N. 11 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 gennaio 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 gennaio 2004 (della Regione Umbria)

Edilizia  e  urbanistica  -  Condono  edilizio - Condono per le opere
  abusive  ultimate  entro  il  31 marzo 2003 - Disciplina risultante
  dalla  conversione  in  legge  del d.l. n. 269/2003 - Ricorso della
  Regione  Umbria  -  Denunciata  impossibilita'  di  giustificare la
  normativa statale nel quadro delle materie «governo del territorio»
  e «coordinamento della finanza pubblica» - Inidoneita' del condono,
  per  il  suo  carattere  eccezionale, a configurarsi come principio
  fondamentale  di  tali materie - Esorbitanza dalla potesta' statale
  esclusiva  in  materia  di  «ordinamento  penale»  -  Invasione  di
  potesta'  legislative  regionali  -  Contrasto  con  i  principi di
  ragionevolezza, di eguaglianza e di buon andamento amministrativo -
  Violazione   della   tutela  del  territorio  e  del  principio  di
  indisponibilita'  dei valori costituzionalmente tutelati - Richiamo
  alla sentenza n. 416/1995 della Corte costituzionale.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32,  commi 1,  2,  3, 25 e 26, lett. a), del
  decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269.
- Costituzione,  artt. 3,  primo  comma,  5, 9, 97, primo comma, 114,
  primo comma, 117, commi secondo e terzo, e 118, primo comma.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le  opere  abusive  ultimate  entro il 31 marzo 2003 - Attribuzione
  alle  Regioni del potere di condizionare la sanabilita' degli abusi
  minori,  e  non degli abusi maggiori e di quelli minori commessi in
  zone   vincolate  -  Ricorso  della  Regione  Umbria  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di  eguaglianza -
  Incidenza  sulle  competenze regionali legislative e amministrative
  in materia di governo del territorio.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32,  comma 26,  lett. a),  del decreto-legge
  30 settembre 2003, n. 269.
- Costituzione,  artt. 3,  primo  comma,  5, 9, 97, primo comma, 114,
  primo comma, 117, commi secondo e terzo, e 118, primo comma.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 - Inapplicabilita'
  agli  abusi  per  i  quali  il  procedimento sanzionatorio sia gia'
  iniziato  -  Mancata  previsione  -  Ricorso della Regione Umbria -
  Denunciata  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza e di buon
  andamento   dell'amministrazione   -   Incidenza  sulle  competenze
  regionali  legislative  e  amministrative in materia di governo del
  territorio.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32, comma 25, del decreto-legge 30 settembre
  2003, n. 269.
- Costituzione,  artt. 3,  primo  comma,  5, 9, 97, primo comma, 114,
  primo comma, 117, commi secondo e terzo, e 118, primo comma.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le  opere  abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 - Determinazione
  di   modalita',   termini   e  procedure  con  norme  di  dettaglio
  autoapplicative   -  Ricorso  della  Regione  Umbria  -  Denunciata
  esorbitanza  dalle  competenze  legislative esclusive dello Stato -
  Violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di buon andamento
  dell'amministrazione   -   Incidenza   sulle  competenze  regionali
  legislative e amministrative in materia di governo del territorio.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32,  commi 3,  25, 26, lett. a), 28, 32, 35,
  lett. a)  e  b), 37, 38 e 40, nonche' Allegato I, del decreto-legge
  30 settembre 2003, n. 269.
- Costituzione,  artt. 3,  primo  comma,  5, 9, 97, primo comma, 114,
  primo comma, 117, commi secondo e terzo, e 118, primo comma.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le  opere  abusive  ultimate  entro  il  31 marzo  2003  -  Mancata
  previsione  di  un  termine  di ultimazione piu' risalente, nonche'
  della  necessita'  che  in tutti i casi l'ultimazione sia attestata
  sotto  propria  responsabilita'  dal  costruttore  o  direttore dei
  lavori - Ricorso della Regione Umbria - Denunciata possibilita' che
  vengano condonate opere abusive in corso di costruzione o ancora da
  costruire  -  Irragionevolezza  - Contrasto con i principi di buona
  amministrazione e di tutela del territorio.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,   l'art. 32,   commi 25   e  35,  del  decreto-legge
  30 settembre 2003, n. 269.
- Costituzione, artt. 3, 9, 97, 117 e 118.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le  opere  abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 - Previsione del
  silenzio-assenso sulle domande di sanatoria - Ricorso della Regione
  Umbria  -  Denunciata  irragionevolezza  - Lesione delle competenze
  regionali  in  materia  di governo del territorio - Discriminatoria
  previsione  di  un  regime  meno  severo per le domande relative ad
  opere  dichiaratamente  abusive,  rispetto  a  quelle conformi alla
  disciplina  urbanistica  - Compromissione dei tempi di azione delle
  amministrazioni comunali.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32, comma 37, del decreto-legge 30 settembre
  2003, n. 269.
- Costituzione, artt. 3, 9, 97, 117 e 118.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 - Previsione di un
  limite  di  volume per ogni singola richiesta di titolo abilitativo
  edilizio  in  sanatoria - Mancata precisazione che non sono ammesse
  piu'  richieste  riferite  alla medesima area - Mancata previsione,
  per  il  periodo  anteriore  all'entrata  in  vigore della legge di
  conversione,  di  un  limite  di  volume  complessivo  per la nuova
  costruzione  abusiva  -  Ricorso  della Regione Umbria - Denunciata
  irragionevolezza  - Lesione delle esigenze di tutela del territorio
  e delle relative competenze regionali.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32, comma 25, del decreto-legge 30 settembre
  2003, n. 269.
- Costituzione, artt. 3, 9, 97, 117 e 118.
In subordine: Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Condono per
  le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 - Procedimento per
  l'adozione  e  per  la  conversione in legge del d.l. n. 269/2003 -
  Mancata  consultazione  della  Conferenza  Stato-Regioni  - Ricorso
  della Regione Umbria - Denunciata violazione del principio di leale
  collaborazione.
- Legge  24 novembre  2003,  n. 326, nella parte in cui converte, con
  modificazioni,  l'art. 32,  commi 1,  2,  3, 25 e 26, lett. a), del
  decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269.
- Costituzione,  art. 117, comma terzo; decreto legislativo 28 agosto
  1997, n. 281, art. 2, commi 3 e 5.
(GU n.7 del 18-2-2004 )
    Ricorso  della  Regione Umbria, in persona della presidenza della
giunta   regionale   pro  tempore  dott.ssa  Maria  Rita  Lorenzetti,
autorizzata  con  deliberazione  della  giunta  regionale n. 1 dell'8
gennaio 2004, rappresentata e difesa, come da procura notarile del 21
gennaio  2004,  n. rep. 95831, rogata dal dott. Giuseppe Brunelli del
Collegio  di Perugina, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova,
con   domicilio  eletto  in  Roma  presso  l'avv.  Luigi  Manzi,  via
Confalonieri n. 5;

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione   di   illegittimita'  costituzionale  della  legge  24
novembre  2003, n. 326, «Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25 novembre
2003 - Supplemento ordinario n. 181, nella parte in cui converte, con
modificazioni, l'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
ed in particolare i commi:
        1,  2,  3,  25,  26,  lett.  a), in quanto prevedono un nuovo
condono edilizio;
        25,  in quanto non eccettua dal condono gli abusi per i quali
il procedimento sanzionatorio sia gia' iniziato;
        26,  lett.  a)  in quanto subordina la sanabilita' alla legge
regionale  per  gli  abusi minori in zone non vincolate, sottraendo a
questo  regime  gli  abusi  maggiori  e  gli  abusi  minori  in  zone
vincolate;
        3,  25, 26, lett: a), 28, 32, 35, lett. a) e b), 37, 38, 40 e
Allegato 1, in quanto, con disciplina dettagliata ed autoapplicativa,
stabiliscono  le  condizioni,  le modalita', i termini e le procedure
relative al condono edilizio;
        25  e  35,  in  quanto  consentono  di «far passare» per gia'
costruite opere in corso di costruzione o ancora da costruire;
        37, in quanto prevede un meccanismo di silenzio-assenso;
        25,  in  quanto  prevede un limite di volume per ogni singola
richiesta;
        1,  2,  3, 25, 26, lett. a), per mancato coinvolgimento delle
regioni, in violazione degli articoli 3, comma primo, 5, 9, 97, comma
primo,  114,  comma  primo, 117, comma secondo, 117 comma terzo, 118,
comma  primo,  Cost.  nonche'  del  principio  di  ragionevolezza, di
indisponibilita'   dei   valori   costituzionalmente   tutelati,  del
principio  di  leale  collaborazione  tra  lo  Stato  e  le regioni e
dell'art. 2 d.lgs. n. 28l/1997.

                              F a t t o

    La  Regione  Umbria  ha gia' impugnato l'art 32 del decreto-legge
n. 269/2003 con ricorso n. 87/2003, pendente avanti a codesta Corte.
    La legge 24 novembre 2003, n. 326, ha convertito il decreto-legge
n. 269/2003,  lasciando  nella  sostanza  inalterate  quasi  tutte le
disposizioni   censurate   con   il   ricorso  n. 87/2003.  La  legge
n. 326/2003  e' dunque affetta dai medesimi vizi di costituzionalita'
denunciati in relazione al decreto-legge.
    Pare  opportuno  non  riprodurre  per esteso nel presente ricorso
tutte le considerazioni svolte nel ricorso n. 87/2003, ma limitarsi a
sintetizzare   i   motivi   di  impugnazione,  valendo  per  la  loro
illustrazione  piu' analitica le argomentazioni svolte nella parte in
Fatto  e  nella  parte  in  Diritto  del  ricorso  n. 87,  alle quali
integralmente si rinvia.
    Si  puo'  qui  aggiungere,  pero',  una  considerazione che mette
ulteriormente  in luce quale sia la considerazione che il legislatore
statale ha delle esigenze della tutela del territorio.
    I  commi  6,  9,  12 e 24 dell'art. 32 decreto-legge n. 269/2003,
come   convertito,  prevedevano  il  reperimento  e  la  destinazione
vincolata  di risorse preordinate alla effettuazione di interventi di
riqualificazione  di  nuclei  edilizi  ed  urbani  caratterizzati  da
abusivismo edilizio. Il comma 6, in particolare, destinava 10 milioni
di  euro per l'anno 2004 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni
2005 e 2006 al fine di concorrere alla partecipazione ad interventi e
politiche  di  riqualificazione dei nuclei interessati da fenomeni di
abusivismo,  attivati  dalla  regione  attraverso  l'incremento della
oblazione,  secondo quanto disposto dal comma 33. Parimenti, al comma
9   del   decreto-legge,  come  convertito,  erano  previste  risorse
finanziarie  per  attivare  un  programma  nazionale di interventi di
riqualificazione  delle  aree  per  degrado  economico-sociale (i cui
ambiti  di rilevanza ed interesse nazionale erano da individuarsi con
decreti  del  Ministero  per  le  infrastrutture,  di  concerto con i
Ministri  dell'ambiente e d'intesa con la conferenza unificata) e, ai
successivi  commi 11 e 24, rispettivamente per interventi di recupero
e  riqualificazione paesaggistica, nonche' per la valorizzazione e il
miglioramento   delle   aree   demaniali.   Senonche'   tali  risorse
finanziarie - gia' ritenute palesemente insufficienti dalle regioni -
sono state completamente espunte dal testo legislativo ad opera della
legge  Finanziaria  2004,  che con il comma 70 dell'art 2 ha abrogato
seccamente  i  commi  6,  9,  11 e 24, del sopra citato art. 32 della
legge  n. 326/2003,  con cio' cancellando dal sistema di reimpiego di
parte  dei  fondi  provenienti  dal  condono  e  dalla  stessa  ratio
dell'art.  32  qualsivoglia concreta possibilita' di attuazione degli
interventi  di  riqualificazione previsti, su un piano non certamente
marginale,  dalle misure di condono edilizio. Si puo' quindi rilevare
la   irragionevolezza  e  la  scarsa  attendibilita'  del  meccanismo
congegnato  attraverso  le  varie disposizioni di cui all'art. 32 per
realizzare finalita' di reale e credibile intento di riqualificazione
del territorio.

                            D i r i t t o

    1.  -  Illegittimita'  costituzionale  dei commi l, 2, 3, 25, 26,
lett.  a),  in  quanto  dispongono  il  nuovo  condono  edilizio, per
violazione dell'art. 117, comma 2 e 3, Cost.
    Nel  ricorso  n. 87/2003 si e' osservato che le norme sul condono
edilizio  intervengono  in  materia  regionale, e che esse potrebbero
volersi  giustificare,  da  parte  dello  Stato, o in quanto principi
fondamentali  in  materia  di  «governo  del territorio», o in quanto
principi  fondamentali nella materia del «coordinamento della finanza
pubblica» o in quanto esercizio di potesta' legislativa nella materia
dell'ordinamento penale.
    In  realta',  tuttavia,  le disposizioni che prevedono il condono
non possono essere considerate rientranti in alcuno dei tre titoli di
intervento  ipotizzati,  come  analiticamente  illustrato nel ricorso
n. 87 (v. pp. 11-16).
    Tali  censure  sono  ribadite  attraverso il presente ricorso. Ne
risulta   confermata   la   lesione  delle  potesta'  legislativa  ed
amministrativa  regionale  in  materia urbanistica e l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni impugnate.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale degli stessi commi 1, 2, 3,
25,  26, lett a), in quanto dispongono il nuovo condono edilizio, per
violazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza, dell'art.
97, comma primo, nonche' degli art. 117 e 118 Cost.
    Oltre   alle   ragioni  di  illegittimita'  costituzionale  della
normativa impugnata collegate al riparto di poteri legislativi tra lo
Stato  e la Regione Umbria, nel ricorso n. 87/2003 si sono riproposte
tutte  le  ragioni di doglianza gia' prospettate dalle regioni con il
ricorso  rivolto  avverso  il condono attivato dalla legge n. 724 del
1994,  consistenti  nella violazione dei principi di ragionevolezza e
di  uguaglianza,  nella  violazione  dell'art. 97  (oltre  che  degli
artt. 117  e  118  Cost.):  ragioni  delle quali codesta stessa Corte
costituzionale ebbe ad affermare, nella sentenza n. 416 del 1995, che
-  se  pure  non  potevano in quell'occasione accogliersi - sarebbero
state  pienamente valide e necessariamente da accogliere nell'ipotesi
«di  altra  reiterazione  di  una  norma  del genere, soprattutto con
ulteriore   e   persistente  spostamento  dei  termini  temporali  di
riferimento del commesso abusivismo edilizio».
    Le   norme   di   cui   sopra  violano  dunque  il  principio  di
ragionevolezza,   di   buon   andamento   dell'amministrazione  e  di
eguaglianza  (come illustrato nel ricorso n. 87, pp. 17 s.), e questi
vizi  si  traducono  in  una  lesione delle competenze costituzionali
della  regione,  che  -  a  causa del condono - vede illegittimamente
frustrata  la  propria  attivita'  legislativa  ed  amministrativa di
governo   del  territorio,  in  quanto  gli  abusi  compiuti  possono
sffiggire alle sanzioni amministrative e si incentivano abusi futuri.
    3.  -  Illegittimita'  costituzionale degli stessi commi 1, 2, 3,
25,  26, lett a), in quanto dispongono il nuovo condono edilizio, per
violazione  dell'art  9  Cost.  e  del  principio  costituzionale  di
indisponibilita' dei valori costituzionalmente tutelati.
    Va  poi  denunciata (ancora come illustrato nel ricorso n. 87/03)
una  ulteriore  e  piu'  profonda  violazione del principio implicito
nella  Costituzione  di  non disponibilita', da parte del legislatore
ordinario   (non   importa   se  statale  o  regionale),  dei  valori
costituzionalmente tutelati, in base al quale il valore dell'ordinato
assetto  del  territorio  (costituzionalmente  tutelato  come risulta
dall'art. 9, comma 2, Cost. e dalla stessa costruzione costituzionale
del governo del territorio come autonoma materia di legislazione) non
puo'  essere  scambiato  con  valori  puramente finanziari. In questi
termini,  il  condono  edilizio non e' in nessun modo paragonabile ad
altri  condoni che pure comportino «clemenza» penale, quali i condoni
fiscali,   in   occasione  dei  quali  una  pretesa  economica  viene
rinunciata  in vista di una diversa, e sia pure piu' ridotta, pretesa
economica,  senza  compromettere altri valori costituzionali (v. piu'
ampiamente pp. 18-21 del ricorso n. 87/03).
    4.  -  In  subordine:  illegittimita'  del  comma 26, lett a), in
quanto  subordina  la  sanabilita' alla legge regionale per gli abusi
minori in zone non vincolate, sottraendo alla decisione regionale gli
abusi maggiori e gli abusi minori in zone vincolate.
    Nel ricorso n. 87 (p. 21) si e' censurato specificamente il comma
26,  che  determina la paradossale situazione per cui chi ha commesso
abusi  piu'  gravi  puo'  senz'altro usufruire della possibilita' del
condono,  mentre  chi ha commesso abusi meno gravi puo' usufruirne se
le regioni lo prevedono: il che implica chiaramente la violazione dei
principi  di  ragionevolezza  e  di eguaglianza (e mediatamente degli
articoli 117  e  118  Cost.,  per la ripercussione di quei vizi sulle
competenze  regionali in materia di governo del territorio). E' stato
dunque  impugnato  il  comma 26,  lett.  a),  nella  parte in cui non
condiziona la sanabilita' dell'illecito amministrativo all'intervento
di una legge regionale che la preveda.
    Tale censura viene ribadita attraverso il presente ricorso.
    5.  -  In  subordine:  illegittimita' del comma 25, in quanto non
eccettua   dal   condono  gli  abusi  per  i  quali  il  procedimento
sanzionatorio sia gia' iniziato.
    Nella   denegata   ipotesi  che  le  censure  sopra  esposte  non
risultassero da condividere, la regione ha poi lamentato, nel ricorso
n. 87/03  (p. 22 s.), che la disciplina impugnata non abbia escluso -
dall'ambito  di  applicazione  del condono - gli abusi per i quali il
procedimento  sanzionatorio  sia  gia'  iniziato. Infatti, in casi di
questo   tipo,   la  possibilita'  di  condono  risulta  ancora  piu'
irragionevole  e  maggiormente lesiva del principio di buon andamento
dell'amministrazione:  perche',  quando il procedimento sanzionatorio
e'  gia'  iniziato, il condono non arreca alcun vantaggio al pubblico
interesse,  ne'  in  termini  di  «uscita  allo  scoperto»  di chi ha
commesso  l'abuso  ne'  in  termini  economici,  dato  che  spesso le
sanzioni urbanistiche hanno carattere pecuniario.
    Anche tale censura e' ribadita attraverso il presente ricorso.
    6. - In subordine: illegittimita' costituzionale dei commi 3, 25,
26,  lett.  a), 28, 32, 35, lett a) e b), 37, 38, 40 e Allegato 1, in
quanto,  con  disciplina dettagliata ed autoapplicativa. stabiliscono
le modalita', i termini e le procedure relative al condono edilizio.
    Come  illustrato  nel  motivo  n. 6  del ricorso n. 87/03, va poi
osservato  che,  qualora,  in  denegata  ipotesi, si ritenesse che la
previsione di un nuovo condono sia, per qualunque e qui imprevedibile
ragione,  legittima, si dovrebbe perlomeno ammettere l'illegittimita'
di quelle norme di dettaglio che stabiliscono le modalita', i termini
e le procedure relative al condono edilizio, e cioe', in particolare,
dei   commi   28   (concernente   i   termini),  32  (concernente  la
presentazione  della  domanda),  35,  lett.  a)  e b) (concernente la
documentazione   da  allegare  alla  domanda),  37  (che  prevede  il
meccanismo  del silenzio-assenso), 38 (quanto meno nella parte in cui
fa  riferimento  alla  misura  degli oneri concessori e alle relative
modalita'  di  versamento)  e  40  (concernente i diritti e gli oneri
previsti  per  l'istruttoria della domanda di sanatoria). Infatti, la
presenza di norme di dettaglio potrebbe giustificarsi solo sulla base
di  una  competenza statale esclusiva: ma non si vede quale titolo di
competenza  statale  possa  comprendere le norme sulle modalita', sui
termini e sulle procedure relative al condono edilizio: per il resto,
v. le pp. 23-26 del ricorso n. 87/03.
    7. - In subordine: ulteriore illegittimita' dei commi 25 e 35, in
quanto  consentono di «far passare» per gia' costruite opere in corso
di  costruzione  o  ancora da costruire. Violazione degli artt. 3, 9,
97, 117 e 118 Cost.
    Nel  ricorso  n. 87/03  si  sono  poi impugnati specificamente il
comma  25  dell'art.  32  (che  estende il condono alle opere abusive
ultimate  entro  il  31 marzo 2003: dunque, solo sei mesi prima della
pubblicazione  del  decreto-legge, mentre l'art. 39 legge n. 724/1994
si  applicava  alle  opere  ultimate  un anno prima e l'art. 31 legge
n. 47/1985  alle  opere  ultimate diciassette mesi prima) ed il comma
35,  che  definisce  la  documentazione  da  allegare alla domanda di
condono.
    Tali norme, infatti, favoriscono la possibilita' che si «facciano
passare» per gia' costruite opere in corso di costruzione o ancora da
costruire, con conseguente violazione del principio di ragionevolezza
e  lesione  delle  ragioni della buona amministrazione e della tutela
del  territorio (e dunque degli artt. 3, 9, 97, 117 e 118 Cost. v. p.
26-28).
    Dunque, il comma 35 e' illegittimo nella parte in cui non prevede
in  tutti  i casi la necessita' che il costruttore o il direttore dei
lavori  attesti,  sotto  la  propria  responsabilita'  anche  penale,
l'ultimazione  dei lavori alla data prevista. Dal canto suo, il comma
25  e'  illegittimo  nella parte in cui fissa il termine del 31 marzo
2003  anziche'  uno  piu'  risalente, che potrebbe essere individuato
considerando    quale    minimo   intervallo   ragionevole   per   la
condonabilita'   di   abusi   passati  quello  fissato  a  suo  tempo
dall'art. 31 legge n. 47/1985.
    La censura in questione e' ribadita con il presente ricorso.
    8.  -  In  subordine:  ulteriore  illegittimita' del comma 37, in
quanto  prevede  un  meccanismo di silenzio-assenso. Violazione degli
art. 3, 9, 97, 117 e 118 Cost.
    L'art. 32,  comma  37, prevede il meccanismo del silenzio-assenso
in  relazione alle domande di sanatoria, laddove tale istituto non e'
contemplato  neppure  dalla disciplina generale del permesso edilizio
(v.  art. 20  d.P.R.  n. 380/2001).  E'  del  tutto  irragionevole  e
discriminatorio   assoggettare   le   domande   di  permesso  che  si
riferiscono ad opere sicuramente abusive (perche' dichiarate tali dai
richiedenti)  ad  un regime di verifica meno severo di quello vigente
per  le  domande di permesso che vengono dichiarate dagli interessati
conformi  alla disciplina urbanistica. Tale norma, inoltre, viola gli
artt. 9, 97, 117 e 118 Cost. perche' rende eventuale il controllo dei
comuni   sull'ammissibilita'   delle   domande  di  condono,  ledendo
ulteriormente  le  competenze  regionali  in  materia  di governo del
territorio (v. piu' ampiamente il ricorso n. 87/03, pp. 28-30).
    9.  -  In  subordine:  ulteriore  illegittimita' del comma 25, in
quanto  prevede  un  limite  di  volume  per  ogni singola richiesta.
Violazione degli articoli 3, 9, 97, 117 e 118 Cost.
    L'art. 32,   comma   25,  decreto-legge  n. 269/2003,  come  gia'
l'art. 39  legge n. 724/1994, prevedeva, prima della conversione, che
fossero  sanabili  le  «opere abusive... relative a nuove costruzioni
residenziali  non  superiori  a  750 mc per ogni singola richiesta di
titolo abilitativo edilizio in sanatoria».
    Ora,  dopo  la  conversione, esso stabilisce che sono sanabili le
«opere  abusive  realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove
costruzioni  residenziali  non superiori a 750 metri cubi per singola
richiesta  di  titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione
che  la  nuova  costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri
cubi».  Dunque,  ora  la  disposizione  pone  un  limite  non solo in
relazione  alla  singola  opera  da sanare ma anche in relazione alla
costruzione   complessiva.   Resta,   pero',   l'illegittimita'  gia'
denunciata  con  il ricorso n. 87/03, in quanto la norma in questione
appare  irragionevole  e  lesiva  dei  parametri indicati in epigrafe
nella  parte  in  cui non precisa che non sono ammesse piu' richieste
riferite alla medesima area: e' chiaro, infatti, che, anche alla luce
di  quanto previsto dall'art. 39 legge n. 724/1994, potrebbero essere
stati  costruiti  edifici  attigui,  ognuno  dei quali rispettoso del
limite  di volume sanabile, al fine di eludere il limite stesso. Cio'
arreca   un   ulteriore  pregiudizio  alle  esigenze  di  tutela  del
territorio e alle relative competenze regionali.
    Poiche'   gli   emendamenti   apportati  al  decreto-legge  hanno
efficacia solo per il futuro (v. art. 15, comma 5, legge n. 400/1988,
che in realta' conferma il generale principio di irretroattivita), si
censura  qui  specificamente  l'art. 32,  comma  25,  nella  versione
originaria  (che  potrebbe  essere  stato gia' applicato, qualora una
domanda  di  condono  sia  stata accolta prima dell'entrata in vigore
della  legge  di conversione), in quanto non solo non precisa che non
sono  ammesse  piu' richieste riferite alla medesima area ma non pone
neppure  un  limite  di  volume  complessivo per la nuova costruzione
abusiva:  cosi'  risultando  ancora  piu'  irragionevole  della norma
introdotta  dalla  legge  n. 326/2003  e  maggiormente  lesivo  delle
esigenze  di  tutela  del  territorio  e  delle  relative  competenze
regionali.  Tale  norma, pur se efficace solo in relazione al periodo
di  vigenza del decreto-legge, e' stata «stabilizzata» dalla legge di
conversione, che l'ha modificata solo per il futuro.
    10. - In subordine: illegittimita' costituzionale dei commi 1, 2,
3,  25,  26,  lett.  a),  per  mancato coinvolgimento delle autonomie
regionali.
    Infine,  nel ricorso n. 87/03 (p. 30 s.) si e' censurato il fatto
che,  a quanto risulta, ne' in sede di adozione del decreto-legge ne'
in sede di adozione del disegno di legge di conversione ne' nel corso
dell'esame  parlamentare  della  legge  stessa le autonomie regionali
sono   state   consultate  attraverso  la  Conferenza  Stato-regioni.
Poiche',  come visto, la disciplina qui impugnata riguarda materie di
competenza  regionale,  tale mancato coinvolgimento lede il principio
di leale collaborazione, espressamente sancito ora nel Titolo V della
Costituzione.
    In   particolare,  risulta  violato  l'art. 2,  comma  3,  d.lgs.
n. 281/1997,  ne'  si  puo'  obiettare  che,  nel  caso di specie, la
consultazione  non  era possibile, dato che l'art. 2, comma 5, d.lgs.
n. 281  disciplina  espressamente  i  casi  di  urgenza:  «quando  il
Presidente del Consiglio dei ministri dichiara che ragioni di urgenza
non   consentono   la   consultazione   preventiva,   la   Conferenza
Stato-regioni e' consultata successivamente ed il Governo tiene conto
dei  suoi  pareri:  a)  in  sede di esame parlamentare dei disegni di
legge  o  delle  leggi  di conversione dei decreti-legge». Dunque, la
mancata  consultazione  della  Conferenza risulta comunque ilegittima
per  violazione  di  regola attuativa del principio costituzionale di
leale  cooperazione  (v.  anche  la  sent. della Corte costituzionale
n. 398/1998, punto 16 del Diritto).
                              P. Q. M.
    Voglia    codesta    ecc.ma   Corte   costituzionale   dichiarare
costituzionalmente  illegittima  la  legge  24 novembre 2003, n. 326,
nella  parte  in  cui  converte,  con  modificazioni,  l'art.  32 del
decreto-legge  30 settembre 2003, n. 269 ed in particolare i commi 1,
2,  3,  25,  26,  lett.  a),  28, 32, 35, lett. a) e b), 37, 38, 40 e
Allegato  1,  per  le parti e sotto i profili illustrati nel presente
ricorso,  anche  in  collegamento  con  quanto  esposto  nel  ricorso
n. 87/2003.
        Padova, addi' 20 gennaio 2004
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon
04C0147