N. 1174 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2003
Ordinanza emessa il 28 ottobre 2003 dal tribunale di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di Dell'Utri Marcello ed altro Parlamento - Immunita' parlamentari - Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione - Insindacabilita' delle opinioni espresse dai membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni - Ampliamento, con legge ordinaria, dell'ambito di operativita' della garanzia, in contrasto con i limiti stabiliti dal principio costituzionale, quali individuati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale - Violazione del principio di uguaglianza, per la introduzione di una causa di esclusione della punibilita' non applicabile alla generalita' dei consociati - Ingiustificata ed irragionevole compressione del diritto alla difesa della persona offesa dal reato. - Legge 20 giugno 2003, n. 140, art. 3, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 68, primo comma.(GU n.3 del 21-1-2004 )
IL TRIBUNALE Ritenuto in fatto Con decreto di citazione a giudizio emesso in data 24 maggio 2002 Dell'Utri Marcello e Sgarbi Vittorio venivano tratti a giudizio dinanzi a questo tribunale per rispondere della seguente imputazione: «delitto di cui agli artt. 110, 595 comma 1, 2, 3 e 4 c.p. con l'aggravante di cui all'art. 61 n. 10 c.p. perche' in concorso tra loro, comunicando con piu' persone, durante il programma televisivo "Moby Dick", trasmesso sull'emittente televisiva "Italia Uno" in data 11 marzo 1999, offendevano la reputazione di Giancarlo Caselli, Procuratore della Repubblica di Palermo, al momento del fatto, e della Procura di Palermo, asserendo che il dr. Caselli e i Sostituti in servizio presso la Procura di Palermo esercitavano le funzioni in maniera illecita e persecutoria nei confronti degli onorevoli Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, in particolare affermavano che: Dell'Utri "Non ho detto che sono neutrale, io sono della mia Antimafia, ma non quell'Antimafia che si comporta in una maniera che si puo' assimilare a quell'altra" - con l'aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di un pubblico ufficiale in ragione delle funzioni esercitate e nei confronti di una rappresentanza dell'Ordine della Magistratura. In Palermo l'11 marzo 1999». All'odierna udienza, previamente disposta la separazione della posizione dell'imputato Sgarbi ai sensi dell'art. 18 lett. c) c.p.p, la difesa dell'imputato Dell'Utri eccepiva l'insindacabilita', delle dichiarazioni, oggetto di contestazione, rese dall'on. Dell'Utri, all'epoca deputato del Parlamento Italiano, ai sensi dell'art. 68 Cost., «alla luce della recentissima modifica legislativa di cui alla legge 20 giugno 2003, n. 140, il cui art. 3 primo comma cosi' recita: «l'art. 68 primo comma della Costituzione si applica in ogni caso ... per ogni altra attivita' ... di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento» (note depositate dalla difesa all'udienza), rilevando in particolare l'applicabilita' della nuova normativa di attuazione anche per i fatti anteriori alla sua entrata in vigore, posto che l'insindacabilita' opera sul piano del diritto sostanziale. La difesa chiedeva pertanto la pronuncia di sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 c.p.p., ovvero, in via subordinata, la trasmissione con ordinanza di copia degli atti alla Camera dei deputati, al fine della deliberazione di competenza in ordine all'insindacabilita', ex art. 3 comma 41.140/03, con conseguente sospensione del procedimento. Il pubblico ministero chiedeva un rinvio al fine di verificare l'esito della decisione della Corte costituzionale in ordine alle questioni di costituzionalita' gia' sollevate da altri tribunali con riferimento all'art. 3 legge 140/2003. Il difensore delle parti civili si opponeva alle richieste della difesa dell'imputato, ritenendo non rientrare la frase oggetto di contestazione, nell'esercizio della funzione di parlamentare, e, mediante apposita istanza, sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, legge citata, per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui opera un ampliamento del dettato costituzionale. Considerato in diritto Il tribunale ritiene di dover rimettere alla Corte costituzionale il giudizio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, legge n. 140 del 2003 per violazione degli artt. 68, comma 1, 3 e 24 della Costituzione. Va anzitutto rilevato che i fatti oggetto del presente processo appaiono ricompresi nell'ambito della nozione di insindacabilita' delle opinioni espresse dai parlamentari, derivante dal disposto dall'art. 3 comma 1 della legge n. 140. Tale disposizione prevede infatti che l'art. 68, primo comma, della Costituzione, si applica, tra l'altro, «per ogni altra attivita' ... di critica e denuncia politica, connessa alle funzioni di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento». Nel caso che ci occupa, non sembra possa negarsi che le espressioni usate dal Dell'Utri, nel corso della trasmissione televisiva di cui al capo di imputazione, siano riconducibili alla fattispecie suindicata: trattasi infatti - come si evince dalla trascrizione integrale della trasmissione, in cui il Dell'Utri dice di parlare non per se' ma a nome dei cittadini che possono venirsi a trovare nella sua stessa condizione - di dichiarazioni rilasciate dal parlamentare, «connesse alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento». Attesa l'ampia e generale previsione della norma, che abbraccia «ogni attivita' di critica e denuncia politica, connessa alle funzioni di Parlamentare», nonche' la circostanza che trattatasi di una trasmissione televisiva a contenuto politico, ed alla presenza di altri esponenti politici, ritiene il tribunale che il fatto vada ricondotto alla previsione dell'art. 3, comma 1, della legge n. 140. Sulla base di tale disciplina, dunque, l'imputato andrebbe assolto ai sensi dell'art. 129 c.p.p., come previsto dal comma 3 del citato art. 3. Da cio' consegue la rilevanza della questione relativa all'art. 3 comma 1 legge cit, non potendo essere il processo definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. Sotto il profilo della non manifesta infondatezza della questione, va osservato che l'art. 3, comma 1, legge n. 140 del 2003 non si limita ad attuare l'art. 68, comma 1, Cost., bensi' sembra ampliarne sensibilmente la portata. La norma costituzionale, prevedendo che «I parlamentari non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni», limita la garanzia della insindacabilita' alle sole opinioni riconducibili agli atti e alle procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari: alle opinioni, cioe', espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari tipiche. Cio' implica che, affinche' la prerogativa dell'art. 68, comma 1, Cost. possa estendersi alle dichiarazioni rese al di fuori del Parlamento, e' necessaria una «sostanziale corrispondenza» di significato con opinioni gia' espresse o contestualmente espresse nell'esercizio di funzioni parlamentari tipiche, cosi' come ritenuto dalla Corte costituzionale a partire dalle sentenze n. 10 e 11 del 2000, e ribadito in tutte le successive sentenze che, in sede di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato (autorita' giudiziaria e Parlamento) si sono occupate del tema (cfr. le sentenze n. 10, 11, 56, 58, 82, 320, 321, 420, del 2000; le sentenze n. 76, 137, 289 del 2001, le sentenze n. 52, 79, 207, 257, 283, 421 del 2002). In particolare, l'interpretazione accolta dal Giudice delle Leggi si impone stante, da un lato, la necessita' di dare un'interpretazione non estensiva di norma, quale quella sulla insindacabilita' di cui all'art. 68 Cost, avente natura eccezionale, e dall'altro l'esigenza di trovare un punto di equilibrio tra la tutela dell'autonomia delle istituzioni parlamentari ed alcuni diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti, e di cui e' titolare la persona offesa, quali il diritto all'onore, alla reputazione, alla tutela giurisdizionale; bilanciamento che e' stato fissato nell'art. 68 Cost, e «sottratto» dal Costituente al legislatore ordinario. In particolare, nel censurare le delibere di insindacabilita' adottate dalle Camere, la Corte costituzionale ha precisato che la mera connessione con la funzione parlamentare, il semplice collegamento di argomento tra attivita' parlamentare e dichiarazione, la mera comunanza di tematiche, il riferimento al contesto politico parlamentare, non sono elementi sufficienti affinche' operi la prerogativa dell'art. 68, comma 1, Cost. Infatti, sebbene il nesso funzionale richiesto dalla Costituzione, affinche' prevalga la tutela dell'autonomia del parlamentare, sia ravvisabile indipendentemente dalla mera «localizzazione dell'atto» (criterio che la Corte costituzionale nella sentenza n. 509 del 2002 non ritiene accolto dall'art. 68 Cost.), occorre pur sempre, per le attivita' svolte fuori dal Parlamento, una sostanziale corrispondenza di contenuto con gli atti tipici delle attivita' parlamentari. Alla luce delle considerazioni che precedono puo' concludersi che la nozione di insindacabilita', emergente dalIart. 3, comma 1, legge n. 140/2003, sembrerebbe porsi in contrasto con l'interpretazione dell'art. 68, comma 1, Cost. costantemente accolta dalla Corte costituzionale, laddove non si richiede che le attivita' di critica e di denuncia politica connesse alla funzione di parlamentare espletata fuori dal Parlamento corrispondano nel loro contenuto agli atti tipici, espressamente indicati nell'ambito della stessa disposizione. La norma, per come formulata, non sembra, dunque, passibile di una diversa interpretazione costituzionalmente orientata, sia per il tenore letterale che per la ratio. Con la conseguenza che, sulla base ditale interpretazione, finirebbe per introdursi, per il tramite di una legge ordinaria, una nozione di «insindacabilita» che la Corte costituzionale, a partire dalle citate sentenze n. 10 e 11 del 2000 ha sempre censurato, ritenendola in contrasto con l'art. 68, comma 1, Cost. La garanzia dell'art. 68 comma 1, Cost. andrebbe, infatti, a coprire tutta una serie di dichiarazioni, difficilmente determinabili a priori, del tutto slegate dalle procedure parlamentari tipiche e da quelle forme di controllo ad esse inerenti, tramite le quali si realizza il bilanciamento tra prerogative dell'istituzione parlamentare e tutela dell'individuo. La norma in questione, ad avviso di questo tribunale, potrebbe anche confliggere con l'art. 3 della Costituzione, che stabilisce l'eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Ed infatti la deroga a tale principio, stabilita nell'art. 68, comma 1, Cost., nei limiti individuati dal Giudice delle leggi, non sembra legittimamente superabile attraverso una legge ordinaria che introduca, solo per una determinata di categoria, una causa di esclusione della punibilita' che non si applica alla generalita' dei consociati. La disciplina adottata sembra quindi collocarsi al di la' dei limiti stabiliti nell'art. 68 Cost., e la sua introduzione con semplice legge ordinaria, oltre a confliggere con tale disposizione, appare inoltre violare anche i principi di cui all' art. 24, perche' appare un'ingiustificata e irragionevole compressione del diritto alla difesa della persona offesa dal reato.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, legge 20 giugno 2003, n. 140, per violazione degli artt. 68 comma primo, 3, 24, primo comma Cost.; Dispone la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale; Sospende il presente giudizio fino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Manda alla cancelleria per l'immediata notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la sua comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Rinvia all'udienza dell'11 maggio 2004. Il giudice: Sbrana 04C0075