N. 2 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 2003

Ordinanza  emessa  il  29  settembre 2003 dal tribunale di Napoli nel
procedimento penale a carico di Marynowski Konrad

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Convalida  -  Rito  direttissimo - Disparita' di trattamento per la
  previsione  dell'arresto  per  ipotesi  contravvenzionali di scarso
  rilievo  penale  -  Contrasto  con  il  principio di solidarieta' -
  Lesione  del  principio  della  finalita'  rieducativa della pena -
  Lesione    del    diritto    di   difesa   (attesa   l'immediatezza
  dell'espulsione,  a  seguito  dell'obbligatorieta' del rilascio del
  nulla  osta  all'espulsione  e  le  difficolta'  burocratiche dello
  straniero  espulso  di  rientrare  per  partecipare  al processo) -
  Lesione della tutela della condizione giuridica dello straniero (in
  particolare   in   relazione   alla   Convenzione  europea  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) -
  Violazione del diritto ad un giusto processo.
- D.lgs.   25 luglio   1998,   n. 286,   art. 14,  comma 5-ter,  come
  modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3, 10, 24 e 111.
(GU n.7 del 18-2-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  del  procedimento penale n. 4/34/03 a carico di
Marynowski  Konrad arrestato il 28 settembre 2003 per il reato di cui
all'art. 14, comma 5-ter, perche', come da contestazione del p.m. non
ottemperava all'ordine di lasciare il territorio nazionale emesso dal
Questore  di  Napoli  e  condotto  dinanzi  a  questo giudice in data
odierna   per   la  convalida  dell'arresto  e  la  celebrazione  del
contestuale giudizio con il rito direttissimo;
    Vista  l'eccezione  di incostituzionalita' sollevata dalla difesa
in   ordine  all'indicata  norma,  laddove  e'  prevista  l'immediata
esplusione  dello  straniero  rimesso  in  liberta' nell'ambito di un
procedimento  de  quo,  per  contrasto  con gli articoli 3 e 24 della
Costituzione;
    Sentito il parere conforme del p.m.;

                            O s s e r v a

    La  fattispecie  di  cui  all'art.  14,  comma 5-ter, del decreto
legislativo n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge 189 del 30
luglio 2002, prevede che lo straniero che, senza giustificato motivo,
si  trattiene  nel  territorio  dello stato in violazione dell'ordine
impartito  dal  questore  ai  sensi  del  comma  5-bis, e' punito con
l'arresto  da  sei  mesi  ad  un anno, e che in tal caso si procede a
nuova  espulsione  con  accompagnamento alla frontiera mediante forza
pubblica.
    Con  la  novella  e' stata, dunque, introdotta la possibilita' di
procedere  a  privazione  della liberta' personale con riferimento ad
ipotesi  contravvenzionali,  ed in particolare e' stata introdotta la
previsione dell'obbligatorieta' della misura dell'arresto a fronte di
una  violazione di norma contravvenzionale, come nel caso in esame di
cui   all'art. 14,   comma  5-ter.  In  detta  ipotesi  l'arresto  e'
obbligatorio,  occorre  verificare  solo se sussistono i gravi indizi
per il titolo di reato per il quale si procede.
    L'adozione  di  un  anomalo  rito  direttissimo  «obbligatorio» a
parere  del  giudicante  remittente si presenta in contrasto non solo
con  il  principio  di  uguaglianza,  ma  anche  e soprattutto con il
diritto  di difesa; la norma di fatto non consente in concreto da una
parte  l'esercizio  dell'azione penale secondo i canoni ordinamentali
generali  (il  pubblico  ministero  ex art. 449 c.p.p. «se ritiene di
dover  procedere» puo' presentare direttamente l'imputato in stato di
arresto  davanti al giudice del dibattimento, cosa che potrebbe anche
non  accadere  ove,  acquisite  le necessarie informazioni, sentiti i
soggetti coinvolti, si renda conto che ricorrono circostanze concrete
che  possano  in  effetti  far  ritenere giustificata la presenza sul
territorio dello Stato del soggetto arrestato straniero) e dall'altra
sul  pieno  esercizio  del  diritto  di  difesa  con  la  conseguente
possibitita'  di  svolgere quelle indagini difensive (che trovano poi
il   loro   referente  e  fondamento  normativo  nell'art. 111  della
Costituzione)  che  potrebbero  condurre  l'autorita'  giudiziaria  a
riscontrare  la  presenza di una serie di cause giustificative quanto
alla imputazione contestata.
    In   particolare   si  evidenzia  il  contrasto  con  il  dettato
costituzionale con riferimento agli articoli:
        1)  art. 3  Cost.,  per  disparita'  di  trattamento  perche'
l'arresto e' previsto per ipotesi contravvenzionali di scarso rilievo
penale   essendo   sanzionate   lievemente.   Sul   punto   la  Corte
costituzionale  con  decisione  dell'11 marzo 1970, n. 39, gia' si e'
pronunciata,  dichiarando  l'illegittimita'  dell'art. 220 t.u.l.p.s.
che   prevedeva   l'arresto   obbligatorio   in   flagranza   di  chi
contravveniva  al  divieto di comparire mascherato in luogo pubblico,
affermando  che  il  sistema  penale  prevede l'obbligatorieta' della
misura  restrittiva della liberta' personale solo per reati afferenti
ad obiettive situazioni di singolare gravita'.
        2) art. 2 Cost., con il principio di doverosita' solidarieta'
politica ed economica e sociale dettato dalla Costituzione;
        3)  art.  27 Cost., e dunque con il principio della finalita'
rieducativa  della  pena:  le norme de quo irrogano sanzioni penali a
soggetti  che  debbono  essere  immediatamente poi espulsi, dunque la
pena non verra' mai eseguita.
    Ed  invero,  la  normativa degli stranieri prevede che, quando lo
straniero e' sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato
di  custodia  cautelare  in carcere - art. 13, comma 3 - il questore,
prima di eseguirne l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorita'
giudiziaria,  che  puo'  negarlo  solo  in presenza di inderogabili e
comma  3-bis  laddove  prevede  che il giudice rilascia il nulla osta
all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia
in  carcere  ai  sensi  dell'art. 391  c.p.p., ovvero che ricorra una
delle  ragioni per le quali il nulla osta puo' essere negato ai sensi
del   comma   3  (esigenze  processuali  valutabili  con  riferimento
all'accertamento  di responsabilita' di concorrenti, o di imputati in
procedimenti connessi, ovvero nell'interesse della persona offesa).
    Se  e'  vero,  dunque,  che il nulla osta, richiesto dal questore
all'autorita'  giudiziaria,  puo'  essere  negato solo in presenza di
inderogabili    esigenze    processuali    valutate    in   relazione
all'accertamento  della  responsabilita' di eventuali concorrenti nel
reato  o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse
della  persona  offesa, e, se e' vero che, ex II comma 3-bis, in caso
di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta
all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia
cautelare  in  carcere ai sensi dell'art. 391, comma 5, del codice di
procedura  penale,  o  che  ricorra una delle ragioni per il quale il
nulla  osta  puo' essere negato ai sensi del comma 3, ne discende, di
fatto  la pressocche' automatica concessione del nulla osta a seguito
di  giudizio  instaurato  per effetto di arresto per i reati cui agli
articoli  in esame, attesa che la possibilita' di cui all'art. 17 del
d.lgs.  n. 286/1998,  (autorizzazione  a  rientrare  in Italia per il
tempo  strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa,
al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i
quali  e'  necessaria  la sua presenza, rilasciata dal questore anche
per  il  tramite  di  una  rappresentanza  diplomatica o consolare su
documentata  richiesta  della  parte  offesa  o  dell'imputato  o del
difensore), come di seguito si analizzera', appare del tutto priva di
contenuto se applicata al caso in esame.
    Appare evidente che tale disciplina contrasta con la possibilita'
e   il   diritto  costituzionalmente  garantito)  per  l'imputato  di
difendersi,  e  dunque  di  fare  emergere  anche ed eventualmente il
proprio diritto ad essere nel territorio dello Stato italiano.
        4)  art. 10 della Costituzione dunque in considerazione della
condizione  giuridica  dello  straniero  (soprattutto  ove vengano in
rilievo,  a  seguito  della  applicazione  della normativa censurata,
lesioni  di  diritti  e  liberta' fondamentali democratiche garantite
dalla   nostra  Costituzione,  e  cio'  nel  senso  che  un'immediata
espulsione  potrebbe portare il soggetto straniero a rientrare in uno
Stato  dove appunto per la sua condizione personale tali liberta' non
siano  attribuite  e  garantite),  in  contrasto  inoltre  con i piu'
recenti  indirizzi  legislativi  e  di  dottrina che affermano che lo
Stato  italiano  e' tenuto a parificare la condizione giuridica dello
straniero  a  quella  dei  cittadini  tutte  le  volte  che  cio' non
contrasti   con  i  suoi  preminenti  interessi.  Tale  principio  e'
chiaramente  deducibile  dalla  previsione  di  cui all'art. 10 comma
secondo  e comma terzo della Costituzione, che richiama la tutela dei
diritti  inviolabili  dell'uomo  e  il diritto all'asilo, con l'unico
limite   rappresentato  dalla  impossibilita'  per  lo  straniero  di
esercitare  diritti  e  doveri politici, ovvero situazioni giuridiche
strettamente connesse alla qualita' di cittadino.
    Dalla  applicazione  di  tali principi consegue il riconoscimento
del  diritto  dello  straniero a soggiornare nello Stato italiano sia
alle  condizioni  ordinarie  previste  dalla  legge  (per effetto del
rilascio  del  permesso  di  soggiorno)  che  in  considerazione  del
riconoscimento   di   eventuale   diritto  di  asilo  (o  diritto  al
ricongiungimento  familiare  o  altre  ipotesi previste dalla legge).
Tali   principi   interpretativi  risultano,  tra  l'altro,  recepiti
nell'ordinamento  giuridico  italiano  anche  nella previsione di cui
all'art. 2  del  d.lgs.  n. 286/1998,  nonche' dall'art. 10, comma 4,
d.lgs.  n. 286/1998, secondo il quale le norme sul respingimento alle
frontiere e sulla espulsione non si applicano nei casi previsti dalle
disposizioni   vigenti   che   disciplinano   l'asilo   politico,  il
riconoscimento  dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure
di protezione temporanea per motivi umanitari.
        5)  all'art.  24, nonche' all'art. 111 della Costituzione: la
rigorosa  applicazione  della  disciplina di legge di cui all'art. 13
del  d.lgs.  n. 286/1998  comporterebbe  una  sostanziale  e concreta
lesione   del   diritto  dell'imputato  in  un  procedimento  penale,
qualunque  sia  la  nazionalita'  dello stesso, attesa l'immediatezza
dell'espulsione,   ad   una   piena  difesa,  non  potendo  di  fatto
partecipare  al  giudizio  con  il  rito  direttissimo attesi i tempi
veloci  di  questi  e,  contra,  quelli  tecnicamente  necessari  per
rientrare  in  Italia  ex art. 17 d.lgs. in esame, (richiesta tramite
ambasciata  e  consolato,  visto della questura, etc.) e ad un giusto
processo (con pieno svolgimento delle funzioni connesse alla difesa).
    Paradossalmente  all'arrestato  straniero  nei  cui  confronti si
procede  il  giudizio  dicessimo  converrebbe  essere sottoposto alla
misura  cautelare,  che  garantirebbe la partecipazione al processo e
quindi l'esercizio del diritto di difesa.
    Ma  vi  e'  di  piu':  per quanto paradossale ed emblematica tale
intrpretazione  possa apparire, comunque rimarrebbero fuori da ogni e
qualsiasi tutela gli arrestati per le ipotesi contravvenzionali, come
nel  caso  de  quo  per  le quali, per definizione non e' applicabile
alcuna  miura, e per le quali appunto il cittadino straniero non puo'
che essere espulso.
        6)  contrasta  con l'art. 111 della Cost. diritto ad avere un
giusto processo.
        7)  ed  ancora contrasto, con l'art. 3 della Costituzione, in
relazione  al  disposto  di  cui agli art. 5, comma 4 e 6 della legge
n. 848/1955  (ratifica  della  convenzione  per  la  salvaguardia dei
diritti   dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali),  che  appunto
prevedono  il diritto per ogni persona privata della propria liberta'
con  un  arresto  a  presentare  un  ricorso  davanti ad un tribunale
affinche'  decida  sulla legittimita' della sua detenzione, ed ancora
il   diritto  a  che  la  sua  causa  sia  esaminata  imparzialmente,
pubblicamente  e  in  un  tempo  ragionevole da parte di un tribunale
indipendente e imparziale costituito dalla legge quanto al fondamento
di  ogni  accusa  penale.  Di  fatto  la  norma  introduce nel nostro
ordinamento  positivo un caso di restrizione della liberta' personale
sia  nell'ipotesi dell'arresto facoltativo che in quella dell'arresto
obbligatorio)  che  non  trova  il  suo  naturale  sbocco  nel vaglio
giurisdizionale e nell'esercizio dell'azione penale, che viene invece
sostituita  da  una  pronunzia  di non luogo a procedere, conseguente
alla  avvenuta esecuzione della espulsione che consegue dal rilascio,
obbligatorio  e  sostanzialmente  automatico, del nulla osta da parte
dell'autorita' giudiziaria.
    Il  decreto  di  espulsione  e'  invero immediatamente esecutivo,
anche se sottoposto a gravame o impugnativa. L'espulsione e' eseguita
dal  questore  che,  se  lo  straniero  e'  sottoposto a procedimento
penale,  chiede  il  nulla  osta  all'autorita' giudiziaria, che puo'
negano solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate
solo in relazione all'accertamento della responsabilita' di eventuali
concorrenti  nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi,
e  nell'interesse della persona offesa (comma 3). Ed il nulla osta si
intende  concesso  qualora  l'autorita'  giudiziaria non provvede nel
termine di giorni quindici dalla data di ricevimento della richiesta.
Nel  caso  di arresto in flagranza il n.o. e' concesso all'atto della
convalida,  salvo  che si applichi la misura cautelare della custodia
cautelare  in  carcere ai sensi dell'art. 391, comma 5, c.p.p., e che
ricorra una delle ragioni per cui il n.o. puo' essere negato ex comma
3.
    L'evidente  incostituzionalita' della norma, con riferimento alle
ipotesi  di  giudizio con il rito direttissimo instaurato per effetto
della violazione dell'art. 14, comma 5-bis e ter, e' stata gia' messa
in  evidenza:  il  nulla  osta, di fatto obbligatorio per l'autorita'
giudiziaria,  va  dato  all'atto  della  convalida che, dunque, sara'
privato  del  diritto di presenziare al dibattimento celebrato con il
rito  direttissimo, posto che l'espulsione deve essere immediatamente
eseguita,  e che, per rientrare in Italia ed esercitare il diritto di
difesa  garantito  (formalmente  dall'art.  17  del d.lgs., necessita
l'adempimento di formalita' burocratiche.
    Ne consegue che per quanto sopra motivato, apparendo le questioni
proposte  rilevanti ai fini del decidere, con particolare riferimento
alla  possibilita'  di garantire all'imputato l'esercizio del diritto
di   difesa  presenziando  al  dibattimento  celebrato  con  il  rito
direttisimo, e apparendo tali questioni non manifestamente infondate,
ritiene  questo  giudice  di  dover  rimettere  gli  atti  alla Corte
cotituzionale per le valutazioni di competenza.
                              P. Q. M.
    Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuto   che   ai  fini  del  presente  giudizio  non  appaiono
manifestamente  infondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 14 comma 5-ter del d.lgs n. 286/1998, cosi' come modificato
dalla  legge  n. 189/2002, con riferimento agli artt. 13, comma 13, e
17  stessa  legge,  in  relazione  agli articoli 3, 10, 24, 111 della
Costituzione;
    Ritenuto che le stesse siano rilevanti ai fini del decidere;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale.
        Napoli, addi' 29 settembre 2003
                         Il giudice: De Rosa
04C0153