita  al  Ministro  delle politiche agricole e
  forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni - Ricorso delle
  Regioni  Marche,  Toscana, Campania e Umbria - Prospettato indebito
  esercizio  di  potesta'  legislativa  in materia non assegnata alla
  competenza  statale  ovvero conferimento di funzione amministrativa
  non   fondato   su   esigenze   unitarie   o   di   sussidiarieta',
  differenziazione e adeguatezza - Non fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 60, comma 1, lettera d).
- Costituzione,  artt. 117, quarto, sesto, secondo comma, lettera e),
  e 118.
Agricoltura  -  Programmazione  negoziata  -  Disposizioni  di  legge
  statale  - Finanziamento di nuovi patti territoriali e contratti di
  programma  nel  settore  agricolo  -  Ricorsi delle Regioni Marche,
  Toscana,  Emilia-Romagna e Umbria - Lamentato indebito esercizio di
  potesta' legislativa in materia assegnata alla potesta' legislativa
  residuale  della Regione, con lesione del criterio di riparto delle
  funzioni amministrative - Non fondatezza della questione.
- Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 67.
- Costituzione,  artt. 117, secondo comma, lettera e) e quarto comma,
  e 118.
(GU n.3 del 21-1-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei   giudizi   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 52,
comma 83,  59,  60, comma 1, lettera d), e 67 della legge 28 dicembre
2001,  n. 448  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato  -  leggefinanziaria  2002),  promossi  con
ricorsi  delle  Regioni  Marche,  Toscana, Campania, Emilia-Romagna e
Umbria  notificati  il 22, il 27 e il 26 febbraio 2002, depositati in
cancelleria  il  28  febbraio,  il 1°, il 7 e l'8 marzo successivi ed
iscritti ai numeri 10, 12, 21, 23 e 24 del registro ricorsi 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  17  giugno 2003  il  giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  gli  avvocati  Stefano Grassi per la Regione Marche, Fabio
Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana, Vincenzo Cocozza per la Regione
Campania,  Giandomenico Falcon per le Regioni Emilia-Romagna e Umbria
e  l'avvocato  dello  Stato  Paolo  Cosentino  per  il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Le  Regioni  Marche,  Toscana,  Campania, Emilia-Romagna e
Umbria   hanno   proposto,   con   distinti   ricorsi,  questione  di
legittimita'  costituzionale  in  via principale, in riferimento agli
articoli 117,  118,  119  della Costituzione, nonche' al principio di
leale   collaborazione,   di   numerose   disposizioni   della  legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello Stato - legge finanziaria 2002) e, tra
queste, delle disposizioni di cui agli articoli 52, comma 83, 59, 60,
comma 1, lettera d), e 67.
    2.  -  Le  Regioni  Marche  ed  Umbria  censurano  l'articolo 52,
comma 83,  nella parte in cui attribuisce al Ministro delle politiche
agricole  e  forestali  il  potere  di  emanare  un  decreto  per  la
disciplina  delle  modalita'  operative e gestionali del fondo di cui
all'art. 127,   comma 2,   della   legge   23 dicembre  2000,  n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello   Stato   -   legge   finanziaria  2001).  Esso  darebbe  luogo
all'attribuzione  di un potere regolamentare in materia estranea alla
competenza esclusiva dello Stato, con violazione dell'art. 117, sesto
comma,  Cost.  Inoltre  la  medesima disposizione, nella parte in cui
prevede  che  il  Ministero  delle  politiche  agricole  e  forestali
determini  annualmente  la quota di stanziamento per la copertura dei
rischi   agricoli  da  destinare  alle  azioni  di  mutualita'  e  di
solidarieta',  attribuirebbe allo Stato funzioni amministrative senza
che  ricorrano le esigenze di esercizio unitario che l'art. 118 Cost.
richiede siano a fondamento della competenza statale.
    3.  -  La  Regione  Emilia-Romagna  denuncia  l'art. 59, il quale
prevede  la  concessione  di  contributi in conto capitale nei limiti
degli   aiuti   de   minimis   per  il  settore  produttivo  tessile,
dell'abbigliamento  e  calzaturiero,  con  particolare  riferimento a
progetti,  anche di enti pubblici, per la formazione e valorizzazione
degli stilisti.
    Preliminarmente  la  Regione osserva che, pur avendo lo Stato una
riserva di competenza in materia di sistema tributario e finanziario,
l'inserimento  nella  legge  finanziaria  di  disposizioni  che  sono
estranee  al contenuto tipico della legge non puo' costituire un modo
per  sfuggire  al  rigido riparto delle potesta' legislative definito
dall'art. 117  Cost., il quale impone allo Stato di esibire sempre un
titolo di competenza quando eserciti la sua funzione legislativa.
    Nello  specifico, la ricorrente sostiene che l'art. 59 denunciato
violerebbe  l'art. 117  Cost.,  in  quanto  gli  interventi  da  esso
disposti   sarebbero   riconducibili   alle   materie  «industria»  e
«formazione   professionale»,   entrambe  estranee  all'elenco  delle
competenze legislative statali esclusive e concorrenti.
    Pur  volendo  ricondurre  la disciplina statale nell'ambito della
materia, di potesta' concorrente, del «sostegno all'innovazione per i
settori  produttivi»,  la  disposizione  censurata  sarebbe  comunque
incostituzionale,  non  essendosi  limitata  alla  determinazione dei
principi  fondamentali  della materia, ma avendo, al contrario, posto
una disciplina di minuto dettaglio.
    Risulterebbe  violato  anche l'art. 119 Cost., dal momento che lo
stanziamento previsto dall'articolo in discorso sarebbe «sottratto al
trasferimento   alle   Regioni,   a  copertura  delle  loro  funzioni
ordinarie».
    4.  -  Le  Regioni  Marche, Toscana, Campania ed Umbria impugnano
l'art. 60, comma 1, lettera d), il quale, nel prevedere che spetti al
Ministro  delle  politiche  agricole  e  forestali,  d'intesa  con la
Conferenza  Stato-Regioni,  individuare  le tipologie di investimenti
che  possono  essere  ammesse  al  finanziamento attraverso gli aiuti
comunitari  di  cui  al  regolamento  CE n. 1257/1999, occuperebbe un
ambito materiale riservato alla legislazione residuale delle Regioni.
Inoltre  la determinazione delle tipologie di investimento, in quanto
esercizio  di un'attivita' di regolamentazione a carattere generale e
astratto,   si   risolverebbe   nella  manifestazione  di  un  potere
regolamentare,  e  cio' renderebbe evidente la lesione dell'art. 117,
sesto   comma,   Cost.,   che   espressamente   esclude  la  potesta'
regolamentare  dello  Stato  nelle  materie  assegnate  alla potesta'
legislativa  concorrente  o  residuale  delle Regioni; non basterebbe
infatti  a superare il vizio di competenza la previsione di un'intesa
con  la Conferenza Stato-Regioni, ne' l'esigenza che la disciplina si
svolga  in  osservanza  di  quanto  previsto  in sede comunitaria. Si
aggiunge che un decreto ministeriale sarebbe inidoneo a dettare norme
che  interferiscono con le attribuzioni costituzionali delle Regioni.
Inoltre,  quand'anche  si volesse ritenere che la funzione attribuita
al  Ministro  non  sia normativa, sarebbe comunque violato l'art. 118
Cost.,  dal  momento che essa non potrebbe essere fondata su esigenze
di  esercizio  unitario,  ne'  di  sussidiarieta', differenziazione e
adeguatezza.  Le  istanze  unitarie,  si  prosegue, sarebbero infatti
ampiamente  soddisfatte,  in  materia di agricoltura, dalla normativa
comunitaria,  che  le  Regioni sono ormai abilitate ad attuare in via
diretta.
    5.  -  Le  Regioni  Marche,  Toscana,  Emilia-Romagna  ed  Umbria
denunciano   infine   l'art. 67,   il  quale,  nel  prevedere  che  i
finanziamenti   revocati   dal   Comitato  interministeriale  per  la
programmazione   economica   (CIPE)   ad   iniziative   nel   settore
agroalimentare  e  nella  pesca  siano  assegnati al finanziamento di
nuovi  patti  territoriali  e  contratti  di  programma  nel  settore
agricolo, regolerebbe una materia assegnata alla potesta' legislativa
residuale  della  Regione.  Inoltre,  nella  parte  in cui disciplina
un'attivita'  di  programmazione  negoziata  in  agricoltura  che  fa
capo all'amministrazione    statale,    la   disposizione   censurata
disattenderebbe,  secondo  la  Regione Marche, il criterio di riparto
delle   funzioni   amministrative  previsto  dall'art. 118  Cost.  Si
aggiunge  nei  ricorsi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Umbria
che,  in  una materia di competenza regionale, qual e' l'agricoltura,
il   rispetto   delle   competenze   regionali   avrebbe  imposto  il
trasferimento  delle  risorse  finanziarie  disponibili alle Regioni,
alle  quali  sarebbe  poi  spettato  disciplinare  la  procedura  per
l'erogazione delle risorse agli aventi diritto.
    6. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  tutte le questioni sollevate siano dichiarate
inammissibili o infondate.
    Secondo  la difesa erariale, gli interventi previsti nell'art. 59
rientrano  nella  materia, di competenza concorrente dello Stato, del
«sostegno  all'innovazione  nei settori produttivi» e cio' renderebbe
la disposizione denunciata immune dalle censure ad essa rivolte.
    Quanto  agli  artt. 52, comma 83, 60, comma 1, e 67, commi 1 e 2,
si  tratterebbe, ad avviso dell'Avvocatura, di norme finalizzate alla
diretta   applicazione   di   normative  comunitarie,  che  sarebbero
espressione  della  potesta'  legislativa  esclusiva  statale  di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. Inoltre si osserva che
il   Consiglio  di  Stato,  con  parere  dell'Adunanza  generale  del
25 febbraio 2002, n. 2/2002, ha ritenuto legittime le disposizioni in
oggetto, pur riconoscendone il carattere cedevole nei confronti della
successiva  eventuale  normativa regionale. Le funzioni conferite con
le norme impugnate, inoltre, devono essere esercitate d'intesa con la
Regione,  cio'  che  varrebbe ad escludere che possa determinarsi una
lesione delle competenze regionali in materia.
    Con  particolare  riguardo  all'art. 60,  comma 1, lettera d), la
difesa  erariale  sostiene  che  si  tratterebbe di una norma statale
emanata  in  diretta  applicazione  di obblighi comunitari, in quanto
disciplinerebbe  effetti  del regolamento CE 1257/99 in tema di aiuti
di  Stato all'impresa agricola. Infine, in relazione all'impugnazione
dell'art. 67,  l'Avvocatura osserva che tale disposizione si limita a
prevedere  i  criteri  di ripartizione dei finanziamenti revocati dal
CIPE,  sottratti,  in  quanto tali, alla competenza delle Regioni, le
quali non potrebbero dunque avanzare alcuna pretesa nella definizione
della loro successiva utilizzazione.
    7.  -  In  prossimita'  dell'udienza pubblica del 17 giugno 2003,
tutte  le  ricorrenti hanno depositato memorie difensive, nelle quali
si insiste nelle conclusioni gia' rassegnate nei rispettivi ricorsi e
si   argomenta   ulteriormente   anche   in   replica   agli  scritti
dell'Avvocatura generale dello Stato.
    Con  riguardo  all'art. 52,  comma 83,  nel  contestare l'assunto
della  difesa  erariale  secondo cui la disposizione si collocherebbe
nell'ambito  dei  rapporti  (senza  intermediazione)  dello Stato con
l'Unione  europea  e  come tale sarebbe riconducibile alla competenza
statale  di  cui  all'art. 117,  secondo comma, lettera a), Cost., la
Regione  Umbria  osserva  che  non  vi e' alcuna indicazione di quali
siano  le  norme  alle  quali  la disciplina di fonte statale darebbe
attuazione  e,  comunque,  sostiene  che le Regioni sono competenti a
dare  diretta  attuazione  alle  norme  comunitarie,  mentre lo Stato
conserverebbe   solo  la  possibilita'  di  intervenire  per  evitare
inadempimenti.
    Quanto  all'art. 59,  la  Regione  Emilia-Romagna contesta che la
materia oggetto dell'art. 59 possa rientrare in quella, di competenza
concorrente, del «sostegno all'innovazione per i settori produttivi»,
collocandosi   invece   a  meta'  tra  quella  del  «sostegno  di  un
particolare   settore  industriale»  e  quella  della  «attivita'  di
formazione  professionale»,  entrambe  di potesta' residuale ai sensi
dell'art. 117,   quarto  comma,  Cost.  Ribadisce  in  ogni  caso  la
ricorrente  che  la  disposizione  denunciata  non  conterrebbe alcun
principio fondamentale, violando cosi' l'art. 117, terzo comma, Cost.
    Quanto  all'art. 60,  primo comma, lettera d), della legge n. 448
del 2001, la Regione Marche osserva che, anche riconoscendo natura di
atto  amministrativo  non  regolamentare  al decreto ministeriale che
specifica  la  tipologia  degli  investimenti ai quali possono essere
destinati   i  contributi,  l'attribuzione  della  relativa  potesta'
violerebbe l'art. 118 Cost., in quanto non troverebbe giustificazione
nei   principi   che  devono  guidare  l'allocazione  delle  funzioni
amministrative. Le Regioni Umbria e Campania contestano poi l'assunto
della  difesa erariale secondo il quale la materia rientrerebbe nella
competenza  esclusiva  statale  di  cui  all'art. 117, secondo comma,
lettera a),  Cost.,  in  tal modo osservando che, oltre a confondersi
impropriamente   due   piani   (i  rapporti  Stato-Unione  europea  e
l'attuazione  del  diritto  comunitario),  non  si  considera  che le
Regioni  -  ai  sensi  dell'art. 117,  quinto  comma,  Cost.  -  sono
abilitate  a dare applicazione agli atti dell'Unione nelle materie di
loro  competenza,  mentre  lo  Stato puo' intervenire solo in caso di
inadempienza.
    In ordine all'art. 67, le Regioni Marche, Emilia-Romagna e Umbria
contestano  che  la norma tocchi la disciplina dei rapporti tra Stato
ed Unione - come sostenuto dalla difesa erariale - e osservano, da un
lato,  che  non  e'  indicato a quali norme comunitarie verrebbe data
diretta  applicazione  e, dall'altro, che tale attuazione spetta alle
Regioni  nelle  materie  di  loro competenza. La Regione Umbria nega,
infine,   che   la   competenza  statale  derivi  dal  fatto  che  la
disposizione  prevede  la  destinazione di fondi statali amministrati
dal  CIPE,  in  quanto  le  relative  risorse  spetterebbero, dopo la
riforma del Titolo V, alle Regioni medesime.
    7.1.  -  Ulteriori memorie ha depositato anche l'Avvocatura dello
Stato,  la  quale  premette  che  la  legge  finanziaria,  oggetto di
impugnazione,  «rappresenta lo strumento di decisione unitaria per il
coordinamento  della finanza pubblica anche - e oggi soprattutto - in
relazione  alla  necessita'  di  rispettare  i  vincoli  concordati a
livello europeo con il patto di stabilita».
    L'Avvocatura   osserva,   riguardo  alla  censura  relativa  agli
artt. 52,  comma 83,  60,  comma 1,  lettera d), e 67, che la materia
«agricoltura»,  non  piu' enunciata nel testo costituzionale, sarebbe
confluita  sotto  molti  aspetti  nelle  materie  «alimentazione» (di
competenza  concorrente)  e  «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»
(di  competenza  statale esclusiva); in secondo luogo, trattandosi in
tutti  questi casi di materia «coperta» dagli orientamenti comunitari
in  materia  di aiuti di Stato, si verterebbe nelle materie «rapporti
dello  Stato con l'Unione Europea» e di «perequazione delle risorse»,
oggetto di legislazione statale esclusiva.
    Diversamente  da  quanto sostenuto dalle ricorrenti, l'Avvocatura
ritiene  che  l'art. 52,  comma 83,  attribuisca allo Stato il potere
regolamentare  limitatamente alla disciplina di aspetti che attengono
alla perequazione delle risorse finanziarie [art. 117, secondo comma,
lettera e)],  in  relazione  a  quanto previsto dall'art. 117 (recte:
119), quinto comma, Cost. Lo Stato, nelle aree svantaggiate dal punto
di  vista  climatico, destinerebbe risorse aggiuntive per il concorso
nel  pagamento  dei  premi  assicurativi  delle  produzioni  e per la
compartecipazione  ai  fondi  rischi  di  mutualita'  e solidarieta'.
L'istituzione  di  fondi  di  mutualita'  e  solidarieta',  in quanto
funzionale  a  tutelare  l'ambiente  attraverso il mantenimento delle
attivita'  agricole, sarebbe comunque riconducibile nell'ambito della
materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»,
anch'essa attribuita alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.
    In   relazione   all'art. 59,   l'Avvocatura   ribadisce  che  le
previsioni  in  esso contenute rientrano nella materia, di competenza
concorrente  dello  Stato,  del «sostegno all'innovazione nei settori
produttivi».
    Con riferimento, infine, alle censure mosse all'art. 60, comma 1,
lettera d),  la  difesa  erariale  sostiene  che  la  norma censurata
rientra  nelle  materie oggetto di legislazione concorrente «rapporti
con  l'Unione  europea  delle Regioni» e «coordinamento della finanza
pubblica  e  del settore tributario» (si tratta infatti di crediti di
imposta  ai  beneficiari),  in  ordine  alle quali lo Stato, anche in
forza  della  propria  responsabilita'  per  l'attuazione del diritto
comunitario, sarebbe abilitato a disporre norme di dettaglio cedevoli
sino  all'esercizio della potesta' legislativa regionale e a svolgere
funzioni amministrative, in via suppletiva e sussidiaria.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  Regioni  Marche,  Toscana,  Campania, Emilia-Romagna e
Umbria  hanno  proposto  questione di legittimita' costituzionale, in
riferimento  agli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, nonche'
al  principio di leale collaborazione, di numerose disposizioni della
legge  28 dicembre  2001,  n. 448 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002).
    2.  -  Le  impugnazioni relative agli artt. 52, comma 83, 59, 60,
comma 1, lettera d), e 67 vengono qui trattate separatamente rispetto
alle altre questioni proposte negli stessi ricorsi e, per omogeneita'
di materia, possono essere decise con la medesima sentenza.
    3.  -  Tutte  le  impugnazioni  pongono,  sia pure senza evocarla
espressamente,  la  questione  cruciale del rapporto tra le politiche
statali  di  sostegno  del  mercato e le competenze legislative delle
Regioni   nel   nuovo   Titolo   V,  Parte  II,  della  Costituzione.
Specificamente, il tema su cui occorre soffermarsi in via preliminare
puo'  essere ridotto all'interrogativo se lo Stato, nell'orientare la
propria  azione allo sviluppo economico, disponga ancora di strumenti
di  intervento  diretto  sul  mercato,  o  se,  al  contrario, le sue
funzioni  in  materia  si  esauriscano  nel  promuovere e assecondare
l'attivita'  delle  autonomie.  Vera  questa seconda ipotesi lo Stato
dovrebbe limitarsi ad erogare fondi o disporre interventi speciali in
favore  di  Regioni, Province, Citta' metropolitane e comuni, i quali
sarebbero  quindi  da  considerare come gli effettivi titolari di una
delle leve piu' importanti della politica economica.
    Per  sciogliere il dilemma e' necessario collocare gli interventi
pubblici  in  un  piu'  ampio  contesto sistematico. Tali interventi,
quale  che  ne  sia l'entita' e quale che sia la natura delle imprese
che  ne  beneficiano, sono qualificati nel diritto comunitario «aiuti
di  Stato»;  coinvolgono  pertanto  i rapporti con l'Unione europea e
incidono   sulla   concorrenza,   la   cui  disciplina  si  articola,
nell'attuale  fase  di  integrazione  sovranazionale, su due livelli:
comunitario e statale.
    Quanto  alla  comunita',  e'  suo  principio ordinatore quello di
un'economia  di  mercato  aperta  e  in  libera  concorrenza (art. 4,
comma 1,  del  Trattato  CE).  In  conformita'  a  tale  principio la
comunita'  e'  vincolata  a  perseguire  i fini che le sono assegnati
dall'art. 2,  secondo  comma,  dello  stesso  Trattato:  uno sviluppo
armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivita' economiche e dei
sistemi  di  protezione  sociale,  la parita' tra uomini e donne, una
crescita   sostenibile  e  non  inflazionistica,  un  alto  grado  di
competitivita'  e  di convergenza dei risultati economici, un elevato
livello   di   protezione   e   di   miglioramento   della   qualita'
dell'ambiente,  del  tenore  e della qualita' della vita, la coesione
economica  e  sociale  e la solidarieta' tra Stati membri. I principi
comunitari   del  mercato  e  della  concorrenza,  quindi,  non  sono
svincolati  da un'idea di sviluppo economico-sociale e sarebbe errato
affermare  che  siano  estranei alle istituzioni pubbliche compiti di
intervento  sul  mercato.  Se  e'  vero che sono incompatibili con il
mercato  comune  gli  aiuti pubblici, sotto qualsiasi forma concessi,
che  falsino  o  minaccino  di falsare la concorrenza, e' altrettanto
vero  che  le  deroghe  ai  divieti  di  aiuti, regolate in principio
dall'art. 87,  paragrafi  2  e  3, del Trattato CE, sono a loro volta
funzionali  alla  promozione  di  un  mercato  competitivo. Esse sono
guardate  con favore ed anzi propiziate dalla stessa comunita' quando
appaiono   orientate   ad  assecondare  lo  sviluppo  economico  e  a
promuovere  la  coesione  sociale. Nel diritto comunitario, le regole
della    concorrenza   non   sono   quindi   limitate   all'attivita'
sanzionatoria  della  trasgressione  della  normativa  antitrust,  ma
comprendono  anche  il  regime  di  aiuti,  riguardanti  sia il campo
agricolo  sia  gli altri settori produttivi, sui quali l'azione della
comunita'  e' sinora in larga parte intessuta. Non e' priva di valore
interpretativo   la   sistematica  del  Trattato,  che  inserisce  la
disciplina degli aiuti di Stato all'interno del Titolo VI, al Capo I,
rubricato   «Regole  di  concorrenza».  Di  tali  regole  sono  anche
espressione   la   disciplina  generale  di  cui  al  regolamento  CE
n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999 sui fondi strutturali, il
reg.  CE  n. 994/98  del  Consiglio  del  7 maggio  1998 e il reg. CE
n. 70/2001  della  Commissione  del 12 gennaio 2001, sugli aiuti alle
piccole  e  medie  imprese, le quali, per il ruolo determinante nella
creazione  di posti di lavoro, sono considerate, in sede comunitaria,
fattori  di  stabilita'  sociale  e  di dinamismo economico e possono
essere destinatarie di aiuti senza l'onere della previa notificazione
alla  Commissione. Similmente il reg. CE della Commissione n. 69/2001
del  12 gennaio  2001, sugli aiuti de minimis, non si discosta da una
visione della concorrenza come obiettivo da promuovere: consentiti in
via  generale  in  sede  comunitaria,  tali aiuti sono concepiti come
fattore  di  sviluppo  da  favorire anche mediante la rimozione delle
procedure  di  autorizzazione  per  singoli interventi, le quali sono
addirittura  valutate come un inutile intralcio alla realizzazione di
una piu' equilibrata competizione nei diversi settori produttivi.
    4.  -  Dal  punto  di  vista  del  diritto interno, la nozione di
concorrenza  non  puo'  non  riflettere  quella  operante  in  ambito
comunitario,  che  comprende  interventi  regolativi,  la  disciplina
antitrust  e  misure  destinate  a  promuovere un mercato aperto e in
libera  concorrenza.  Quando  l'art. 117,  secondo comma, lettera e),
affida  alla  potesta'  legislativa esclusiva statale la tutela della
concorrenza, non intende certo limitarne la portata ad una sola delle
sue   declinazioni  di  significato.  Al  contrario,  proprio  l'aver
accorpato,  nel  medesimo  titolo di competenza, la moneta, la tutela
del  risparmio  e  dei  mercati  finanziari,  il sistema valutario, i
sistemi  tributario  e  contabile  dello Stato, la perequazione delle
risorse  finanziarie  e,  appunto, la tutela della concorrenza, rende
palese  che  quest'ultima  costituisce  una delle leve della politica
economica statale e pertanto non puo' essere intesa soltanto in senso
statico,  come  garanzia di interventi di regolazione e ripristino di
un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota
al  diritto  comunitario,  che  giustifica  misure  pubbliche volte a
ridurre  squilibri,  a  favorire  le  condizioni  di  un  sufficiente
sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali.
    Una volta riconosciuto che la nozione di tutela della concorrenza
abbraccia  nel loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e
non  esclude  interventi  promozionali  dello Stato, si deve tuttavia
precisare  che  una  dilatazione  massima di tale competenza, che non
presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di
una  funzione  esercitabile sui piu' diversi oggetti, rischierebbe di
vanificare  lo  schema  di  riparto  dell'art. 117  Cost.,  che  vede
attribuite  alla  potesta'  legislativa residuale e concorrente delle
Regioni   materie  la  cui  disciplina  incide  innegabilmente  sullo
sviluppo  economico.  Si tratta allora di stabilire fino a qual punto
la  riserva  allo  Stato della predetta competenza trasversale sia in
sintonia  con  l'ampliamento  delle  attribuzioni  regionali disposto
dalla  revisione del Titolo V. E' il criterio sistematico che occorre
utilizzare  al fine di tracciare la linea di confine tra il principio
autonomistico  e  quello  della riserva allo Stato della tutela della
concorrenza.
    In  tale  prospettiva,  proprio l'inclusione di questa competenza
statale   nella   lettera e)  dell'art. 117,  secondo  comma,  Cost.,
evidenzia  l'intendimento  del legislatore costituzionale del 2001 di
unificare  in  capo allo  Stato  strumenti  di politica economica che
attengono   allo   sviluppo  dell'intero  Paese;  strumenti  che,  in
definitiva,  esprimono  un carattere unitario e, interpretati gli uni
per  mezzo degli altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il
volume  di  risorse  finanziarie  inserite  nel  circuito  economico.
L'intervento  statale  si  giustifica,  dunque,  per la sua rilevanza
macroeconomica:  solo  in  tale  quadro  e'  mantenuta  allo Stato la
facolta'  di adottare sia specifiche misure di rilevante entita', sia
regimi di aiuto ammessi dall'ordinamento comunitario (fra i quali gli
aiuti  de  minimis),  purche'  siano  in  ogni caso idonei, quanto ad
accessibilita'  a  tutti  gli  operatori  ed  impatto complessivo, ad
incidere sull'equilibrio economico generale.
    Appartengono,  invece,  alla competenza legislativa concorrente o
residuale  delle  Regioni  gli  interventi sintonizzati sulla realta'
produttiva regionale tali comunque da non creare ostacolo alla libera
circolazione  delle  persone  e  delle  cose  fra le Regioni e da non
limitare  l'esercizio  del  diritto  al lavoro in qualunque parte del
territorio  nazionale (art. 120, primo comma, Cost.). Non puo' essere
trascurato  che  sullo sfondo degli aiuti pubblici alle imprese vi e'
la figura dell'imprenditore con le relative situazioni di liberta' di
iniziativa  economica,  che  postulano  eguali  chances di accesso al
mercato  e,  nell'ipotesi  di  aiuti  pubblici,  standard  minimi  di
sostegno.
    Ad  un  riparto  di  funzioni  non  dissimile  da  quello  appena
delineato  e'  ispirata, del resto, la disciplina attualmente vigente
sull'amministrazione del patrimonio e contabilita' dello Stato (legge
5 agosto  1978,  n. 468  «Riforma  di  alcune  norme  di contabilita'
generale  dello  Stato  in  materia  di  bilancio»). L'art. 3 di tale
legge,    sotto    la    rubrica    «documento    di   programmazione
economico-finanziaria»,  configura come interventi propri dello Stato
solo  quelli che riguardano obiettivi macroeconomici, con particolare
riferimento  allo  sviluppo  del reddito e dell'occupazione, giacche'
solo  a  livello  statale  i grandi aggregati dell'economia nazionale
possono  essere  orientati verso la stabilita' e insieme la crescita.
La  lettera  i-ter) dell'art. 11, terzo comma, introdotta dalla legge
25  giugno 1999,  n. 208,  nel confermare che nella legge finanziaria
possono  essere  contenute  norme  che  comportano aumenti di spesa o
riduzioni  di  entrata  finalizzate  direttamente  al  sostegno  o al
rilancio   dell'economia,   esclude,   invece,   che   riguardino  la
programmazione   economico-finanziaria   dello  Stato  interventi  di
carattere  localistico  o  microsettoriale e quindi non qualificabili
come macroeconomici.
    4.1.   -   Non  rientra  nelle  competenze  di  questa  Corte  la
valutazione della correttezza economica delle scelte del legislatore,
stabilire  cioe'  se  un  intervento  abbia  effetti  cosi' rilevanti
sull'economia   da   trascendere  l'ambito  regionale.  Tali  scelte,
tuttavia,  non possono sottrarsi ad un controllo di costituzionalita'
diretto  a verificare che i loro presupposti non siano manifestamente
irrazionali  e  che gli strumenti di intervento siano disposti in una
relazione ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi.
Quando  venga in considerazione il titolo di competenza funzionale di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che non definisce
ambiti  oggettivamente  delimitabili,  ma interferisce con molteplici
attribuzioni  delle Regioni, e' la stessa conformita' dell'intervento
statale  al  riparto  costituzionale  delle  competenze  a  dipendere
strettamente  dalla  ragionevolezza della previsione legislativa. Ove
sia dimostrabile la congruita' dello strumento utilizzato rispetto al
fine   di  rendere  attivi  i  fattori  determinanti  dell'equilibrio
economico  generale,  la  competenza  legislativa  dello Stato di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), non potra' essere negata.
    E'  sulla  base  di  questo  criterio  di  giudizio  che  si deve
procedere all'esame delle singole questioni.
    5.  -  Le  Regioni  Marche  e  Umbria  hanno proposto ricorso, in
riferimento  agli  artt. 117,  sesto  comma,  e  118  Cost.,  avverso
l'art. 52,  comma 83,  della  legge  n. 448  del  2001, il quale, nel
modificare  l'ultimo  periodo  dell'art. 127,  comma 2,  della  legge
22 dicembre  2000,  n. 388,  prevede  il  concorso  dello Stato nella
costituzione  e  nella  dotazione  annuale  del fondo di mutualita' e
solidarieta'  per  i  rischi in agricoltura; dispone che le modalita'
operative  e  gestionali  del  fondo  sono  stabilite con decreto del
Ministro  delle  politiche  agricole  e  forestali,  d'intesa  con la
Conferenza  Stato-Regioni  e  che  entro il 31 maggio di ogni anno il
Ministro,  sempre  d'intesa  con  la  Conferenza, con proprio decreto
stabilisce  la  quota  di  stanziamento  per  la copertura dei rischi
agricoli  da  destinare  alle azioni di mutualita' e solidarieta'. Le
ricorrenti   lamentano   l'attribuzione  al  Ministro  di  un  potere
regolamentare  in  una  materia che non sarebbe qualificabile come di
competenza esclusiva dello Stato, con violazione dell'art. 117, sesto
comma,  Cost.  Sotto  un  diverso  profilo  si  censura  il fatto che
verrebbero  attribuite  allo  Stato funzioni amministrative senza che
ricorrano le esigenze di esercizio unitario di cui all'art. 118 Cost.
    5.1. - La questione non e' fondata.
    In  base  alla disposizione in esame lo Stato destina risorse per
il  concorso  nel pagamento dei premi assicurativi delle produzioni e
per la compartecipazione ai fondi rischi di mutualita' e solidarieta'
che  i  consorzi  di difesa, le cooperative agricole ed i consorzi di
cooperative  agricole possono istituire per il risarcimento dei danni
da avversita' atmosferiche sulle produzioni agricole degli associati.
Si  tratta  di  una  disciplina  che,  in  coerenza  con orientamenti
comunitari   di   politica   agricola   (Trattato   CE,  artt. 32-38;
orientamento  1/2/2000,  paragrafo  4),  favorisce la costituzione di
consorzi  di  coassicurazione  (o  di co-riassicurazione) destinati a
fare  fronte  a rischi che possono essere difficilmente garantiti per
la  loro  dimensione,  rarita'  o  novita'  e  pertanto  e' diretta a
sostenere il livello degli investimenti nel settore agricolo e la sua
competitivita',  attraverso la riduzione dei costi relativi ad eventi
calamitosi  occorsi  su  qualunque  parte  del  territorio nazionale.
Proprio  la  destinazione  della misura a tutte le imprese operanti a
livello  nazionale,  e  insieme la finalita' evidente di stimolare la
propensione  agli investimenti e l'espansione del mercato di settore,
rappresentano  indici dell'attinenza dell'intervento alla funzione di
stabilizzazione  macroeconomica  propria  dello  Stato  e  della  sua
riconducibilita'  alla  materia  «tutela  della concorrenza», nel suo
profilo dinamico e promozionale.
    Chiarito  che  si  versa  in  materia  di  competenza legislativa
esclusiva   statale,   l'attribuzione  al  Ministro  delle  politiche
agricole   e  forestali  della  potesta'  regolamentare  al  fine  di
disciplinare  le  modalita'  operative e gestionali del fondo risulta
conforme al riparto delineato nel sesto comma dell'articolo 117 Cost.
e si sottrae pertanto alle censure regionali.
    Anche  la  questione  sollevata in riferimento all'art. 118 Cost.
non  puo'  trovare  accoglimento.  L'affidamento  al  Ministro  delle
politiche  agricole del potere di determinare annualmente le quote di
stanziamento  del fondo di mutualita' trova giustificazione, infatti,
proprio nella necessita' di riservare allo Stato la gestione concreta
della   misura   affinche'  possa  corrispondere  efficacemente  agli
obiettivi di politica economica che la legge statale assegna ad essa.
    6. - La Regione Emilia-Romagna ha denunciato, in riferimento agli
artt. 117  e  119  Cost.,  l'art. 59  della legge n. 448 del 2001, il
quale dispone un aumento, pari a 1,50 milioni di euro per l'anno 2002
e  ad  1 milione di euro per l'anno 2003, dello stanziamento (di lire
110  miliardi)  gia'  previsto  dall'art. 103,  comma 6,  della legge
23 dicembre  2000,  n. 388, per la concessione di contributi in conto
capitale  nei limiti degli aiuti de minimis per il settore produttivo
tessile,  dell'abbigliamento  e calzaturiero, finalizzando tali somme
alla realizzazione di progetti consortili adottati da enti pubblici o
da  soggetti  privati  per  la  formazione  e la valorizzazione degli
stilisti.
    Secondo  la  ricorrente  l'intervento previsto dalla disposizione
impugnata contrasterebbe con l'art. 117 Cost. in quanto riconducibile
a  materie,  quali «industria» e «formazione professionale», estranee
all'elenco  delle  competenze  legislative statali e delle competenze
concorrenti.  Ma  anche se si volesse ascrivere la disciplina statale
alla  materia, di potesta' concorrente, del «sostegno all'innovazione
per    i    settori    produttivi»,    l'art. 59   sarebbe   comunque
incostituzionale,  non  essendosi  limitato  alla  determinazione dei
principi  fondamentali  della materia, ma avendo, al contrario, posto
una  disciplina  di  minuto  dettaglio.  Risulterebbe  violato  anche
l'art. 119  Cost.,  dal  momento  che  lo stanziamento previsto dalla
norma  censurata  sarebbe «sottratto al trasferimento alle Regioni, a
copertura delle loro funzioni ordinarie».
    6.1. - La questione non e' fondata.
    Per   comprendere   appieno  la  portata  della  disposizione  e'
necessario  richiamare  il contenuto dell'art. 103 della legge n. 388
del  2000  (legge  finanziaria  per  il 2001), collocato nel Capo XVI
sotto  la  rubrica  «Disposizioni  per agevolare l'innovazione». Esso
prevede,   al  comma 5,  che  «per  il  settore  produttivo  tessile,
dell'abbigliamento  e  calzaturiero, il Ministero dell'industria, del
commercio   e   dell'artigianato  adotta  specifiche  misure  per  la
concessione di contributi in conto capitale nei limiti degli aiuti de
minimis».  La  disciplina quadro di tale finanziamento e' dettata dal
comma 6  dello  stesso  art. 103,  secondo  cui «alla selezione delle
iniziative  finanziabili  ai  sensi  del  comma 5 si provvede tramite
bandi  pubblici,  nei  quali  sono indicate le tipologie dei soggetti
destinatari degli interventi, con priorita' verso forme associative e
consortili tra piccole e medie imprese, mirando a favorire iniziative
comuni  delle  stesse, nonche' le spese ammissibili e le misure delle
agevolazioni». La gestione dei suddetti interventi, dispone ancora il
comma 6,  e'  attribuita al Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato,  il quale a tal fine «puo' avvalersi, sulla base di
apposite  convenzioni,  di  enti  pubblici,  ovvero di altri soggetti
individuati  con le procedure di cui all'art. 3, comma 2, del decreto
legislativo  31 marzo 1998, n. 123». Infine, la disposizione in esame
prevede  appunto  che  per  gli  «interventi  di  cui  al  comma 5 e'
conferita  al  fondo di cui all'art. 14 della legge 17 febbraio 1982,
n. 46,  la  somma di lire 110 miliardi per ciascuno degli anni 2002 e
2003,  di  cui  lire  80  miliardi  per  la concessione di crediti di
imposta e lire 30 miliardi per contributi in conto capitale».
    La  normativa  appena  illustrata  e'  connessa  alla  disciplina
comunitaria  in  tema di aiuti de minimis e, segnatamente, al reg. CE
n. 69/2001  della  Commissione,  del  12 gennaio 2001. Sono aiuti che
ogni  Stato membro puo' concedere ad imprese di qualsiasi settore [ad
eccezione  di talune specifiche ipotesi previste dalle lettere a), b)
e  c),  dell'art. 1 del reg. n. 69/2001] che non possono superare, su
un  periodo  di  tre  anni, l'importo complessivo di 100.000 euro per
ciascuna  impresa (art. 2 del citato regolamento). Se contenuto entro
questi  limiti, l'aiuto e' considerato, con valutazione generale, non
lesivo  del  divieto di cui all'art. 87, paragrafo 1, del Trattato CE
e,  come  tale,  non  soggetto  all'obbligo  di notifica previsto dal
successivo art. 88, paragrafo 3.
    6.2.  - L'art. 59 della legge n. 448 del 2001 e' censurato dunque
sul   presupposto   che  allo  Stato  non  sarebbe  consentito  alcun
intervento  diretto  a  sostegno delle imprese e della produzione, in
quanto   materia   riservata   alla  potesta'  legislativa  regionale
residuale  o,  tutt'al  piu', rientrante nella competenza concorrente
del «sostegno all'innovazione per i settori produttivi».
    L'assunto  della  Regione, nella sua assolutezza, non puo' essere
condiviso,  poiche'  lo Stato, lungi dall'essere privo della potesta'
di  intervenire  sul  mercato  con  proprie  misure,  e' titolare, in
astratto,  nei  termini  ed  entro  i  limiti sopra precisati, di una
specifica  competenza  in  materia di aiuti che risulta dal congiunto
operare delle lettere a) ed e) del secondo comma dell'art. 117 Cost.
    Misure  di  sostegno alle imprese che, singolarmente considerate,
possono   apparire  di  entita'  tale  da  non  trascendere  l'ambito
regionale,  viste  nel  loro  insieme  sono  suscettibili di assumere
rilevanza  sul  piano  macroeconomico  e  di superare lo scrutinio di
costituzionalita'.   Nella   fattispecie,  a  parte  il  rilievo  che
assumono,  nel sistema produttivo nazionale, i settori di riferimento
(calzaturiero,  abbigliamento  e  tessile),  cio'  che di per se' non
esclude  la  competenza  regionale,  e'  possibile riconoscere indici
della dimensione macroeconomica dell'intervento sia nel fatto che gli
aiuti  sono estesi all'intero territorio nazionale ed accessibili, su
base  concorsuale,  a  tutti  gli  operatori dei settori interessati,
quindi non limitati a questa o quella particolare zona di produzione;
sia  nella circostanza che le misure medesime sono destinate ad agire
simultaneamente,   senza   che  tra  un  aiuto  e  l'altro  vi  siano
discontinuita'  temporali  e  territoriali che ne attenuino l'impatto
sull'economia nazionale.
    Corrobora  l'esito  di  siffatta verifica anche la considerazione
che  l'intervento statale previsto dalla disposizione censurata viene
a realizzarsi a carico del «Fondo speciale rotativo per l'innovazione
tecnologica»,  di  cui all'art. 14 della legge n. 46 del 1982 e cioe'
di quel fondo con la cui istituzione e riserva di gestione allo Stato
il  legislatore,  come  questa Corte ha avuto modo di rilevare, si e'
prefisso  «obiettivi  di  politica  economica  che,  inquadrando  gli
specifici   interventi  in  una  cornice  complessivamente  unitaria,
garantiscano  l'eguaglianza  delle  condizioni  a  tutte  le  piccole
imprese,   con  una  manovra  di  sostegno  mirata  ad  uno  sviluppo
equilibrato   del  sistema  produttivo  nazionale,  per  assicurargli
competitivita'   in  vista  della  realizzazione  del  mercato  unico
europeo»; senza peraltro disconoscere alle Regioni la possibilita' di
effettuare  interventi finanziari aggiuntivi a sostegno delle imprese
operanti nel loro territorio (sentenza n. 427 del 1992).
    L'art. 117  Cost.  e  il  tipo di riparto di funzioni fra Stato e
Regioni  sopra  delineato si pone, del resto, in linea di continuita'
con  quanto  era  gia'  previsto dal d.lgs. n. 112 del 1998. Chiamato
dalla  legge  15 marzo  1997,  n. 59 a realizzare l'ampliamento delle
autonomie  nella misura massima consentita dalle norme costituzionali
allora  vigenti,  il  legislatore  delegato  del  1998, impiegando la
versatile  figura  organizzativa del conferimento, che puo' combinare
trasferimento  di  funzioni  e  delega (sentenza n. 408 del 1998), ha
ridotto  l'ambito delle funzioni statali fino al minimo ipotizzabile,
conferendo  alle  Regioni  tutte  le  funzioni amministrative statali
concernenti   la  materia  dell'industria  e  in  particolare  quelle
«inerenti  alla concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni,
incentivi  e  benefici  di  qualsiasi  genere» (art. 19, comma 2). E'
stato  tuttavia  mantenuto  in  capo allo Stato il potere di adottare
misure   in  taluni  settori  rilevanti  o  strategici  dell'economia
nazionale,  e  tra  queste  anche  la  gestione  del  predetto  fondo
(art. 18,  lettera q),  rendendo  in tal modo evidente l'obiettivo di
conservare allo Stato scelte fondamentali di politica economica.
    Il  processo  avviato  dal  d.lgs. n. 112 del 1998 nel volgere di
breve   tempo   ha   propiziato   la  formulazione  della  lettera e)
dell'art. 117,  secondo  comma,  Cost.,  la  quale  e'  anch'essa  il
prodotto di quella medesima tendenza all'ampliamento delle autonomie,
da  cui  non  era  pero'  disgiunta  la  preoccupazione di preservare
significativi ambiti di indirizzo statale in campo economico. Di tale
indirizzo   e'   espressione  la  disposizione  censurata,  la  quale
interseca  le  competenze  regionali  senza  violarle. Nell'esercizio
delle  loro  attribuzioni, infatti, le Regioni, come era ad esse gia'
del  resto  consentito  dall'art. 19  del d.lgs. n. 112 del 1998, ben
potranno  intervenire con misure (non esclusa la concessione di aiuti
de  minimis,  secondo la normativa comunitaria) calibrate sul proprio
ambito territoriale per incentivare lo sviluppo economico.
    6.3.  -  Alla  luce  delle  argomentazioni  che  precedono appare
chiaro,  infine,  che  nessun  vulnus e' arrecato all'art. 119 Cost.,
giacche'  lo  stanziamento previsto dall'art. 59 denunciato non viene
sottratto  al  trasferimento  alle  Regioni,  a  copertura delle loro
funzioni   ordinarie,   ma  e'  attinto  dalla  finanza  statale  per
l'esercizio di una competenza propria dello Stato.
    7.  -  Le  Regioni  Marche,  Toscana,  Campania  ed  Umbria hanno
impugnato,  in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 118 Cost.,
l'art. 60, comma 1, lettera d), della medesima legge n. 448 del 2001,
nella  parte  in  cui  prevede che spetti al Ministro delle politiche
agricole  e  forestali,  d'intesa  con  la  Conferenza Stato-Regioni,
individuare  le tipologie degli investimenti per le imprese agricole,
nonche'  per  quelle della prima trasformazione e commercializzazione
ammesse  agli  aiuti, in osservanza dell'art. 17 del d.lgs. 18 maggio
2001, n. 228 e di quanto previsto dal piano di sviluppo rurale di cui
al reg. CE n. 1257/1999.
    Secondo  le  ricorrenti la disposizione in oggetto occuperebbe un
ambito materiale riservato alla legislazione residuale delle Regioni.
Le  Regioni  Marche,  Toscana  ed  Umbria  lamentano  inoltre che, in
materia  non ascrivibile alla potesta' legislativa esclusiva statale,
sarebbe  stato  attribuito  al  Ministro un potere regolamentare, con
violazione  dell'art. 117,  sesto comma, Cost. Quand'anche si volesse
ritenere che il conferimento al Ministro del potere di determinare le
tipologie  di investimento costituisca manifestazione di una funzione
amministrativa e non normativa, si argomenta infine nel ricorso della
Regione  Marche,  sarebbe  comunque violato l'art. 118 Cost., poiche'
tale   conferimento  non  potrebbe  essere  fondato  su  esigenze  di
esercizio   unitario,   ne'  di  sussidiarieta',  differenziazione  e
adeguatezza.
    7.1. - La questione non e' fondata.
    Per  renderne  ragione  e'  sufficiente una sommaria ricognizione
della cornice normativa entro la quale la disposizione impugnata, che
aggiunge  il  comma 7-bis  all'art. 8 della legge n. 388 del 2000, si
inseriva  al  momento  della  sua entrata in vigore. Nell'art. 8, nel
testo  all'epoca  vigente,  sotto  la  rubrica  «Agevolazione per gli
investimenti  nelle aree svantaggiate», si stabiliva, al primo comma,
che  ai soggetti titolari di reddito di impresa, esclusi gli enti non
commerciali  i  quali, a decorrere dal periodo di imposta in corso al
31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso
alla  data  del 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle
aree  territoriali individuate dalla Commissione CE come destinatarie
di   aiuti  a  finalita'  regionale  di  cui  alle  deroghe  previste
dall'art. 87,  paragrafo  3,  lettere a) e c), del Trattato CE, fosse
attribuito un credito di imposta, entro la misura massima consentita,
nel  rispetto  dei  criteri  e  dei  limiti  di  intensita'  di aiuto
stabiliti  dalla  predetta  Commissione.  La  disposizione  impugnata
include  espressamente  tra  i  beneficiari  le  imprese operanti nel
settore   agricolo   e  specificamente  quelle  di  trasformazione  e
commercializzazione dei prodotti.
    Beneficiari  dell'aiuto  non  sono  quindi  le  imprese che hanno
stabilimento  in determinate Regioni, ma tutti i soggetti titolari di
reddito  di  impresa  nell'ipotesi in cui si risolvano a trasferire o
impiantare   in   determinate  aree  attivita'  di  trasformazione  e
commercializzazione   dei   prodotti.  E'  chiaro  l'intendimento  di
favorire,  attraverso  lo strumento fiscale del credito d'imposta, la
riallocazione  dei fattori produttivi sul territorio nazionale, cosi'
da renderne beneficiarie aree geografiche economicamente svantaggiate
e  meno  produttive:  finalita',  questa,  che presuppone una visione
generale  delle  condizioni  del  mercato  agricolo e la capacita' di
adottare   misure   la   cui  efficacia  si  estenda  simultaneamente
all'intero settore. Anche la considerevole entita' degli aiuti (1.725
milioni  di  euro  per il solo 2003) che, con le successive modifiche
della  legge  n. 388 del 2000 (in particolare, decreto-legge 8 luglio
2002,  n. 138,  convertito,  con  modificazioni, nella legge 8 agosto
2002,  n. 178)  sono  stati  destinati  al  riequilibrio territoriale
testimonia  del  non  irragionevole  intendimento  del legislatore di
agire sui grandi aggregati dell'economia.
    La  disposizione  denunciata  si  fonda  quindi  sulle competenze
statali  previste  dalla  lettera e)  del secondo comma dell'art. 117
Cost.,  che, come si e' gia' rilevato, non possono essere isolate una
dall'altra   ma   sono  unificate  finalisticamente  dalla  ratio  di
mantenere  in  capo allo Stato un'ampia gamma di interventi capaci di
incidere sulle principali variabili del sistema economico.
    8.  -  Le  Regioni  Marche,  Toscana,  Emilia-Romagna  ed  Umbria
censurano  infine,  in  riferimento  agli artt. 117, 118 e 119 Cost.,
l'art. 67  della  legge  n. 448 del 2001. Secondo le ricorrenti, tale
norma   regola   una  materia  assegnata  alla  potesta'  legislativa
residuale  delle  Regioni.  La  Regione  Marche lamenta, inoltre, che
essa,  nella  parte  in  cui  attribuisce all'amministrazione statale
un'attivita'    di    programmazione    negoziata   in   agricoltura,
disattenderebbe  il criterio di riparto delle funzioni amministrative
previsto  dall'art. 118  Cost.  Si aggiunge nei ricorsi delle Regioni
Toscana,  Emilia-Romagna  e  Umbria che, in una materia di competenza
regionale   qual  e'  l'agricoltura,  il  rispetto  delle  competenze
regionali  avrebbe imposto il trasferimento delle risorse finanziarie
disponibili   alle   Regioni,   alle   quali   sarebbe  poi  spettato
disciplinare  la procedura per l'erogazione delle risorse agli aventi
diritto.
    8.1. - La questione non e' fondata.
    La  disposizione oggetto di impugnazione destina al finanziamento
di  nuovi  patti territoriali e contratti di programma riguardanti il
settore  agroalimentare  e  della  pesca i finanziamenti revocati dal
Comitato  interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ad
iniziative  di  programmazione  negoziata  nel  settore medesimo. Nel
comma 2  si  chiarisce  che con decreto del Ministro per le attivita'
produttive,  di  concerto  con il Ministro delle politiche agricole e
forestali,  sono  predisposti contratti di programma ed emanati bandi
di gara per patti territoriali, attivabili e finanziabili su tutto il
territorio   nazionale   previa   delibera   del   CIPE  secondo  gli
orientamenti   comunitari   in   materia   di   aiuti  di  Stato  per
l'agricoltura,  nei  limiti delle risorse rese disponibili attraverso
le revoche di cui al comma 1.
    La  peculiarita'  delle  iniziative promosse dallo Stato e' che i
relativi contratti di programma e i patti territoriali si riferiscono
all'intero  territorio  nazionale,  nei  limiti e nella misura in cui
cio' sia reso possibile dalla disciplina comunitaria. Tali iniziative
sono  infatti  inserite  nel  quadro complessivo della programmazione
comunitaria  degli aiuti con finalita' di coesione economico-sociale,
coinvolgono  i rapporti dello Stato con l'Unione europea e richiedono
una  visione  degli  assetti  del  mercato  nazionale, del quale sono
intese   a   rafforzare  l'efficienza.  Con  esse  vengono  poste  in
competizione,  insieme alle imprese che sono coinvolte nell'attivita'
programmatoria,  le stesse Regioni e gli enti locali che se ne devono
fare  promotori.  Consente  di  ascrivere  l'intervento alle funzioni
legislative  statali  di  cui  alla lettera e) dell'art. 117, secondo
comma, Cost., e segnatamente alla tutela della concorrenza, nel senso
dinamico  di  cui  si  e'  detto,  e  alla perequazione delle risorse
finanziarie,   proprio  la  non  irragionevolezza  dell'obiettivo  di
rendere  attivi  i  fattori  della produzione su scala nazionale e di
accrescere  in  tal  modo  la competitivita' complessiva del sistema.
Tale  obiettivo  e' infatti perseguito dal legislatore attraverso una
strumentazione   programmatoria  diretta  a  favorire  una  trama  di
processi  localizzati  di  sviluppo,  provvisti,  in  virtu' del loro
congiunto realizzarsi, di un plusvalore sistematico.
    Non  rileva  ai  fini  della  presente  decisione  il  fatto che,
successivamente,   sotto  la  spinta  di  istanze  autonomistiche,  i
finanziamenti   revocati   dal   CIPE   debbano   essere   utilizzati
obbligatoriamente  all'interno  del  territorio  regionale e non piu'
sull'intero  territorio  nazionale  (delibera  CIPE  25 luglio  2003,
n. 26/2003,  adottata  sulla  base  degli  artt. 60  e 61 della legge
27 dicembre  2002,  n. 289,  e  a  seguito  di  accordo  in  sede  di
Conferenza  unificata  del  15 aprile 2003 per il coordinamento della
regionalizzazione degli strumenti di sviluppo locale). Con tale nuova
disciplina  lo  Stato  ha  scelto  di  non  piu' esercitare in questa
materia   quella   funzione   di  riequilibrio  generale  di  cui  la
disposizione  censurata  era  espressione,  senza  che  cio' comporti
l'illegittimita' della precedente opzione legislativa.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservate   a   separate   decisioni  le  restanti  questioni  di
legittimita'  costituzionale  della  legge  28 dicembre 2001, n. 448,
sollevate  dalle  Regioni Marche, Toscana, Campania, Emilia-Romagna e
Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe;
    Riuniti i giudizi,
    1) dichiara    non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'articolo 52,  comma 83,  della legge 28 dicembre
2001,  n. 448  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria 2002), sollevata, in
riferimento  agli  articoli 117,  quarto  e  sesto comma, e 118 della
Costituzione,   dalla   Regione   Marche   e,   in  riferimento  agli
articoli 117,  terzo  e  quarto  comma, 118 e 119 della Costituzione,
dalla Regione Umbria, con i ricorsi indicati in epigrafe;
    2)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 59 della medesima legge n. 448 del 2001,
sollevata, in riferimento agli articoli 117 e 119 della Costituzione,
dalla Regione Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in epigrafe;
    3)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 60,  comma 1,  lettera d), della stessa
legge  n. 448  del 2001, sollevata, in riferimento agli articoli 117,
quarto  e  sesto  comma,  della Costituzione, dalle Regioni Toscana e
Umbria, in riferimento agli articoli 117, quarto e sesto comma, e 118
della   Costituzione,   dalla   Regione  Marche,  e,  in  riferimento
all'articolo 117  della  Costituzione,  dalla Regione Campania, con i
ricorsi indicati in epigrafe;
    4)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 67 della predetta legge n. 448 del 2001,
sollevata,  in  riferimento  agli  articoli 117,  quarto comma, e 118
della  Costituzione,  dalla  Regione  Marche  e,  in riferimento agli
articoli 117   e  119  della  Costituzione,  dalle  Regioni  Toscana,
Emilia-Romagna e Umbria, con i ricorsi indicati in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                      Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 gennaio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C0051